mauridal
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lunedì 12 dicembre 2016
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una videocamera in aggiato
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ROBINU’ documentario di Michele Santoro It. 2016 .
Quando una inchiesta giornalistica diventa una vera opera di impegno culturale, capace di incidere sulla realtà quel tanto che permette alla società tutta di riflettere e di poter agire in conseguenza, allora possiamo affermare che il reportage e il giornalista, o l’autore ,hanno raggiunto uno scopo, hanno avuto il merito di raggiungere e di aggredire positivamente l’argomento in oggetto per comunicare una verità tra le tante esistenti, forse quella giusta. Santoro, autore di tante inchieste e programmi TV di interesse nazionale ha preferito affrontare con la regola dell’inchiesta classica cioè del giornalismo di tradizione che ha avuto in Italia precedenti illustri, e possiamo ricordare, tenendoci in tema con l’argomento di Robinù ovvero la mala vita napoletana ,con le inchieste di Joe Marrazzo, ma addirittura cogliendo uno stile documentaristico alla maniera di Mario Soldati, scrittore prestato alla televisione e al cinema, autore di leggendarie inchieste di costume e vita sociale del popolo italiano mentre si riscontrano analogie di linguaggio più evidenti , nei reportage di Nanni Loy , dove i protagonisti erano persone catturate e intervistate direttamente nei luoghi dove vivevano.
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ROBINU’ documentario di Michele Santoro It. 2016 .
Quando una inchiesta giornalistica diventa una vera opera di impegno culturale, capace di incidere sulla realtà quel tanto che permette alla società tutta di riflettere e di poter agire in conseguenza, allora possiamo affermare che il reportage e il giornalista, o l’autore ,hanno raggiunto uno scopo, hanno avuto il merito di raggiungere e di aggredire positivamente l’argomento in oggetto per comunicare una verità tra le tante esistenti, forse quella giusta. Santoro, autore di tante inchieste e programmi TV di interesse nazionale ha preferito affrontare con la regola dell’inchiesta classica cioè del giornalismo di tradizione che ha avuto in Italia precedenti illustri, e possiamo ricordare, tenendoci in tema con l’argomento di Robinù ovvero la mala vita napoletana ,con le inchieste di Joe Marrazzo, ma addirittura cogliendo uno stile documentaristico alla maniera di Mario Soldati, scrittore prestato alla televisione e al cinema, autore di leggendarie inchieste di costume e vita sociale del popolo italiano mentre si riscontrano analogie di linguaggio più evidenti , nei reportage di Nanni Loy , dove i protagonisti erano persone catturate e intervistate direttamente nei luoghi dove vivevano. Qui l’impegno è stato diverso, siamo di fronte ad una serie di interviste a giovani criminali, ai loro parenti , e amici, e che o dal carcere o da altri luoghi, raccontano la storia di un fenomeno in ascesa nelle grandi metropoli, non solo italiane , come la criminalità delle bande giovanili, dette impropriamente Baby –gang per via della giovanissima età dei partecipanti. Ma , qui si tenta anche un coinvolgimento di tutte le istituzioni ,sia politiche che sociali e di governo dello Stato nella richiesta di ragioni , del fenomeno, dunque tentando di ottenere una risposta sulle possibili soluzioni . La malavita giovanile è una vicenda drammatica con dei costi altissimi in vite umane stroncate da veri killer che sparano con armi da guerra in pieno centro della città , a Napoli come altrove. Robinù è il contro nome di Michele un Killer dichiarato, che la sua famiglia il padre i fratelli hanno perso, poiché seppure in vita, ovvero scampato alla morte certa , non è in grado di vivere una vita normale , pure scontando una pena carceraria. Questo ed altri esempi di giovani , si raccontano , senza finzioni o protagonismi, dal vivo , davanti alla videocamera , presentando una terribile realtà umana disperante per chiunque la ignori. Ma al contempo questa realtà. Non sembra risolversi con la semplice repressione, Il regime carcerario , viene rappresentato nel film , come una fucina di criminali ,meno che mai una redenzione o riscatto di una vita votata alla delinquenza. Allo spettatore rimane una riflessione su altre soluzioni. (mauridal).
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mauridal
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lunedì 12 dicembre 2016
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una videocamera in agguato.
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ROBINU’ documentario di Michele Santoro It. 2016 .
Quando una inchiesta giornalistica diventa una vera opera di impegno culturale, capace di incidere sulla realtà quel tanto che permette alla società tutta di riflettere e di poter agire in conseguenza, allora possiamo affermare che il reportage e il giornalista, o l’autore ,hanno raggiunto uno scopo. Hanno avuto il merito di raggiungere e di aggredire positivamente l’argomento in oggetto per comunicare una verità tra le tante esistenti, forse quella giusta. Santoro, autore di tante inchieste e programmi TV di interesse nazionale ha preferito affrontare con la regola dell’inchiesta classica cioè del giornalismo di tradizione che ha avuto in Italia precedenti illustri, e possiamo ricordare, tenendoci in tema con l’argomento di Robinù ovvero la mala vita napoletana ,con le inchieste di Joe Marrazzo, ma addirittura cogliendo uno stile documentaristico alla maniera di Mario Soldati, scrittore prestato alla televisione e al cinema, autore di leggendarie inchieste di costume e vita sociale del popolo italiano mentre si riscontrano analogie di linguaggio più evidenti , nei reportage di Nanni Loy , dove i protagonisti erano persone catturate e intervistate direttamente nei luoghi dove vivevano.
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ROBINU’ documentario di Michele Santoro It. 2016 .
Quando una inchiesta giornalistica diventa una vera opera di impegno culturale, capace di incidere sulla realtà quel tanto che permette alla società tutta di riflettere e di poter agire in conseguenza, allora possiamo affermare che il reportage e il giornalista, o l’autore ,hanno raggiunto uno scopo. Hanno avuto il merito di raggiungere e di aggredire positivamente l’argomento in oggetto per comunicare una verità tra le tante esistenti, forse quella giusta. Santoro, autore di tante inchieste e programmi TV di interesse nazionale ha preferito affrontare con la regola dell’inchiesta classica cioè del giornalismo di tradizione che ha avuto in Italia precedenti illustri, e possiamo ricordare, tenendoci in tema con l’argomento di Robinù ovvero la mala vita napoletana ,con le inchieste di Joe Marrazzo, ma addirittura cogliendo uno stile documentaristico alla maniera di Mario Soldati, scrittore prestato alla televisione e al cinema, autore di leggendarie inchieste di costume e vita sociale del popolo italiano mentre si riscontrano analogie di linguaggio più evidenti , nei reportage di Nanni Loy , dove i protagonisti erano persone catturate e intervistate direttamente nei luoghi dove vivevano. Qui l’impegno è stato diverso, siamo di fronte ad una serie di interviste a giovani criminali, ai loro parenti , e amici, e che o dal carcere o da altri luoghi, raccontano la storia di un fenomeno in ascesa nelle grandi metropoli, non solo italiane , come la criminalità delle bande giovanili, dette impropriamente Baby –gang per via della giovanissima età dei partecipanti. Ma , qui si tenta anche un coinvolgimento di tutte le istituzioni ,sia politiche che sociali e di governo dello Stato nella richiesta di ragioni , del fenomeno, dunque tentando di ottenere una risposta sulle possibili soluzioni . La malavita giovanile è una vicenda drammatica con dei costi altissimi in vite umane stroncate da veri killer che sparano con armi da guerra in pieno centro della città , a Napoli come altrove. Robinù è il contro nome di Michele un Killer dichiarato, che la sua famiglia il padre i fratelli hanno perso, poiché seppure in vita, ovvero scampato alla morte certa , non è in grado di vivere una vita normale , pure scontando una pena carceraria. Questo ed altri esempi di giovani , si raccontano , senza finzioni o protagonismi, dal vivo , davanti alla videocamera , presentando una terribile realtà umana disperante per chiunque la ignori. Ma al contempo questa realtà. Non sembra risolversi con la semplice repressione, Il regime carcerario , viene rappresentato nel film , come una fucina di criminali ,meno che mai una redenzione o riscatto di una vita votata alla delinquenza. Allo spettatore rimane una riflessione su altre soluzioni. (mauridal).
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flyanto
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lunedì 12 dicembre 2016
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la nuova delinquenza giovanile a napoli
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Michele Santoro ha presentato in anteprima, in questi giorni, nelle sale cinematografiche il suo "Robinù", un documentario sulla malavita minorile dei quartieri disagiati della città di Napoli. Come è stato già testimoniato dallo stesso Roberto Saviano nel suo ultimo romanzo "La Paranza dei Bambini", il giornalista salernitano presenta la nuova e contemporanea realtà riguardante la delinquenza minorile che si manifesta attraverso baby gangs di giovani, la maggior parte ancora minorenni, i quali, appunto, già molto precocemente hanno deciso di intraprendere la strada del crimine. La novità di questo nuovo aspetto della criminalità sta proprio nel fatto che i giovani si riuniscono in gruppi indipendenti e non più alle dipendenze di qualche potente boss della Camorra, preferendo così agire secondo la propria volontà slegata da ogni vincolo od associazione, ma seguendo il proprio libero intento ed istinto al fine di riuscire a guadagnare in maniera veloce e facile ingenti somme di denaro.
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Michele Santoro ha presentato in anteprima, in questi giorni, nelle sale cinematografiche il suo "Robinù", un documentario sulla malavita minorile dei quartieri disagiati della città di Napoli. Come è stato già testimoniato dallo stesso Roberto Saviano nel suo ultimo romanzo "La Paranza dei Bambini", il giornalista salernitano presenta la nuova e contemporanea realtà riguardante la delinquenza minorile che si manifesta attraverso baby gangs di giovani, la maggior parte ancora minorenni, i quali, appunto, già molto precocemente hanno deciso di intraprendere la strada del crimine. La novità di questo nuovo aspetto della criminalità sta proprio nel fatto che i giovani si riuniscono in gruppi indipendenti e non più alle dipendenze di qualche potente boss della Camorra, preferendo così agire secondo la propria volontà slegata da ogni vincolo od associazione, ma seguendo il proprio libero intento ed istinto al fine di riuscire a guadagnare in maniera veloce e facile ingenti somme di denaro. Infatti lo scopo è solo quello di arricchirsi senza impiegare alcun sforzo attraverso, per lo più, lo spaccio della droga e furti di vario genere. I traguardi tanto ambiti e rivelatori di una totale mancanza di interessi od ideali più profondi sono quelli di spendere immediatamente tutto il denaro guadagnato in oggetti e beni di consumo di lusso ed alla moda. Ma quello su cui Santoro pone l'accento è il fatto da parte di questi ragazzi e ragazze (anch'esse purtroppo ben presenti ed attive in questa nuova realtà malavitosa) di non preoccuparsi minimamente di rischiare la propria vita e, nella maggioranza dei casi, se non finiscono prima in galera, di venire uccisi prematuramente. Tra loro vige la "filosofia" di vita che è meglio vivere bene ed alla giornata, sebbene non a lungo ed, anzi, coloro i quali muoiono anzitempo vengono addirittura considerati dai superstiti come degli eroi.
Presentato da Santoro come una serie di interviste reali fatte ai giovanissimi detenuti, per lo più sottotitolati in quanto parlanti un dialetto napoletano strettissimo e alquanto incomprensibile, "Robinù" si dimostra un documento molto interessante sebbene crudo e spietato nel suo contenuto, una testimonianza chiara e senza alcuna edulcorazione di una nuova temibile e terribile realtà emergente a cui è difficile fare fronte e soprattutto sempre di più dilagante anche perchè, diventando presto genitori, i suddetti giovani malavitosi si sono procurati attraverso la propria prole subito un "rimpiazzo" una volta che quest'ultima raggiunge l'età necessaria per compiere dei misfatti.
Paragonato a "I Ragazzi di Vita " di Pier Paolo Pasolini, "Robinù" rivela però una realtà molto più violenta e temibile di quella rappresentata a suo tempo dal regista bolognese, segnale purtroppo quanto mai evidente di un consistente peggioramento della società contemporanea a cui le Forze dell'Ordine e lo Stato in generale dovrebbe far fronte e porre fine definitivamente. Dei "Robin Hood" che si dichiarano in favore ed aiuto dei più deboli ma che in realtà producono solo violenza e delinquenza pura.
Altamente consigliabile come documento sociale e con la viva speranza, essendo rimasto nelle sale cinematografiche soltanto uno/due giorni, che venga in futuro trasmesso in qualche rete televisiva nazionale.
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nanni
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lunedì 12 dicembre 2016
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robinù
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Con il documentario/intervista su un piccolo gruppo di camorristi ancora minorenni, famiglie comprese, Robinù ha il merito di descrivere efficacemente la complessità e la profondità della deriva criminale che coinvolge Napoli e non solo. Vale la pena ricordare che la radice di questa vera emergenza nazionale viene da molto lontano. Di questione meridionale si parla dalla fine dell'ottocento. Da allora tutti i governi, di destra e di sinistra, che favorirono industrializzazione e modernizzazione al nord condannarono allo stesso tempo all'arretratezza, all'immobilismo fino all'attuale diffusa illegalità il meridione d'Italia. Michele Santoro fà bene il suo lavoro. Il vero protagonista del film è, ancora una volta, l'assenza drammatica di una risposta politica convincente.
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Con il documentario/intervista su un piccolo gruppo di camorristi ancora minorenni, famiglie comprese, Robinù ha il merito di descrivere efficacemente la complessità e la profondità della deriva criminale che coinvolge Napoli e non solo. Vale la pena ricordare che la radice di questa vera emergenza nazionale viene da molto lontano. Di questione meridionale si parla dalla fine dell'ottocento. Da allora tutti i governi, di destra e di sinistra, che favorirono industrializzazione e modernizzazione al nord condannarono allo stesso tempo all'arretratezza, all'immobilismo fino all'attuale diffusa illegalità il meridione d'Italia. Michele Santoro fà bene il suo lavoro. Il vero protagonista del film è, ancora una volta, l'assenza drammatica di una risposta politica convincente. Da vedere e far vedere!!!!!!! Ciao nanni
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enzo70
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mercoledì 7 dicembre 2016
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un film forte, ma solo all'apparenza.
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Santoro con una sorta di film documentario racconta la storia di alcuni ragazzini ristretti, termine tecnico, tra il carcere minorile di Airola e quello di Poggioreale. Il conduttore televisivo, dice la critica, torna al suo mestiere d’origine, ossia quello del giornalismo d’inchiesta. In realtà di inchiesta c’è ben poco, visto che il film si basa sul racconto con voce propria di alcuni protagonisti della guerra delle baby gang, triste epilogo del tramonto della camorra organizzata a Napoli.
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Santoro con una sorta di film documentario racconta la storia di alcuni ragazzini ristretti, termine tecnico, tra il carcere minorile di Airola e quello di Poggioreale. Il conduttore televisivo, dice la critica, torna al suo mestiere d’origine, ossia quello del giornalismo d’inchiesta. In realtà di inchiesta c’è ben poco, visto che il film si basa sul racconto con voce propria di alcuni protagonisti della guerra delle baby gang, triste epilogo del tramonto della camorra organizzata a Napoli. L’assenza di valori, anzi l’inversione dei valori, di questi ragazzini emerge con drammatica forza, ma non giustifica, da sola un film e l’osanna della critica. Anzi; l’utilizzo della lingua napoletana rafforza la logica del folklore che a Napoli ha giù procurato tanti danni. Santoro non cerca di affascinare lo spettatore con il romanzo alla Saviano e ha un approccio quasi neorealista; ma ad un documentario si chiede di documentare e di andare oltre i luoghi comuni che alla fine risiedono anche dietro le storie di straordinaria miseria di questo film. Ed è proprio la straordinaria miseria, la totale assenza di istruzione e, soprattutto, di opportunità il soggetto del fenomeno del degrado della vita urbana napoletana e della distruzione delle vite di troppi ragazzi. E un giornalista capace come Santoro poteva andare oltre una rappresentazione cruda, sì, della realtà, ma che racconta solo un lato di un oggetto con molte sfaccettature.
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