vanessa zarastro
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giovedì 15 settembre 2016
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maternage, morte e oriente
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Considerato un evento speciale, ieri e l’altro ieri a Roma, è stato proiettato in un paio di sale The Heart of a Dog che è ilprimo film (sperimentale?) di Laurie Anderson aveva già elaborato precedentemente un documentario di suo concerto del 1986. Il film della cantante-artista è stato presentato in concorso alla Biennale di Venezia 2016.
Il film, che Anderson ha voluto dedicare al suo compagno scomparso tre anni fa Lou Reed, parla proprio della morte, riflette sul senso della perdita, tratta il tema dell’abbandono, tutto prendendo spunto dalla vita e della morte della sua adorata cagnolina Lolabelle, una rat terrier. I racconti sono visivamente intensi, spesso costruiti con ironia come ad esempio l’ambientazione della cagnetta con tutti gli altri cani già presenti nel quartiere newyorkese, così come la fuga in California, dopo l’11 settembre, alla scoperta della natura, del verde e perfino dei falchi, una minaccia che viene dall’alto cui Lolabelle non aveva mai pensato.
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Considerato un evento speciale, ieri e l’altro ieri a Roma, è stato proiettato in un paio di sale The Heart of a Dog che è ilprimo film (sperimentale?) di Laurie Anderson aveva già elaborato precedentemente un documentario di suo concerto del 1986. Il film della cantante-artista è stato presentato in concorso alla Biennale di Venezia 2016.
Il film, che Anderson ha voluto dedicare al suo compagno scomparso tre anni fa Lou Reed, parla proprio della morte, riflette sul senso della perdita, tratta il tema dell’abbandono, tutto prendendo spunto dalla vita e della morte della sua adorata cagnolina Lolabelle, una rat terrier. I racconti sono visivamente intensi, spesso costruiti con ironia come ad esempio l’ambientazione della cagnetta con tutti gli altri cani già presenti nel quartiere newyorkese, così come la fuga in California, dopo l’11 settembre, alla scoperta della natura, del verde e perfino dei falchi, una minaccia che viene dall’alto cui Lolabelle non aveva mai pensato.
I ricordi personali dell’autrice riaffiorano per associazione come in una seduta psicoanalitica. La morte della madre l’ha segnata, e raccontandola ricorda l’apprezzamento della madre sulla sua abilità per il salvataggio in mare dei suoi fratellini gemelli – una delle rare gratificazioni da parte della madre, sembrerebbe di capire.
Così la memoria va all’amico scultore che sezionava le case e che è morto prematuramente. L’artista insegna al suo cagnolino a suonare una tastiera elettrica, coadiuvata da una addestratrice, specialmente quando Lolabelle, diventa cieca, non ha più coraggio di camminare ad esclusione delle corse serali sulla spiaggia in riva al mare, quando è sicura di non essere minacciata.
Una parte cospicua Laurie Anderson la dedica alla descrizione del “bardo” così come intesa nella cultura tibetana.Il bardo è lo stato della mente dopo la morte, lo stato “intermedio” prima della reincarnazione. La mente acquisisce status psichico simile a quello del sogno, è lo stato della mente dopo la morte, lo stadio intermedio, quando la coscienza viene separata dal corpo. La durata dello stato del bardo è di 49 giorni al massimo, ma in ogni momento può assumere una nuova vita in uno dei sei reami descritti dalla cosmologia Buddista. Lentamente il morto si distacca così dalle cose terrene, dalle sensazioni, dalle emozioni, dai ricordi. In tal modo la perdita è vissuta sia da chi abbandona la vita sia da chi viene abbandonato. In molte religioni la perdita è, in qualche modo, attutita ipotizzando che i defunti rimangano vicino ai vivi per almeno 40 giorni.
Anderson cita anche David Foster Wallac «ogni storia d'amore è una storia di fantasmi», non esiste il lutto per l’autrice ma solo la liberazione dell’amore.
Il brano "Turning Time Around" chiude il film che opera montaggi tra suoi disegni e le sue riprese. La voce fuori campo di Laurie che ha voluto parlare in italiano accompagna la visione per tutto il film.
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september
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lunedì 28 settembre 2015
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un pugno in faccia e una carezza all'anima.
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Profondo, Ironico, disperato e divertente. Leggerezza e disincanto di fronte al tema della morte. Un saggio sull'abbandono e sul senso della vita. Assolutamente non narrativo, si colgono solo gli echi degli eventi cui fa riferimento e spinge i limiti del mezzo cinematografico all'estremo rischiando quasi di non essere un film.
Vivida testimonianza di un amore maturo e del dolore connesso alla sua perdita; messa in scena da una grande artista.
Un pugno in faccia e una carezza all'anima.
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(di vanessa zarastro)
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peer gynt
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sabato 12 settembre 2015
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cuore e mente di un'artista multimediale
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Da un'artista americana d'avanguardia che ha fatto di tutto (musica pop, installazioni di video-arte, scritture, recital di poesia etc.) ti aspetteresti un film sperimentale che tenesse conto dei grandi nomi di questo particolare tipo di cinema, quali Hans Richter, Marcel Duchamp, Maya Deren o Jonas Mekas. Invece in Heart of a dog di avanguardia cinematografica c'è ben poco. Si tratta invece di una sorta di diario personale che elenca, in ordine sparso, predilezioni letterarie, filosofiche e religiose e che poi parla di umani e animali molto amati. Tutto raccontato dalla voce fuori campo della stessa Anderson, è un film vedibile e perfino qua e là interessante per certe considerazioni o immagini.
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Da un'artista americana d'avanguardia che ha fatto di tutto (musica pop, installazioni di video-arte, scritture, recital di poesia etc.) ti aspetteresti un film sperimentale che tenesse conto dei grandi nomi di questo particolare tipo di cinema, quali Hans Richter, Marcel Duchamp, Maya Deren o Jonas Mekas. Invece in Heart of a dog di avanguardia cinematografica c'è ben poco. Si tratta invece di una sorta di diario personale che elenca, in ordine sparso, predilezioni letterarie, filosofiche e religiose e che poi parla di umani e animali molto amati. Tutto raccontato dalla voce fuori campo della stessa Anderson, è un film vedibile e perfino qua e là interessante per certe considerazioni o immagini. Suo unico difetto è che non è cinema narrativo e non è nemmeno cinema sperimentale. Resta solo il ritratto di un'artista multimediale, del suo io debordante, di quello che ha elaborato sul senso della vita e della morte. Non brutto, non bello, è come acqua che scorre: può dissetare ma non ha un particolare sapore.
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