carlosantoni
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mercoledì 31 dicembre 2014
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la lotta paga (quasi sempre…)
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Gli episodi del film, per quanto raccontino storie assai diverse, sono collegati da uno stesso filo, che è quello del rancore e della vendetta: c’è sempre qualcuno che vuol farla pagar cara a qualcun altro, e non è disposto a fare sconti, a costo di andarci personalmente di mezzo. Insomma, costi quel che costi, non si abbuona il torto subito. Già questo sarebbe sufficiente a rendermi il film simpatico e a indurmi a parlarne come di un po’ di buona aria fresca: siamo sotto Natale, cosa c’è di meglio che evitare stucchevoli luoghi comuni, come il polverosissimo e ipocrita “porgere per niente l’altra guancia”?
Così, Szifron ci parla sì di rancori interpersonali che chiedono il saldo del conto (mariti che cornificano la moglie e viceversa, mattoidi frustrati che fanno di tutto, perfino una specie di personale 11 settembre pur di assaporare la vendetta, ecc.
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Gli episodi del film, per quanto raccontino storie assai diverse, sono collegati da uno stesso filo, che è quello del rancore e della vendetta: c’è sempre qualcuno che vuol farla pagar cara a qualcun altro, e non è disposto a fare sconti, a costo di andarci personalmente di mezzo. Insomma, costi quel che costi, non si abbuona il torto subito. Già questo sarebbe sufficiente a rendermi il film simpatico e a indurmi a parlarne come di un po’ di buona aria fresca: siamo sotto Natale, cosa c’è di meglio che evitare stucchevoli luoghi comuni, come il polverosissimo e ipocrita “porgere per niente l’altra guancia”?
Così, Szifron ci parla sì di rancori interpersonali che chiedono il saldo del conto (mariti che cornificano la moglie e viceversa, mattoidi frustrati che fanno di tutto, perfino una specie di personale 11 settembre pur di assaporare la vendetta, ecc.), ma, a ben vedere…. Ecco che spunta sempre o quasi il rapporto di classe, anzi il conflitto di classe, rappresentato benissimo nell’episodio dell’incidente stradale per responsabilità del giovin rampollo di una famiglia alto-borghese, e della (divertente!) dialettica servo-padrone che ne scaturisce, ma già presente anche nell’episodio della coltellata in trattoria, o in quello dei due duellanti su quattro ruote. Tutto ciò dà vita e sostanza a questo film. Fa difetto lo Happy End dell’ultimo episodio: una riconciliazione fra “cornudos” d’alto bordo che stride con l’armonia del resto. Da vedere e magari rivedere.
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vapor
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martedì 30 dicembre 2014
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l'eleganza del "cine negro" argentino
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"Relatos Salvajes" è un film molto piacevole, divertente e intriso di un misurato umorismo "negro", i cui toni grotteschi non eccedono e non scadono mai nella volgarità. Il regista è abile, narra l'assurdità del reale e rende realistico l'assurdo trovando l'armonia nella dimensione episodica, la quale eliminando la necessità di un filo conduttore crea una sorta di frenesia narrativa. Il film scorre con facilità e si partecipa intimamente dei drammi vissuti dai protagonisti, queste vittime dell'ordinaria ingiustizia e degli incubi sotterranei del mondo civilizzato che qui prendono finalmente forma, quasi liberando(ci) l'animo dalle oppressioni subite.
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"Relatos Salvajes" è un film molto piacevole, divertente e intriso di un misurato umorismo "negro", i cui toni grotteschi non eccedono e non scadono mai nella volgarità. Il regista è abile, narra l'assurdità del reale e rende realistico l'assurdo trovando l'armonia nella dimensione episodica, la quale eliminando la necessità di un filo conduttore crea una sorta di frenesia narrativa. Il film scorre con facilità e si partecipa intimamente dei drammi vissuti dai protagonisti, queste vittime dell'ordinaria ingiustizia e degli incubi sotterranei del mondo civilizzato che qui prendono finalmente forma, quasi liberando(ci) l'animo dalle oppressioni subite.
Il titolo originale è tradotto letteralmente con racconti selvaggi, inteso qui come assurdi, ciò che rende perfettamente l'idea di un mondo che in luogo di sublimare il suo essere incatenato alle passioni, sceglie di non porgere l'altra guancia rispondendo selvaggiamente al lato inaccettabile e più indigesto della vita ordinaria. Un lato spesso amaro e impietoso, ma non privo di una certa sincerità, o di necessaria verità, dando a questo cinema l'assist perfetto per farci sorridere e insieme rabbrividire. In una parola, riflettere. Nel cast anche un grande attore come Ricardo Darìn, divo del cinema Argentino. Molti i rimandi più o meno espliciti ad altri film (es. Four rooms), ed è facile l'accostamento allo spirito del cinema di Alex de la Iglesia, ma questo forse Szifron lo sa meglio di noi.
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gioinga
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martedì 30 dicembre 2014
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un pugno nello stomaco
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Film tragicomico di pregevole fattura, che fa riflettere parecchio sulle parti più viscerali della nostra anima. Ottima regia e bravissimi attori.
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pressa catozzo
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lunedì 29 dicembre 2014
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apocalittico
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Dai titoli di testa avevo intuito che avrei trascorso du ore di buon cinema. Si nei titoli gli animali che regnano in noi. Ottima fotografia , un montaggio da spellarsi le mani e attorri a cui è difficile riconoscere chi sia stato il più bravo. La cronaca ci ha abituato al peggio, questo film ha acceso un barlume di speranza.
Grazie a chi ha prodotto e distribuito questa opera che mi riservo di andare arivedere.
Un poco di magia del cinema italiano si avvertiva nei vari episodi.
E ora L'OSCAR come miglior film straniero se lo merita tutto.
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pepito1948
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lunedì 29 dicembre 2014
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la fragilità dell'aimale sociale
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Che c’entra Almodòvar con questo film? C’entra due volte, una come co-produttore, l’altra come ispiratore di una certa impostazione narrativa vicina al paradosso ma fortemente legata alla realtà odierna e come maestro di stile e di scrittura. Senza contare l’alternanza di segnali di empatia e fustigazione sociale: sicchè possiamo considerare il regista-autore argentino Damian Szifron come figlio di Almodòvar come Rodriguez lo è di Tarantino e Zemeckis di Spielberg, e, come questi, dotato di notevole capacità di elaborazione personale e stilistica.
I vari episodi, apparentemente slegati per tema, personaggi e contesto, ovviamente hanno un filo conduttore che può riassumersi nel lato oscuro di ogni uomo in quanto animale sociale, secondo la definizione aristotelica; ciascuno di noi, in quanto immerso in una fitta rete di relazioni sociali che spesso si fossilizza divenendo sistema, cioè gabbia convenzionale, è continuamente sollecitato – per risolvere i propri conflitti- ad esprimere il peggio di sé, sia pure sotto vesti apparentemente ordinarie o ben confezionate, senza alcuna differenza di classe.
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Che c’entra Almodòvar con questo film? C’entra due volte, una come co-produttore, l’altra come ispiratore di una certa impostazione narrativa vicina al paradosso ma fortemente legata alla realtà odierna e come maestro di stile e di scrittura. Senza contare l’alternanza di segnali di empatia e fustigazione sociale: sicchè possiamo considerare il regista-autore argentino Damian Szifron come figlio di Almodòvar come Rodriguez lo è di Tarantino e Zemeckis di Spielberg, e, come questi, dotato di notevole capacità di elaborazione personale e stilistica.
I vari episodi, apparentemente slegati per tema, personaggi e contesto, ovviamente hanno un filo conduttore che può riassumersi nel lato oscuro di ogni uomo in quanto animale sociale, secondo la definizione aristotelica; ciascuno di noi, in quanto immerso in una fitta rete di relazioni sociali che spesso si fossilizza divenendo sistema, cioè gabbia convenzionale, è continuamente sollecitato – per risolvere i propri conflitti- ad esprimere il peggio di sé, sia pure sotto vesti apparentemente ordinarie o ben confezionate, senza alcuna differenza di classe. Esito inevitabile quando la società di cui facciamo parte è fondamentalmente incancrenita inducendoci a rincorrere le soluzioni più facili ma meno nobili, come la vendetta, la violenza fisica, la prevaricazione o l’arroganza verso il prossimo, la corruzione, l’acquiescenza alla propria come all’altrui miseria morale. Sono storie ai limiti del paradosso o dell’iperbole ma al di qua del surreale, perché se pilotare un aereo pieno di gente “selezionata” contro i responsabili originari, usare un topicida per scopi non proprio di derattizzazione, combattere all’ultimo sangue per banali offese tra automobilisti, reagire in modo abnorme ad una burocrazia implacabile, risolvere un dramma familiare con una calibrata distribuzione di mazzette, mandare al diavolo una festa di matrimonio rinfacciandosi le peggiori bassezze d’animo può essere nella realtà improbabile, è la causa di tutto ciò che, in forme diverse, ritroviamo all’origine di fatti ricorrenti sulle pagine della cronaca quotidiana. Dal punto di vista del contenuto, è evidente lo sguardo alla grande commedia italiana dei tempi d’oro sui vizi di casa nostra , così come la citazione di Tarantino e della sua (quasi) rassicurante ironia –specialmente là dove scorre il sangue- è d’obbligo. Tuttavia la sceneggiatura spumeggiante e ritmicamente perfetta e la regia piena di inventiva ne fanno un’opera in qualche modo singolare.
Le storie sono incardinate in una sequenza che inizia con un prologo, breve e ai limiti del grottesco, per terminare con un epilogo dai toni più cupi, nonostante l’atmosfera (apparentemente) festosa; i due sposini, coinvolti in un vortice crescente di accuse e ripicche, scopriranno di amarsi solo dopo aver conosciuto l’uno il lato oscuro dell’altro, in un gioco perverso di corsa al ribasso. Non proprio un inno al matrimonio.
Ottimo tutto il cast, ma è la regia che con i suoi tempi e la calibratura perfetta dei toni è tra le cose più pregevoli di un film che mostra la vivacità e la modernità del cinema argentino degli ultimi anni.
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catcarlo
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martedì 23 dicembre 2014
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storie pazzesche
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Con l'aiuto dato dalla produzione di Almodovar, arriva dall'Argentina questo film dal formato inusuale visto che è costituito da sei episodi di lunghezza crescente che, calcando la mano su di un umorismo nerissimo, raccontano la realtà quotidiana e, soprattutto, gli spettri che si nascondono dietro una facciata di rispettabilità. Per questo, in fondo, gli episodi potrebbero essere ambientati in qualsiasi luogo e non obbligatoriamente nel Paese sudamericano – uno sfondo analogo si può trovare anche per gli affascinanti paesaggi che accompagnano 'Il più forte' - dato che l'attenzione è posta più che altro sulle psicologie dei personaggi che appartengono, per la gran parte, a una borghesia medio-alta.
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Con l'aiuto dato dalla produzione di Almodovar, arriva dall'Argentina questo film dal formato inusuale visto che è costituito da sei episodi di lunghezza crescente che, calcando la mano su di un umorismo nerissimo, raccontano la realtà quotidiana e, soprattutto, gli spettri che si nascondono dietro una facciata di rispettabilità. Per questo, in fondo, gli episodi potrebbero essere ambientati in qualsiasi luogo e non obbligatoriamente nel Paese sudamericano – uno sfondo analogo si può trovare anche per gli affascinanti paesaggi che accompagnano 'Il più forte' - dato che l'attenzione è posta più che altro sulle psicologie dei personaggi che appartengono, per la gran parte, a una borghesia medio-alta. Un elemento comune alle sei storie che si aggiunge all'altro, ancor più netto, della vendetta che viene declinata in varie forme, ma sempre con un sorriso sardonico sullo sfondo. A proposito di sorrisi, benchè il film si iscriva senza problemi alla categoria della commedia, le situazioni e il modo di raccontarle non sfociano quasi mai in una risata liberatoria: nello spettatore resta più impressa una sensazione di fastidioso malessere accentuata dai colpi bassi in cui sfociano talvolta le vicende . Per quanto riguarda l'ispirazione, i modelli possono essere i più vari a partire da quello, inevitabile, dell’ironia acre di Almodovar: in ogni caso, da una parte non può mancare la commedia all'italiana nella sua versione più cattiva - in 'Bombetta' un ingegnere si vendica in maniera 'esplosiva' della società che si occupa di rimozioni forzate diventando un piccolo eroe - e dall'altra si guarda con occhio deferente a Buñuel - il matrimonio da incubo di 'Finchè morte non ci separi' che vira dalla festa alla tragedia riporta alla memoria echi de 'L'angelo sterminatore' (peccato solo per una conclusione che non trae fino in fondo le conseguenze dalla tensione accumulata in precedenza). Gli episodi ora citati fanno parte del secondo gruppo in cui lo scontro è soprattutto psicologico, come dimostra anche 'La trattativa', un tremendo apologo sulla cupidigia umana in cui si contratta il cartellino del prezzo di chiunque venga a contatto con il problema di un giovane bene che ha investito e uscciso una donna incinta: si tratta però dei segmenti che, nel complesso, risultano meno riusciti forse anche a causa di un'eccessiva lunghezza. Assai più lucidi e stringati sono invece i primi tre, che si evolvono da premesse banali in situazioni in cui ha la meglio una violenza fisica a volte di una brutalità tarantiniana: il pilota d'aereo che sistema in modo definitivo i conti della sua vita in 'Pasternak' (prima dei titoli di testa, avvio fulminante la cui efficacia purtroppo non è più eguagliata), la camerirera de ‘I ratti’ che reincontra un vecchio nemico di famiglia nello sperduto ristorante in cui lavora e trova nella cuoca un’aiutante fin troppo volonterosa, i due automobilisti che danno vita a una sorta di ‘Duel’ sanguinoso e demente su una strada sperduta ne ‘Il più forte’ – qui, sullo sfondone finale della polizia, si ride davvero. Alla fine, il succedersi di queste storie – alle quali l’aggettivo ‘selvagge’ del titolo originale e di quello internazionale meglio si attaglia rispetto a ‘pazzesche’ – vanno a costituire un film assai godibile che, visto il momento in cui è stato distribuito, può anche servire da antidoto contro questo periodo di buonismo natalizio: il lavoro del neppure quarantenne regista Szifrón non è banale (la scelta di aprire alcune sezioni da un’inquadratura buia, la capacità di variare il tempo a seconda delle situazioni) e serve con gusto una sua sceneggiatura che, al dilà di alcune battute a vuoto, funziona riuscendo benissimo a tenere agganciato lo spettatore. Certo, qualche scelta poteva essere più coraggiosa o definitiva (a partire dalla fotografia ben pettinata di Javier Julia), ma sarebbe stato pretendere troppo da un film che ha anche ambizioni da prodotto medio e che comunque testimonia la valida qualità del cinema realizzato a Buenos Aires e dintorni: in questo quadro non stupisce che il cast includa una serie di attori di buon nome nel loro Paese, le cui interpretazioni quasi sempre misurate di personaggi quantomento stravaganti – un nome per tutti: Ricardo Darín in ‘Bombetta’ – contribuiscono di certo alla riuscita dell’operazione. L’eccezione a questa misura è 'Finchè morte non ci separi' dove tutto è sopra le righe e anche la recitazione si adegua, come quella di Erica Rivas nella parte della sposina tradita e vendicativa in una festa di nozze in cui gli istinti più bestiali vengono allo scoperto: in materia, del resto, sono già ben chiari gli indovinati titoli di testa, in cui a ogni nome che compare sullo schermo è associata (con un certo gusto) la foto di un animale.
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maramaldo
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lunedì 22 dicembre 2014
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da ri-vedere
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Non c'è miglior complimento per un film nè criterio più sicuro per stabilirne l'indice di gradimento. Uscito contento da Storie Pazzesche, io tornerei volentieri a riguardarmele. Intendiamoci, ci fu un tempo in cui Relatos Salvajes sarebbe stato liquidato come un lavoretto ben fatto da un giovane promettente. Oggi - come tutto è relativo - c'è chi grida al prodigio. Chiediamoci il perchè del gradimento di uno spettacolo che offre efferatezze, bassezze e ...schifezze. Semplice, e l'Autore vi allude con eleganza fin dai titoli d'inizio: perchè siamo delle belve, carine se volete, ma belve.
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Non c'è miglior complimento per un film nè criterio più sicuro per stabilirne l'indice di gradimento. Uscito contento da Storie Pazzesche, io tornerei volentieri a riguardarmele. Intendiamoci, ci fu un tempo in cui Relatos Salvajes sarebbe stato liquidato come un lavoretto ben fatto da un giovane promettente. Oggi - come tutto è relativo - c'è chi grida al prodigio. Chiediamoci il perchè del gradimento di uno spettacolo che offre efferatezze, bassezze e ...schifezze. Semplice, e l'Autore vi allude con eleganza fin dai titoli d'inizio: perchè siamo delle belve, carine se volete, ma belve.
Vediamo in che modo il giovane Damiàn ha sollevato il nostro entusiasmo. Padronanza del linguaggio cinematografico, rigore di stile, freschezza d'inventiva. E, nonostante ci sia dentro tanto Tarantino, manciate di Spielberg e di chissà altri; nonostante vi aleggino tutti i patriarchi del cinema ispanico, Storie Pazzesche non contiene citazioni. Ha una propria cifra di originalità e di spontaneità. Pur percorrendo sentieri battuti Damiàn crea il tuo mondo, si cala nella tua attualità, ti coinvolge e ti immedesima come se fossi tu a fornirgli lo spunto col tuo vissuto. E poi, una dote impagabile: sintesi, asciuttezza, precisione di ritmo. Lo stesso andamento rapsodico è un pregio: non va sprecato un fotogramma. Eppure, nel veloce fluire del racconto mutano fisionomie, atmosfere, perfino tonalità cromatiche della fotografia.
Certo, il primo episodio, quello sull'aereo, avrebbe potuto firmarlo Almodòvar, bastano quelle facce. Ma poi l'Autore segue il filo di una sua ispirazione scegliendo a piacimento le variazioni sul tema della violenza.
Al quinto e al sesto episodio leggerezza ed ironia bruscamente scompaiono. Il Nostro non prende più in giro nessuno. Sembra che emergano altri suoi umori, forse livori.
Il quinto, la storia più atroce: non descrive animalità ma adombra perversioni intellettuali prima ancora che morali. Ma perchè quell'insistita specificità dell'Argentina quando cinismo/venalità/corruttela sono patrimonio dell'Umanità?
Al finale, felicemente, l'estro visionario prevale, a parte il vizietto di una certa misoginia. Assistiamo, così, all'exploit del talento di Nancy Duplàa, Victoria la sposina. In pochi minuti ti fa: la donna sospettosa, la moglie inviperita, la menade furibonda e, nel suo dolce ed estatico orgasmo, il cucciolotto deliziato.
Finisce in gloria, Damiàn. Mentre il climax orgiastico del pranzo di nozze si seda, le luci si smorzano, le figure di quegli invitati chiassosi sbiadiscono e si deleguano nella penombra come fantasmi, i novelli sposi, messa da parte la sete di sangue, di bel nuovo in uzzolo, sulla poltiglia zuccherosa di quel che resta della torta mariage (residuo del feticcio matrimoniale infranto), nel silenzioso urlo di tutti i sensi, celebrano il trionfo dell'istinto, feroci.
!qué viva la Naturaleza! Salvaje.
ENT
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(di angelitas)
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paolorol
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mercoledì 17 dicembre 2014
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due ore di risate intelligenti
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Ridere per due ore non capita spesso al cinema. Meno ancora di ridere intelligentemente. Il buon Pedro ha prodotto un film straordinario ed il regista si merita le cinque stelle per la sua abilità. Ottima recitazione, ottima la sceneggiatura, ottimo il montaggio. Forse è un peccato che si tratti di un film ad episodi, ma sarebbe stato sicuramente difficile fonderli in un'unica narrazione intrecciata alla Iñárritu. Quel che conta è il risultato, che, ripeto, è davvero straordinario. Garrone e Tarantino più una generosa dose di umorismo politically uncorrect alla South Park.
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Ridere per due ore non capita spesso al cinema. Meno ancora di ridere intelligentemente. Il buon Pedro ha prodotto un film straordinario ed il regista si merita le cinque stelle per la sua abilità. Ottima recitazione, ottima la sceneggiatura, ottimo il montaggio. Forse è un peccato che si tratti di un film ad episodi, ma sarebbe stato sicuramente difficile fonderli in un'unica narrazione intrecciata alla Iñárritu. Quel che conta è il risultato, che, ripeto, è davvero straordinario. Garrone e Tarantino più una generosa dose di umorismo politically uncorrect alla South Park. E poi è fin troppo facile scendere a tristi considerazioni sul fatto che il comune denominatore degli episodi è la follia selvaggia degli umani. Il regista non tenta di andare a scoprire l'acqua calda e il titolo originale del film è una dichiarazione d'intenti. La specie umana questo è, che ci piaccia o no. Non è un film moralista, è un film cattivo, crudele ma nel contempo scherzoso e leggerissimo, al di là del tema pesante ed inquietante. Ma per carità non inquietiamoci tanto, ridiamo senza sensi di colpa (se ne siamo capaci).
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[+] ridere??
(di scrigno magico)
[ - ] ridere??
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flyanto
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martedì 16 dicembre 2014
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quando il marcio è ovunque
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Film diviso in sei parti ognuna delle quali racconta una storia od un episodio in cui sono presentati svariati vizi e cattivi comportamenti degli esseri umani nonchè difetti, mancanze, inadempienze e soprattutto corruzione e violenza della società contemporanea.
Questa pellicola ad episodi, prodotta dal regista spagnolo Pedro Almodovar ma girata dall'argentino Damian Szifron è da definirsi una commedia "nera" per la sincerità e l'immediatezza con cui sono presentati e, di conseguenza, denunciati svariati malcostumi della società e degli individui dell'età contemporanea. I sei episodi, tutti ambientati in territorio argentino, sono presentati allo spettatore in un crescendo per ciò che riguarda la crudezza ed il cinismo e certe situazioni possono sembrare addirittura portate all'eccesso od esasperate e dunque assurde ma di fatto, ad un esame più profondo non lo sono affatto Quello che più preme a Szifron non è di dare un giudizio ma di farlo evincere pino piano, ovviamente negativo, allo spettatore stesso che, diviso tra l' ironia sottile ed il profondo sarcasmo, non può che non riflettere sui problemi reali ed ormai diventati, ahimè, quotidiani, nella società di oggi, e non solo, purtroppo, confinati a quella argentina.
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Film diviso in sei parti ognuna delle quali racconta una storia od un episodio in cui sono presentati svariati vizi e cattivi comportamenti degli esseri umani nonchè difetti, mancanze, inadempienze e soprattutto corruzione e violenza della società contemporanea.
Questa pellicola ad episodi, prodotta dal regista spagnolo Pedro Almodovar ma girata dall'argentino Damian Szifron è da definirsi una commedia "nera" per la sincerità e l'immediatezza con cui sono presentati e, di conseguenza, denunciati svariati malcostumi della società e degli individui dell'età contemporanea. I sei episodi, tutti ambientati in territorio argentino, sono presentati allo spettatore in un crescendo per ciò che riguarda la crudezza ed il cinismo e certe situazioni possono sembrare addirittura portate all'eccesso od esasperate e dunque assurde ma di fatto, ad un esame più profondo non lo sono affatto Quello che più preme a Szifron non è di dare un giudizio ma di farlo evincere pino piano, ovviamente negativo, allo spettatore stesso che, diviso tra l' ironia sottile ed il profondo sarcasmo, non può che non riflettere sui problemi reali ed ormai diventati, ahimè, quotidiani, nella società di oggi, e non solo, purtroppo, confinati a quella argentina.
Il cast è tutto argentino, composto da nomi sicuramente più famosi in patria che da noi, eccezion fatta per il sempre bravo ed esasperato (nel film) Ricardo Darin le cui molte pellicole sono state rese conosciute fortunatamente anche in Italia.
Pertanto, l' opera in sè, nel complesso, risulta molto riuscita e significativa e, ribadisco, alla crudezza ed alla tristezza di certe realtà si contrappongono scene intrise di comicità che stemperano molto la triste e pesante atmosfera, cosicché il film si risolve essere piacevole a vedersi non senza però una doverosa e quanto mai inevitabile azione alla riflessione e pertanto, in conclusione, è sicuramente da consigliare.
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fabry08
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martedì 16 dicembre 2014
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bellissimo! non perdetevelo!!
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Vero, originale, divertente, pulp e tanto altro...un misto di cine alla Almodovar e Tarantino..con un realismo portato all eccesso della tragedia ma calato verosimilmente nella realtà di oggi. non perdetevelo!!
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