veritasxxx
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venerdì 12 settembre 2014
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se mai vi venisse in mente di fare un figlio...
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Luigi Lo Cascio è un medico chirurgo e conduce una vita sufficientemente agiata a Roma con sua moglie (Giovanna Mezzogiorno) e suo figlio, liceale brufoloso costantemente attaccato al telefonino con evidenti problemi di autostima. Alessandro Gassman è ancora più benestante grazie al suo mestiere di avvocato, e fa sfoggio di completi di marca e di salotti spaziosi ai Parioli con sua moglie Barbora Bobulova e la figlia anche lei liceale moderna, munita di automobile elettrica per minorenni e con un'aria odiosa che solo le sedicienni romane riescono ad avere. E la protagonista è proprio Roma, città eterna soffocante nei suoi ritmi e nei giri di certa borghesia bene dove uno studente non ha bisogno di studiare, "tanto ci pensa papà a togliermi dai casini" e dove il rapporto genitori-figli è inesistente (ma questo accade anche nelle famiglie povere).
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Luigi Lo Cascio è un medico chirurgo e conduce una vita sufficientemente agiata a Roma con sua moglie (Giovanna Mezzogiorno) e suo figlio, liceale brufoloso costantemente attaccato al telefonino con evidenti problemi di autostima. Alessandro Gassman è ancora più benestante grazie al suo mestiere di avvocato, e fa sfoggio di completi di marca e di salotti spaziosi ai Parioli con sua moglie Barbora Bobulova e la figlia anche lei liceale moderna, munita di automobile elettrica per minorenni e con un'aria odiosa che solo le sedicienni romane riescono ad avere. E la protagonista è proprio Roma, città eterna soffocante nei suoi ritmi e nei giri di certa borghesia bene dove uno studente non ha bisogno di studiare, "tanto ci pensa papà a togliermi dai casini" e dove il rapporto genitori-figli è inesistente (ma questo accade anche nelle famiglie povere). E quindi a parte qualche invidia tra cognate e incomprensioni tra fratelli sembrerebbe tutto sotto controllo: due tipiche famiglie tradizionali italiane mediamente ricche e mediamente nevrotiche. I quattro protagonisti, senza dare particolari prove di abilità recitativa (ognuno fa più o meno la parte che gli abbiamo visto fare in almeno altri dieci film) rappresentano con un buon grado di veridicità le dinamiche familiari nei quartieri alti romani e ci introducono al famigerato mondo degli adolescenti, che a dire del signor Di Matteo non fanno altro che chattare sui cellulari di ultima generazione, vedere immagini violente su internet, partecipare a feste per fumare, bere e se capita picchiare pure una barbona per strada.
È un giudizio morale severo quello del regista, che critica aspramente con ogni scena e inquadratura le nuove generazioni, trasmettendo un senso di claustrofobia e di disperazione mentre assistiamo a dei ragazzini quasi maggiorenni trattare i loro genitori come degli stronzi derelitti che servono solo per i soldi e per risolvere i problemi. Quello che è sorprendente è che mamma e papà finiscono per reagire solo quando viene violata la legge, mentre dal mio punto di vista, se mio figlio osasse trattarmi anche solo lontanamente come i giovani rampolli immortalati sullo schermo, riceverebbe tanti calci nel culo quanto basta da non farlo più sedere per un mese. Ma i metodi educativi sono tanti e vari si sa, e inspiegabilmente, le nostre squallide famiglie borghesi si fanno anche dei problemi etici.
È questo che convince poco del finale: nel film i ragazzini sono dei piccoli mostri venuti fuori male chissà come, magari per colpa di internet o della crisi economica. Nella realtà, i figli sono egoisti, svogliati e immaturi proprio quando hanno dei genitori non all'altezza del loro ruolo che glielo permettono. E questo Di Matteo non ce lo dice.
L'unica persona di buon senso è l'insegnante di matematica, che biasima senza troppe scuse la poca applicazione nello studio del suo mediocre studente. Benvengano le nuove assunzioni degli insegnanti di ruolo, se lo stato delle famiglie italiane è quello descritto da "I nostri ragazzi" (gioco di parole voluto, guarda un po').
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pisiran
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lunedì 15 settembre 2014
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il buon cinema italiano
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Il buon cinema Italiano, si arricchisce con questa pellicola che prosegue e allarga, oltre che approfondire un tema già presentatosi nella scorsa stagione con "il capitale umano" di Paolo Virzì. Con "i nostri ragazzi" il tema della società moderna, del nostro vivere, dei nostri nuclei familiari viene messo in risalto e ribalta su lo spettatore quesiti non facilmente risolvibili. Ivano De Matteo ben conduce un film che prende, (dato il tema scottante) dando spazio ad attori di spessore che sanno interpretare con precisione ed estro la loro parte. Il film scorrevole e ben interpretato ti porta per mano sino ad un finale abbastanza sorprendente e che può essere inteso in modi diversi, ma che comunque mette davanti il fatto che per i nostri figli siamo disposti a tutto, anche sbagliando.
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Il buon cinema Italiano, si arricchisce con questa pellicola che prosegue e allarga, oltre che approfondire un tema già presentatosi nella scorsa stagione con "il capitale umano" di Paolo Virzì. Con "i nostri ragazzi" il tema della società moderna, del nostro vivere, dei nostri nuclei familiari viene messo in risalto e ribalta su lo spettatore quesiti non facilmente risolvibili. Ivano De Matteo ben conduce un film che prende, (dato il tema scottante) dando spazio ad attori di spessore che sanno interpretare con precisione ed estro la loro parte. Il film scorrevole e ben interpretato ti porta per mano sino ad un finale abbastanza sorprendente e che può essere inteso in modi diversi, ma che comunque mette davanti il fatto che per i nostri figli siamo disposti a tutto, anche sbagliando. Se gli autori intendevano farci soffermare sul tipo di società superficiale da noi costruita, ci sono pienamente riusciti e ogni uno di noi dovrebbe prendersi quel pizzico di colpa che gli spetta.Il film merita la visione di giovani, adulti ed anziani. Buona visione. Pisiran-Vr.
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pisiran
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lunedì 15 settembre 2014
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il buon cinema italiano....
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Il buon cinema Italiano si arricchisce con questa pellicola dell'ottimo Ivano De Matteo. Già nella scorsa stagione aveva affrontato il tema Paolo Virzì con "il capitale umano" ed oggi lo ropropone questo film dando risalto al tipo di società da noi costruita, dalla tipologia dei nostri nuclei familiari, e dagli ideali da noi perseguiti che risultano essere lontani sia dalle intenzioni che dalla realtà dei fatti. Il tema così profondo prende per mano lo spettatore attenzionandolo per tutta la durata del film,
sino ad un epilogo un pò sorprendente che può essere interpretato se si vuole, in modo diverso.
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Il buon cinema Italiano si arricchisce con questa pellicola dell'ottimo Ivano De Matteo. Già nella scorsa stagione aveva affrontato il tema Paolo Virzì con "il capitale umano" ed oggi lo ropropone questo film dando risalto al tipo di società da noi costruita, dalla tipologia dei nostri nuclei familiari, e dagli ideali da noi perseguiti che risultano essere lontani sia dalle intenzioni che dalla realtà dei fatti. Il tema così profondo prende per mano lo spettatore attenzionandolo per tutta la durata del film,
sino ad un epilogo un pò sorprendente che può essere interpretato se si vuole, in modo diverso. Di certo rimane il fatto così come trasmesso dagli autori di una società da noi costruita in modo anomalo di cui siamo gli ingranaggi (pur non volendolo essere) di meccanismi che non soddisfano, anche se gli stessi pur mettendola in mostra si guardano bene dal giudicarla. Spetta allo spettatore trarre il giudizio più idoneo del comportamento genitori-figli e viceversa, facendo proprie colpe più o meno latenti che possono essere in ogni uno di noi. Vanno onorati gli attori che sono interpreti delle loro parti con piglio professionale dando spessore a tutto il film con una recitazione puntuale e di alto livello. La pellicola per quanto mi riguarda è da consigliare ad un pubblico il più vasto possibile, e dovrebbe essere trasmessa nelle scuole italiane. Pisiran-Vr
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babis
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martedì 16 settembre 2014
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la cena tragica
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Il film racconta quello che succede in due famiglie quando scoprono che i loro figli, che i rispettivi genitori credono di conoscere, hanno compiuto una brutale aggressione nei confronti di una senzatetto.
Da una parte il moralista chirurgo pediatrico, che sembra il più comprensivo e decide di difendere il figlio a spada tratta fino alla fine; dall'altra parte il cinico avvocato, che decide di denunciare l'accaduto per far comprendere ai due ragazzi la tragedia che hanno compiuto.
Se nella prima parte i protagonisti sono i figli, nella seconda lo diventano i genitori, incapaci di prendere una decisione e diposti a tutto pur di difendere i loro ragazzi.
Una tragedia familiare splendidamente interpretata da tutti e sei i protagonisti.
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mattiabertaina
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lunedì 6 ottobre 2014
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il concetto cangiante di giustizia
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Roma. Oggi. Famiglie perbene. Ragazzi adolescenti. Evento scatenante che fagocita tutto e centrifuga pensieri, giudizi, stereotipi. Il nuovo lavoro di Ivano De Matteo, autore de “La bella gente” e “Gli equilibristi”, punta il suo sguardo indagatore sulle dinamiche umane e lavorative di due fratelli: Paolo, chirurgo-pediatrico e Massimo, avvocato e dei loro figli, Michele e Benedetta, adolescenti di buona famiglia, giovani come ce ne sono tanti, con le loro paure, le loro insicurezze, i loro passatempi e le loro passioni. Una sera, al ritorno da una festa, tutto cambia, una bravata dei due ragazzi cambierà per sempre le prospettive proprie e della rispettive famiglie. Il regista torna ad analizzare le dinamiche di un nucleo rapportato ad un fattore destabilizzante, che in questo caso, nasce dall’interno, creando disorientamento e sorpresa.
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Roma. Oggi. Famiglie perbene. Ragazzi adolescenti. Evento scatenante che fagocita tutto e centrifuga pensieri, giudizi, stereotipi. Il nuovo lavoro di Ivano De Matteo, autore de “La bella gente” e “Gli equilibristi”, punta il suo sguardo indagatore sulle dinamiche umane e lavorative di due fratelli: Paolo, chirurgo-pediatrico e Massimo, avvocato e dei loro figli, Michele e Benedetta, adolescenti di buona famiglia, giovani come ce ne sono tanti, con le loro paure, le loro insicurezze, i loro passatempi e le loro passioni. Una sera, al ritorno da una festa, tutto cambia, una bravata dei due ragazzi cambierà per sempre le prospettive proprie e della rispettive famiglie. Il regista torna ad analizzare le dinamiche di un nucleo rapportato ad un fattore destabilizzante, che in questo caso, nasce dall’interno, creando disorientamento e sorpresa. Le tematiche affrontate dall’autore, che si avvale di un cast di tutto rispetto (Luigi Lo Cascio, Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Barbora Bobulova), vengono presentate allo spettatore fin dalla primissima parte: il pregiudizio, la violenza, il perbenismo, la buona società che cela il suo lato oscuro, il senso di giustizia, la perdita di punti di riferimento soprattutto per i giovani, l’incapacità di essere genitori, la tentazione del compromesso. Il percorso de “I nostri ragazzi” si muove sul doppio binario di due famiglie della “Roma Bene”, simili ma sostanzialmente distanti per credenze e convinzioni, e sull’intreccio nello sviluppo di Paolo, pediatra con un alto senso di giustizia paladino dei deboli e Massimo, avvocato senza ripensamenti che “applica la legge” senza mai andare ad indagare il lato umano delle vicende. Ne esce un lavoro che pone domande fondamentali sul micro-cosmo dei ragazzi di oggi, senza fornire risposte o paradigmi educativi, senza cercare mai l’appagamento dello spettatore o facili vie di interpretazione, senza apparire didattico o didascalico. Interessante l’uso della camera che segue o anticipa spesso l’entrata o l’uscita dei personaggi, dando spesso un senso di soffocamento al pubblico. Un rettangolo rosso nella casa dell’avvocato come metafora della gabbia dorata in cui molti adolescenti vivono, distaccati dal mondo, senza punti di appoggio chiari, inconsci e, a volte, incoscienti. Una pellicola che morde, fino all’epilogo che lascia aperta più di una questione. Consigliato.
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giovedì 16 ottobre 2014
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il cangiante concetto di giustizia...
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Roma. Oggi. Famiglie perbene. Ragazzi adolescenti. Evento scatenante che fagocita tutto e centrifuga pensieri, giudizi, stereotipi. Il nuovo lavoro di Ivano De Matteo, autore de “La bella gente” e “Gli equilibristi”, punta il suo sguardo indagatore sulle dinamiche umane e lavorative di due fratelli: Paolo (Lo Cascio), chirurgo-pediatrico e Massimo (Gassman), avvocato e dei loro figli, Michele e Benedetta, adolescenti di buona famiglia, giovani come ce ne sono tanti, con le loro paure, le loro insicurezze, i loro passatempi e le loro passioni.
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Roma. Oggi. Famiglie perbene. Ragazzi adolescenti. Evento scatenante che fagocita tutto e centrifuga pensieri, giudizi, stereotipi. Il nuovo lavoro di Ivano De Matteo, autore de “La bella gente” e “Gli equilibristi”, punta il suo sguardo indagatore sulle dinamiche umane e lavorative di due fratelli: Paolo (Lo Cascio), chirurgo-pediatrico e Massimo (Gassman), avvocato e dei loro figli, Michele e Benedetta, adolescenti di buona famiglia, giovani come ce ne sono tanti, con le loro paure, le loro insicurezze, i loro passatempi e le loro passioni. Una sera, al ritorno da una festa, tutto cambia, una bravata dei due ragazzi cambierà per sempre le prospettive proprie e della rispettive famiglie. Il regista torna ad analizzare le dinamiche di un nucleo rapportato ad un fattore destabilizzante, che in questo caso, nasce dall’interno, creando disorientamento e sorpresa. Le tematiche affrontate dall’autore, che si avvale di un cast di tutto rispetto (Luigi Lo Cascio, Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Barbora Bobulova), vengono presentate allo spettatore fin dalla primissima parte: il pregiudizio, la violenza, il perbenismo, la buona società che cela il suo lato oscuro, il senso di giustizia, la perdita di punti di riferimento soprattutto per i giovani, l’incapacità di essere genitori, la tentazione del compromesso. Il percorso de “I nostri ragazzi” si muove sul doppio binario di due famiglie della “Roma Bene”, simili ma sostanzialmente distanti per credenze e convinzioni, e sull’intreccio nello sviluppo di Paolo, pediatra con un alto senso di giustizia paladino dei deboli e Massimo, avvocato senza ripensamenti che “applica la legge” senza mai andare ad indagare il lato umano delle vicende. Ne esce un lavoro che pone domande fondamentali sul micro-cosmo dei ragazzi di oggi, senza fornire risposte o paradigmi educativi, senza cercare mai l’appagamento dello spettatore o facili vie di interpretazione, senza apparire didattico o didascalico. Interessante l’uso della camera che segue o anticipa spesso l’entrata o l’uscita dei personaggi, dando spesso un senso di soffocamento al pubblico. Un rettangolo rosso nella casa dell’avvocato come metafora della gabbia dorata in cui molti adolescenti vivono, distaccati dal mondo, senza punti di appoggio chiari, inconsci e, a volte, incoscienti. Una pellicola che morde, fino all’epilogo che lascia aperta più di una questione. Consigliato.
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giovedì 16 ottobre 2014
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Roma. Oggi. Famiglie perbene. Ragazzi adolescenti. Evento scatenante che fagocita tutto e centrifuga pensieri, giudizi, stereotipi. Il nuovo lavoro di Ivano De Matteo, autore de “La bella gente” e “Gli equilibristi”, punta il suo sguardo indagatore sulle dinamiche umane e lavorative di due fratelli: Paolo (Lo Cascio), chirurgo-pediatrico e Massimo (Gassman), avvocato e dei loro figli, Michele e Benedetta, adolescenti di buona famiglia, giovani come ce ne sono tanti, con le loro paure, le loro insicurezze, i loro passatempi e le loro passioni.
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Roma. Oggi. Famiglie perbene. Ragazzi adolescenti. Evento scatenante che fagocita tutto e centrifuga pensieri, giudizi, stereotipi. Il nuovo lavoro di Ivano De Matteo, autore de “La bella gente” e “Gli equilibristi”, punta il suo sguardo indagatore sulle dinamiche umane e lavorative di due fratelli: Paolo (Lo Cascio), chirurgo-pediatrico e Massimo (Gassman), avvocato e dei loro figli, Michele e Benedetta, adolescenti di buona famiglia, giovani come ce ne sono tanti, con le loro paure, le loro insicurezze, i loro passatempi e le loro passioni. Una sera, al ritorno da una festa, tutto cambia, una bravata dei due ragazzi cambierà per sempre le prospettive proprie e della rispettive famiglie. Il regista torna ad analizzare le dinamiche di un nucleo rapportato ad un fattore destabilizzante, che in questo caso, nasce dall’interno, creando disorientamento e sorpresa. Le tematiche affrontate dall’autore, che si avvale di un cast di tutto rispetto (Luigi Lo Cascio, Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Barbora Bobulova), vengono presentate allo spettatore fin dalla primissima parte: il pregiudizio, la violenza, il perbenismo, la buona società che cela il suo lato oscuro, il senso di giustizia, la perdita di punti di riferimento soprattutto per i giovani, l’incapacità di essere genitori, la tentazione del compromesso. Il percorso de “I nostri ragazzi” si muove sul doppio binario di due famiglie della “Roma Bene”, simili ma sostanzialmente distanti per credenze e convinzioni, e sull’intreccio nello sviluppo di Paolo, pediatra con un alto senso di giustizia paladino dei deboli e Massimo, avvocato senza ripensamenti che “applica la legge” senza mai andare ad indagare il lato umano delle vicende. Ne esce un lavoro che pone domande fondamentali sul micro-cosmo dei ragazzi di oggi, senza fornire risposte o paradigmi educativi, senza cercare mai l’appagamento dello spettatore o facili vie di interpretazione, senza apparire didattico o didascalico. Interessante l’uso della camera che segue o anticipa spesso l’entrata o l’uscita dei personaggi, dando spesso un senso di soffocamento al pubblico. Un rettangolo rosso nella casa dell’avvocato come metafora della gabbia dorata in cui molti adolescenti vivono, distaccati dal mondo, senza punti di appoggio chiari, inconsci e, a volte, incoscienti. Una pellicola che morde, fino all’epilogo che lascia aperta più di una questione. Consigliato.
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antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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lo sguardo lucido di de matteo
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Se il cinema è lo specchio della realtà, questo film rivela tutte le crepe di uno specchio in frantumi, e sfiorandolo appena, i mille frammenti ci feriscono senza lasciare scampo. Una realtà infranta da un benessere di pochi e per pochi, paradossalmente anacronistica, di una società senza padri e senza maestri, di ragazzi figli di un unico dio che sprigiona i suoi infiniti volti attraverso la rete. Con l'uomo nasce la sua sete di riconoscimento, di cura, ed il web attraverso i suoi svariati mezzi, soddisfa in pieno tale bisogno primario, in un click, sempre.
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Se il cinema è lo specchio della realtà, questo film rivela tutte le crepe di uno specchio in frantumi, e sfiorandolo appena, i mille frammenti ci feriscono senza lasciare scampo. Una realtà infranta da un benessere di pochi e per pochi, paradossalmente anacronistica, di una società senza padri e senza maestri, di ragazzi figli di un unico dio che sprigiona i suoi infiniti volti attraverso la rete. Con l'uomo nasce la sua sete di riconoscimento, di cura, ed il web attraverso i suoi svariati mezzi, soddisfa in pieno tale bisogno primario, in un click, sempre. E c'è da chiedersi se siano stati prima i genitori a sentirsi sollevati dall'impegno amorevole di esserci, o se d'un tratto si siano sentiti rimpiazzati da un così grande dio, pronto a rispondere prima di loro. Ivano De Matteo, ispirandosi liberamente al romanzo di Erman Koch "La cena", a due anni di distanza da " Gli equilibristi", col suo film presentato a Venezia nella sezione Giornate degli Autori, pone il suo sguardo ancora una volta su uno spaccato di vita borghese, dove le esistenze di due fratelli dai caratteri e dalle vite diametralmente opposti scorrono in parallelo incrociandosi solo una volta al mese in un ristorante di lusso per parlare di nulla e dove emergono evidenti ipocrisie, pregiudizi e falsi moralismi della coppia interpretata da Luigi Lo Cascio, chirurgo pediatrico, e Giovanna Mezzogiorno, madre fragile ma attenta, che si pone in contrasto col mondo sterile e patinato di Alessandro Gassmann, avvocato di grido, e di sua moglie Barbara Babulova, bella, sofisticata, intellettualmente vuota, ma devota. Quando le telecamere di sorveglianza riprendono una scena che vede i rispettivi figli protagonisti di un crimine, vengono giù le maschere e lo spettatore, che poco prima aveva attribuito i ruoli del buono e del cattivo, si vede costretto a ribaltare le sue posizioni. Michele, taciturno ed introverso, interpretato dal giovanissimo Jacopo Olmo Antinori, e Benedetta, a cui presta il volto Rosabell Laurenti Sellers, hanno i loro nomi ma sono i nostri ragazzi, figli di un tempo in cui il tempo non ha più valore, dove il silenzio, la solitudine e l'attesa hanno assunto un significato diverso rispetto al tempo in cui l'attesa veniva prima di una presenza, il silenzio lasciava spazio alla conferma e alla riflessione sui valori trasmessi, la solitudine consentiva di fermarsi. Lo sguardo di De Matteo è lucido e nitido ed attraverso i protagonisti, ognuno eccellente nel proprio ruolo, ci regala una pellicola per certi versi imperfetta per la povertà dei dialoghi, ma che a ben vedere si riempie di senso se tale povertà si legge come lo spazio lasciato ad ognuno per ascoltare la voce della propria coscienza. Prima dei titoli di coda, ad una voragine di troppe domande senza risposta, l'epilogo aggiunge un drammatico senso di vuoto dettato dall'assoluta assenza di amore.
Antonietta D'Ambrosio
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antonietta dambrosio
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sabato 1 novembre 2014
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lo sguardo lucido di de matteo
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Se il cinema è lo specchio della realtà, questo film rivela tutte le crepe di uno specchio in frantumi, e sfiorandolo appena, i mille frammenti ci feriscono senza lasciare scampo. Una realtà infranta da un benessere di pochi e per pochi, paradossalmente anacronistica, di una società senza padri e senza maestri, di ragazzi figli di un unico dio che sprigiona i suoi infiniti volti attraverso la rete. Con l'uomo nasce la sua sete di riconoscimento, di cura, ed il web attraverso i suoi svariati mezzi, soddisfa in pieno tale bisogno primario, in un click, sempre.
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Se il cinema è lo specchio della realtà, questo film rivela tutte le crepe di uno specchio in frantumi, e sfiorandolo appena, i mille frammenti ci feriscono senza lasciare scampo. Una realtà infranta da un benessere di pochi e per pochi, paradossalmente anacronistica, di una società senza padri e senza maestri, di ragazzi figli di un unico dio che sprigiona i suoi infiniti volti attraverso la rete. Con l'uomo nasce la sua sete di riconoscimento, di cura, ed il web attraverso i suoi svariati mezzi, soddisfa in pieno tale bisogno primario, in un click, sempre. E c'è da chiedersi se siano stati prima i genitori a sentirsi sollevati dall'impegno amorevole di esserci, o se d'un tratto si siano sentiti rimpiazzati da un così grande dio, pronto a rispondere prima di loro. Ivano De Matteo, ispirandosi liberamente al romanzo di Erman Koch "La cena", a due anni di distanza da " Gli equilibristi", col suo film presentato a Venezia nella sezione Giornate degli Autori, pone il suo sguardo ancora una volta su uno spaccato di vita borghese, dove le esistenze di due fratelli dai caratteri e dalle vite diametralmente opposti scorrono in parallelo incrociandosi solo una volta al mese in un ristorante di lusso per parlare di nulla e dove emergono evidenti ipocrisie, pregiudizi e falsi moralismi della coppia interpretata da Luigi Lo Cascio, chirurgo pediatrico, e Giovanna Mezzogiorno, madre fragile ma attenta, che si pone in contrasto col mondo sterile e patinato di Alessandro Gassmann, avvocato di grido, e di sua moglie Barbara Babulova, bella, sofisticata, intellettualmente vuota, ma devota. Quando le telecamere di sorveglianza riprendono una scena che vede i rispettivi figli protagonisti di un crimine, vengono giù le maschere e lo spettatore, che poco prima aveva attribuito i ruoli del buono e del cattivo, si vede costretto a ribaltare le sue posizioni. Michele, taciturno ed introverso, interpretato dal giovanissimo Jacopo Olmo Antinori, e Benedetta, a cui presta il volto Rosabell Laurenti Sellers, hanno i loro nomi ma sono i nostri ragazzi, figli di un tempo in cui il tempo non ha più valore, dove il silenzio, la solitudine e l'attesa hanno assunto un significato diverso rispetto al tempo in cui l'attesa veniva prima di una presenza, il silenzio lasciava spazio alla conferma e alla riflessione sui valori trasmessi, la solitudine consentiva di fermarsi. Lo sguardo di De Matteo è lucido e nitido ed attraverso i protagonisti, ognuno eccellente nel proprio ruolo, ci regala una pellicola per certi versi imperfetta per la povertà dei dialoghi, ma che a ben vedere si riempie di senso se tale povertà si legge come lo spazio lasciato ad ognuno per ascoltare la voce della propria coscienza. Prima dei titoli di coda, ad una voragine di troppe domande senza risposta, l'epilogo aggiunge un drammatico senso di vuoto dettato dall'assoluta assenza di amore.
Antonietta D'Ambrosio
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maxsilve
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giovedì 27 novembre 2014
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la cena di koch, tutta da scoprire
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Ispirarsi ad un romanzo come LA CENA di H.Koch e' stata certamente una scelta coraggiosa ed apprezzabile, pero' avrei preferito che De Matteo si lasciasse maggiormente trasportare dal viaggio CUORE DI TENEBRA lungo il percorso orrifico e tortuoso che attraversa territori inesplorati dell'animo umano, quando la violenza subita , o che si e' immaginato di subire, genera, nel tempo, mostri che non vorremmo mai incontrare. Nel film il carattere degli adolescenti viene ben delineato, cio' che poteva essere maggiormente approfondito era invece il rapporto tra i due fratelli, in particolare la figura del fratello basso, che nel romanzo e' il narratore e che, insieme alla sua shakespiriana moglie ed il loro amato figlio, costituiscono il vero, tragico,potente e parossistico motore della storia.
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Ispirarsi ad un romanzo come LA CENA di H.Koch e' stata certamente una scelta coraggiosa ed apprezzabile, pero' avrei preferito che De Matteo si lasciasse maggiormente trasportare dal viaggio CUORE DI TENEBRA lungo il percorso orrifico e tortuoso che attraversa territori inesplorati dell'animo umano, quando la violenza subita , o che si e' immaginato di subire, genera, nel tempo, mostri che non vorremmo mai incontrare. Nel film il carattere degli adolescenti viene ben delineato, cio' che poteva essere maggiormente approfondito era invece il rapporto tra i due fratelli, in particolare la figura del fratello basso, che nel romanzo e' il narratore e che, insieme alla sua shakespiriana moglie ed il loro amato figlio, costituiscono il vero, tragico,potente e parossistico motore della storia. Il film e' interessante e coinvolgente, gli attori molto bravi, solo che, letto il romanzo, tutti, forse, avrebbero potuto osare di più' .
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