felicity
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sabato 1 aprile 2023
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incisivo, sentito e storicamente rilevante
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La legge del mercato, gran bel film, più che mostrare il disagio, lo filma come effetto sulle reazioni del protagonista. Lindon è l’unico attore professionista in mezzo ad altri che non lo sono: agenti della sicurezza, banchieri, cassiere. E la sfera professionale convive anche con quella umana. La dimensione intima prevale prima di tutto. Vincent Lindon è come un cavaliere che si muove nel deserto. Recita ancora più con i gesti e i silenzi che con le parole. Solo Jean Gabin, prima di lui, era capace di farlo con questa naturalezza. Ma è anche un pugile che riceve colpi ma poi non si tira indietro per darli.
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toni andreetta
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mercoledì 6 maggio 2020
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"la legge morale è dentro di me" e. kant
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Ottimo film La legge del mercato. Il regista Stéphane Brizé ha strutturato la narrazione filmica con scelte stilistiche molto coraggiose, ispirate alla libertà espressiva, contravvenendo, in maniera schietta e profittevole, alle regole del linguaggio cinematografico consolidato. Thierry, interpretato da Vincent Lindon, attore di grande talento, è protagonista di una storia di disoccupazione e precarietà economica a causa della crisi economica del 2008. Perduto il posto, a causa della delocalizzazione dell'azienda, Thierry per sbarcare il lunario, con una famiglia a carico, è costretto ad accettare un lavoro di controllore di furti in un centro commerciale.
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Ottimo film La legge del mercato. Il regista Stéphane Brizé ha strutturato la narrazione filmica con scelte stilistiche molto coraggiose, ispirate alla libertà espressiva, contravvenendo, in maniera schietta e profittevole, alle regole del linguaggio cinematografico consolidato. Thierry, interpretato da Vincent Lindon, attore di grande talento, è protagonista di una storia di disoccupazione e precarietà economica a causa della crisi economica del 2008. Perduto il posto, a causa della delocalizzazione dell'azienda, Thierry per sbarcare il lunario, con una famiglia a carico, è costretto ad accettare un lavoro di controllore di furti in un centro commerciale. Il film mostra la potente tensione tra il bisogno di campare e gli intollerabili conflitti etici che il ruolo assegnatogli gli impone. Il racconto si avvale di un montaggio ridotto al minimo, senza controcampi, con riprese del protagonista quasi sempre in pseudo soggetiva di tre quarti, senza musica di supporto, realizzando così un tessuto narrativo stilizzato, asettico, estremamente raffinato, senza indugi retorici o compassionevoli. Grande prova che unisce impegno civile e fascino linguistico di un minimalismo non affettato.
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martedì 5 maggio 2020
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bel titolo
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Scritto molto bene al punto che spero di vederlo. Grazie
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sellerone
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martedì 21 agosto 2018
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la legge della coscienza
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Il protagonista è interpretato in maniera sublime. Una recitazione naturale e coinvolgente aiutata molto dal taglio delle inquadrature. LA storia è bella, ma credo che senza questo attore, non avrebbe reso altrettanto bene.
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francesco2
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sabato 30 dicembre 2017
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non solo lindon
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E’ un film francese visto in concorso a Cannes, secondo qualcuno per motivi probabilmente
nazionalistici, mentre altri potrebbero obiettare che il film vive della luce riflessa di Lindon. Forse,
tuttavia, almeno quest’affermazione è vera solo parzialmente. L’interpretazione di quest’attore,
finalmente insignito con un riconoscimento ufficiale nel suddetto Festival, eccede sicuramente il
valore del film, che a volte propone spunti interessanti in maniera non banale.
La scena della “trattativa” nella parte iniziale, per esempio, appare o forse è troppo dilatata, ma
abile nell’evidenziare “piccole” tensioni in cui nessuno ha colpa se non quell’
(Il)logic(it)à che obbliga a prendere rapidamente certe decisioni ed, ancora prima, ad essere stringati
nella comunicazione con persone che non conosciamo.
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E’ un film francese visto in concorso a Cannes, secondo qualcuno per motivi probabilmente
nazionalistici, mentre altri potrebbero obiettare che il film vive della luce riflessa di Lindon. Forse,
tuttavia, almeno quest’affermazione è vera solo parzialmente. L’interpretazione di quest’attore,
finalmente insignito con un riconoscimento ufficiale nel suddetto Festival, eccede sicuramente il
valore del film, che a volte propone spunti interessanti in maniera non banale.
La scena della “trattativa” nella parte iniziale, per esempio, appare o forse è troppo dilatata, ma
abile nell’evidenziare “piccole” tensioni in cui nessuno ha colpa se non quell’
(Il)logic(it)à che obbliga a prendere rapidamente certe decisioni ed, ancora prima, ad essere stringati
nella comunicazione con persone che non conosciamo. Ma c’è almeno un altro spunto degno di
interesse, che assume importanza e che, a giudizio di chi scrive, sarebbe
eccessivamente ingeneroso qualificare come “già visto”. Le inquadrature all’interno dei negozi, se da
una parte generano considerazioni –davvero?- scontate sul potere delle immagini e di questa
“comunicazione” nella nostra società, inducono anche a riflettere sul concetto di “giustizia”. Dove si
colloca il confine etico nell’assumere certe decisioni? Nell’essere ligi al dovere ed alle regole
codificate, o nel valutare caso per caso la specificità di certe situazioni?
Ed allora, forse, parzialmente è anche un “film” più politico di certi Loach od epigoni.
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ennio
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venerdì 1 dicembre 2017
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fin troppo realista, un pò spoglio di carattere
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Un'opera ammirevole per le modalità in cui è stata girata, con attori perlopiù di strada, quindi a metà tra fiction e documentario. Sebbene lo scorrimento della vicenda sia piacevolmente asciutto, anche nei dialoghi, alla fine risulta fin troppo inquadrato in un realismo sempre uguale a sè stesso. I protagonisti della vicenda sembrano ripetere ogni volta gli stessi caratteri, nei toni, nella volontà e nelle parole, e questo è un pò inverosimile nella realtà. Rimangono tutti così ragionevoli e pacati anche in circostanze drammatiche come furti e licenziamenti, ma siamo davvero così sviliti di carattere?
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non solo storie
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lunedì 28 novembre 2016
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le jeux sont faits...
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Altri ci hanno già raccontato l' attuale crisi economica dall' interno delle stanze dei bottoni, lì dove si fa girare il mondo come una roulette a suon di speculazioni e giochi di potere: le jeux sont faits rien ne va plus. La Legge del Mercato, insomma, che Stephane Brizé ci racconta vista, però, dalla parte di chi ha perso il lavoro e stenta a sbarcare il lunario.
L' intento è quello di produrre un film-reportage di denuncia e la regia ci riesce magistralmente a cominciare dall' uso della recitazione a soggetto.
Le inquadrature "spigolose" lasciano allo spettatore giusto lo spazio per sbirciare "la vita degli altri", il loro dolore, i loro drammi. E' vita vera, vita vissuta, quella sullo schermo e quando Thierry, il protagonista, farà la sua scelta il pubblico dovrà decidere da che parte stare.
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Altri ci hanno già raccontato l' attuale crisi economica dall' interno delle stanze dei bottoni, lì dove si fa girare il mondo come una roulette a suon di speculazioni e giochi di potere: le jeux sont faits rien ne va plus. La Legge del Mercato, insomma, che Stephane Brizé ci racconta vista, però, dalla parte di chi ha perso il lavoro e stenta a sbarcare il lunario.
L' intento è quello di produrre un film-reportage di denuncia e la regia ci riesce magistralmente a cominciare dall' uso della recitazione a soggetto.
Le inquadrature "spigolose" lasciano allo spettatore giusto lo spazio per sbirciare "la vita degli altri", il loro dolore, i loro drammi. E' vita vera, vita vissuta, quella sullo schermo e quando Thierry, il protagonista, farà la sua scelta il pubblico dovrà decidere da che parte stare.
Bene avrebbe fatto la produzione italiana a lasciare la pellicola in lingua originale. Così male si adatta la nostra lingua alla trasposizione dell' interloquire naturale tra parlanti di lingua francese! Se ne perdono la musicalità e i contenuti culturali che essa veicola.
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rampante
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giovedì 17 novembre 2016
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un uomo
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Il regista ha realizzato un'opera di denuncia del mondo del lavoro
Thierry è un uomo semplice, solido moralmente, un uomo con un figlio disabile, un uomo che dopo 25 anni di attività perde il lavoro perchè la sua azienda si è trasferita in un altro paese dove la mano d'opera, senza tutele, costa molto meno. La legge lo permette.
Thierry frequenta degli inutili corsi di formazione e cerca lavoro. Assunto in un ipermercato con il ruolo di controllo nei tentativi di furto è costretto a misurarsi ogni giorno con le leggi di un mercato spietato che divora persone mostrando un volto amichevole.
Un giorno si trova dinanzi a un uomo che ruba non per vizio ma per necessità e si chiede fino a che punto la legge vada fatta rispettare a favore di chi adora il dio Mercato.
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Il regista ha realizzato un'opera di denuncia del mondo del lavoro
Thierry è un uomo semplice, solido moralmente, un uomo con un figlio disabile, un uomo che dopo 25 anni di attività perde il lavoro perchè la sua azienda si è trasferita in un altro paese dove la mano d'opera, senza tutele, costa molto meno. La legge lo permette.
Thierry frequenta degli inutili corsi di formazione e cerca lavoro. Assunto in un ipermercato con il ruolo di controllo nei tentativi di furto è costretto a misurarsi ogni giorno con le leggi di un mercato spietato che divora persone mostrando un volto amichevole.
Un giorno si trova dinanzi a un uomo che ruba non per vizio ma per necessità e si chiede fino a che punto la legge vada fatta rispettare a favore di chi adora il dio Mercato.
Davanti a una società che cerca di incrinare a poco a poco una solidità tra le persone utilizzando l'arma del bisogno. Thierry lascia l'ipermercato
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lbavassano
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martedì 26 aprile 2016
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neorealismo contemporaneo
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Per fortuna, nonostante tutto, nonostante le leggi del mercato e delle multisale, dell'evasione a tutti i costi, si producono film come questo, e come "Due giorni, una notte" dei Dardenne (ma all'origine di tutto è probabilmente il capolavoro dei Dardenne, "Rosetta"), film che indagano e rappresentano lucidamente la realtà contemporanea nei suoi aspetti più crudi; ed il mondo del lavoro, le sue regole o, meglio, la sua rinnovata assenza di regole che non siano quelle del profitto a tutti i costi, le sue esclusioni e gli ipocriti, odiosi rituali pseudo-scientifici di inclusione, della realtà contemporanea è specchio ed elemento costitutivo.
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Per fortuna, nonostante tutto, nonostante le leggi del mercato e delle multisale, dell'evasione a tutti i costi, si producono film come questo, e come "Due giorni, una notte" dei Dardenne (ma all'origine di tutto è probabilmente il capolavoro dei Dardenne, "Rosetta"), film che indagano e rappresentano lucidamente la realtà contemporanea nei suoi aspetti più crudi; ed il mondo del lavoro, le sue regole o, meglio, la sua rinnovata assenza di regole che non siano quelle del profitto a tutti i costi, le sue esclusioni e gli ipocriti, odiosi rituali pseudo-scientifici di inclusione, della realtà contemporanea è specchio ed elemento costitutivo. Per fortuna i Dardenne fanno scuola, per i temi trattati, e per lo stile narrativo asciutto e rigoroso, per l'uso della macchina da presa costantemente incollata ai corpi, ai volti dei protagonisti giustamente abbandonati solo nello splendido finale, per quelle immagini "sporche", ricche di fuori-fuoco, che riescono ad immergerci in quella realtà fisicamente ed emotivamente, che ci fanno riflettere (ed ancora bisogna richiamare quel capolavoro di coinvolgimento fisico, asfittico, che è "Rosetta"). Per quella capacità di coniugare cinema di denuncia e grande cinema. Neorealismo assolutamente contemporaneo. Eccezionale Vincent Lindon.
Rivisto con rinnovata convinzione del suo valore etico ed estetico.
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non solo storie
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giovedì 4 febbraio 2016
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e tu, da che parte stai?
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Altri ci hanno già raccontato l' attuale crisi economica dall' interno delle stanze dei bottoni, lì dove si fa girare il mondo come una roulette a suon di speculazioni e giochi di potere: le jeux sont faits rien ne va plus. La legge del mercato, insomma, che Stephane Brizé ci racconta vista, però, dalla parte di chi ha perso il lavoro e stenta a sbarcare il lunario. L' intento è quello di produrre un film-reportage di denuncia e la regia ci riesce magistralmente a cominciare dall' uso della recitazione a soggetto. Bene avrebbe fatto la produzione italiana a lasciare la pellicola in lingua originale. Così male si adatta l' italiano alla trasposizione dell' interloquire naturale tra parlanti di lingua francese! Se ne perdono la musicalità e i contenuti culturali che essa veicola.
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Altri ci hanno già raccontato l' attuale crisi economica dall' interno delle stanze dei bottoni, lì dove si fa girare il mondo come una roulette a suon di speculazioni e giochi di potere: le jeux sont faits rien ne va plus. La legge del mercato, insomma, che Stephane Brizé ci racconta vista, però, dalla parte di chi ha perso il lavoro e stenta a sbarcare il lunario. L' intento è quello di produrre un film-reportage di denuncia e la regia ci riesce magistralmente a cominciare dall' uso della recitazione a soggetto. Bene avrebbe fatto la produzione italiana a lasciare la pellicola in lingua originale. Così male si adatta l' italiano alla trasposizione dell' interloquire naturale tra parlanti di lingua francese! Se ne perdono la musicalità e i contenuti culturali che essa veicola. Le inquadrature "spigolose" lasciano allo spettatore giusto lo spazio per sbirciare "la vita degli altri", il loro dolore, i loro drammi. E' vita vera, vita vissuta, quella sullo schermo. E tu, seduto comodamente in poltrona, da che parte stai? Quando Thierry, il protagonista, farà la sua scelta il pubblico dovrà decidere da che parte stare. Le legge del mercato impone le sue regole: ricordarsi di lasciare fuori la propria umanità se si vuole far parte del gioco.
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