barone2000
|
martedì 10 settembre 2013
|
poteva essere tutto ma è stato di tutto un po'
|
|
|
|
Un giovane sudcoreano violento, satiriasico e ridicolo. Cresciuto senza la madre, cioè senza amore, e per questo violento e satiriasico. E' uno strozzino che invalida i debitori per riscuotere i soldi dell'assicurazione e così appianare i debiti (contratti stupidamente) con un interesse pari al mille per mille. La madre di un giovane debitore suicida si fa passare per la madre dello strozzino dando il via alla scia di ripensamento e piantando il seme della citata pietà per poi distruggere la sua opera con la premeditata vandetta. Alla fine si suicidano tutti. Non riesco davvero ad unirmi alla schiera degli incensatori di questa assurdità. Davvero ho provato ad apprezzare qualcosa, e alla fine ce l'ho fatta, ma la non curanza con cui Kim Ki-Duk scivola nella banalità fa davvero perdere peso a questo esercizio di stile.
[+]
Un giovane sudcoreano violento, satiriasico e ridicolo. Cresciuto senza la madre, cioè senza amore, e per questo violento e satiriasico. E' uno strozzino che invalida i debitori per riscuotere i soldi dell'assicurazione e così appianare i debiti (contratti stupidamente) con un interesse pari al mille per mille. La madre di un giovane debitore suicida si fa passare per la madre dello strozzino dando il via alla scia di ripensamento e piantando il seme della citata pietà per poi distruggere la sua opera con la premeditata vandetta. Alla fine si suicidano tutti. Non riesco davvero ad unirmi alla schiera degli incensatori di questa assurdità. Davvero ho provato ad apprezzare qualcosa, e alla fine ce l'ho fatta, ma la non curanza con cui Kim Ki-Duk scivola nella banalità fa davvero perdere peso a questo esercizio di stile. Non nego l'espressività delle immagini e talvolta la poeticità della sceneggiatura, che ho apprezzato molto, ma nel complesso credo che sia un'opera steriotipata. Kim Ki-Duk voleva una critica al capitalismo selvaggio, ma il risultato è un grande miscuglio di idee, cioè l'incompresibilità. Su questo minestrone stravince la vendetta portata a termine da una madre disperata che non teme di togliersi la vita pur di ottenerla. La madre, interpretata dalla perla più grande di questo film, Jo Min-Su, è lo scorcio della pietà che poi lei stessa rinnega. Allora questa non è pietà. Come dicevo sono i troppi alti e bassi a non convincere: si passa da scene di una ossessione sessuale agghiacciante a momenti davvero poetici quale la medre piangente sul proprio figlio, per non citarne altri. Insomma, un finale lirico, potente e struggente, il canto dell'eterno Kyrie Eleison, Christe Eleison sulla nostra decadente umanità, non sufficit a risollevare le sorti di questo film che poteva essere tutto ed è stato, invece, di tutto un po'.
[-]
[+] sono assolutamente daccordo, un opera manicheista
(di miaobao)
[ - ] sono assolutamente daccordo, un opera manicheista
|
|
[+] lascia un commento a barone2000 »
[ - ] lascia un commento a barone2000 »
|
|
d'accordo? |
|
la druga
|
venerdì 28 settembre 2012
|
il diavolo e l'espiazione
|
|
|
|
E' un film duro da digerire.
Abbiamo un giovane trentenne, spietato usuraio, che incarna il male nella sua forma più cruda e impunita; senza il minimo scrupolo chiede interessi altissimi ai poveri fabbri e operai che pur di mantenere la propria famiglia sono disposti a fare un patto col diavolo. Se però non salderanno i debiti ecco che Kang-Do, così si chiama lo strozzino, li punirà mutilandoli senza alcuna remora. Non sembra esserci nulla che possa riportare un briciolo di umanità in quell'essere così infimo e crudele, finchè nella sua vita non irrompe una donna, minuta e dallo sguardo dolce, che dice di essere sua madre.
[+]
E' un film duro da digerire.
Abbiamo un giovane trentenne, spietato usuraio, che incarna il male nella sua forma più cruda e impunita; senza il minimo scrupolo chiede interessi altissimi ai poveri fabbri e operai che pur di mantenere la propria famiglia sono disposti a fare un patto col diavolo. Se però non salderanno i debiti ecco che Kang-Do, così si chiama lo strozzino, li punirà mutilandoli senza alcuna remora. Non sembra esserci nulla che possa riportare un briciolo di umanità in quell'essere così infimo e crudele, finchè nella sua vita non irrompe una donna, minuta e dallo sguardo dolce, che dice di essere sua madre. Quest'evento segnerà una svolta: tutte le insicurezze e il dolore dell'abbandono cominciano ad impossessarsi di Kang-Do. Dapprima il ragazzo respinge la donna, poi però la mette alla prova nei modi più atroci possibili, e qui lo spettatore rimane spiazzato, sconvolto e disorientato. Alla fine però la riconosce come madre e ne diventa dipendente, quasi regredendo a quel rapporto madre figlio tipico degli anni infantili. Non sa ancora che quella donna medita una vendetta; suo figlio infatti è stato una vittima di Kang-Do e, dopo aver legato quest'ultimo a lei dicendo di essergli madre, medita di infliggergli la pena più dura: uccidersi.
Il film è un percorso in crescendo che indaga su tematiche critiche e controverse: il rapporto quasi ancestrale tra madre-figlio, la psiche umana, la vendetta, il perdono.
La sottile ironia di alcuni momenti della narrazione si mescola bene con l'estrema drammaticità dei contenuti. Di certo Kim Ki -Duk vuole sorprendere con questo suo ultimo film, cimentandosi in una prova difficile e forse ancora troppo esasperata per un tipo di pubblico come quello occidentale, che di sicuro preferisce "l'allusione" alla nuda e cruda verità delle immagini .
Nonostante ciò Pietà è un film da non perdere, una vera e propria esperienza catartica, che raggiunge il culmine sul finale: la madre attua il suo piano, finge di esser stata rapita da chi voleva vendicarsi del ragazzo e che stanno per gettarla giù da un edificio. Kang-Do disperato accorre e si getta al suolo invocando il perdono.
E' a questo punto che lo spettatore scopre con estrema sorpresa e sgomento che è possibile un' assoluzione di quell'uomo, seppur teorica. La donna si ucciderà e la sua vendetta sarà compiuta; sarà solo il Kyrie eleison finale, dopo il suicidio del giovane, a riconoscere l'avvenuta espiazione e la vera, estrema, pietà.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a la druga »
[ - ] lascia un commento a la druga »
|
|
d'accordo? |
|
andys80
|
mercoledì 28 novembre 2012
|
la vendetta, architettata con estrema meticolosità
|
|
|
|
Un film molto duro, non solo per le scene di violenza e di sesso sgradevoli, ma soprattutto nelle ambientazioni. Tutto si svolge in una baraccopoli, con strade sporche e rifiuti ovunque, e buona parte del film in botteghe di artigiani al limite della vivibilità. La fotografia inoltre è perfettamente in sintonia con i rimanenti elementi del film. Alcune situazioni sono anche ridicole, con personaggi con comportamenti e caratteri da folli. Tutto è ben studiato nel film, i personaggi (basti pensare all'attore protagonista imberbe con un volto quasi da bambino, a voler riflettere la sua mancata infanzia che sta alla base dei suoi squilibri), i caratteri, la scenografia, la fotografia, la recitazione: la protagonista è estremamente brava.
[+]
Un film molto duro, non solo per le scene di violenza e di sesso sgradevoli, ma soprattutto nelle ambientazioni. Tutto si svolge in una baraccopoli, con strade sporche e rifiuti ovunque, e buona parte del film in botteghe di artigiani al limite della vivibilità. La fotografia inoltre è perfettamente in sintonia con i rimanenti elementi del film. Alcune situazioni sono anche ridicole, con personaggi con comportamenti e caratteri da folli. Tutto è ben studiato nel film, i personaggi (basti pensare all'attore protagonista imberbe con un volto quasi da bambino, a voler riflettere la sua mancata infanzia che sta alla base dei suoi squilibri), i caratteri, la scenografia, la fotografia, la recitazione: la protagonista è estremamente brava.
Il film è nel complesso non noioso, si lascia vedere quasi con piacere, anche se molti durante la proiezione hanno abbandonato la sala, ma ciò può essere comprensibile.
Non riesco però a comprendere il Leone d'oro a Venezia 2012, a parer mio negli ultimi tempi in questi festival si stanno premiando film tutto sommato buoni ma che non eccellono (vedi anche Amour a Cannes 2012): ciò significa che il cinema è stanco e non riesce più ad essere innovativo?...o forse entrano in gioco altri parametri oggetto di valutazione da parte della giuria che noi pubblico non riusiamo a comprendere?..insomma: è mai possibile che non c'era un "film migliore" di questo, tra quelli visti a Venezia 2012?...Voglio sperare di si...
[-]
|
|
[+] lascia un commento a andys80 »
[ - ] lascia un commento a andys80 »
|
|
d'accordo? |
|
zoom e controzoom
|
mercoledì 3 ottobre 2012
|
un altro mondo
|
|
|
|
Per apprezzare il senso di un film realizzato da un regista orientale, si dovrebbe poter conoscere profondamente quella cultura : troppo distanti da noi, ne raccogliamo solo aspetti marginali senza saper ricreare le connessioni.
Il mio parere da occidentale non può non prescindere da questa consapevolezza.
Tutto il film è saturo di un grigio che fa miseria, ma la miseria orientale, rassegnata e consapevole, è disposta ad accettare la violenza che inesorabilmente accompagna le vite dei miserabili. Pare che i guizzi di colore rosso inseriti come lame, siano annuncio della violenza dirompente che in un modo o nell'altro avverrà.
Il racconto si svolge in spazi angusti - spazi di lavoro e spazi di vita - oppure in spazi ampi, all'aperto, ma è in quei luoghi dove il rapporto uomo spazio si fa inversamente proporzionale, che si consumano i drammi più violenti e la scena finale, troppo forte per noi per essere accettata.
[+]
Per apprezzare il senso di un film realizzato da un regista orientale, si dovrebbe poter conoscere profondamente quella cultura : troppo distanti da noi, ne raccogliamo solo aspetti marginali senza saper ricreare le connessioni.
Il mio parere da occidentale non può non prescindere da questa consapevolezza.
Tutto il film è saturo di un grigio che fa miseria, ma la miseria orientale, rassegnata e consapevole, è disposta ad accettare la violenza che inesorabilmente accompagna le vite dei miserabili. Pare che i guizzi di colore rosso inseriti come lame, siano annuncio della violenza dirompente che in un modo o nell'altro avverrà.
Il racconto si svolge in spazi angusti - spazi di lavoro e spazi di vita - oppure in spazi ampi, all'aperto, ma è in quei luoghi dove il rapporto uomo spazio si fa inversamente proporzionale, che si consumano i drammi più violenti e la scena finale, troppo forte per noi per essere accettata.
Non si può non essere sommersi da tanta violenza, è necessario che si sedimenti perchè si possa raccogliere il significato del dolore come punizione-riscatto. Una doppia lama che per raggiungere lo scopo è tagliente da ambo i lati e non si può ferire senza restare a feriti.
Grandi attori, grande fotografia per un film difficilmente godibile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zoom e controzoom »
[ - ] lascia un commento a zoom e controzoom »
|
|
d'accordo? |
|
marco capraro
|
venerdì 19 ottobre 2012
|
il ritorno di kim ki duk
|
|
|
|
"Pietà" segna il ritorno sulla scena cinematografica di Kim Ki Duk, scomparso per tre anni in seguito all'incidente sul set di "Draem".
Quelle di Kim Ki Duk non sono semplici pellicole, e "Pietà" colpisce senz'altro per il suo significato più intimo. E' una metafora a schiaffo nei confronti del denaro, metafora che intende rivelarne la doppia faccia, attraverso il dramma di un usuraio che, dopo trent'anni, incontra la sua "presunta" madre, tornata chiedendo perdono. Cos'è in realtà il perdono? Kim Ki Duk fa della pietà non un semplice sentimento di concessione e comprensione, quanto un percorso di redenzione.
[+]
"Pietà" segna il ritorno sulla scena cinematografica di Kim Ki Duk, scomparso per tre anni in seguito all'incidente sul set di "Draem".
Quelle di Kim Ki Duk non sono semplici pellicole, e "Pietà" colpisce senz'altro per il suo significato più intimo. E' una metafora a schiaffo nei confronti del denaro, metafora che intende rivelarne la doppia faccia, attraverso il dramma di un usuraio che, dopo trent'anni, incontra la sua "presunta" madre, tornata chiedendo perdono. Cos'è in realtà il perdono? Kim Ki Duk fa della pietà non un semplice sentimento di concessione e comprensione, quanto un percorso di redenzione. L'intento non è quello di voler glorificare la violenza o il sentimento della pietà, quanto quello di redimerlo.
E' un film difficile, complesso e crudo a cui andrebbe concessa più di una visione per poterlo comprendere, e Kim Ki Duk ancora una volta ci regala un capolavoro cinematografico di grande valore.
La visione di "Pietà", dopo il dubbioso "Dream", e dopo lo studio dell'incredibile mockumentary "Arirang", conferma il talento di un regista coreano molto più affermato in Europa di quanto non lo sia invece nel proprio paese.
Il Leone D'oro è senza orma di dubbio meritato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a marco capraro »
[ - ] lascia un commento a marco capraro »
|
|
d'accordo? |
|
howlingfantod
|
martedì 30 ottobre 2012
|
due, tre, mille storie zen
|
|
|
|
Una storia zen: “guarda che carino, un amico che si è ricordato di te” (dice la madre sulla tomba del figlio morto e ucciso proprio dal visitatore sconosciuto che era venuto pensandolo vivo per estorcergli i soldi o amputarlo).
Seconda storia zen: la sedicente madre dice al presunto figlio: “piantami un albero e quando sarò morta seppelliscimi accanto a un pino in riva al mare”. Al figlio alla fine del dolore, del travaglio della catarsi non rimane che annaffiare un pino in riva al mare che crescerà ugualmente e osservare a noi spettatori, osservare un incerta alba sfocata in una camera blu come tutto il film del resto (stupenda la fotografia) mentre le auto stanno attraversando un ponte.
[+]
Una storia zen: “guarda che carino, un amico che si è ricordato di te” (dice la madre sulla tomba del figlio morto e ucciso proprio dal visitatore sconosciuto che era venuto pensandolo vivo per estorcergli i soldi o amputarlo).
Seconda storia zen: la sedicente madre dice al presunto figlio: “piantami un albero e quando sarò morta seppelliscimi accanto a un pino in riva al mare”. Al figlio alla fine del dolore, del travaglio della catarsi non rimane che annaffiare un pino in riva al mare che crescerà ugualmente e osservare a noi spettatori, osservare un incerta alba sfocata in una camera blu come tutto il film del resto (stupenda la fotografia) mentre le auto stanno attraversando un ponte.
Questa pietà rovesciata: la sedicente madre sopporta il dolore e lo riscatta, misterioso e incomprensibile come lei, come una madonna lei che accoglie il figlio (nell’incesto, che poi incesto non è) lo dimentica e lo abbandona (chissà perché) e si porta con sé il suo stesso mistero indecifrabile e illuminante come un Haiku. Mistero che non è ma che è il seme della vendetta leit motiv del film e sulla quale tutto è imperniato, mistero funzionale allo scopo del film, nel quale la sedicente madre non è che in effetti la madre di una vittima di Sang jo l’amputatotre, venuta lei stessa per vendicare con le stesse armi dell’aguzzino, il dolore della perdita del vero figlio. La sedicente madre assorbe il figlio in sè, il figlio non si redime non si riconosce subito nella madre e non ha un padre, non ha il cielo, ha la terra, è la madre che si erge su tutto come una santa, come una mistica, paga il dolore del mondo, espiando le colpe di tutti nell’ottica della vera madre celeste per il figlio carnefice e che nel finale, con l’ultimo colpo di scena di sceneggiatura è riscattata nell’ottica del figlio seminatore di dolore, figlio che poi non è e in questa finzione che avvolge il tutto cosa rimane: la pietà, il dolore, proprio e comune di tutti coloro che Sang Jo ha fatto soffrire, ecco la pietà, forse di noi che guardiamo? O/e di Sang Jo al quale non rimane che annaffiare il pino dove è sepolta la falsa madre e osservare da lontano, forse con i nostri stessi occhi quell’alba incerta.
Il dolore, il peccato la colpa l’espiazione e la pietà che raccoglie tutto nella catarsi filmica naturalmente sono i temi di questa fiaba nera dell’”asceta kim ki duk “ i soldi sono l’inizio e la fine di tutto, dell’amore dell’odio del rancore della gelosia, della vendetta, del male” quale messaggio politico più forte in un modo che meno politico non si può, in una discesa agli inferi e purificazione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a howlingfantod »
[ - ] lascia un commento a howlingfantod »
|
|
d'accordo? |
|
jacopo b98
|
giovedì 2 maggio 2013
|
kim ki-duk ci regala un duro film sulla vendettà
|
|
|
|
Gang Do (Jung.jin) fa il riscossore per un usuraio in Corea. Quelli che non restituiscono i soldi con un interesse del 1000% vengono stuprati e mutilati. Un giorno una donna (Min-soo) che dice di essere sua madre gli si para davanti e gli chiede perdono per averlo abbandonato. Inizia e finisce con un suicidio il film scritto e diretto dal regista coreano più conosciuto nel mondo. Premetto che è un film difficile e complesso da giudicare, nella prima ora di violenza ai limiti della sopportazione, e piuttosto anomalo nella carriera di Kim Ki-duk. È un allucinato e allucinante ritratto della Corea, della sua povertà e della sua disperazione. Ma è anche una terribile storia d’amore che inizia con uno stupro e finisce con un altro suicidio, nonché di una donna che per il protagonista è madre e famiglia e che lo fa crescere e maturare come un bambino, e di cui lui ha bisogno, come le dice, “Non andartene, non posso vivere senza di te”.
[+]
Gang Do (Jung.jin) fa il riscossore per un usuraio in Corea. Quelli che non restituiscono i soldi con un interesse del 1000% vengono stuprati e mutilati. Un giorno una donna (Min-soo) che dice di essere sua madre gli si para davanti e gli chiede perdono per averlo abbandonato. Inizia e finisce con un suicidio il film scritto e diretto dal regista coreano più conosciuto nel mondo. Premetto che è un film difficile e complesso da giudicare, nella prima ora di violenza ai limiti della sopportazione, e piuttosto anomalo nella carriera di Kim Ki-duk. È un allucinato e allucinante ritratto della Corea, della sua povertà e della sua disperazione. Ma è anche una terribile storia d’amore che inizia con uno stupro e finisce con un altro suicidio, nonché di una donna che per il protagonista è madre e famiglia e che lo fa crescere e maturare come un bambino, e di cui lui ha bisogno, come le dice, “Non andartene, non posso vivere senza di te”. Uno sconvolgente thriller alla rincorsa di una risposta che giunge solo nel finale drammatico. Una storia di vendetta da cui però può nascere l’amore come dice la donna: “E così tu, figlio mio, sarai vendicato. Oh però quanto mi dispiace, mio povero Gang Do!”, prima di buttarsi giù dal palazzo. Ovviamente, come in tutto il cinema del regista il film ha un significato profondamente filosofico, che però può essere più difficile da comprendere rispetto che in altre sue opere. È stato presentato a Venezia 2012 dove ha vinto il Leone d’oro per il miglior film, battendo, tra gli altri, Bella addormentata di Bellocchio e The Master di Paul Thomas Anderson.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a jacopo b98 »
[ - ] lascia un commento a jacopo b98 »
|
|
d'accordo? |
|
pietro viola
|
sabato 3 settembre 2016
|
il diavolo, probabilmente
|
|
|
|
Forse non è il miglior film di kim ki duk. Forse non era da leone d'oro. Manierismo e autocompiacimento a volte stupiscono lo spettatore che ha visto la disarmante crudele purezza di "primavera, estate.." o "ferro 3".
Tuttavia: la storia di questa redenzione sacrificale (il figlio) attraverso la rigida attuazione di un piano di vendetta (la madre) è una delle denunce più forti del cinema contemporaneo contro il potere corruttore del denaro e della conseguente riduzione di ogni cosa a merce, emblema globale dei nostri tempi.
C'è bisogno di recuperare la misericordia, sembra quasi urlare il regista alla fine, perché riemerga il coraggio di muoversi verso il pudore, la semplicità, la gratuità delle cose e dei sentimenti.
[+]
Forse non è il miglior film di kim ki duk. Forse non era da leone d'oro. Manierismo e autocompiacimento a volte stupiscono lo spettatore che ha visto la disarmante crudele purezza di "primavera, estate.." o "ferro 3".
Tuttavia: la storia di questa redenzione sacrificale (il figlio) attraverso la rigida attuazione di un piano di vendetta (la madre) è una delle denunce più forti del cinema contemporaneo contro il potere corruttore del denaro e della conseguente riduzione di ogni cosa a merce, emblema globale dei nostri tempi.
C'è bisogno di recuperare la misericordia, sembra quasi urlare il regista alla fine, perché riemerga il coraggio di muoversi verso il pudore, la semplicità, la gratuità delle cose e dei sentimenti. In una parola, verso la vita
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pietro viola »
[ - ] lascia un commento a pietro viola »
|
|
d'accordo? |
|
luca scialo
|
lunedì 28 dicembre 2020
|
la legge del contrappasso
|
|
|
|
Kang-do è un giovane solitario che come lavoro fa l'estorsore per conto di uno strozzino. Utilizza però dei metodi eccessivamente violenti, spingendo i debitori ad auto-infliggersi delle menomazioni per incassare i premi delle assicurazioni contro gli infortuni e così poter ripagare i debiti. Si tratta principalmente di operai, persone che vivono già una vita modesta. E diventare invalidi non fa che complicargli l'esistenza. Un giorno come tanti, di ordinaria e fredda violenza, si presenta al suo cospetto una donna. Che dice di essere sua madre. Dopo la diffidenza iniziale e vari respingimenti, comincia a crederci davvero. Ma la verità è ben altra. Il cinema sudcoreano è in grande ascesa e sempre molto interessante per la prospettiva diversa con la quale esamina la realtà.
[+]
Kang-do è un giovane solitario che come lavoro fa l'estorsore per conto di uno strozzino. Utilizza però dei metodi eccessivamente violenti, spingendo i debitori ad auto-infliggersi delle menomazioni per incassare i premi delle assicurazioni contro gli infortuni e così poter ripagare i debiti. Si tratta principalmente di operai, persone che vivono già una vita modesta. E diventare invalidi non fa che complicargli l'esistenza. Un giorno come tanti, di ordinaria e fredda violenza, si presenta al suo cospetto una donna. Che dice di essere sua madre. Dopo la diffidenza iniziale e vari respingimenti, comincia a crederci davvero. Ma la verità è ben altra. Il cinema sudcoreano è in grande ascesa e sempre molto interessante per la prospettiva diversa con la quale esamina la realtà. Kim Ki-Duk, che il maledetto Covid-19 ci ha portato via troppo in fretta, ne è stato tra i massimi esponenti. Sebbene anche lui caschi sovente nella pecca, tipica del cinema di quella fetta divisa di mondo, di cascare spesso e volentieri in scene di sesso o violenza gratuite e fuorviante. Quasi come se fossero un dazio da pagare ad ogni occasione. La storia è molto intensa e significativa (del resto, il riconoscimento ottenuto al Festival di Venezia non può essere un cas). Ma qualche sbavatura non manca. Così come la forzatura di insistere su certi punti. Probabilmente, i vicini asiatici cinesi e giapponesi, riescono a mantenere un certo grado di poesia maggiore a cui i sudcoreani devono ancora arrivare. Con qualche eccezione, ovviamente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luca scialo »
[ - ] lascia un commento a luca scialo »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
mercoledì 26 settembre 2012
|
quando la vendetta prevale su tutto
|
|
|
|
Ultima opera del regista coreano Kim Ki Duk, vincitore quest'anno del Leone d'Oro al Festival del Cinema di Venezia, in cui viene narrata la vendetta portata avanti da una donna nei confronti di un crudele, ma solitario, strozzino. Senza dubbio è un film crudo ed in certi momenti anche provvisto di scene raccapriccianti ma a mio modesto parere Kim Ki Duk qui, riprendendo un pò il tema già espresso dal regista suo connazionale Chan-wook Park in "Old Boy" e "Lady Vendetta", non risulta affatto originale. I temi sono quelli sempre a lui cari della solitudine, della vendetta e della morte, ma qui il tutto mi sembra portato all'esasperazione ed all' 'assurdità estrema e pertanto forzato.
[+]
Ultima opera del regista coreano Kim Ki Duk, vincitore quest'anno del Leone d'Oro al Festival del Cinema di Venezia, in cui viene narrata la vendetta portata avanti da una donna nei confronti di un crudele, ma solitario, strozzino. Senza dubbio è un film crudo ed in certi momenti anche provvisto di scene raccapriccianti ma a mio modesto parere Kim Ki Duk qui, riprendendo un pò il tema già espresso dal regista suo connazionale Chan-wook Park in "Old Boy" e "Lady Vendetta", non risulta affatto originale. I temi sono quelli sempre a lui cari della solitudine, della vendetta e della morte, ma qui il tutto mi sembra portato all'esasperazione ed all' 'assurdità estrema e pertanto forzato. I due attori sono sicuramente da menzionare per la loro bravura e per la loro convincente capacità di rappresentare ciascuno i propri personaggi. Personalmente non concordo affatto nel riscontrare all'interno di questa pellicola "una massiccia dose di ironia" (come è stato così scritto da molta critica), bensì solo desolazione e disperazione. Concludendo, di questo regista sud coreano ho apprezzato molto di più i films precedenti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
|