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fiora78
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martedì 2 ottobre 2012
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emplice e
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Delicato e commovente affronta grandi domande senza pretendere di dare una risposta in modo semplice e non artificioso
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pressa catozzo
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venerdì 28 settembre 2012
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scuola come crisalide
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Dopo aver visto alcuni film discutibili, finalmente la gioia di essere andato a vedere un ottimo film. Può la scuola essere educativa? Si se chi sta seduto dietro la cattedra si mette al livello dei suoi alunni e il nostro personaggio lo fa nel corridoio sfiorando la sua prediletta. La morte e il dolore da vari angolature. Ma a Venezia dove li scelgono i film?
Ottima fotografia, un bel montaggio e finalmente complimenti al doppiaggio.
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olgadik
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mercoledì 19 settembre 2012
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la lacerazione e la buona scuola
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Siamo a Montreal (Canada). In una scuola elementare una maestra si toglie la vita impiccandosi in classe durante l’intervallo. Due dei suoi allievi che l’hanno vista morta, sono per vie diverse i più toccati dall’evento terribile, ma tutti i ragazzi sentono quella lacerazione entrare con violenza nella loro vita normale e ciascuno cerca, a modo suo, di reagire. In questa situazione deve calarsi il nuovo insegnante, un immigrato algerino che, presentando alla preside un falso curricolo, viene scelto come supplente per ricoprire il posto vacante. In realtà non ha mai insegnato (lo scopriremo via via) e affronta il suo compito con semplicità, facendo appello ai propri ricordi di scuola: il dettato, le regole grammaticali, le letture classiche di autori poco noti agli undicenni.
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Siamo a Montreal (Canada). In una scuola elementare una maestra si toglie la vita impiccandosi in classe durante l’intervallo. Due dei suoi allievi che l’hanno vista morta, sono per vie diverse i più toccati dall’evento terribile, ma tutti i ragazzi sentono quella lacerazione entrare con violenza nella loro vita normale e ciascuno cerca, a modo suo, di reagire. In questa situazione deve calarsi il nuovo insegnante, un immigrato algerino che, presentando alla preside un falso curricolo, viene scelto come supplente per ricoprire il posto vacante. In realtà non ha mai insegnato (lo scopriremo via via) e affronta il suo compito con semplicità, facendo appello ai propri ricordi di scuola: il dettato, le regole grammaticali, le letture classiche di autori poco noti agli undicenni. Si presenta come una persona un po’ fuori moda ma di grande dignità e desideroso di capire; lentamente egli diventa quel punto di riferimento di cui si ha bisogno nella crescita, con le sue tempeste e contraddizioni. Quando si verrà a conoscere la sua identità autentica, la classe sarà costretta di nuovo a difendersi da un altro distacco, ma lo farà più cresciuta e consapevole dell’esistenza della morte e del dolore. Perché questo film di Philippe Falardeau parla di situazioni e fatti “grandi”, ma lo fa sommessamente, con poesia, tenerezza e toni delicati. Anche la perdita degli affetti del falso insegnante (moglie e figli periti in un incendio appiccato dagli estremisti islamici alla sua casa) si capisce poco a poco, da particolari successivi aggiunti al soggetto principale della narrazione che è la scuola e quello che c’è dietro. La mentalità corretta ma fredda dei genitori, l’indifferenza sostanziale dei colleghi, la convinzione che a scuola si parla d’altro e non di vita o di morte, l’eccessiva importanza data allo psicologo come aiuto ai ragazzi, la posizione ambigua della dirigenza sempre in bilico tra regolamenti e buon senso. Tutto questo monsieur Lazhar lo rovescia guardando le cose da un punto di vista diverso, quello dell’immigrato che non sa neanche se otterrà il riconoscimento del suo status di rifugiato politico. Egli si offre così com’è, con la sua sensibilità, senza ricette precostituite. Lontano da gesti plateali, con piccoli interventi al momento giusto, egli riesce a districarsi in quel mix delicatissimo di sensi di colpa, speranze, riflessioni e confuso dolore che gli allievi avvertono senza trovare il modo per esprimersi. L’abbraccio finale tra il “maestro” e la sua allieva più matura rompe il tabù del contatto fisic, vietato nelle scuole per evitare atteggiamenti pedofili, e riporta l’essere umano a comunicare in quel modo caldo e istintivo.
Il protagonista ha così la meglio anche su una fobia da lui trasformata in un segno d’affetto innocente. La sofferenza personale forse lo rende più sicuro e forte nell’affrontare e capire quella altrui, al di là di inutili tecnicismi che rimangono tali, se non sono vivificati da un quid che fa la differenza tra buona e cattiva scuola. Avremmo solo desiderato eliminare qualche lungaggine che appesantisce la grazia del racconto e momenti di melensaggine che possono offuscare il sapiente rigore del tutto. Naturale ed elegante l’interpretazione di Fellag e bersaglio centrato anche per i piccoli interpreti.
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luxlux
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lunedì 17 settembre 2012
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il potere della scrittura
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gran bel film d'autore che vede nei dialoghi e nella scrittura del film il suo maggior pregio. La tematica, all'apparenza triste, è sollevata dall profondità dei contenuti, i protagonisti sono eccezionali nell'incarnare emozioni. Consigliato.
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angelo umana
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domenica 16 settembre 2012
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un professore non di professione
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Un film è semplificativo ma se questo su Monsieur Bachir Lazhar vuol dirci una cosa, tra le altre, essa è: “più che”* le competenze per cui è pagata la scuola - quelle della psicologa che deve far rielaborare ai bambini dodicenni il suicidio nell’aula scolastica della loro amata maestra Martine, quelle dei genitori supponenti che danno istruzioni all’insegnante, quelle della grammatica (con soggetto, predicato, gruppo nominale e via erudendo), quelle sui nuovi metodi d’insegnamento – “poté”* l’umanità di Bachir, algerino rifugiato nel Quebec e lì propostosi come insegnante al posto della maestra defunta, “poté” il suo senso del dolore che gli dà capacità di capire quello altrui, la sua simpatia, il mantenersi quieto nei gesti e nelle parole.
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Un film è semplificativo ma se questo su Monsieur Bachir Lazhar vuol dirci una cosa, tra le altre, essa è: “più che”* le competenze per cui è pagata la scuola - quelle della psicologa che deve far rielaborare ai bambini dodicenni il suicidio nell’aula scolastica della loro amata maestra Martine, quelle dei genitori supponenti che danno istruzioni all’insegnante, quelle della grammatica (con soggetto, predicato, gruppo nominale e via erudendo), quelle sui nuovi metodi d’insegnamento – “poté”* l’umanità di Bachir, algerino rifugiato nel Quebec e lì propostosi come insegnante al posto della maestra defunta, “poté” il suo senso del dolore che gli dà capacità di capire quello altrui, la sua simpatia, il mantenersi quieto nei gesti e nelle parole. Questo riesce a fare il nuovo maestro, s’impone quiete e disponibilità coi bambini e coi colleghi, nonostante tutto della sua vita e del suo passato si sia sbriciolato. Forse dunque non occorre proprio essere “professori di professione” per aiutare dei ragazzi, anzi a volte serve dell’altro, come dice un altro maestro nel recente film “Detachment”, “Non basta avere qualcuno che ti insegni, ci vuole qualcuno che ti aiuti”. Bachir cerca di capire i suoi ragazzi spiandoli un po’, scopre quelle vite anche guardando il contenuto del cassetto nel loro banco. L’espressione “cheers” che si usa nelle foto, è diventata alla foto di classe “Bachir!”. Quando Mr. Lazhar si è presentato alla direttrice della scuola ha detto: “Ho prestato servizio 19 anni in una scuola di Algeri”. Non deve essere necessariamente una bugia, Bachir ha forse in mente i suoi anni (qualcuno in meno di 19) passati a studiare, i banchi allineati, qualche educativo scappellotto, la grande letteratura, l’umanità dei suoi professori.
Simon è il ragazzino ritenuto responsabile, da Alice, sua migliore amica, della morte della loro insegnante, in fondo egli stesso se ne ritiene colpevole (se ad un ragazzo viene data una colpa può darsi che cominci a sentirsela sul serio), una tragedia così grande opprime un corpo così piccolo e il cinismo degli altri bambini può essere smisurato, solo la disponibilità di Mr. Lazhar ad ascoltarlo in classe davanti a tutti, ad accogliere il suo pianto, lo libera.
La storia è vera e il film è ben fatto, semplificativo ma ben fatto, con tante vittorie a festival qualificati anche se ritenuti minori: Namur, Locarno, Rotterdam, Amburgo, Toronto … della serie non esistono solo Venezia, Hollywood e Cannes. Vederlo comporta del resto 90 minuti da passare insieme ai bambini, non a caso vi è una citazione letteraria di Lazhar: “Ho sognato che erano adulti ma parlavano ancora come dei bambini”. Tre piccole scene da antologia del cinema, anzi quattro: il pianto liberatorio di Simon in classe, l’abbraccio prima del commiato tra il maestro e l’intelligentissima Alice, altra bimba recuperata alla gioia di vivere, l’accenno di ballo algerino in solitudine di Bachir e le sue lacrime di nostalgia venendo via dalla cena presso la sua collega Brigitte.
* piccola citazione dal Conte Ugolino di Dante: “Più che il dolor poté il digiuno”.
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[+] comunicare, insegnare.
(di effepi)
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mimesis
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sabato 8 settembre 2012
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un uomo discreto per un film delicato.
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Un film delicato e semplice, che ha il sapore del quotidiano. Sono sempre felice di vedere che non siamo ancora assuefatti ai personaggi stereotipati, e che apprezziamo monsieur Lazar, il quale ha l'aria di esistere davvero, da qualche parte, con le sue lacrime trattenute, la sua eleganza un po' goffa, e i suoi bambini, così veri da sembrare in sala, seduti sulla poltrona accanto.
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donni romani
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sabato 8 settembre 2012
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un maestro di vita che emoziona e commuove
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Nomination agli Oscar 2012 come miglior Film Straniero la pellicola di Falardeau colpisce al cuore con scene lievi e delicate, pur affrontando il tema più ostico, la morte. E l'elaborazione del lutto che chi rimane deve affrontare, attraversando quel territorio oscuro e terrificante che è il dolore. Percorso tanto più complesso se a doverlo compiere sono dei bambini, in questo caso un'intera scolaresca la cui maestra si è impiccata in aula. In una scuola canadese, all'avanguardia e attenta ai bisogni emozionali dei bambini e delle loro famiglie, l'incarico è naturalmente affidato agli psicologi, ma sarà un docile e solitario maestro, Bashir Lazhar, esule algerino con alle spalle una vicenda atroce, ad aiutarli a compiere quel percorso, e a compierlo insieme a loro, per ridare un senso alla propria esistenza, spezzata da un incendio doloso in cui hanno perso la vita la moglie e i figli.
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Nomination agli Oscar 2012 come miglior Film Straniero la pellicola di Falardeau colpisce al cuore con scene lievi e delicate, pur affrontando il tema più ostico, la morte. E l'elaborazione del lutto che chi rimane deve affrontare, attraversando quel territorio oscuro e terrificante che è il dolore. Percorso tanto più complesso se a doverlo compiere sono dei bambini, in questo caso un'intera scolaresca la cui maestra si è impiccata in aula. In una scuola canadese, all'avanguardia e attenta ai bisogni emozionali dei bambini e delle loro famiglie, l'incarico è naturalmente affidato agli psicologi, ma sarà un docile e solitario maestro, Bashir Lazhar, esule algerino con alle spalle una vicenda atroce, ad aiutarli a compiere quel percorso, e a compierlo insieme a loro, per ridare un senso alla propria esistenza, spezzata da un incendio doloso in cui hanno perso la vita la moglie e i figli. Bashir, che maestro non è, e non è mai stato, riesce però ad insegnare a quei bambini sconvolti da un gesto incomprensibile, il senso profondo della vita, leggendo loro Honoré de Balzac - scelta che lascia più che perplesso il corpo insegnante, osando abbracciarli e toccarli in una società talmente ossessionata dal rischio stalking che non si arrischia più neanche ad aiutare i piccoli a saltare un'ostacolo nell'ora di ginnastica e che per paradosso fa bruciare la schiena ad uno dei bambini in gita al mare perchè per protocollo agli operatori è vietato toccare gli alunni, anche solo per spalmar loro la crema solare. In un mondo così sbilenco, dove le famiglie sono colpevolmente e pateticamente assenti o giudicanti, solo un uomo all'antica, che non non ha intenti didattici ma solo pedagogici, nel senso più umanista del termine, riesce a raggiungere quelle anime fragili e sperdute, e ad interpretare gli stati d'animo attraverso i temi che i bambini scrivono per lui. Perchè Bashir capisce che Alice, la alunna più sensibile e attenta ha bisogno di elaborare la perdita comunicando e condividendo il proprio dolore con gli altri, e glielo lascia fare anche se fortemente sconsigliato dai colleghi che vorrebbero dimenticare al più presto l'accaduto, e capisce che la rabbia di Simon nasconde il senso di colpa per aver accusato ingiustamente l'insegnate suicida di un bacio che non c'è mai stato, e capisce che la propria insonnia fatta di incubi e ricordi può essere lenita solo tornando ad aprirsi agli altri, ad una collega forse un po' invaghita di lui, ad un simpatico bidello, e a quei bambini in fiore, a cui Bashir in sottofinale legge una favola scritta da lui, in cui una crisalide non si trasforma farfalla perchè un incendio distrugge l'albero su cui si era posata, ma che diventerà favola nel racconto dell'albero, e di Bashir stesso, sopravvivendo quindi alla realtà, alla brutalità della realtà, nel ricordo di chi l'ha amata. Metafora potente, commovente, come tutte le scene, girate con misura ed eleganza, perchè per affondare nelle radici del dolore e della crudezza della vita non serve urlare, nè stracciarsi le vesti, e perchè dietro un sorriso umile si può nascondere una persona speciale, capace di ascoltare e restituire, di insegnare anche se non si conoscono le regole della grammatica, e di emozionare chi ha la fortuna di vedere questo gioiello cinematografico dove ogni emozione è sincera e profonda, evento raro in un mondo cinematografico sempre più spesso enfatico e ruffiano.
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brian77
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venerdì 7 settembre 2012
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piacevole
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Filmetto gradevole, molto semplice, sceglie sempre la soluzione più aggraziata per un pubblico che non ha molta voglia di pensare ma vuol solo essere lisciato, e che soprattutto non fa alcuna differenza tra immagini cinematografiche e immagini televisive. Va bene che ci sia anche questo tipo di intrattenimento piacevolmente scontato, quello che mi stupisce è constatare che prodotti come questi vengano considerati "cinema di qualità". La qualità è quella di una merendina, il cinema proprio non ha niente a che vedere.
[+] i film vanno visti non guardati.
(di herry)
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strike79
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venerdì 7 settembre 2012
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sicuramente da andar a vedere, ben fatto
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Un bel film che offre spunti di riflessione. Ben fatto nella scenografia e nell'interpretazione. Offre spunti sul Canada Francese del Quebec, sul dramma della morte, integrazione. Consigliato.
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fransis89
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mercoledì 5 settembre 2012
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il dramma e la forza di superare il dolore
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Bashir Lazhar, professore algerino prende il posto di un'insegnante canadese recentemente scomparsa in seguito a suicidio.
La classe è ancora sotto shock per l'accaduto e per il nuovo professore è difficile inserirsi e farsi accettare dagli alunni.
Ma quel che è ancora più complicato è cercare di capire il dolore che accomuna adulti e ragazzi.
Lo stesso Bashir infatti porta con sè un dramma molto profondo...
Film commovente, ci permette di riflettere sul tema della perdita e la riflessione e l'elaborazione del dolore da parte dell'uomo.
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