myriam doronzo
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lunedì 20 aprile 2015
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la robotica umana di robot&frank
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Solitamente sono i racconti a seguire gli avvenimenti, ma prima che la tecnologia rimpiazzi la sensibilità umana possiamo udirne i racconti, vederne le immagini e gustarne il sapore metallico. Robot and Frank è la messinscena del contatto. Un contatto che è contagio in un continuo gioco di riflessi e rimandi. Una rappresentazione intimistica del rapporto tra l’uomo e la macchina, che diviene l’estensione del suo rapporto al mondo. Frank vive un rapporto dissociante, in un limbo temporale, costretto da una memoria fallace; alienato in una realtà che non lo riflette.
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Solitamente sono i racconti a seguire gli avvenimenti, ma prima che la tecnologia rimpiazzi la sensibilità umana possiamo udirne i racconti, vederne le immagini e gustarne il sapore metallico. Robot and Frank è la messinscena del contatto. Un contatto che è contagio in un continuo gioco di riflessi e rimandi. Una rappresentazione intimistica del rapporto tra l’uomo e la macchina, che diviene l’estensione del suo rapporto al mondo. Frank vive un rapporto dissociante, in un limbo temporale, costretto da una memoria fallace; alienato in una realtà che non lo riflette. L’ostilità esacerbata sconfina nell’ accettazione ostentata di una nuova entità. Non c’è più cura all’errare umano, a meno che un computer errante non diventi il cursore delle scelte da compiere dietro il sipario-desktop della vita.
Il confine tra il distopico e il reale fluttua sulle dinamiche di un gioco in cui lievitano segni e sensi, rendendo sempre più labile il confine tra umano e disumano. Le possibilità umane e meccaniche si fondono in un gioco di reciproca costruzione, in una complicità tale da divenire indissolubile. Perchè non è il robot, ma la sua rappresentazione a divenire proiezione, estensione. Un’essenza simbolica prima ancora che tecnica. Messi faccia a faccia con i propri limiti, l’uomo e la macchina costruiscono un rapporto complice e complesso, in un ambiente amnesico. Robot si configura in un’intelligenza sempre più umana, ma mai eccedente. Non ha un nome: si identifica con la sua funzione. I valori fondano la morale e la tecnologia abbraccia la natura. Un discorso ben collocato nello scenario lyotardiano del post-moderno, con un’integrazione estranea a qualsiasi dicotomia.
L’unica via di fuga è la dimenticanza. Mancanza del passato, futuro ineluttabile. Con la formattazione di Robot, viene distrutta anche la vita di Frank, internata nel sistema disumano dell’ospizio. L’inizio manicomiale, la fine di ogni relazione cardiaca. La tecnologia riscuote successo sul palco del fallimento dell’uomo: è la stella che scende sul terreno dove l’uomo è caduto, perde la sua luminosità per sottrarre luce a quella umana. Non rimangono che una moltiplicazione ridotta dei dispositivi e una divisione aumentata degli esseri umani in tanti megalopsycos.
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donni romani
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martedì 16 aprile 2013
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l' amicizia fra un anziano e un robot
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Delicata apologia della memoria, commedia dolce amara capace di ironizzare sulla demenza senile senza mai però svilire a macchietta il protagonista. Siamo in un futuro piuttosto simile al presente, ma i robot sono ormai entrati a far parte del quotidiano come collaboratori domestici o come badanti di persone anziane. Frank, una vita vissuta ai limiti della legge, qualche anno di galera per furti alla Robin Hood a persone ricche, due figli trascurati e una moglie abbandonata per inseguire sogni e libertà, comincia a dar segni di demenza, con perdita di memoria e lucidità e così il figlio decide di regalargli un robot che si occupi di lui.
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Delicata apologia della memoria, commedia dolce amara capace di ironizzare sulla demenza senile senza mai però svilire a macchietta il protagonista. Siamo in un futuro piuttosto simile al presente, ma i robot sono ormai entrati a far parte del quotidiano come collaboratori domestici o come badanti di persone anziane. Frank, una vita vissuta ai limiti della legge, qualche anno di galera per furti alla Robin Hood a persone ricche, due figli trascurati e una moglie abbandonata per inseguire sogni e libertà, comincia a dar segni di demenza, con perdita di memoria e lucidità e così il figlio decide di regalargli un robot che si occupi di lui. Inizialmente Frank lo vive come un'ingerenza nella propria autonomia, non sopporta che lo accompagni ovunque, anche alla biblioteca dove Frank corteggia una simpatica bibliotecaria - la sempre affascinante Susan Sarandon - ma pian piano inizia una sfida dialettica e una "conoscenza" reciproca che li porta ad una simbiosi conflittuale ma anche affettuosa, visto che il robot è programmato per prendersi cura di Frank con tatto e delicatezza e Frank trova nel piccolo computer un interlocutore che lo fa tornare al passato, alle sue avventure, al desiderio di riprenderle usufruendo delle capacità tecniche del robot - come per esempio individuare la combinazione di una cassaforte in pochissimi minuti. E quando ad una cena di beneficenza incontrano un ricco arrogante che a Frank sembra essere sul punto di truffare la biblioteca cittadina e quindi la sua amica, decide di tornare in scena progettando un furto nella cassaforte del magnate. Un'ultima avventura , un'ultima emozione, un'ultima azione per chi è nella fase finale della via può essere ciò che fa la differenza fra lasciarsi morire ed avere voglia di vivere, quel progetto, quello scopo che da troppo tempo manca, perchè la società non concede spazi agli anziani e perchè la famiglia non sempre può bastare - quando la figlia di Frank, la ancor deliziosa Liv Tyler, si trasferisce da lui per prendersene cura non riesce a trovare la modalità giusta e finisce con l'infastidirlo con le sue premure. Il film di Schreier ha il pregio di essere aderente alle problematiche degli anziani senza tacere le difficoltà e la sofferenza che il decadimento mentale provoca a chi lo sperimenta in prima persona - la scena in sottofinale nella biblioteca è un perfetto esempio di dramma familiare che tocca nel profondo - ma ha anche i toni leggeri della commedia buddy buddy e poco conta che uno dei due amici sia un robot, la coppia cinematograficamente funziona e Frank Langella regala la sua fisicità e il suo sguardo ironico ad un personaggio tenero e combattivo, fragile e spericolato, costruendo un anziano paradigma di tutti gli anziani, cui basta la scintilla di un desiderio o di un interesse per tornare a partecipare a quella vita di cui solo un piccolo robot bianco sembra capirne il valore.
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bartleby corinzio
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mercoledì 13 febbraio 2013
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alto potenziale, debole risultato
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Frank Langella mi ricorda assai un giovane uomo che ogni tanto incontro per strada. Il volto è quello solo che tra l'uno e l'altro ci saranno quarant'anni di differenza. Dico questo perché ogni volta che vedo Frank Langella penso a quel ragazzo e questo inficia un po' tutto. Mi disturba. Or bene, detto ciò Robot & Frank è un film sulla memoria. Il ragazzo che incontr... Frank Langella interpreta un anziano con evidenti indizi di demenza senile e giacché vive da solo, in una casa nel bosco, uno dei suoi due figli gli regala un robot. Utile nelle faccende domestiche ma anche come personal trainer mnemonico e come efficace nutrizionista.
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Frank Langella mi ricorda assai un giovane uomo che ogni tanto incontro per strada. Il volto è quello solo che tra l'uno e l'altro ci saranno quarant'anni di differenza. Dico questo perché ogni volta che vedo Frank Langella penso a quel ragazzo e questo inficia un po' tutto. Mi disturba. Or bene, detto ciò Robot & Frank è un film sulla memoria. Il ragazzo che incontr... Frank Langella interpreta un anziano con evidenti indizi di demenza senile e giacché vive da solo, in una casa nel bosco, uno dei suoi due figli gli regala un robot. Utile nelle faccende domestiche ma anche come personal trainer mnemonico e come efficace nutrizionista.
Ho letto da qualche parte che il film è una commedia che "piega in due dalle risate", un film esilarante ed irriverente. Un film che ti fa uscire dalla sala con le lacrime agli occhi dal ridere. Una "commedia elettrizzante". Ora, io credo di aver visto un altro film.
Robot & Frank è un film triste. Un film triste su uomo che vede smarrire giorno dopo giorno la sua identità, identità alla quale resta attaccato grazie anche al sostegno di un robot che di memoria ne ha da vendere. Preservare la memoria è preservare la propria identità. Traslando leggermente il Teeteto di Platone, si potrebbe dire che il robot è la cera sulla quale l'uomo imprime la sua impronta, nel senso di oggetto di memoria. Una riflessione certo interessante sul rapporto di dipendenza, dipendenza tra conoscenza e possesso (di sé). L'uomo che vede smarrire la sua conoscenza vede smarrire se stesso. Il robot che ha un hard-disk vasto e un elevato potenziale di conoscenza non ha se stesso. L'uno quindi diviene necessariamente l'altro in un equilibrio labile quanto un comando di accensione/spegnimento.
Una commedia? Un anziano che vive da solo -isolato dal mondo e dai ricordi- si fa aiutare da un robot, una macchina. In tutto ciò non c'è nulla di elettrizzante o comico. Vi è solo un grande senso di impotenza.
Il film non mi ha esaltato. Non mi ha coinvolto. L'ho trovato debole, a tratti precipitoso e con elementi poco credibili all'interno del quadro familiare. Tutti i protagonisti sembrano un pochetto spaesati (Susan Sarandon fa il minimo sindacale, Liv Tyler... Mah), tutti tranne Frank Langella e il robot (con la voce di Peter Sarsgaard e le movenze di Rachael Ma), capace di dare un certo singolare colore al suo nero non-volto. Il potenziale esistenziale, tipico di molti soggetti fantascientifici, era alto ma qui è sfruttato -secondo me- davvero in piccolissima parte.
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