Paradise |
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Un film di Andrey Konchalovskiy.
Con Yuliya Vysotskaya, Christian Clauss, Philippe Duquesne, Peter Kurth.
continua»
Titolo originale Rai.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
b/n
durata 130 min.
- Russia, Germania 2016.
- Viggo
uscita giovedì 25 gennaio 2018.
MYMONETRO
Paradise
valutazione media:
2,75
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Paradiso all'inferno
di Emiliano Morreale L'Espresso
L'ottantenne Andrej Michalkov-Konchalovskij, fratello maggiore di Nikita Michalkov, è uno dei nomi che hanno fatto la storia del cinema sovietico, dal disgelo in poi. Il suo esordio, "Storia di Asja Kljacina", fu proibito dalla censura e visto soltanto vent'anni dopo, in tempi di glasnost. "Siberiade", invece, che vinse un Gran premio a Cannes nel 1979, era una specie di Novecento brezneviano. Poi il regista è andato in America, dove ha fatto almeno un grande film che in italiano si chiamava "A 30 secondi dalla fine': Perdutosi tra operazioni produttive a volte balorde, di recente è tornato in vista vincendo due volte il Leone d'argento a breve distanza, prima con "Le notti bianche del postino" (2014) e poi, nel 2016, con questo "Paradise", ambientato durante la Seconda guerra mondiale. Il film comincia raccontando la vicenda d i un collaborazionista francese, dall'aria bonaria: è la parte migliore, da romanzo di Simenon. Ma poi cambia bruscamente, e si sposta su una prigioniera del lager (una nobile russa) e su un giovane ufficiale nazista. L'impostazione è da cinema d'autore di trent'anni fa: si può ricordare che nell'anno di "Paradise': a Venezia c'era anche "Austerlitz" di Sergei Loznitsa, e pochi mesi prima a Cannes si era visto "Il figlio di Saul": titoli che rilanciavano il tema della Shoah su un piano di consapevolezza e complessità ben maggiore. Ormai c'è in effetti una specie di iconografia obbligata nei film di finzione sui campi di sterminio, che a volte rischia di creare un genere coi suoi stereotipi. Konchalovskij sembra essere cosciente della propria posizione, e fa quasi un'operazione rétro: punta al mélo storico con intrecci di pubblico e privato, prese di coscienza e colpi di scena, in bianco e nero e nel formato quadrato 1:37 dei film di una volta. Il film comunque appassiona, forse perché il regista crede davvero a questo modello di cinema; almeno finché non arriva un epilogo tra il mistico e il metafisico, una caduta di gusto oltretutto piuttosto banalizzante.
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