ultimoboyscout
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giovedì 6 ottobre 2011
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dolore e segreti.
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Un lutto, una perdita importante, altre due vite interrotte e due modi diversi di reagire al dramma, chi aggrappandosi con forza ai ricordi, chi invece cerca di cancellarli grazie alla quotidianità. Eckhart e la Kidman si guardano, si scrutano e si confrontano ma solo all'esterno, fornendo due buonissime prove d'attore (lei in particolar modo) riuscendo a trasmettere allo spettatore il proprio struggente dolore. Il passato è una pietra che sta in una tasca, pesa tantissimo ma non ti porta a fondo, come a voler dire che nulla potrà essere bello ma qualcosa ci sarà ancora, è la debolissima luce di una speranza che non va mai smarrita. Chi veramente sorprende è Mitchell, in netta controtendenza rispetto ai suoi precedenti film, sceglie la forma classica per riflettere sulla sofferenza che tende a renderci alieni rispetto al mondo, utilizzando dialoghi crudi ed emotivamente forti, por portarci in un mondo parallelo, nella taqna del coniglio che richiama l'Alice di Carroll.
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Un lutto, una perdita importante, altre due vite interrotte e due modi diversi di reagire al dramma, chi aggrappandosi con forza ai ricordi, chi invece cerca di cancellarli grazie alla quotidianità. Eckhart e la Kidman si guardano, si scrutano e si confrontano ma solo all'esterno, fornendo due buonissime prove d'attore (lei in particolar modo) riuscendo a trasmettere allo spettatore il proprio struggente dolore. Il passato è una pietra che sta in una tasca, pesa tantissimo ma non ti porta a fondo, come a voler dire che nulla potrà essere bello ma qualcosa ci sarà ancora, è la debolissima luce di una speranza che non va mai smarrita. Chi veramente sorprende è Mitchell, in netta controtendenza rispetto ai suoi precedenti film, sceglie la forma classica per riflettere sulla sofferenza che tende a renderci alieni rispetto al mondo, utilizzando dialoghi crudi ed emotivamente forti, por portarci in un mondo parallelo, nella taqna del coniglio che richiama l'Alice di Carroll. Geniale, per rendere credibile questo viaggio, contrapporre la luminosità degli esterni all'oscurità degli interni. Il film segna il ritorno tra gli umani della Kidman (nel senso migliore che sia possibile), probabilmente alla miglior interpretazione della carriera e dimostra che Eckhart è attore valido e dalle mille risorse, da prendere in considerazione anche per le occasioni buone. questo magico incontro tra un regista provocatorio e una candidata all'Oscar non poteva passare inosservato e anzi diventa un lucido manifesto contro l'ipocrisia e percorso di rinascita. Un melò, spesso pesante, senza scossoni, apparentemente piatto e noioso ma di alta scuola registica che rispolvera antichi splendori appannati (i due attori). Tratto da una piece teatrale, la Kidman c'ha creduto fermamente nel recuperarla e poi nel co-produrre il film. Complimenti.
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nicole64
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venerdì 11 febbraio 2011
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andate al cinema per vedere qualcosa di diverso
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Rabbit hole è un piccolo film che ci insegna molte cose, non punta come altri film drammatici alla scena melensa e già vista più volte, ma alla ricerca di una nuova vita che è quasi irrecuperabile. Nicole Kidman in questa pellicola da il meglio di sé meritandosi l'oscar tanto quanto il suo collega Aaron Eckhart. I due attori riescono a sostenere il copione con delle scene veramente fantastiche che ti lasciano a bocca aperta o per lo meno l'angoscia fino alla fine. E' veramente un film che merita perché almeno per una volta non siamo sicuri di vedere un filmetto da quattro soldi, la solita storia che in questo film diverte ed emoziona senza essere troppo banale.
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Rabbit hole è un piccolo film che ci insegna molte cose, non punta come altri film drammatici alla scena melensa e già vista più volte, ma alla ricerca di una nuova vita che è quasi irrecuperabile. Nicole Kidman in questa pellicola da il meglio di sé meritandosi l'oscar tanto quanto il suo collega Aaron Eckhart. I due attori riescono a sostenere il copione con delle scene veramente fantastiche che ti lasciano a bocca aperta o per lo meno l'angoscia fino alla fine. E' veramente un film che merita perché almeno per una volta non siamo sicuri di vedere un filmetto da quattro soldi, la solita storia che in questo film diverte ed emoziona senza essere troppo banale.
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renato volpone
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giovedì 17 febbraio 2011
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l'elaborazione del lutto
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Il film descrive le emozioni di una coppia alto borghese dopo la morte in un incidente del figlio piccolo. L'argomento è commovente, sicuramente, e il film, toccando diversi possibili svilujppi, non è noioso. Per contro il punto di vista è molto americano, una cultura ancora lontana dalla nostra. I due protagonisti sono molto statici nella loro recitazione, improbabili, quasi falsi, e non bastano due scene di lacrime per descrivere una disperazione così grande, niente in confronto all'intensità rtcitativa di "Biutiful". Meglio i personaggi minori, più credibili e coinvolgenti.
[+] bravi gli attori minori!
(di sarettajan)
[ - ] bravi gli attori minori!
[+] rettifica:)
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stefano pariani
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domenica 20 febbraio 2011
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nella tana del coniglio si torna (forse) a vivere
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Dopo i personalissimi percorsi intrapresi con "Hedwig - La diva con qualcosa in più" e "Shortbus", John Cameron Mitchell torna al cinema con una storia più "tradizionale" e priva delle geniali e umanissime provocazioni dei lavori precedenti. Il materiale è sempre profondo e scava nelle coscienze e nell'intimità dei personaggi. Qui si parla dell'elaborazione del lutto da parte di una coppia, Rebecca (Nicole Kidman) e Howie (Aaron Heckart), che ha perso il figlio travolto da un'auto. Si osserva da vicino la quotidianità dei due coniugi, la loro casa, le loro abitudini, la vita che va avanti nonostante tutto e forse senza senso.
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Dopo i personalissimi percorsi intrapresi con "Hedwig - La diva con qualcosa in più" e "Shortbus", John Cameron Mitchell torna al cinema con una storia più "tradizionale" e priva delle geniali e umanissime provocazioni dei lavori precedenti. Il materiale è sempre profondo e scava nelle coscienze e nell'intimità dei personaggi. Qui si parla dell'elaborazione del lutto da parte di una coppia, Rebecca (Nicole Kidman) e Howie (Aaron Heckart), che ha perso il figlio travolto da un'auto. Si osserva da vicino la quotidianità dei due coniugi, la loro casa, le loro abitudini, la vita che va avanti nonostante tutto e forse senza senso. Perchè ciò che i due fanno nell'arco della giornata va solo a colmare un vuoto: il lavoro di lui, i rapporti con madre e sorella di lei, le uscite, gli incontri col gruppo dei genitori di figli prematuramente scomparsi, tutto pare procedere meccanicamente, come se niente fosse successo. Howie sembra il più forte, ma segretamente continua a guardare i video del figlioletto, mentre Rebecca è dei due quella più inquieta e insofferente. Lo è nei confronti degli incontri serali coi genitori, con la sorella incinta, col marito che vorrebbe avere con lei anche una vita sessuale. Rebecca segue tutti i giorni uno scuola-bus, osserva dalla sua macchina un ragazzo che scende da quel bus alla solita fermata in un tranquillo e alberato quartiere. Quel ragazzo, dall'aspetto bonario e normalissimo, era alla guida della macchina che le ha investito il figlio, passando un giorno lungo il viale davanti casa sua. Non era ubriaco e non stava nemmeno sfrecciando ad alta velocità; si è trattato di un incidente ineviabile. Rebecca comincia ad incontrare il ragazzo, gli fa domande e soprattutto lo ascolta, nei pomeriggi in cui s'incontrano al parco seduti su una panchina. Non ci sono scontri tra i due. Lui le parla, spiega con rispetto e pudore come sono andate le cose e le mostra un quaderno di fumetti disegnati da lui su una strana storia che ha a che fare con un'altra dimensione, ultraterrena. Il volto di Rebecca si rasserena in quei pomeriggi e quasi s'illumina quando sta con il giovane. Rimane una sensazione di sospeso in quei momenti, di non spiegato, come sospeso è il finale del film, con quella (presunta) ripresa di vita della coppia che riparte dalle piccole cose di sempre. Ma che forse rimane solo un'ipotesi. L'impianto teatrale (il film è tratto una pièce premio Pulitzer di David Lindsay-Abaire) c'è e si sente, ma viene trasposto piuttosto bene in cinema, i dialoghi sono ben scritti e senza sbavature e i protagonisti funzionano. Soprattutto Nicole Kidman, che finalmente torna con un ruolo sofferto e interiorizzato. La trama non scivola mai nelle lacrime, ma non è del tutto nuova; tornano alla mente altri film, su tutti "In the bedroom" di Todd Field, che aveva decisamente una marcia in più.
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reservoir dogs
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domenica 13 febbraio 2011
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un mattone pesante ma col tempo sopportabile
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Dall'omonima piece teatrale di David Lindasy-Abaire. Becca (Kidman) e Howie (Eckhart) sono una coppia benestante che abita in una villetta da sogno, ma negli ultimi otto mesi la loro casa è diventata un incubo perché ogni angolo anche il più nascosto ricorda il figlio di quattro anni perduto in un incidente.
La coppia reagisce in maniera diversa ed opposta al lutto: Becca schiacciata dal ricordo che la casa le da tenta di rendere l'ambiente il più asettico possibile togliendo tutto ciò che ricorda il piccolo mentre Howie passa le notti a vedere sul telefonino video di una famiglia felice.
In questo microcosmo di profondo dolore, una madre tenterà di consolare se stessa e la figlia il cui Destino ha in serbo la solita Sorte mentre un ragazzo con una donna su una panchina sogneranno, attraverso un fumetto, l'entrata della tana del bianconiglio; l'accesso per mondi paralleli forse migliori di questo.
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Dall'omonima piece teatrale di David Lindasy-Abaire. Becca (Kidman) e Howie (Eckhart) sono una coppia benestante che abita in una villetta da sogno, ma negli ultimi otto mesi la loro casa è diventata un incubo perché ogni angolo anche il più nascosto ricorda il figlio di quattro anni perduto in un incidente.
La coppia reagisce in maniera diversa ed opposta al lutto: Becca schiacciata dal ricordo che la casa le da tenta di rendere l'ambiente il più asettico possibile togliendo tutto ciò che ricorda il piccolo mentre Howie passa le notti a vedere sul telefonino video di una famiglia felice.
In questo microcosmo di profondo dolore, una madre tenterà di consolare se stessa e la figlia il cui Destino ha in serbo la solita Sorte mentre un ragazzo con una donna su una panchina sogneranno, attraverso un fumetto, l'entrata della tana del bianconiglio; l'accesso per mondi paralleli forse migliori di questo.
La terapia di gruppo non servirà molto alla coppia che comprenderà che l'unico modo per rendere col tempo il dolore sopportabile non è negarlo o tentare di evitarlo ma condividerlo assieme.
La pellicola di John Cameron Mitchell impressiona quello che può essere la peggiori delle perdite con estrema rigorosità senza mai cadere nel patetismo, dirigendo una superba Nicole Kidman candidata all'Oscar e un ottimo Aaron Eckhart.
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hidalgo
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lunedì 28 febbraio 2011
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buono solo nelle intenzioni
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Un argomento delicato e difficile quello scelto da John Cameron Mitchell per il suo nuovo film. Il dramma famigliare di una agiata coppia di coniugi che da otto mesi cerca di convivere con il terribile dolore dovuto alla tragica scomparsa del loro unico figlio di quattro anni, investito da un'auto mentre correva dietro al suo cane. Convivere con il dolore, senza riuscire o, come nel caso della madre, senza nemmeno provare veramente a superarlo. Ci riuscirà in parte, molto in parte, in un secondo momento, quando deciderà di allacciare un doloroso ma sincero rapporto con il giovane che guidava la macchina che investì suo figlio. Nicole Kidman, resa quasi irriconoscibile dalla troppa chirurgia estetica, è la protagonista di questo dramma, buono nelle intenzioni ma tutt'altro che eccelso nella realizzazione.
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Un argomento delicato e difficile quello scelto da John Cameron Mitchell per il suo nuovo film. Il dramma famigliare di una agiata coppia di coniugi che da otto mesi cerca di convivere con il terribile dolore dovuto alla tragica scomparsa del loro unico figlio di quattro anni, investito da un'auto mentre correva dietro al suo cane. Convivere con il dolore, senza riuscire o, come nel caso della madre, senza nemmeno provare veramente a superarlo. Ci riuscirà in parte, molto in parte, in un secondo momento, quando deciderà di allacciare un doloroso ma sincero rapporto con il giovane che guidava la macchina che investì suo figlio. Nicole Kidman, resa quasi irriconoscibile dalla troppa chirurgia estetica, è la protagonista di questo dramma, buono nelle intenzioni ma tutt'altro che eccelso nella realizzazione. Il regista si lascia andare alla retorica più spicciola e scontata, tappando i buchi in fase di sceneggiatura con le solite frasi contro la natura di Dio, definito testualmente dalla Kidman "un sadico bastardo". Sempre lei, accusa il marito di cercare delle scuse per indurla a fare sesso, litiga con la madre che piange la morte del figlio, nonchè suo fratello, accusandola di fare paragoni insensati con la morte del suo piccolo Danny. In una delle scene più forzate del film, ammolla una cinquina ad una madre che prima si rifiuta di comprare una merendina al figlio, e poi butta lì la frase della discordia: "si vede che lei non ha figli." Infine, dopo aver letto il Rabbit Hole, fumetto scritto dal ragazzo che causò la morte del figlio, spera di trovare una parvenza di felicità in un fantomatico universo parallelo. Nel frattempo, il marito ha una piccola sbandata per una donna conosciuta durante le sedute di gruppo riservate a gente che ha subito il suo (loro) stesso dramma. Tutto bello, ma tutto già visto e rivisto in tutte le salse. Niente di nuovo, niente di originale in un film appena decente, che non coinvolge fino in fondo, anche a causa di alcune situazioni poco credibili (vedi scena del supermercato) e dei dialoghi scontati e risaputi e privi di quella realistica profondità necessaria per la buona riuscita di un film del genere.
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teo '93
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martedì 26 aprile 2011
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la sofferenza raccontata con pudore e amarezza
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Dopo la morte del loro bambino, vittima di un incidente d’auto, Becca e Howie Corbett si ritrovano ad affrontare un lutto per entrambi insanabile, ma attraverso il quale sapranno col tempo ritrovarsi e capirsi più a fondo. Il dolore raccontato in ogni sfaccettatura, dall’incomprensione all’ascolto, dalla diffidenza al sostegno reciproco.
La regia di J. C. Mitchell fa emergere le colpe, le angosce dei personaggi con discrezione e attraverso modulazioni della sofferenza ora delicate ora emotivamente crude. Il volto straziato della madre (Nicole Kidman è sublime) e l’inconsolabile disagio del padre (Aaron Eckhart) suggeriscono un’amarezza mai urlata, pur pervadendo ogni gesto, ogni espressione della loro quotidianità.
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Dopo la morte del loro bambino, vittima di un incidente d’auto, Becca e Howie Corbett si ritrovano ad affrontare un lutto per entrambi insanabile, ma attraverso il quale sapranno col tempo ritrovarsi e capirsi più a fondo. Il dolore raccontato in ogni sfaccettatura, dall’incomprensione all’ascolto, dalla diffidenza al sostegno reciproco.
La regia di J. C. Mitchell fa emergere le colpe, le angosce dei personaggi con discrezione e attraverso modulazioni della sofferenza ora delicate ora emotivamente crude. Il volto straziato della madre (Nicole Kidman è sublime) e l’inconsolabile disagio del padre (Aaron Eckhart) suggeriscono un’amarezza mai urlata, pur pervadendo ogni gesto, ogni espressione della loro quotidianità. Il fiore che viene sbadatamente calpestato all’inizio del film è una sofferenza tacita, l’equilibrio infranto dei protagonisti, due destini che si rincorrono nel buio mentre il tempo alimenta implacabile il conflitto con loro stessi e con il mondo. Sostenuto da una fotografia eccellente, il regista descrive una galleria di comprimari commoventi: la sofferta madre di Dianne Weist, la sorella Izzy, Jason, il ragazzo alla guida di quella macchina che uccise il bambino e che diverrà sorprendentemente la chiave di svolta della storia. Un piccolo gioiello. Imperdibile.
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(di consigli per gli aquisti)
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great steven
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martedì 19 aprile 2016
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dopo una perdita, incassare e andare avanti...
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RABBIT HOLE (USA, 2011) diretto da JOHN CAMERON MITHCELL. Interpretato da NICOLE KIDMAN, AARON ECKHART, DIANNE WEST, GIANCARLO ESPOSITO, MILES TELLER, SANDRA OH, TAMMY BLANCHARD, JON TENNEY
Dopo la morte del figlioletto Danny, di quattro anni, la vita dei coniugi Becca e Howie Corbett è cambiata radicalmente. In peggio: fare il bucato, giocare a squash, preparare le torte, occuparsi di giardinaggio e ascoltare Al Green non dà più la soddisfazione che regalava prima. La donna e l’uomo non riescono ad avere rapporti sessuali, e sono attanagliati da un continuo e apparentemente ineliminabile senso di angoscia e inutilità. La staticità fatale e destabilizzante della loro esistenza, segnata da un dolore che mai potranno dimenticare, è attenuata (e aiutata) dalla vicinanza di famigliari e amici: la sorella di Becca che sta per diventare mamma, la saggia e disincantata madre delle due donne (alle quali è mancato, all’età di trent’anni, un fratello tossicodipendente), l’amica asiatica di Howie (col quale ha un’esperienza ravvicinata col fumo di erba).
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RABBIT HOLE (USA, 2011) diretto da JOHN CAMERON MITHCELL. Interpretato da NICOLE KIDMAN, AARON ECKHART, DIANNE WEST, GIANCARLO ESPOSITO, MILES TELLER, SANDRA OH, TAMMY BLANCHARD, JON TENNEY
Dopo la morte del figlioletto Danny, di quattro anni, la vita dei coniugi Becca e Howie Corbett è cambiata radicalmente. In peggio: fare il bucato, giocare a squash, preparare le torte, occuparsi di giardinaggio e ascoltare Al Green non dà più la soddisfazione che regalava prima. La donna e l’uomo non riescono ad avere rapporti sessuali, e sono attanagliati da un continuo e apparentemente ineliminabile senso di angoscia e inutilità. La staticità fatale e destabilizzante della loro esistenza, segnata da un dolore che mai potranno dimenticare, è attenuata (e aiutata) dalla vicinanza di famigliari e amici: la sorella di Becca che sta per diventare mamma, la saggia e disincantata madre delle due donne (alle quali è mancato, all’età di trent’anni, un fratello tossicodipendente), l’amica asiatica di Howie (col quale ha un’esperienza ravvicinata col fumo di erba). E Jason, il ragazzo che guidava l’automobile il giorno che Danny giocava in strada col cane. Il ragazzo che l’ha investito guidando ad una velocità spropositata, che inizia un rapporto di avvicinamento con Becca parlando con lei dell’accaduto, conquistandone una timida simpatia e regalandone anche un libro a fumetti da lui stesso disegnato (" The Rabbit Hole", la tana del coniglio, da cui proviene il titolo del film). Alla fine, i coniugi opteranno per vendere la casa, al solo scopo di allontanare dalla loro vita ogni ricordo, immateriale e fisico, del bambino così tragicamente perduto, e discorreranno di un barbecue da allestire in giardino, prima della cessione dell’abitazione, con pochi intimi, ai quali parlare della vita che conducono insieme ai loro spensierati pargoletti. Film profondamente intimista e dunque affidato più ai silenzi e alle cose non dette che a quelle esplicitamente pronunciate (in una qualsivoglia accezione, comunque la si interpreti), ma dotato di una carica emotiva che, pur abbracciando un pessimismo scevro di sentimentalismo, evita di scivolare in smancerie e punta invece al cuore dello spettatore che, malgrado qualche ricatto di troppo, finisce per condividerne l’intima essenza di racconto di formazione. Una formazione che due adulti, ormai distanziatisi da tempo e diretti su binari opposti, sono costretti ad affrontare per elaborare un lutto al quale non sanno arrendersi e del quale non sanno inventarsi alcuna ragione, se mai ci fosse una ragione da inventare per quanto riguarda la perdita irrimediabile di un figlio. A nulla servono i tentativi di Howie di riallacciare almeno il benessere sessuale: un sostituto di Danny non compenserà un vuoto che né il tempo né un’ulteriore gravidanza potranno colmare. Le scene più intense sono quelle in cui la Kidman (candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista) ed Eckhart (sempre più confermato e attendibile in ruoli sentimentali) intrallazzano e interagiscono col savoir-faire di due interpreti abituati alle folli scenate e ai cambiamenti d’umore necessari in un amore litigarello ma pur sempre appoggiato su fondamenta robuste, mentre i momenti di poesia vengono raggiunti in almeno due occasioni: l’incontro fra Becca e Jason ai parchi (dove lui le mostra la sua opera artistica, arrivando a svelarle anche l’ispirazione e citando un discorso sugli universi paralleli che, onestamente, si può perdere, in quanto pleonastico) e il contatto introverso fra Howie e la donna che, tra una fumata e l’altra, gli racconta la propria vita amorosa. Qualche ingolfamento verso il finale, indebolito in particolar modo da una tendenza troppo autocompiacente e inefficace per un intimismo troppo introspettivo, il che rallenta il ritmo scorrevole e fluido del film con un eccesso di colonna sonora zoppicante e dissolvenze infruttuose. Ma tutto il resto è calcolato per risultare di ampia appetibilità per un pubblico che abbia voglia di vedere una storia già nota, ma rivisitata con gusto psicoanalitico e senza la ricerca ossessiva di un moralismo, ma bensì di una morale. È anche un’opera che non alimenta false speranze, ma tiene comunque aperto per il futuro uno sguardo che produce e fomenta aspettative più rosee di quel che sembrano. Regia discreta, con un taglio che privilegia le interpretazioni degli attori e ne fa il punto di forza di una pellicola che non ha la pretesa di assurgere a capolavoro, né di raggranellare premi a destra e a manca in vari festival, ma che senza dubbio si pone l’obiettivo (pienamente raggiunto, infatti) di raccontare in modo diverso dal solito il dolore. Quello che può colpire in qualsiasi momento e distruggere programmi pensati e magari messi anche in atto da tempo immemorabile. Funzionale fotografia che lascia poca illuminazione e contribuisce alla finalità sopracitata. Un po’ in disparte G. Esposito, marito della sorella della protagonista, musicista eccentrico che opera di notte: un personaggio che meritava di essere meglio approfondito, e non relegato così tanto nei bassifondi.
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achab50
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giovedì 11 marzo 2021
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quando si invecchia male
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Film di impianto chiaramente teatrale, molto teatrale, troppo teatrale. Questo causa una sorta di claustrofobia inaspettata; ci sono film che invecchiando non perdono nulla ed altri che invecchiano male, e siamo in questa seconda situazione.
(re)Becca ed Howie sono due coniugi che hanno perso un figlio di quattro anni travolto, mentre inseguiva il proprio cane, da un'auto guidata da un sedicenne (negli USA la patente si ottiene a questa età). Il fatto risale ad otto mesi prima ma loro non riescono a rielaborare il lutto, anzi sono proprio ancora al punto di partenza; il marito Howie tenta di ritrovare la normalità giocando con gli amici a Squash, che è il più stupido dei giochi che si possono fare con una pallina, e buttandosi nel lavoro.
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Film di impianto chiaramente teatrale, molto teatrale, troppo teatrale. Questo causa una sorta di claustrofobia inaspettata; ci sono film che invecchiando non perdono nulla ed altri che invecchiano male, e siamo in questa seconda situazione.
(re)Becca ed Howie sono due coniugi che hanno perso un figlio di quattro anni travolto, mentre inseguiva il proprio cane, da un'auto guidata da un sedicenne (negli USA la patente si ottiene a questa età). Il fatto risale ad otto mesi prima ma loro non riescono a rielaborare il lutto, anzi sono proprio ancora al punto di partenza; il marito Howie tenta di ritrovare la normalità giocando con gli amici a Squash, che è il più stupido dei giochi che si possono fare con una pallina, e buttandosi nel lavoro. La moglie Becca (che in italiano come nomignolo non è il massimo) invece ha delle evidenti turbe psichiche e nemmeno delle sedute psicanalitiche di gruppo (tipo alcolisti anonimi) riescono a darle un minimo di sollievo.
Ci troviamo di fronte ad una Kidman pre-Botox in formato Commaresecca. Discretamente inespressiva, per nulla affascinante (Mais où sont les neiges d'antan?). Insomma è un filmone sentimentalone giocato su due soli attori, mentre tutti gli altri sono solo comparse irrilevanti, fruttuosamente sostituibili con sagome di cartone, escluso il ragazzo che ha ucciso il figlio che è bene nella parte e contribuisce di suo ad evitare il tasto off del telecomando.
Ad un certo punto lo sceneggiatore, non sapendo più che pesci pigliare, ed essendo obbligato dai produttori all'Happy End, si reca all'ingrosso dei finali cinematografici e ne acquista uno a caso.
Sono sorpreso che dopo solo dieci anni o poco più un film possa risultare così fuori tempo. Scenografie raffazzonate, dialoghi che corrono terra terra, qualche occasione sciupata. Vale la pena di perdere 90 minuti della propria vita per questo? No.
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il conformista
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martedì 15 febbraio 2011
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vacuo, senza pathos nè compassione
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Non succede niente in questo film, nessuna catarsi dei personaggi. E non ditemi che è un film solo sul dolore, mi pare pochino. Avessimo visto l'incidente, almeno avremmo simpatizzato di più per i personaggi che sono tutti indistintamente sgradevoli: marito e moglie, madre, sorella. Non si salva nessuno. Peccato perchè la Kidman è molto brava, anche dal poco che si riesce a riconoscere di originale del suo viso e del suo corpo.
[+] caro "il conformista"...
(di d.melk)
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