ashtray_bliss
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mercoledì 15 agosto 2018
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superare i traumi affrontando il passato.
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Dramma famigliare e umano dall'anima e sensibilità tipicamente anglosassone quello inquadrato da Clio Barnard che affonda le mani in questioni molto sottili e delicate come quelle degli abusi. Incentrando il racconto su Alice, una donna che si vede costretta a tornare nella fattoria di famiglia dopo la morte del padre, racconta con sensibilità e maestria le difficoltà e gli ostacoli che la protagonista incontra nel suo percorso, solitario, intimo e personale, nell'affrontare una volta per tutte il suo doloroso passato e superare i traumi psico-emotivi che da allora l'accompagnano. Un determinato e coraggioso tentativo di riconciliazione con se stessa e col fratello Joe, uomo dilaniato da anni di duro lavoro e dai fantasmi del passato, portatore silenzioso di colpe mai ammesse o affrontate che vive il suo personale calvario.
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Dramma famigliare e umano dall'anima e sensibilità tipicamente anglosassone quello inquadrato da Clio Barnard che affonda le mani in questioni molto sottili e delicate come quelle degli abusi. Incentrando il racconto su Alice, una donna che si vede costretta a tornare nella fattoria di famiglia dopo la morte del padre, racconta con sensibilità e maestria le difficoltà e gli ostacoli che la protagonista incontra nel suo percorso, solitario, intimo e personale, nell'affrontare una volta per tutte il suo doloroso passato e superare i traumi psico-emotivi che da allora l'accompagnano. Un determinato e coraggioso tentativo di riconciliazione con se stessa e col fratello Joe, uomo dilaniato da anni di duro lavoro e dai fantasmi del passato, portatore silenzioso di colpe mai ammesse o affrontate che vive il suo personale calvario. Il ritorno di Alice nella fattoria, che lei fermamente reclama di diritto, faranno riaffiorare i vecchi dissapori tra i fratelli il rapporto dei quali non solo si delinea teso ma irreparabilmente incrinato, come dimostra il loro continuo contrasto tra una litigata e l'altra compresa un'eccessiva, furibonda e violenta reazione di Joe.
Ma il diritto di proprietà non è che il pretesto, la scusa per cercare di scavare più a fondo, oltre la superficie, per disseppellire e finalmente affrontare un dolore più grande di loro al quale ognuno reagisce diversamente. Alice, seppur spaventata e insicura, è spinta a voler affrontare il suo passato rimediando il presente e provando a riallacciare i rapporti col estraniato fratello proponendogli di lavorare insieme in un tentativo di farsi perdonare la propria lontananza. Laddove Joe tenta solo di seppellirlo, insieme agli errori commessi, alle colpe e alle verità taciute anestetizzando il dolore, troppo lacerante da sopportare, con l'alcol e il duro lavoro auto impostosi nella fattoria da affrontare completamente solo. Burbero e scontroso, irascibile e talvolta violento Joe è un elemento tanto fragile quanto Alice ma il suo atteggiamento autodistruttivo e possessivo non sembra voler permettere nessun tipo di riappacificazione mentre Alice, coraggiosa e tenace protagonista, pare isolarsi sempre di più in questo mondo malinconico e rurale senza appoggi dal mondo esterno. Lentamente si disegnano così i torbidi rapporti famigliari che hanno spazzato via anche l'ottima intesa fraterna di quindici anni prima lasciando solo vuoto e lacrime. Il passato continua a influenzare e plasmare il presente ponendo ostacoli insormontabili per Alice e Joe, intrappolati in un perpetuo stallo e incomunicabilità che si manifesta sotto forma di violenti dispute ereditarie.
Ottimo in tal senso il lavoro della Barnard che riesce a rappresentare in modo crudo e realistico le complicanze e le conseguenze dilanianti di un abuso non solo nel corpo e nell'anima della vittima che le subisce ma anche di chi le sta intorno, di chi sa ma sceglie il silenzio fingendo di non sapere. Alice e Joe sono entrambe vittime e ognuno di loro paga un prezzo troppo alto per quel segreto che li ha segnati.
Un quadro assai struggente di una famiglia spezzata e segnata indelebilmente dalle criminose azioni del pater familias e dei peccati che (dai padri) ricadono sempre sui figli. E con essi le ferite, i sensi di colpa, l'incapacità di stabilire solidi rapporti interpersonali. Incorniciato dai bellissimi e malinconici panorami rurali dell'Inghilterra il dramma umano è accompagnato soltanto dal sottofondo della dura vita agricola con i suoi ritmi, la sua routine, il suo gregge e il suo fiume oscuro, metaforico e reale. Un fiume colmo di ricordi dolorosi, risentimento e rabbia ma anche uno reale e tangibile nel quale la protagonista si immerge nel tentativo di cancellare e lavare via il passato; un fiume che diventa teatro di un'ulteriore tragedia che sconvolgerà le vite dei protagonisti nel finale. Un evento che a dispetto della tragicità forse permetterà finalmente ai fratelli di gettare le basi per una reciproca accettazione e perdono ricostruendo la loro relazione da capo.
Clio Barnard ci trasporta così in un percorso grezzo, rurale e realistico di elaborazione dei traumi e del dolore passato attraverso la storia della coraggiosa Alice che decide di affrontare i propri demoni, ormai con la consapevolezza di un'adulta. Lo fa sperando nel sostegno del fratello Joe che col tempo si è inasprito e distaccato emotivamente dalla sorella e dal loro comune passato. A mettere a posto le cose sarà un tragico e inaspettato evento finale che determinerà una drastica e catartica scelta da parte del fratello. Un gesto coraggioso che nasconde il desiderio profondo di espiare le proprie colpe aiutando, anche a distanza di anni, Alice a ricostruire la propria vita.
Sulle note malinconiche e struggenti di PJ Harvey con la sua "An Acre of Land", avvolto delle vaste terre agricole della campagna britannica si consuma un potente dramma umano, realistico e interessante, privo di pietismi, che inscena in maniera vivida e intensa la difficile elaborazione di un trauma subito in passato ma che continua a logorare il presente, determinandone le scelte e condizionandone i comportamenti.
Regia asciutta e lineare, due ottimi interpreti perfettamente calati nelle rispettive parti (Wilson e Stanley), una torbida e tormentata storia famigliare e una cornice naturale suggestiva e cupa rendono Dark River un prodotto non originalissimo ma sicuramente ben costruito e memorabile, riconfermando il fatto (assodato) che il cinema indipendente britannico si muove sempre su alti livelli. Consigliato: 3/5.
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marco
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venerdì 10 agosto 2018
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il fiume oscuro della sofferenza
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Dopo il ruvido e toccante “The Selfish Giant”, ispirato al poetico racconto breve di Oscar Wilde, la regista britannica Clio Barnard mette in scena un dramma familiare apparentemente banale ma che affonda le sue radici nella fragile vulnerabilità della psiche umana.
Prendendo spunto dal romanzo “Trespass” (2010) della scrittrice londinese Rose Tremain, il film vede i due protagonisti, i fratelli Alice (una concentrata Ruth Wilson, “Luther”) e Joe (Mark Stanley, “Il Trono di Spade”) entrare in conflitto per l’eredità paterna in un continuum di tensione il cui epilogo apporta interessanti elementi di significato.
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Dopo il ruvido e toccante “The Selfish Giant”, ispirato al poetico racconto breve di Oscar Wilde, la regista britannica Clio Barnard mette in scena un dramma familiare apparentemente banale ma che affonda le sue radici nella fragile vulnerabilità della psiche umana.
Prendendo spunto dal romanzo “Trespass” (2010) della scrittrice londinese Rose Tremain, il film vede i due protagonisti, i fratelli Alice (una concentrata Ruth Wilson, “Luther”) e Joe (Mark Stanley, “Il Trono di Spade”) entrare in conflitto per l’eredità paterna in un continuum di tensione il cui epilogo apporta interessanti elementi di significato.
Alice, alla morte del padre e dopo quindici anni, ritorna alla fattoria di famiglia, decisa a esercitare il suo diritto all’eredità della proprietà, e qui incontra Joe, suo fratello, che da solo si occupa della fattoria. Alice vuole comunque proporre a Joe la gestione in comune dell’attività di allevamento delle pecore e il riassetto della malconcia struttura. Joe però non vuole avere affari in comune con la sorella e tra i due nascono aspri e violenti contrasti che si risolvono solo in seguito al verificarsi di un tragico evento.
La vicenda si svolge nel suggestivo scenario dello Yorkshire (UK), quel “God’s Own Country” – teatro del film omonimo (2017) del regista Francis Lee- che con la sua naturale ed essenziale bellezza sottolinea, accentuandola, la rusticità e asciuttezza dei dialoghi fra i due fratelli ed enfatizza, valorizzandolo, il lento scorrere della sceneggiatura.
Alice e Joe sono i protagonisti assoluti della vicenda e della scena-pochi sono gli altri personaggi, non a caso quasi tutti maschi, forse a sottolineare la solitudine di Alice-e la loro relazione non si apre mai ai sentimenti reciproci, come volessero evitare di confrontarsi su qualcosa che entrambi conoscono e che è motivo di dolore e sofferenza.
Alice, abusata nella giovinezza dal padre (Sean Bean, "Il Signore degli Anelli") porta con sé le ferite ancora aperte del trauma subito e non risolto, che interferiscono con il suo equilibrio interiore e con le sue dinamiche relazionali. Forse la volontà di tornare nel luogo dove si è consumata la sua tragedia ha una matrice inconscia che può permetterle di elaborare in modo definitivo il suo dramma e trovarne riscatto.
Joe, abbandonato a se stesso nella disordinata e inefficiente fattoria, si barcamena tra la cattiva gestione dell’azienda paterna e lo stordimento dell’alcool. La sua condizione, unita alla personalità tormentata, non gli permette neppure di intravedere, nel ritorno della capace e caparbia Alice, l’opportunità che il destino gli offre: la possibilità di un nuovo percorso di vita, ri-connettendosi con quella sorella che era stata così importante per lui, negli anni dell’adolescenza. La resistenza di Joe non è dettata solo dalla mancanza di lucidità e/o dall’attaccamento alla proprietà, che lui considera solo sua, ma anche dalle ombre del passato: Joe vedeva, sapeva delle molestie sessuali e fingeva di non sapere. Il forte senso di colpa lo possiede, rendendolo incapace di reagire: il Dark River della sofferenza scorre senza sosta per entrambi. Sarà solo la tragedia finale che spezzerà il fil rouge della tensione, muovendo l’ultimo atto del dramma verso una radicale e imprevista soluzione, come determinata da un filmico deus ex machina- rappresentato dall’inconscio di Alice- che risolve una situazione apparentemente irrisolvibile.
Sì, lei avrà il suo riscatto, ma non senza pagare un nuovo prezzo, come a dire che il solo termine della sofferenza consiste nell’evitare di provocarla.
Diversi sono i temi sui quali l’opera di Barnard invita a riflettere: la natura del conflitto maschio/femmina, le conseguenze del crudele esercizio dell’autorità genitoriale, la difficoltà nella comunicazione dei propri sentimenti-e di ottenerne ascolto-, i danni dell’indifferenza, la frustrazione per una giustizia non esercitata, il desiderio di riscatto come forza che mobilita energia vitale; temi trattati con sensibilità, intelligenza ma anche rude realismo.
Vale proprio la pena di aspettare, fiduciosi, il prossimo film di questa interessante regista.
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