teo '93
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lunedì 1 novembre 2010
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l'inganno dei sensi nell'esordio noir di capotondi
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Due solitudini. Una Torino gelida e sospesa. Sonia, cameriera in un hotel, vive in un abbandono spettrale e misterioso. Guido, ex poliziotto, guardiano di una villa e vedovo da tre anni, esorcizza il suo lutto con incontri occasionali fatti di fugaci amplessi. Fanno conoscenza l’uno dell’altro durante uno dei numerosi incontri che animano lo “speed date” che Guido frequenta abitudinariamente. Scocca inaspettatamente una scintilla. Due anime in pena che ritroveranno nell’altro un po’ del proprio tormento. L’uomo porta la misteriosa donna a scoprire il bosco vicino alla lussuosa villa di cui è guardiano. Una rapina infrangerà senza preavviso il loro nido d’amore.
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Due solitudini. Una Torino gelida e sospesa. Sonia, cameriera in un hotel, vive in un abbandono spettrale e misterioso. Guido, ex poliziotto, guardiano di una villa e vedovo da tre anni, esorcizza il suo lutto con incontri occasionali fatti di fugaci amplessi. Fanno conoscenza l’uno dell’altro durante uno dei numerosi incontri che animano lo “speed date” che Guido frequenta abitudinariamente. Scocca inaspettatamente una scintilla. Due anime in pena che ritroveranno nell’altro un po’ del proprio tormento. L’uomo porta la misteriosa donna a scoprire il bosco vicino alla lussuosa villa di cui è guardiano. Una rapina infrangerà senza preavviso il loro nido d’amore. Uno sparo (cardine della vicenda) sconvolgerà il resto della loro storia.
E’ un gioco di specchi, illusioni e apparenze ingannevoli questo insolito esordio di Giuseppe Capotondi, già regista di numerosi cortometraggi nonchè video musicali (ha girato fra i tanti “Certe notti” di Ligabue). “La doppia ora”, presentato in concorso all’ultima mostra cinematografica di Venezia, ha letteralmente spaccato in due la critica del Lido: la delusione (quasi unanime) dei critici italiani è stata ampiamente compensata dall’entusiasmo di quelli stranieri. E’ certo un’opera sperimentale, anomala, una summa frenetica di generi (si passa dal thriller al romantico, dal noir all’horror psicologico fino ad un finale aperto ma terribilmente dispersivo). Capotondi alterna molteplici piani di lettura, sparpaglia mendaci elementi di risoluzione disseminando colpi di scena a non finire. Bluffa senza riserve. Infrange certezze. E mira troppo alto. Già dai primi minuti, infatti, il film, nel suo incedere grossolano e zoppicante, si priva di struttura, compattezza e linearità narrativa, si diverte a imbrogliare le carte senza introspezione sulle dinamiche interiori dei suoi protagonisti. Coinvolto com’è ad accumulare, sovrapporre, stupire sena freno i nostri sensi, il regista finisce per lasciare inespressa e sospesa la sua storia. Accenna invece di analizzare. Sussurra i personaggi invece di delinearli profondamente. Uno sguardo più vigile e meno sfilacciato avrebbe certo giovato all’impresa. A questa mal riuscita operazione, tuttavia, fanno da efficace contraltare le grandi interpretazioni di Filippo Timi (il cui sottovalutato talento sembra fin troppo sprecato per un ruolo così debole) e della stupefacente Ksenia Rappoport che, se con “La sconosciuta” di Giuseppe Tornatore aveva sorpreso ed entusiasmato il nostro pubblico per la sua straordinaria prova in presa diretta, qui riconferma le sue doti espressive vibranti e sofferte. E si aggiudica peraltro una Coppa Volpi a Venezia come miglior interprete femminile.
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mario_platonov
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domenica 22 agosto 2010
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belle atmosfere per un thriller prevedibile
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La valutazione di questo film richiede necessariamente una scissione quasi totale delle sue componenti.
Perché, di buono, offre sicuramente una regia attenta, oscura ma discreta e due attori protagonisti in grande forma.
Il film comincia a zoppicare in quella che dovrebbe essere la sua vera natura, quella di thriller. Messa da parte la storia d’amore tra i due protagonisti, quella sì narrata con molta tenerezza e malinconia, è più discutibile invece l’incastro da “giallo”. Non solo perché nella prima parte vediamo un paio di colpi ad effetto che ormai non sorprendono più nessuno, ma per il finale, vera pecca: poco originale ma soprattutto “suggerito” allo spettatore già in precedenza dallo stesso svolgersi degli eventi.
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La valutazione di questo film richiede necessariamente una scissione quasi totale delle sue componenti.
Perché, di buono, offre sicuramente una regia attenta, oscura ma discreta e due attori protagonisti in grande forma.
Il film comincia a zoppicare in quella che dovrebbe essere la sua vera natura, quella di thriller. Messa da parte la storia d’amore tra i due protagonisti, quella sì narrata con molta tenerezza e malinconia, è più discutibile invece l’incastro da “giallo”. Non solo perché nella prima parte vediamo un paio di colpi ad effetto che ormai non sorprendono più nessuno, ma per il finale, vera pecca: poco originale ma soprattutto “suggerito” allo spettatore già in precedenza dallo stesso svolgersi degli eventi.
Insomma, i valori tecnici del film sono sicuramente interessanti; meno accattivante invece il racconto che ci viene presentato.
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madeiro
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lunedì 16 agosto 2010
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film ermetico
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gli attori protagonisti sono bravi, ma il film è troppo ermetico, il regista dovrebbe tornare ai musicals.
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francesco2
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lunedì 16 agosto 2010
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la donna che visse due vite
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In sogno e nella realtà, intendo. Al di là della prima, misteriosa scena, che ci anticipa meno banalmente di quanto non sembri ciò che vedremo, il film attinge non solo dqi vari Lynch e Kieslowski, come -Giustamente- ha scritto qualcuno, ma a tratti dalla "Sconosciuta" d o da "Giulia non esce la sera", forse persino dal bistrattato "Uomo che ama"della Tognazzi.
Certo che il "paragone" col film di Tornatore è dovuto ad un ruolo sempre maggiore della donna dell'Est a casa nostra: sono lontani i tempi in cui in "Un altra vita" o "Un'anima divisa in due" erano eccezioni che confermavano la regola. Se Capotondi non ci risparmia le figurine che pretendono appuntamenti con la donna, è bravino a sparigliare le carte da subito: le difficoltà nel primo approccio tra i due, lei che dice chiaramente "Io ho erba" spezzano parzialmente gli argini di certo cinema archibugiano, giordaniano o via discorrendo.
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In sogno e nella realtà, intendo. Al di là della prima, misteriosa scena, che ci anticipa meno banalmente di quanto non sembri ciò che vedremo, il film attinge non solo dqi vari Lynch e Kieslowski, come -Giustamente- ha scritto qualcuno, ma a tratti dalla "Sconosciuta" d o da "Giulia non esce la sera", forse persino dal bistrattato "Uomo che ama"della Tognazzi.
Certo che il "paragone" col film di Tornatore è dovuto ad un ruolo sempre maggiore della donna dell'Est a casa nostra: sono lontani i tempi in cui in "Un altra vita" o "Un'anima divisa in due" erano eccezioni che confermavano la regola. Se Capotondi non ci risparmia le figurine che pretendono appuntamenti con la donna, è bravino a sparigliare le carte da subito: le difficoltà nel primo approccio tra i due, lei che dice chiaramente "Io ho erba" spezzano parzialmente gli argini di certo cinema archibugiano, giordaniano o via discorrendo. Quando poi il poliziotto "interroga" l'amico per strada, ci lancia -forse- un'altra traccia: se l'uomo mente nell'atteggiamento minaccioso ma è al contempo sé stesso, è come se stessimo (e stiamo, in realtà)assistendo ad un'opera in cui si mischiano realtà e finzione, in cui la ragazza per lunghi tratti potrebbe essere vittima o carnefice.
Quando Guido "Muore",dopo una visita nel bosco(Elemento contrapposto alla "Città", come anche la piscina frequentata dalla Rappoport alla "Terra") il film tocca livelli medio-alti grazie ad una sapiente gestione non solo TECNICA dei sistemi per creare suspense, ma anche SOSTANZIALE della vicenda: se la donna è colpevole, perché si ha l'impressione che ci sia un complotto ai suoi danni(Quella foto MAI scattata?); se è innocente, come si spiega l'accanimento di dante nei suoi confronti?
E perché quell'interesse per la conoscenza della lingua Spagnola?
Pwerò , quando crediamo di avere -Parzialmente- compreso il bandolo della matassa, Capotondi smentisce le speranze create; ricorre ad un espediente forse un pò inverosimile nel cosiddetto "Scripting", e ci regala un finale che riporta -Troppo- al loro posto gli stereotipi del caso: per evitare di raccontare ancora di più sulla trama, mi limito a dire che le reazioni dei personaggi, soprattutto il marito, appaiono al contempo troppo scontate ed inverosimili, eccezion fatta per la telefonata di Sonia al padre(Ma poi che significa, e cosa aggiunge al resto della narrazione?).
Ovviamente il finale va ancora meno svelato, ma mi limito a considerare che se il film si apriva con l'ambiguità, ora abbiamo una chiarezza che non lascia speranze(Certo, non tutti i registi avrebbero optato per questo). Ma un epilogo tutt'altro che didascalico, ed anzi provocatoriamente -credo- proposto sulle note di "La vida es un Carnaval", non salva totalmente la prima e soprattutto l'ultima parte del film, che invece nella seconda si era spinto "oltre": e lo dimostrano anche figure (neanche tanto) marginali come l'amica Margherita, tra i più riusciti personaggi di contorno del più recente cinema nostrano, coinvolta ad un certo punto nell'"Intreccio" di sonia. Il premio per la sceneggiatura forse non è casuale.
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100spindle
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giovedì 6 maggio 2010
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doppio flop
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NESSUN ANSIA, POCO RITMO E TRAMA POVERA.
COSA SI SALVA? KSENIA. IL RUOLO DI CAMERIERA LE SI ADDICE.
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vittorio
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lunedì 1 marzo 2010
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discreto ma poco di più!!
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Film discreto che non riesce a decollare, con un finale alquanto scontato e prevedibile!!
Batuffolasso!!
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claudiorec
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domenica 21 febbraio 2010
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originalissimo
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Ottimo film!
Una novità per il cinema italiano! Una sorpresa l'esordiente al lungometraggio Giuseppe Capotondi.
Mi ha colpito soprattuto la bravura degli attori. Timi e la Rappoport si stanno affermando in maniera prepotente nel nostro cinema!
[+] ..wow!! bravo!!
(di boris988)
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minamovies
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lunedì 8 febbraio 2010
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la doppia ora thriller efficacie
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Finalmente un italiano che sa far quadrare una trama, pur nella stravaganza del'assunto.
la trama non va raccontata, perdereste la magia della visione.
Un film che sa creare tensione, curiosità, angoscia.
Un film scritto bene, recitato con convinzione, dove i personaggi emergono con una loro profondità, e in cui i luoghi hanno anch'essi un'anima, fredda, ma presente.
Mi è piaciuto sopratutto il fatto che, per stile registro e temi, questo film si discosti dalla quasi totalità della produzione italiana, almeno di quella che entra nella grande distribuzione, incapace di guardare al di là del proprio tinello.
Complimenti, questo regista spero possa crescere ancora perché se va avanti così sarà in grado di firmare davvero quel filmone nero, thriller, d'impatto, che manca al cinema italiano.
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Finalmente un italiano che sa far quadrare una trama, pur nella stravaganza del'assunto.
la trama non va raccontata, perdereste la magia della visione.
Un film che sa creare tensione, curiosità, angoscia.
Un film scritto bene, recitato con convinzione, dove i personaggi emergono con una loro profondità, e in cui i luoghi hanno anch'essi un'anima, fredda, ma presente.
Mi è piaciuto sopratutto il fatto che, per stile registro e temi, questo film si discosti dalla quasi totalità della produzione italiana, almeno di quella che entra nella grande distribuzione, incapace di guardare al di là del proprio tinello.
Complimenti, questo regista spero possa crescere ancora perché se va avanti così sarà in grado di firmare davvero quel filmone nero, thriller, d'impatto, che manca al cinema italiano.
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(di kronos)
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astromelia
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giovedì 21 gennaio 2010
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contorto e inverosimile a tratti
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contorto nella trama e troppo inverosimile che un poliziotto lasci andare una delinquente anche per infatuazione,nei film ci vuole più realtà e meno impegno psicologico nel seguirli,del resto si va al cinema anche per rilassarsi non per far lavorare il cervello per un'ora e mezzo
[+] rilassarsi al cinema....
(di anja1)
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paride86
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martedì 12 gennaio 2010
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buono
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Un buon esordio per Giuseppe Capotondi, che inventa e scopiazza (soprattutto da Lynch) una storia di mistero e scatole cinesi.
Certo, per il cinema italiano si tratta sicuramente di una novità, eppure non si dovrebbe gridare al miracolo, perché di storie così se ne sono già viste al cinema. Non è un film privo di difetti, ma se li fa perdonare anche grazie alle buone interpretazioni dei protagonisti.
[+] non è certo una novità per il cinema italiano
(di kronos)
[ - ] non è certo una novità per il cinema italiano
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