maurizio carpentiere
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mercoledì 14 dicembre 2022
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i danni causati dai totalitarismi!
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Il film delinea la ricerca di un piccolo riscatto sociale e individuale, all'interno di una società dominata dalla mafia e dalla corruzione e dove, ovviamente, anche i piccoli reati e i raggiri fanno parte, ormai, della vita quotidiana, cioè la Russia attuale di Putin. Questa è una premessa importante per comprendere meglio il film. Questo nuovo modello di società, però, ha un aspetto positivo, se così vogliamo definirlo, cioè garantire la possibilità di adattamento al nuovo contesto sociale, data la loro riconosciuta fantasia imprenditoriale, a coloro che per 50 anni sono stati privati della libertà di agire sotto la dittatura (Staliniana e Brezneviana) e che erano stati relegati ai margini della società e della cultura.
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Il film delinea la ricerca di un piccolo riscatto sociale e individuale, all'interno di una società dominata dalla mafia e dalla corruzione e dove, ovviamente, anche i piccoli reati e i raggiri fanno parte, ormai, della vita quotidiana, cioè la Russia attuale di Putin. Questa è una premessa importante per comprendere meglio il film. Questo nuovo modello di società, però, ha un aspetto positivo, se così vogliamo definirlo, cioè garantire la possibilità di adattamento al nuovo contesto sociale, data la loro riconosciuta fantasia imprenditoriale, a coloro che per 50 anni sono stati privati della libertà di agire sotto la dittatura (Staliniana e Brezneviana) e che erano stati relegati ai margini della società e della cultura. Ciò, purtroppo, non ha riguardato solo gli ebrei e i gitani. Filipov, il protagonista, nella società attuale, sa di potersi permettere quel piccolo imbroglio iniziale per mettere in atto il suo piano di riscatto, di rivincita. Si rivolge all'esponente del partito comunista, impresario, che 30 anni prima era stato "costretto", come Filipov stesso sottolinea, dal regime Brezneviano a troncare il Concerto in corso. Nel suo ufficio da esponente comunista non c'è alcun riferimento né a Stalin, né a Breznev ma solamente a Lenin quale padre della rivoluzione di ottobre. È quel piccolo dettaglio, insieme a tanti altri, che ci fanno cogliere la morale del film. L'impresario comunista è stato, lui stesso, senza rendersene conto (l'immagine solo di Lenin nel suo ufficio lo spiega), una vittima e un ingenuo portavoce di un regime totalitario al quale si era dovuto piegare. Questo si evince dalla sua ridicola e anacronistica ingenuità, nonché dalla semplicità con cui porta avanti trattative e affari. Un'idealista e oppositore del "regime" putiniano che si illudeva, senza alcun riscontro nella realtà, di far rivivere un'idea di comunismo marxista-leninista che nulla aveva a che fare con la traditrice di quei valori, ovvero l'epoca staliniana e brezneviana in cui, da codardo quale è, si è lasciato coinvolgere. In sostanza una brava persona, umile, semplice e amante della musica e della melodia, quale metafora di una società in cui equilibrio e armonia fra i popoli costituiscono e favoriscono anche il bene particolare, attraverso l'uguaglianza e il riconoscimento dei diritti del proletariato. I lavori umili ma dignitosi, nonché l'arte di arrangiarsi di tutti gli ex orchestrali, hanno garantito loro, non l'arricchimento personale, ma solo una stentata sopravvivenza e, soprattutto, la possibilità di non trascurare la loro unica e principale passione: la musica! Essi rappresentano uno spaccato della nuova società, indifferenti al regime putiniano fatto di corruzione, violenza, caos , neoliberismo e capitalismo sfrenato che arricchisce i pochi (vedi scena del matrimonio in cui la personalità dello sponsor risulta una figura emblematica della società attuale). In ognuno dei musicisti emerge il loro disinteresse nei confronti della politica per via di una rassegnazione individuale dovuta alla disillusione ideologica subita che li spinge a curare, unicamente, il proprio orticello. La figura che fa da trait d'union tra Filipov e l'impresario è la moglie di Filipov, ovvero colei che si è adattata al cambiamento sociale, consapevole di sfruttare le opportunità che il sistema attuale le offre. Organizza eventi senza chiedersi chi e perché sarà il committente (dal matrimonio mafioso, alla clack patetica a favore del partito comunista di colui che continua a illudersi che un'opposizione al regime putiniano sia possibile). La sintesi però del film è tutta qua: solo un vecchio e ininfluente dirigente del partito comunista marxista-leninista, in modo isolato e senza interferenze di regime, riesce a dare voce e spazio ad una società multietnica, rappresentata dai componenti dell'orchestra, in cui a tutti viene data visibilità e dignità grazie e semplicemente al valore umano anziché al potere finanziario e politico. L'armonia del concerto si identifica in quello spirito di fraternità, uguaglianza e solidarietà verso i più deboli, verso gli invisibili, verso il proletariato, che solo la rivoluzione d'ottobre marxista-leninista avrebbe potuto e dovuto garantire. Purtroppo, se questo è avvenuto, è stato solo per un breve periodo perché quella rivoluzione è stata tradita dalla storia, nonché da coloro (che poi sono gli stessi) che hanno impedito la realizzazione del concerto 30 anni prima. In sintesi: critica al totalitarismo applicato, alla pseudo democrazia attuale, ed esaltazione, invece, del Comunismo come dottrina in cui il bene comune e uguaglianza si identificano con gli equilibri raggiunti dall'orchestra e con la splendida armonia che ne viene fuori durante l'atto conclusivo del film... la più bella metafora che si poteva fare! Film stupendooo!
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maxaquila
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giovedì 11 febbraio 2010
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tschaikovskj is not dead!
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Dal regista rumeno un tributo alla sofferenza delle minoranze silenziose perchè ammutolite dal regime cieco ed oppressore.
Uno spaccato di vita di estremo realismo della nazione vessillo di un'ideologia ormai ridotta ad avvalersi di cast di comparse come pubblico per comizi inutili quanto deserti, come deserta è l'aula parigina nella quale l'eroe negativo del film sarebbe dovuto essere la guest star venuta da Mosca.
"La musica è comunismo reale", dice il direttore d'orchestra al funzionario di partito, "per il breve spazio di tempo del concerto" e c'è da credergli se quell'insieme di musicisti di etnie differenti che non suonano da anni, che usano strumenti di dubbia provenienza e che sopratutto non hanno provato insieme neppure una volta, riescono a sublimare in un'armonia che oltre alla platea della finzione coinvolge quella del cinema travalicando lo schermo e scatenando forti emozioni.
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Dal regista rumeno un tributo alla sofferenza delle minoranze silenziose perchè ammutolite dal regime cieco ed oppressore.
Uno spaccato di vita di estremo realismo della nazione vessillo di un'ideologia ormai ridotta ad avvalersi di cast di comparse come pubblico per comizi inutili quanto deserti, come deserta è l'aula parigina nella quale l'eroe negativo del film sarebbe dovuto essere la guest star venuta da Mosca.
"La musica è comunismo reale", dice il direttore d'orchestra al funzionario di partito, "per il breve spazio di tempo del concerto" e c'è da credergli se quell'insieme di musicisti di etnie differenti che non suonano da anni, che usano strumenti di dubbia provenienza e che sopratutto non hanno provato insieme neppure una volta, riescono a sublimare in un'armonia che oltre alla platea della finzione coinvolge quella del cinema travalicando lo schermo e scatenando forti emozioni...!
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g. romagna
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domenica 13 giugno 2010
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il concerto
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Andrei Filipov, grande direttore d'orchestra russo, ha smesso di dirigere dopo che un funzionario brezneviano ha rotto la sua bacchetta durante un'esibizione parigina dichiarandolo "nemico del popolo" in quanto reo di far suonare musicisti ebrei. Dopo circa trent'anni è impiegato come addetto alle pulizie del teatro moscovita in cui dirigeva. Un giorno ruba un fax in cui legge che l'orchestra è stata invitata a suonare a Parigi, proprio in quel teatro in cui fu stroncata la sua carriera. La tentazione è forte, ed Andrei cerca di ricomporre la sua vecchia squadra di epurati. A loro si unisce una giovane e celeberrima violinista, la cui storia si scopre strettamente legata a quella del direttore.
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Andrei Filipov, grande direttore d'orchestra russo, ha smesso di dirigere dopo che un funzionario brezneviano ha rotto la sua bacchetta durante un'esibizione parigina dichiarandolo "nemico del popolo" in quanto reo di far suonare musicisti ebrei. Dopo circa trent'anni è impiegato come addetto alle pulizie del teatro moscovita in cui dirigeva. Un giorno ruba un fax in cui legge che l'orchestra è stata invitata a suonare a Parigi, proprio in quel teatro in cui fu stroncata la sua carriera. La tentazione è forte, ed Andrei cerca di ricomporre la sua vecchia squadra di epurati. A loro si unisce una giovane e celeberrima violinista, la cui storia si scopre strettamente legata a quella del direttore. La via per realizzare un progetto tanto folle è molto difficile, e l'orchestra ricomposta è quanto di più ridicolo e sgangherato si possa immaginare, ma sarà la tenacia a vincere sulle difficoltà, coronando il sogno di Andrei e la sua rivincita, sancita dalle magnifiche note di Tchaikovskij. Spunto narrativo e vicenda di grande lunigmiranza, peccato però che tutto affoghi in dei toni che, ancorchè messi in scena in una commedia, risultano terribilmente e fastidiosamente farseschi. Musiche magnifiche, e la scena del concerto finale riesce a colmare una discreta parte delle lacune che il regista crea per strada, svilendo nella maniera suddetta una storia che avrebbe potuto essere sviluppata in maniera assai più brillante con solo un pizzico in più di serietà. A dir poco irritante il doppiaggio italiano che scimmiotta l'accento russo, scelta a dir poco inqualificabile.
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domenico a
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lunedì 8 febbraio 2010
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la resisitibile leggerezza dell'essere
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Sentirete parlare molto bene di questo film; vi diranno che è commovente, ma anche ironico e divertente. Se ascolterete gli addetti ai lavori, sentirete commenti come un “ film costruito bene “, “ è un film vitale e commovente allo stesso tempo”, “ un film di altri tempi “. Il pubblico in sala è ultracinquantenne, ride, ascolta in silenzio i dodici minuti finali di Cajkovskij e applaude sui titoli di coda. Quindi è un film perfetto ? No, è un film godibile, narrativamente con parecchie incongruenze, un bel montaggio finale, qualche facile battuta sul gioco delle lingue differenti, il maestro russo saluta l’orchestrale francese con la parola ‘erezione’ e la musicista risponde “ il solito calore slavo “.
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Sentirete parlare molto bene di questo film; vi diranno che è commovente, ma anche ironico e divertente. Se ascolterete gli addetti ai lavori, sentirete commenti come un “ film costruito bene “, “ è un film vitale e commovente allo stesso tempo”, “ un film di altri tempi “. Il pubblico in sala è ultracinquantenne, ride, ascolta in silenzio i dodici minuti finali di Cajkovskij e applaude sui titoli di coda. Quindi è un film perfetto ? No, è un film godibile, narrativamente con parecchie incongruenze, un bel montaggio finale, qualche facile battuta sul gioco delle lingue differenti, il maestro russo saluta l’orchestrale francese con la parola ‘erezione’ e la musicista risponde “ il solito calore slavo “. Tuttavia è una storia originale che racconta una realtà ancora poco conosciuta: la condizione esistenziale degli ebrei che sono vissuti sotto il totalitarismo sovietico. Il regista franco-rumeno Mihaileanu ( Train de vie ) ci ha abituati al suo stile ‘leggero’ e giocoso su temi serissimi se non drammatici come la persecuzione, la sopraffazione, la solidarietà tra sconfitti. E Il concerto finale di Cajkovskij può essere interpretato come una metafora dei rapporti fondamentali tra il singolo e la collettività: tutti gli strumenti sono complementari e devono suonar bene e all’unisono per trovare armonia e benessere. Un richiamo alla collettività in un’epoca dominata dall’individualismo ( tematica affrontata da Fellini in Prova d’Orchestra ).
Andrey Filipov è stato un grande direttore d’orchestra, ma negli anni Ottanta non ha obbedito a un ordine di Breznev di cacciare i musicisti ebrei dal Bolshoi. Da allora lavora ancora nel teatro ma come inserviente e sogna sempre di dirigere l’orchestra ma senza speranza. Mezzo alcolizzato, con gli amici scomparsi o dispersi e con una moglie che lavora sempre, l’uomo non sembra avere che una vita finita. Una notte, mentre sta pulendo l’ufficio del direttore intercetta un fax, c’è l’invito da parte del teatro Chatelet di Parigi. Decide di riscattarsi dalle umiliazioni di trentanni con l'inganno, accettando l'ingaggio al posto dell'orchestra ufficiale. Riunisce i vecchi compagni di concerto e qualche improbabile musicista, contatta un vecchio dirigente comunista del Teatro e organizzano l’imbroglio. “ Il concerto “ prende in giro quel che è rimasto della vecchia Russia, gli ebrei e la loro capacità di arrangiarsi, gli ex-comunisti e la loro nostalgia, gli zingari e i loro imbrogli. Ma anche i miliardari putiniani con le guardie del corpo armate di kalasnikov. In questo imbroglio poco probabile e senza intoppi il regista è bravo a sorvolare su tutto quello che è improbabile; nell’allegra e sgangherata brigata ci sono il vecchio irriducibile comunista che sogna di andare a Parigi e incontrare i vecchissimi e molto scarsi compagni francesi, c'è lo sponsor che è il re del gas russo e ha l'hobby del violoncello, ci sono degli ebrei che vogliono andare a Parigi più per vendere dei telefonini cinesi che non per suonare, zingari che vengono solo per la diaria e per bere tutto il tempo. All’aeroporto gli zingari preparano in un baleno finti passaporti per tutti, a Parigi si daranno alla pazza gioia e ricompariranno miracolosamente al teatro Chatelet giusto in tempo per il concerto. Che naturalmente sarà un trionfo e cambierà la vita di Filipov e non solo la sua.
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[+] tante idee poca sostanza
(di bravobene)
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