lucio di loreto
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giovedì 20 giugno 2019
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semplice, toccante ed incisivo
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Florence Green torna nel luogo d’origine cercando di riassestare la propria vita e ricominciare da capo, dopo la perdita del marito. Grande appassionata di lettura decide di utilizzare la sua vecchia abitazione – un edificio storico – per aprire una libreria, scoprendo amaramente che le sue ambizioni saranno osteggiate dalla ricca del villaggio, una perfetta e mai così graziosamente perfida Patricia Clarkson, che sfrutterà la sua enorme influenza per porre fine alle velleità della rivale. Il periodo è fine anni cinquanta e la location si svolge in un piccolo paesino d’Inghilterra.
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Florence Green torna nel luogo d’origine cercando di riassestare la propria vita e ricominciare da capo, dopo la perdita del marito. Grande appassionata di lettura decide di utilizzare la sua vecchia abitazione – un edificio storico – per aprire una libreria, scoprendo amaramente che le sue ambizioni saranno osteggiate dalla ricca del villaggio, una perfetta e mai così graziosamente perfida Patricia Clarkson, che sfrutterà la sua enorme influenza per porre fine alle velleità della rivale. Il periodo è fine anni cinquanta e la location si svolge in un piccolo paesino d’Inghilterra. La casa Dei Libri è tratto da una novella della scrittrice Penelope Fitzgerald e portata sul grande schermo alla perfezione da Isabel Coixet, che riesca anche a sceneggiare e narrare in modo intimistico tutte le sfaccettature, facendo trasparire sia i sogni che gli incubi di una comunità agli antipodi di quella attuale, dove il libro prendeva il posto di internet e costituiva un elemento culturale, di intrattenimento e anche paura. La Florence di Emily Mortimer combatte con grazia e gentilezza l’arroganza del potentato locale, che approfittando di un ambiente condizionato da padronanza e ambiguità, cerca di affondare il modernismo delle idee altrui. Grazie a dei dialoghi semplicistici, armonici ed eleganti, ogni personaggio emerge con profondità lasciando il segno in chi segue, che non può non fare il tifo per la solita maschera facciale di Bill Nighy e del suo imperscrutabile mister Brundish o per l’aiutante in libreria Christine (Honor Kneafsey), spettatrice sempre attenta a carpire pensieri e nozioni della sua mentore, fino ad arrivare a rubarne l’arte e ad a essere l’eroina inaspettata della storia. L’incetta di premi e nomination al Goya sta a rappresentare regia e sceneggiatura solide, coerenti e scorrevoli, le quali pongono in primo piano l’ambiguità e avidità dei forti che assecondati dalla massa prevaricano sui più deboli. La trama è ben organizzata e la Mortimer interpreta in modo dolce e gentile un personaggio che però trasuda coraggio, passione e determinazione. Il film non è un capolavoro del cinema ma per il fascino arcaico che fa trasparire riesce a non essere mai monotono.
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michelino
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martedì 27 novembre 2018
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michelino va al cinema
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Bello...inaspettatamente bello...
La visione di questo film mi ha riportato
le stesse emozioni che ho provato da
ragazzino quando ho scoperto i libri
di Karen Blixen ( che con questo film
non ha nulla a che fare se non in una
certa atmosfera che forse ci ho trovato
solo io).
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gabriella
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venerdì 16 novembre 2018
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reading is healthy
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Film molto british , diretto da una regista catalana , così che cerca di coniugare la passionalità della lettura con spirito iberico con la proverbiale compostezza e pragmatismo inglese nella sempre misurata e controllata espressione o movenza dei personaggi. Fine anni 50, Florence è una vedova di guerra con il progetto di aprire una libreria ad Harborough, borgo inglese sul Mare del Nord, dove vive , perché amante della lettura e in memoria del primo incontro con il marito in una libreria londinese dove è nato il loro amore e la condivisione per tutto ciò che è scritto.
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Film molto british , diretto da una regista catalana , così che cerca di coniugare la passionalità della lettura con spirito iberico con la proverbiale compostezza e pragmatismo inglese nella sempre misurata e controllata espressione o movenza dei personaggi. Fine anni 50, Florence è una vedova di guerra con il progetto di aprire una libreria ad Harborough, borgo inglese sul Mare del Nord, dove vive , perché amante della lettura e in memoria del primo incontro con il marito in una libreria londinese dove è nato il loro amore e la condivisione per tutto ciò che è scritto. L’impresa si rivela però da subito difficoltosa, in un paese sonnecchioso pervaso da una comune indolenza tra i suoi abitanti e un’inerzia totale nei confronti della novità, del cambiamento, lo scontro maggiore è rappresentato da Violet Gamart, donna molto influente , abituata a non essere contraddetta ha altri progetti con il vecchio edificio adibito a libreria. Florence è una donna apparentemente un po' impacciata, però dimostra risolutezza e determinazione ad andare avanti, ad affiancarla nella sua mpresa , Mr Brundish, uomo solitario e forastico sul quale aleggia una leggenda di svenevole romanticheria, che diverrà da subito il suo cliente più assiduo. Tra i due c’è stima e rispetto e condivisione per tutto ciò che è scritto, nasce una confidenza , tanto che lei gli chiederà dei pareri su libri di recente uscita, fino alla sovversiva decisione di acquistare 250 copie di “ Lolita”, di Nabocov libro che ancora oggi fa discutere, figuriamoci all’epoca. La spaccatura culturale che segna il declino di un mondo ripiegato su sé stesso, è comunque tracciata, è solo questione di tempo. Da dire che , benchè il film si guardi volentieri, dal mio punto di vista trovo che la storia rimane imbrigliata in certi schemi un po' soffocanti, l’ambientazione nella cittadina costiera inglese è suggestiva, paesaggi spettinati dal vento e onde che si kinfrangono sugli scogli hanno sempre un certo fascino, ma un po' troppo “Wutheringh Heights” opera di una delle orribili sorelle Bronte ( Mr Brundish), per cui si può dire che certi clichè non aiutano a dare l’immagine rivoluzionaria che invece si vorrebbe. E’ un buon film, però , tanto per citare una frase di Carlos Ruiz Zafon che di racconti sulle librerie ne ha scritti diversi, possiamo dire che non si ha l’effetto di entrarci, aspirare quel profumo di carta e magia che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare.
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no_data
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domenica 21 ottobre 2018
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la lentezza
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Piu’ lento non si poteva fare. Pause imbarazzanti nei colloqui..... di salva solo la fotografia anche perche’ i luoghi lo hanno consentito. No
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domenica 21 ottobre 2018
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la casa dei libri.
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State vene pure a casa. E' una perdita di tempo.
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loland10
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lunedì 8 ottobre 2018
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'la mente...pigra'
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“La casa dei libri” (La libreria, 2017) è il tredicesimo lungometraggio della regista spagnola Isabel Coixet.
Film leggero, importante, soave, indefinibile, tattile e volano nelle parole di un libro e degli scatoloni che aprono i pensieri. Una foglia che cade e non fa rumore ma che fa entrare dentro il frasario e la delicatezza di un libro da aprire, assaporare e leggere in silenzio. Un silenzio che apre ogni cattivo pensiero nella cittadina di Hardborough dove il pettegolezzo, l’invidia e il bastian contrario soffocano ogni giorno la vedova Florence che rema contro i mulini a vento per un ‘refrattario’ mondo al sogno e al gusto di una carta espressiva.
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“La casa dei libri” (La libreria, 2017) è il tredicesimo lungometraggio della regista spagnola Isabel Coixet.
Film leggero, importante, soave, indefinibile, tattile e volano nelle parole di un libro e degli scatoloni che aprono i pensieri. Una foglia che cade e non fa rumore ma che fa entrare dentro il frasario e la delicatezza di un libro da aprire, assaporare e leggere in silenzio. Un silenzio che apre ogni cattivo pensiero nella cittadina di Hardborough dove il pettegolezzo, l’invidia e il bastian contrario soffocano ogni giorno la vedova Florence che rema contro i mulini a vento per un ‘refrattario’ mondo al sogno e al gusto di una carta espressiva.
Siamo alla fine degli anni cinquanta: il luogo da pochissime speranze ma l’ostinazione trovano qualcuno predisposto alla lettura e all’incontro con una donna che si ritrova sola o quasi. E Mister Brundish, ricco signore solitario e diffidente, a dar il merito di una iniziativa lontana dai respiri di un posto snob e poco incline alla sapienza letteraria.
Mrs Gamartè l’altra faccia personificata della vita glamour e triste di una cittadina dedita alla piccola vendetta. Le facoltà finanziarie e le giuste leggi (a chi servono) danno inizio alla battaglia tra una libreria ancora aperta e l’arte pomposa di un centro nuovo da aprire.
Poche carrellate in avanti, se ne ricorda qualcuna laterale, il resto è impresso in fermi immagini in scricchiolii degli sguardi, in vacui ammiccamenti, in grigi pomeriggi, in posture attempate, in sentieri umidi mentre il mare inglese s’adombra per ogni verso di prosa letteraria.
Quando Florence vuole aprire una libreria, nella sua vecchia casa triste e sola, le voci si rincorrono, l’ignoranza arriva e un cancello resta aperto in una villa sperduta. Chi mai può comprare un libro per leggerlo in un anfratto malinconico e chiuso? Chi mai può pensare che un’idea possa creare scompiglio in un posto simile? E inaspettatamente arriva anche, e soprattutto, il consenso e un’amicizia che va oltre di un uomo anziano, chiuso e silenzioso, che apre se stesso verso il coraggio di una donna. Il suo giudizio letterario, i suoi acquisti danno coraggio a Florence e Mr. Brundish schiude il suo isolamento fino alla causa. Una teatralità inespressa, un’implosione di sguardi e modi di poche mosse e un abbraccio modesto e forte, lacerante e mai di compiacimento. La vita e la morte destano silenzi assordanti per un saluto ad una donna coraggiosa da parte di una bambina (non una qualsiasi) che riesce a vincere la sua timidezza e leggere un libro interamente.
Arriva il pacco con un libro e ‘Lolita’ di Nabokov diventa discussione di acquisto ‘È un buon libro, dice Mr. Brundish alla donna....., ma chi sa se in questo paese capiranno ciò che dice? La sfiducia verso i suoi compaesani…totale e il film manifesta in ogni momento tale situazione.
I pacchi con 250 copie di Lolita, che Florence mette a posto come vero cimelio futuro, pare e lo è un affronto ad un cadaverico mondo sperduto, il duello tra menti chiuse e benpensanti. E sì, quando la lettura e la dolcezza di un cartaceo tra le mani, sono un qualcosa di inesprimibile, di profonda interiorità.
“La comprensione rende la mente pigra....”: un’affermazione che lascia un segno amaro verso ieri e anche il mondo di oggi. Mr. Brundish diventa saggio di vita (in un romanzo qualsiasi).
Il film tende al monocorde in alcuni frangenti e alla semplicità stilistica ma gli ambienti e il vuoto che emanano si riempie con un libro che (forse) sta aspettando…una sana lettura.
Emily Mortimer(Florence Green) eBill Nighy (Edmund Brandish) recitano, senza scomporsi, con un giusto equilibrio e movenze pacate. La rabbia di Florence verso i suoi ‘nemici’ è ben nascosta. Come il raccontare della voce ‘fuori campo’ di un’adulta che conosceva bene ‘la libreria’.
Regia pacata, mesta, dolce e ingrigita dai colori autunnali.
Voto: 7-/10 (***).
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no_data
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domenica 7 ottobre 2018
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film irritante
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Sceneggiatura debole dialoghi da fotoromanzo attori impacciati storia scontata e veramente povera di sostanza se ne sconsiglia la vista a quelli con un sistema nervoso facilmente (ma anche no) irritabile
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salvatorcik
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domenica 7 ottobre 2018
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quieto, impeccabile, a tratti magnifico
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“Finché c’è vita c’è speranza... che prospettiva terrificante “
Fare tanto con così poco: ecco il pregio principale di questo film. Amerete le atmosfere “so british”, la splendida fotografia ed una regia di ottima scuola. Emily Mortimer, pur non essendo la migliore scelta per il personaggio, se la cava benissimo come tutto il cast tra l’altro. Forse si poteva fare a meno della voce narrante.
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“Finché c’è vita c’è speranza... che prospettiva terrificante “
Fare tanto con così poco: ecco il pregio principale di questo film. Amerete le atmosfere “so british”, la splendida fotografia ed una regia di ottima scuola. Emily Mortimer, pur non essendo la migliore scelta per il personaggio, se la cava benissimo come tutto il cast tra l’altro. Forse si poteva fare a meno della voce narrante. Consigliato a chi ha il coraggio di seguire le proprie passioni.
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franceschifranca
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domenica 7 ottobre 2018
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fantastico
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Ho visto oggi questo film.Mi è piaciuto moltissimo .Ho ritrovato in esso sensazioni sparite da tempo nei film o forse anche dall'anima.I sogni che vengono infranti,se realizzati,dalla cupidigia di chi non demorde mai.Non dimentichero' quanto mi ha donato in dolcezza e partecipazione.Lo rivedrei anche subito per quanto mi è piaciuto.
Franca
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francesca meneghetti
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domenica 7 ottobre 2018
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quando una passione fallisce, ma non del tutto
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Quando la sceneggiatura di un film segue la trama di un libro, si è inevitabilmente portati a interrogarsi sulle corrispondenze e sulle eventuali divergenze, con un’operazione che finisce per enfatizzare la lettura contenutistica del film, a scapito del linguaggio formale. Tuttavia non si può prescindere dal confronto tra le due trame, dato che, in questo caso, la regista Isabel Coixel ha subito la folgorazione di un romanzo, mentre resta fuori la comparazione, impossibile, tra due linguaggi: uno fatto di parole, l’altro di immagini, oltre che di parole, suoni e dotato di una sintassi propria. “La libreria” di Penelope Fitzgerald, a cui si è ispirata la Coixel, ha una storia che viene sostanzialmente rispetta nel film, oltre ad essere autobiografica, per cui la vicenda della cocciuta e coraggiosa Florence Green è la stessa di Penelope: è il racconto del fallimento di una passione (per i libri, ma anche per un’idea, quella di aprire una libreria in un villaggio dominato dall’ignoranza) coltivata con tutte le energie e combattuta contro le avversità ambientali (l’umidità della casa) e le avversità umane, rappresentate dalla prepotenza di una nobildonna locale, che agisce non solo per moralismo, dopo il successo di vendite di Lolita, ma soprattutto per una perfida ebbrezza di potere.
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Quando la sceneggiatura di un film segue la trama di un libro, si è inevitabilmente portati a interrogarsi sulle corrispondenze e sulle eventuali divergenze, con un’operazione che finisce per enfatizzare la lettura contenutistica del film, a scapito del linguaggio formale. Tuttavia non si può prescindere dal confronto tra le due trame, dato che, in questo caso, la regista Isabel Coixel ha subito la folgorazione di un romanzo, mentre resta fuori la comparazione, impossibile, tra due linguaggi: uno fatto di parole, l’altro di immagini, oltre che di parole, suoni e dotato di una sintassi propria. “La libreria” di Penelope Fitzgerald, a cui si è ispirata la Coixel, ha una storia che viene sostanzialmente rispetta nel film, oltre ad essere autobiografica, per cui la vicenda della cocciuta e coraggiosa Florence Green è la stessa di Penelope: è il racconto del fallimento di una passione (per i libri, ma anche per un’idea, quella di aprire una libreria in un villaggio dominato dall’ignoranza) coltivata con tutte le energie e combattuta contro le avversità ambientali (l’umidità della casa) e le avversità umane, rappresentate dalla prepotenza di una nobildonna locale, che agisce non solo per moralismo, dopo il successo di vendite di Lolita, ma soprattutto per una perfida ebbrezza di potere. E’ questo il succo della storia che la rende attuale: il necessario arrendersi della cultura, delle buone maniere, dell’istruzione di fronte all’indifferenza dell’ignoranza dilagante. E’, più o meno, la sensazione di chi, avendo lavorato tanto e con amore nella scuola, assiste agli strafalcioni, non solo grammaticali e sintattici, ma anche logici, di tanti transitati nella scuola e si chiede se il suo, e di altri docenti, non sia stato solo uno scrivere sull’acqua. Nel film (e nell’archetipo su carta) in realtà la conclusione non è del tutto nichilista: la ragazzina, che aveva fatto da aiutante a Florence-Penelope, pur disdegnando la letturai, una volta istruita e diventata adulta, aprirà una libreria riscoprendo la vita racchiusa in ogni romanzo e l’amore per i libri, che pare prevalere tra le donne secondo le statistiche. Il film può difettare di manicheismo nel contrapporre buoni e cattivi, prima fra tutti costoro la perfida Violet Garmand dal nasino puntuto e dal sorriso falso, ben interpretata da Patricia Clarkson). E’ costei la strega cattiva delle fiabe, cui si contrappone l’aiutante della povera Florence, il cavaliere solitario Brundish che esce dal suo eremo per sfidare la strega, uno splendido Bill Nighy, venendo però stroncato da un infarto. Florence (Emily Mortimer), dal canto suo, ha il pudore e la goffaggine che si addicono perfettamente a una brava ragazza degli anni ’50. Però uno schema semplice, fiabesco, governa anche le grandi tragedie classiche. Qui però tutto è polarizzato sulle donne. Molto ben riuscita è l’ambientazione storica, con attenzione per i dettagli tipicamente femminile, così come la fotografia che ricrea perfettamente le atmosfere di un villaggio britannico sul mare, umido, ventoso, affascinante.
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