pongi98
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giovedì 28 gennaio 2016
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non ci siamo proprio
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Film che non riesce a coinvolgere lo spettatore, anzi provoca sensazioni quasi assonnanti. Consiglio la visione di altri film sull'Olocausto, che magari riescano a provocare uno spunto di riflessione migliore su questo tema.
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rampante
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mercoledì 4 marzo 2015
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una donna
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Il film ha il merito di far conoscere la filosofa ebreo-tedesca Hannah Arendt, intellettuale dai tratti molto ambigui, che nel 1940 fugge con il marito e la madre dalla Germania e si trasferisce negli Stati Uniti.
Nel 1961 si reca a Gerusalemme per seguire, per conto del New Yorker, il processo al funzionario nazista Adolf Eichmann, qui rimane sorpresa quando, pensando di trovare un mostro, vede solamente un mediocre funzionario ubbidiente come un cane fedele al suo padrone e si rifiuta di credere che Eichmann, pur profondamente anti-ebraico, provasse piacere in quello che faceva, tutto sarebbe stato solo il frutto di un enorme, banale apparato burocratico
Hannah Arendt, il vero personaggio, è una donna coraggiosa, coerente e controversa
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Il film ha il merito di far conoscere la filosofa ebreo-tedesca Hannah Arendt, intellettuale dai tratti molto ambigui, che nel 1940 fugge con il marito e la madre dalla Germania e si trasferisce negli Stati Uniti.
Nel 1961 si reca a Gerusalemme per seguire, per conto del New Yorker, il processo al funzionario nazista Adolf Eichmann, qui rimane sorpresa quando, pensando di trovare un mostro, vede solamente un mediocre funzionario ubbidiente come un cane fedele al suo padrone e si rifiuta di credere che Eichmann, pur profondamente anti-ebraico, provasse piacere in quello che faceva, tutto sarebbe stato solo il frutto di un enorme, banale apparato burocratico
Hannah Arendt, il vero personaggio, è una donna coraggiosa, coerente e controversa che rivendica ostinata la libertà di pensiero e tutto il gran dibattito che la sua opera "Banalità del Male" suscita ruota intorno ad un'idea base, tutto il male che è stato commesso da Eichmann e dagli altri gerarchi nazisti è conseguenza di un assenza di pensiero
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onufrio
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venerdì 30 gennaio 2015
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il male
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Hannah Arendt è una filosofa tedesca di origine ebrea, sfuggita ai campi di concentramento francesi assieme al marito grazie ad un visto per gli Stati Uniti, giunta in America ha insegnato presso l'Università, e negli anni 60, in occasione di un processo contro un funzionario nazista in quel di Israele, la donna chiede al giornale per cui scrive, di poter prendere parte al processo. Una volta giunta in Israele, studiato e analizzato il processo in ogni singolo particolare, la filosofa scrive un articolo che susciterà un notevole scalpore per via delle sue idee giudicate folli e prive di rispetto da parte di tutto il popolo ebreo e non.
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marcobrenni
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venerdì 30 gennaio 2015
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hannah arendt filosofa atipica
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Il film ha perlomeno il merito di fare conoscere questa donna, intellettuale certamente erudita, ma dai tratti molto ambigui, esattamente come il suo grande maestro e mentore Martin Heidegger che fu un grande ambiguo pure lui, tanto che divenne nazista contraddicendo tutto quanto aveva scritto ed insegnato. Egli cantò in pubblico pure con grande entusiasmo l'inno nazista , il famigerato "Horst Wessel Lied"! Non c'è alcun dubbio che Heidegger aderì al nazismo sia per convenienza, sia per sincera convinzione che solo molto più tardi abbandonò, senza però mai fare un "Coming-Out" sincero. Nemmeno convince la Arendt nella sua dichiarata "innocenza" verso Heidegger. Secondo U. Galimberti (ma non solo) , la Arendt sfruttò abilmente Heidegger soprattutto per farsi strada, facendo poi credere di essersene allontana alquanto "delusa".
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Il film ha perlomeno il merito di fare conoscere questa donna, intellettuale certamente erudita, ma dai tratti molto ambigui, esattamente come il suo grande maestro e mentore Martin Heidegger che fu un grande ambiguo pure lui, tanto che divenne nazista contraddicendo tutto quanto aveva scritto ed insegnato. Egli cantò in pubblico pure con grande entusiasmo l'inno nazista , il famigerato "Horst Wessel Lied"! Non c'è alcun dubbio che Heidegger aderì al nazismo sia per convenienza, sia per sincera convinzione che solo molto più tardi abbandonò, senza però mai fare un "Coming-Out" sincero. Nemmeno convince la Arendt nella sua dichiarata "innocenza" verso Heidegger. Secondo U. Galimberti (ma non solo) , la Arendt sfruttò abilmente Heidegger soprattutto per farsi strada, facendo poi credere di essersene allontana alquanto "delusa". Ma perché allora riallacciò amichevoli rapporti con lui, addirittura ad anni di distanza dalla fine della seconda guerra ?! O si è veramente delusi di una persona, o non lo si è: non si può essere ambigui fin a tal punto ! La Arendt, sempre secondo Galimberti, sfruttò abilmente pure il suo secondo compagno, lo scomodo filosofo "alternativo" Günther Anders, da cui copiò molte idee, facendole poi passare per proprie. A me pare quindi che il film, anche se formalmente ben fatto, pecchi di manifesto sbilanciamento ( sola ingenuità?) a favore dell' "eroina" Arendt, senza rilevarne le manifeste ambiguità, a volte persino ciniche ed arroganti (che pure sono note agli addetti ai lavori). Oggi viene osannata da tutti come la grande pensatrice ("filosofa") della "Banalità del Male" : Ci sarebbe invece da discutere proprio su questa sua conclusione troppo semplicistica-riduttiva. È facile e superficiale affermare che tutto sarebbe stato solo il frutto di un enorme, banale apparato burocratico, e perciò Eichmann solo un mediocre funzionario (tipicamente tedesco) ubbidiente come un cane fedele al suo grande padrone: GLOBKE (!) il vero organizzatore, responsabile principale dei Lager nazisti, che però se la svignò SOLO IN VIA DIPLOMATICA essendo allora addirittura il segretario personale di Adenauer in carica (fu quindi stipulato un accordo segreto con Israele, dietro un plurimilionario compenso in Marchi tedeschi). Così il principale responsabile GLOBKE (pure ex capo dell'azione cattolica tedesca!)finì allegramente i suoi giorni in Sudamerica dopo aver tranquillamente guadagnato la pensione statale tedesca. Un personaggio di tale peso mai viene nemmeno menzionato nel film (se non credete,indagate allora sul suo passato, magari anche solo su Wikipedia). Sono inoltre convinto (al contrario della Arendt) , che Eichmann provasse certamente del piacere in quel che faceva, come del resto anche gli altri gerarchi nazisti, tutti quanti profondamente anti-ebraici. Del resto, anti-ebraica lo fu anche la stragrande maggioranza del popolo tedesco, e già dai tempi di Lutero. Il film, fatte queste importantissime riserve, può perciò superare solo la sufficienza, mancando del tutto un'analisi critica - disincantata sul vero personaggio "Hannah Arendt" (oggi sin troppo mitizzato....).
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giank51
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giovedì 28 agosto 2014
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l'allieva di heidegger tenta di emulare il maestro
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Tutto il gran dibattito che l'opera della Arendt ha suscitato ruota attorno ad un'idea base che nel film ritorna come un "leitmotiv": tutto il male che è stato commesso da Eichmann e dagli altri gerarchi nazisti è conseguenza di un assenza di pensiero, una sorta di "Denken-los" generalizzato che banalizza l'operare dell'uomo. Su questa base la Arendt ritiene nello stesso tempo di non giustificare tuttavia i crimini delle SS. A parte tale evidente contraddizione come si può sostenere che alla base dei crimini nazisti vi sia stata un assenza di pensiero?
Eichmann e gli altri non erano per nulla privi di pensiero così da non accorgersi di quello che facevano.
Innanzi tutto parliamo di classe dirigente tedesca che all'epoca aveva un importante educazione religiosa: cattolica o luterana che fosse.
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Tutto il gran dibattito che l'opera della Arendt ha suscitato ruota attorno ad un'idea base che nel film ritorna come un "leitmotiv": tutto il male che è stato commesso da Eichmann e dagli altri gerarchi nazisti è conseguenza di un assenza di pensiero, una sorta di "Denken-los" generalizzato che banalizza l'operare dell'uomo. Su questa base la Arendt ritiene nello stesso tempo di non giustificare tuttavia i crimini delle SS. A parte tale evidente contraddizione come si può sostenere che alla base dei crimini nazisti vi sia stata un assenza di pensiero?
Eichmann e gli altri non erano per nulla privi di pensiero così da non accorgersi di quello che facevano.
Innanzi tutto parliamo di classe dirigente tedesca che all'epoca aveva un importante educazione religiosa: cattolica o luterana che fosse. Dubito pertanto che questa gente non avesse ben chiaro il concetto di male e di peccato.
Perchè allora non si sono in qualche modo opposti all'andazzo generale? La risposta che viene presentata nel film è che "eseguivano gli ordini supinamente". Ma allora ci si chiede: è l'assenza di pensiero o il noto appiattimento germanico all'autorità la causa dell'olocausto? Per questo secondo aspetto non avevamo bisogno della Arendt. F.Nietzsche per anni ha tuonato contro la mentalità gregaria dei tedeschi (evito le citazioni dei testi), anche R. Wagner (solo negli anni giovanili) odiava i tedeschi per il loro conformismo.
Resta solo una possibilità: che i nazisti non pensavano in quanto cerebrolesi; ipotesi ovviamente assurda.
Ne consegue banalmemte che erano tutti d'accordo nel fare piazza pulita degli ebrei (con buona pace di H. Arendt).
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[+] a proposito di hanna arendt
(di mareble)
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vanessa zarastro
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lunedì 31 marzo 2014
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ragione versus emozione
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È raro parlare di una figura femminile associandola a sostantivi come razionalità, pensiero e intelligenza. Così è descritta la filosofa Hannah Arendt da Margareta Von Trotta. Ebrea di origine, amante (riamata) del suo maestro Martin Heidegger, fuggita in America nel 1940 dopo un breve periodo di reclusione in Francia, Hannah Arendt è una figura femminile che ha diviso - e divide a tutt’oggi - le opinioni delle sinistre, delle comunità ebraiche e delle femministe. Osannata da un lato, demonizzata dall’altro, il film mostra la storia di ciò che ha dato vita al suo testo “La banalità del male” del 1963. Il libro, a sua volta, trae le motivazioni dal reportage che la Arendt svolse per la rivista “New York Times” al processo contro Adolf Eichmann del 1961 a Gerusalemme.
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È raro parlare di una figura femminile associandola a sostantivi come razionalità, pensiero e intelligenza. Così è descritta la filosofa Hannah Arendt da Margareta Von Trotta. Ebrea di origine, amante (riamata) del suo maestro Martin Heidegger, fuggita in America nel 1940 dopo un breve periodo di reclusione in Francia, Hannah Arendt è una figura femminile che ha diviso - e divide a tutt’oggi - le opinioni delle sinistre, delle comunità ebraiche e delle femministe. Osannata da un lato, demonizzata dall’altro, il film mostra la storia di ciò che ha dato vita al suo testo “La banalità del male” del 1963. Il libro, a sua volta, trae le motivazioni dal reportage che la Arendt svolse per la rivista “New York Times” al processo contro Adolf Eichmann del 1961 a Gerusalemme. Fu proprio allora che s’iniziò a parlare di Shoah a livello mondiale (il processo fu seguito dalle televisioni di tutto il mondo) tanto è vero che nello stesso anno Stanley Kramer girò il film “Vincitori e Vinti” sul processo di Norimberga avvenuto nel 1946/47. La frantumazione delle responsabilità con la conseguente rinuncia a essere persone “pensanti” ma solo esecutori di ordini altri avvenute durante il regime nazista è proprio l’orrore maggiore che Hannah Arendt rileva. Stupisce il pubblico oggi – come stupì allora – che una donna, e per di più ebrea, potesse non farsi coinvolgere emotivamente in un processo mediatico per un fatto così funesto, e trarne invece una speculazione filosofica. Hanna si chiedeva come potesse essere che un omuncolo così piccolo possa provocare un male così grande; ed è proprio la mediocrità della persona Eichmann che la porta a teorizzare “la banalità del male”. Ma in fondo non era anche Hitler un omuncolo? Ottimo il lavoro coraggioso di Von Trotta, brava anche nella scelta di usare materiale d’archivio per il processo.
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[+] omuncolo
(di angelo umana)
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michela siccardi
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domenica 9 febbraio 2014
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un film che di-spiega l'essenza del male
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La filosofa Hannah Arendt, inviata dal “New Yorker”, si reca a Gerusalemme per assistere al processo di Adolf Eichmann, l’“architetto dell’Olocausto” che organizzava il traffico ferroviario per il trasporto degli ebrei nei campi di concentramento. La scrittrice si aspetta di trovarsi faccia a faccia con un mostro, con un uomo spaventoso e terrificante, invece quello che ha davanti a sé è un comunissimo uomo, una persona ordinaria. Il funzionario delle SS, noto come il “contabile dello sterminio”, si rivela un uomo assolutamente mediocre, quasi insignificante, non intelligente né particolarmente malvagio; certamente non un “genio del male”, piuttosto un efficiente burocrate, un alacre esecutore di ordini.
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La filosofa Hannah Arendt, inviata dal “New Yorker”, si reca a Gerusalemme per assistere al processo di Adolf Eichmann, l’“architetto dell’Olocausto” che organizzava il traffico ferroviario per il trasporto degli ebrei nei campi di concentramento. La scrittrice si aspetta di trovarsi faccia a faccia con un mostro, con un uomo spaventoso e terrificante, invece quello che ha davanti a sé è un comunissimo uomo, una persona ordinaria. Il funzionario delle SS, noto come il “contabile dello sterminio”, si rivela un uomo assolutamente mediocre, quasi insignificante, non intelligente né particolarmente malvagio; certamente non un “genio del male”, piuttosto un efficiente burocrate, un alacre esecutore di ordini. Eichmann non sembra mostrare alcun rimorso o vergogna per i brutali crimini commessi, non sembra provare emozioni o avere sentimenti riguardanti le proprie azioni, molte delle quali non ricorda. Questa sua frequente mancanza di memoria altro non è che la tragica manifestazione di una profonda inconsapevolezza, della totale incoscienza con cui perpetrava i suoi atti, dell’ignoranza del significato delle proprie azioni. Eichmann non ha un’ideologia antisemita (per la verità non ha alcuna ideologia), non odia gli ebrei; egli è semplicemente un burocrate, un funzionario zelante nel suo lavoro, un uomo rispettoso della legge del Führer, nonché particolarmente desideroso di compiacere i propri comandanti. La Arendt capisce di avere di fronte una mediocrità, una nullità, un “nessuno”. Eichmann è un uomo qualunque, e un qualunque uomo -un qualsiasi uomo privo di idee- potrebbe essere Eichmann. Eichmann non ricorda perché “non si può ricordare qualche cosa a cui non si è pensato e di cui non si è parlato con se stessi”. Eichmann è privo di un dialogo con la propria coscienza – da cui egli stesso ammette di essersi “dissociato”. Nel suo coraggioso reportage Hannah Arendt parla dell’Olocausto in termini inediti, rivoluzionari; osa usare un nuovo linguaggio che suonerà scandaloso e indecente. Ma mostrare l’inconsapevolezza di chi compie il male non significa in alcun modo giustificare, bensì capire (forse per la prima volta). Comprendere non significa perdonare. La scrittrice riceverà durissime critiche e violente minacce personali per la sua analisi oggettiva e scevra di risentimento, per la sua brillante disamina sul male, per aver dato un ritratto di Eichmann che non ne faceva la più pericolosa bestia di satana -come tutti si aspettavano di leggere- ma rendeva piuttosto l’immagine di un uomo normale, di un mero esecutore, lontano dalla responsabilità del reale. Attraverso la descrizione di questo uomo la giornalista e filosofa di-spiega l’essenza del male portandone alla luce la natura essenzialmente banale: il male non è mostruoso e demoniaco, dietro di esso non c’è nulla. Non v’è alcuna profondità sotto la sua superficie, il male non può essere radicale ma solo estremo, assoluto. Il male è assoluto perché non può essere ricondotto a misura umana; dietro di esso non c’è il logos, non c’è la ratio, non c’è la persona, ma la totale negazione di questa. E il male è compiuto da questi “inconsapevoli volontari”: uomini che rifiutano di pensare, di essere persone. Il male coincide con l’assenza di pensiero, con la negazione dell’essere. Il pensiero è il muto dialogo che l’anima intrattiene con se stessa, ed Eichmann è “l’incarnazione dell’assoluta banalità del male” in quanto privo di pensiero,privo di anima, privo di essere.
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[+] conoscenza tematica
(di vanessa zarastro)
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michela siccardi
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sabato 8 febbraio 2014
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recensione eccellente
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Una recensione eccellente, davvero superba. complimenti!
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angelo umana
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venerdì 7 febbraio 2014
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mediocre burocrazia per la "vernichtung"
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Film fiction ma quasi documentario, a beneficio di chi non sapesse esattamente - come lo scrivente - perché l'ebrea Hannah Arendt fu avversata dai suoi stessi connazionali. Inviata a Gerusalemme dal New Yorker - a New York si era rifugiata con la famiglia e lì era una stimatissima insegnante universitaria e giornalista - a riferire del processo ad Eichmann, si trova davanti un "onesto" esecutore di ordini, si occupava semplicemente, a suo dire, dei trasporti dei deportati, un preciso spedizioniere. Grande merito dello scrupoloso film della Von Trotta è di inserirvi filmati d'epoca del processo, nei quali in b/n si può osservare l'impassibile imputato dalle cui espressioni si nota la convinzione di aver solo fatto il proprio dovere.
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Film fiction ma quasi documentario, a beneficio di chi non sapesse esattamente - come lo scrivente - perché l'ebrea Hannah Arendt fu avversata dai suoi stessi connazionali. Inviata a Gerusalemme dal New Yorker - a New York si era rifugiata con la famiglia e lì era una stimatissima insegnante universitaria e giornalista - a riferire del processo ad Eichmann, si trova davanti un "onesto" esecutore di ordini, si occupava semplicemente, a suo dire, dei trasporti dei deportati, un preciso spedizioniere. Grande merito dello scrupoloso film della Von Trotta è di inserirvi filmati d'epoca del processo, nei quali in b/n si può osservare l'impassibile imputato dalle cui espressioni si nota la convinzione di aver solo fatto il proprio dovere. La Arendt venne a maggior ragione criticata per le sue idee su quel processo perché era stata una giovane studente innamorata del suo professore Heidegger, a Heidelberg prima della guerra.
Non fece che constatare la famosa "banalità del male", vide un mediocre burocrate nel processo, dal quale molti si aspettarono un processo al nazismo piuttosto che a un uomo. Costui non si sentì colpevole ovviamente, come tanti esecutori dell'annientamento nei lager nazisti, perché aveva "ubbidito a ordini" e "agito secondo legge". Secondo la Arendt e a ragione sarebbe stato più coraggioso lasciarlo vivere, in prigione ma vivo, un modo per lui stesso e per chi lo giudicava di osservare il male, condanna peggiore della morte (tema riproposto da J.J. Campanella nel "Segreto dei suoi occhi" del 2009).
Accanto al rigore della regista - rigore presente nell'ambientazione e nella fedeltà agli avvenimenti - c'è la superba interpretazione della sua "musa" Barbara Sukowa, decisa e determinata come la Ulriche Meinhof de "Gli anni di piombo". Il film è attualissimo a tutte le latitudini perché l'umanità è pur sempre incline a "crolli morali" comuni a una massa, abituata ad arte alla "incapacità di pensare", ad una "mancanza di senso" nelle sconcertanti azioni compiute per ordine di qualche condottiero.
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[+] bravo angelo
(di jean remi)
[ - ] bravo angelo
[+] "agito secondo legge"
(di angelo umana)
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foffola40
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mercoledì 5 febbraio 2014
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pensiero freddo
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mi ha colpito la presenza in sala di molti giovani in questo cinema abbastanza periferico, Madison, (Roma) l'unico ad avere una programmazione con orari decenti del film in questione e non alle 15.30 come il Farnese nemmeno si trattasse di un convegno di lavoro. Chissà perchè i film interessanti hanno una programmazione punitiva sia per i luoghi che per gli orari.
il film tecnicamente non offre nessuno spunto di particolare interesse tutto interni con studio specifico dei caratteri dei personaggi il marito amorevole, la segretaria devota etc quello che interessa è la vicenda che non credo sia molto conosciuta e cioè la tesi sostenuta da questa ebrea tedesca sul personaggio Eichmann, tesi che le ha inimicato vecchi amici e anche capi della "sua" università.
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mi ha colpito la presenza in sala di molti giovani in questo cinema abbastanza periferico, Madison, (Roma) l'unico ad avere una programmazione con orari decenti del film in questione e non alle 15.30 come il Farnese nemmeno si trattasse di un convegno di lavoro. Chissà perchè i film interessanti hanno una programmazione punitiva sia per i luoghi che per gli orari.
il film tecnicamente non offre nessuno spunto di particolare interesse tutto interni con studio specifico dei caratteri dei personaggi il marito amorevole, la segretaria devota etc quello che interessa è la vicenda che non credo sia molto conosciuta e cioè la tesi sostenuta da questa ebrea tedesca sul personaggio Eichmann, tesi che le ha inimicato vecchi amici e anche capi della "sua" università. Foffola 40
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