filippo catani
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mercoledì 13 marzo 2013
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la guerra sul campo
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Iraq. Una squadra di artificeri dell'esercito americano lotta ogni giorno contro gli ordigni che vengono lasciati in ogni posto possibile sia esso il ciglio di una strada, una macchina o un essere umano. I soldati sottoposti a questo stress reagiscono in modi diversi in attesa della rotazione che avviene dopo 40 giorni in prima linea.
Come si suol dire l'artificere può commettere solo due errori nella vita e il primo è quello di diventare artificere. Un lavoro che già è logorante in se e pensare di farlo tutti i giorni in uno scenario com'era quello dell'Iraq dà senza dubbio un'idea di quello che è una guerra. Infatti è facile parlarne a tavolino come "giusta" o "preventiva" stando comodamente seduti dietro una scrivania mandando gli altri al fronte.
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Iraq. Una squadra di artificeri dell'esercito americano lotta ogni giorno contro gli ordigni che vengono lasciati in ogni posto possibile sia esso il ciglio di una strada, una macchina o un essere umano. I soldati sottoposti a questo stress reagiscono in modi diversi in attesa della rotazione che avviene dopo 40 giorni in prima linea.
Come si suol dire l'artificere può commettere solo due errori nella vita e il primo è quello di diventare artificere. Un lavoro che già è logorante in se e pensare di farlo tutti i giorni in uno scenario com'era quello dell'Iraq dà senza dubbio un'idea di quello che è una guerra. Infatti è facile parlarne a tavolino come "giusta" o "preventiva" stando comodamente seduti dietro una scrivania mandando gli altri al fronte. Questi uomini sono costantemente in pericolo di vita e vedono avvicendarsi i propri compagni con drammatica regolarità. E non ci si stupisce poi se questi uomini hanno reazioni diverse: c'è chi continua la guerra giocando alla playstation o chi beve ascoltando metal. Per qualcuno poi la guerra diventa una vera e propria ossessione tanto da non riuscire a farne a meno (emblematica la scena finale del soldato che in guerra non esitava a lanciarsi nelle missioni più audaci e in patria si trova in difficoltà davanti agli immensi scaffali dei cereali). Insomma un film di denuncia sulla guerra, su quella che era la situazione in Iraq (terribile e drammatica la sequenza dell'uomo bomba) e sul lavoro di un reparto dell'esercito. Il tutto scaturito dalla fantomatica ricerca delle armi di distruzione di massa mai trovate e culminato con l'addio dell'esercito dal paese in tempi recenti. Ottima regia e cast e numerosi premi meritati per un film che, almeno inizialmente, era quasi passato in sordina.
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great steven
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domenica 30 giugno 2013
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uomini che rischiano la vita disattivando bombe
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THE HURT LOCKER (USA, 2008) di KATHRYN BIGELOW con JEREMY RENNER – ANTHONY MACKIE – BRIAN GERAGHTY – RALPH FIENNES – GUY PEARCE – DAVID MORSE – EVANGELINE LILLY – CHRISTIAN CAMARGO § Da una sceneggiatura del giornalista Mark Boal, veterano dei reperimenti di notizie nelle nazioni devastate dalla guerra, K. Bigelow (1951), con la complicità della realistica fotografia di Barry Ackroyd e delle musiche di Marco Beltrami, è riuscita a costituire un dramma umano privo di leziosaggini hollywoodiane ed eroismi fanatici che ha al suo centro la vita, e soprattutto il mestiere, di un’unità speciale di soldati dell’esercito statunitense chiamata Bravo Company: disinnescare le bombe per risparmiare le esplosioni e i danni nel bel mezzo della guerriglia stradale afghana.
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THE HURT LOCKER (USA, 2008) di KATHRYN BIGELOW con JEREMY RENNER – ANTHONY MACKIE – BRIAN GERAGHTY – RALPH FIENNES – GUY PEARCE – DAVID MORSE – EVANGELINE LILLY – CHRISTIAN CAMARGO § Da una sceneggiatura del giornalista Mark Boal, veterano dei reperimenti di notizie nelle nazioni devastate dalla guerra, K. Bigelow (1951), con la complicità della realistica fotografia di Barry Ackroyd e delle musiche di Marco Beltrami, è riuscita a costituire un dramma umano privo di leziosaggini hollywoodiane ed eroismi fanatici che ha al suo centro la vita, e soprattutto il mestiere, di un’unità speciale di soldati dell’esercito statunitense chiamata Bravo Company: disinnescare le bombe per risparmiare le esplosioni e i danni nel bel mezzo della guerriglia stradale afghana. Il titolo originale – traducibile come Il pacchetto del dolore – è un’espressione compresa nello slang militare americano usata per descrivere un ruolo ad alto pericolo dove i rischi sono imprevedibili. E non è tanto l’imprevedibilità a terrorizzare questi uomini in fondo semplici ma con le idee e i valori radicati nell’animo, ma la possibilità di dover terminare di soprassalto il lavoro stesso e non tornare più ad abbracciare le propri mogli e i propri figli. Proprio come indica lo slogan di lancio del film, «maledetto il paese che ha bisogno d'eroi», la guerra diventa la nemica numero uno dell’essere umano perché lo corteggia in modo smanioso fino a catturarlo e costringerlo a farla come spinto da una forma di dipendenza bella e buona. Potrebbe affondare le sue radici in altri film del passato (come Salvate il soldato Ryan di Spielberg o l'italiano Tutti a casa di Luigi Comencini) se si dovesse parlare del tema di partenza, ossia che i conflitti armati non sono combattuti da esseri con capacità straordinarie ma da uomini, che riescono solo ad andare avanti per il desiderio della pace e della libertà, sperando al contrario di poter vivere un futuro dominato dalla quiete e dall'affetto per i propri simili. Le scritte che compaiono periodicamente scandiscono i giorni mancanti della rotazione annuale, a segno che questi artificieri sono attratti dalla guerra quasi senza poterne fare a meno, aspettando sempre con impazienza di tornare sul fronte, in un paese straniero e lontano dai comfort domestici. Il lavoro della Bigelow è di classe, di altissima qualità, impeccabile nella scelta dei toni e dei colori, eppure trasmette una tristezza immensa per il puntiglioso realismo delle sequenze e della loro successione, ancora più straziante. Vincitore di 6 Oscar (film, regia, montaggio, suono, montaggio sonoro, sceneggiatura originale) nell'edizione 2010 e di altri 17 premi minori.
Guerra; giudizio personale: 8 (buono)
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jacopo mancini
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martedì 31 maggio 2016
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grande prova
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“The hurt locker” è un film diretto da Kathryn Bigelow e scritto dal giornalista Mark Boal. Racconta la vita di un gruppo di artificieri dell’esercito americano in missione in Iraq.
L’opera si può iscrivere abbastanza facilmente nel genere dei film di “guerra”: i soldati affrontano ogni giorno un nuovo scenario, con problematiche diverse; ovviamente c’è un senso di fortissima precarietà della vita e spesso ci sono episodi di morte.
Detto questo, “The hurt locker” è anche un’opera sui generis perché descrive un’attività, quella dell’artificiere appunto, estremamente particolare.
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“The hurt locker” è un film diretto da Kathryn Bigelow e scritto dal giornalista Mark Boal. Racconta la vita di un gruppo di artificieri dell’esercito americano in missione in Iraq.
L’opera si può iscrivere abbastanza facilmente nel genere dei film di “guerra”: i soldati affrontano ogni giorno un nuovo scenario, con problematiche diverse; ovviamente c’è un senso di fortissima precarietà della vita e spesso ci sono episodi di morte.
Detto questo, “The hurt locker” è anche un’opera sui generis perché descrive un’attività, quella dell’artificiere appunto, estremamente particolare.
L’artificiere protagonista del film è il sergente William James, interpretato da Jeremy Renner. William non ha mai paura, non pensa al fatto che ogni giorno la sua esistenza potrebbe terminare. La guerra per lui è come una droga, adora l’adrenalina. Sembra nato per stare in missione e appare quasi inadatto a vivere la vita tranquilla con la sua famiglia in America.
Quel che colpisce di questo film è l’estrema padronanza del mezzo cinematografico che la regista e i suoi collaboratori dimostrano di avere: pensiamo soprattutto allo straordinario uso della telecamera a mano, accompagnato da un eccellente montaggio visivo e sonoro.
La pioggia di Oscar che è caduta su questo film non è stata casuale.
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giorpost
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giovedì 6 dicembre 2012
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la guerra in iraq con ritmo e filosofia
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L’ 11 settembre 2001 è stato un evento che ha cambiato la vita di milioni di persone, gli abitanti di New York e gli americani tutti. Ma un’ altra fetta, molto ampia, della popolazione mondiale ha subito anch’ essa di striscio una rivisitazione della propria esistenza in vari campi della vita. Quando prendiamo la metro, dove stiamo attenti ad eventuali borse lasciate incustodite, quando vediamo un gruppo di stranieri che confabulano magari di calcio e noi pensiamo che stanno tramando un attacco. Ma, restando in tematiche più ludiche e leggere, si è verificata una trasformazione anche nel modo di fare Cinema. Negli anni 2000, infatti, non si contano più pellicole legate all’ 11/9 (La 25ª ora) oppure dedicate alla guerra in Iraq, che è stata una diretta conseguenza degli attentati alle Torri Gemelle.
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L’ 11 settembre 2001 è stato un evento che ha cambiato la vita di milioni di persone, gli abitanti di New York e gli americani tutti. Ma un’ altra fetta, molto ampia, della popolazione mondiale ha subito anch’ essa di striscio una rivisitazione della propria esistenza in vari campi della vita. Quando prendiamo la metro, dove stiamo attenti ad eventuali borse lasciate incustodite, quando vediamo un gruppo di stranieri che confabulano magari di calcio e noi pensiamo che stanno tramando un attacco. Ma, restando in tematiche più ludiche e leggere, si è verificata una trasformazione anche nel modo di fare Cinema. Negli anni 2000, infatti, non si contano più pellicole legate all’ 11/9 (La 25ª ora) oppure dedicate alla guerra in Iraq, che è stata una diretta conseguenza degli attentati alle Torri Gemelle. Questa guerra, tutt’ ora in atto, non si può certamente paragonare al Vietnam per numero di vittime tra civili e soldati, per le spese e per le dinamiche ad essa connesse. Ma in quanto a problematiche relative alla psicologia dei soldati, che in un modo o nell’ altro hanno subito traumi o sostanziali mutamenti della visione del mondo, differenze ce ne sono ben poche. E la regista di culto Kathryn Bigelow coglie appieno l’ esperienza irachena dei marines, ne racconta una parte marginale ma ne spiega coinvolgimenti emotivi, trame, usanze, divergenze tra essi.
Il sergente WilliamJames è a capo di un’ unità speciale impegnata nel disinnesco di mine e bombe disseminate ovunque lungo i percorsi, nelle auto o in luoghi abitati. Trattasi di una squadra esposta al pericolo molto più che i soldati operanti presso i posti di blocco vicino gli aeroporti, un team di uomini che fanno del coraggio un’ ovvietà e della spregiudicatezza una virtù. Interpretato da un ottimo Jeremy Renner (doppiato egregiamente da Pasquale Anselmo, già voce di Nicholas Cage), James deve avvicinarsi in prima persona alle bombe in ogni occasione, vestito di una speciale armatura simile a quella dei palombari, ma la sua sfrontatezza (che potrebbe essere scambiata erroneamente per disprezzo della vita) lo porta in diverse occasioni a toccare i circuiti a mani nude e senza protezione alcuna. Quasi sempre il teatro dell’ azione è il deserto, in un alternarsi di situazioni raccontate con un eccellente ritmo ed accompagnate da un sonoro semplice ma efficace, tant’è che la sequenza emblematica del film è quel quarto d’ ora centrale, ambientato per l’appunto nel deserto, allorquando la squadra (James, i sergenti Sanborn e Thompson e lo specialista Eldridge) si imbatte in un SUV apparentemente occupato da terroristi, mentre in realtà si tratta di cacciatori di taglie tra i quali spicca un americano, interpretato da Ralph Fiennes (attore feticcio della regista), in un cameo di pochi ma intensi minuti, lungo i quali un gruppo di cecchini intrappola i soldati ammazzando tutti e 4 i mercenari. La scena è colma di suspance, di attesa, di tattica, di tentativi di sparatorie a vuoto, con una scarsa visuale dovuta alla distanza dalla quale i cecchini arabi stanno agendo e dalla rifrazione del sole, da pallottole bloccate dal sangue di uno dei mercenari uccisi, dall’ acqua che scarseggia ma impregnata di umanità. Qui trapela, infatti, anche la natura del capo patriarcale che si sacrifica per i suoi sottoposti in un gesto di altruismo di James nei confronti di Sanborn, al quale porge per primo uno degli ultimi succhi rimasti. E pensare che lo stesso Sanborn nella sequenza precedente aveva manifestato l’ interesse di uccidere il suo superiore. Trascorrono ore, si arriva al tramonto e finalmente il pericolo è scampato. La sera è dedicata ai festeggiamenti, all’ alcool, a scazzottate tra amici per poi ricominciare, dal giorno dopo, a contare i giorni che mancano al rientro in Patria per riabbracciare le proprie famiglie. Il finale è di quelli non scontati, certo neanche entusiasmanti, ma riflette la cruda realtà con la quale James ha dovuto fare i conti durante le sue 700 e passa operazioni di disinnesco, una realtà che tra morti, sangue, sparatorie e rischi l’ ha fatto arrivare alla conclusione che la vita è un involucro colmo di insensatezza.
Bel film, gran ritmo, buon cast e storia tra il reale e surreale, tra il già visto e l’ incredibilmente nuovo. Bigelow bella, talentuosa e visionaria quanto basta. Voto: 7
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dave gore
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lunedì 7 giugno 2010
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la droga americana
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Iraq, giorni nostri. La squadra Bravo dei Marines perde il proprio artificiere a causa dell’esplosione di una bomba. A sostituirlo viene convocato il soldato William James, uomo sfrontato e in cerca del pericolo che rischia di andare contro il volere del suo sergente pur di saziare la sua sete “adrenalinica”. Non privo di sentimenti, ha una famiglia e si affeziona a un bambino iracheno. Tre i personaggi centrali, ciascuno con uno suo modo di rapportarsi alla guerra. Il ritmo lento e la quasi assenza di musiche, ad eccezione delle melodie rock in qualche scena del film, acuiscono il senso di irrealtà e desolazione suscitato dalle semidesertiche strade irachene. Quando la cinepresa (in)segue i soldati in azione non si può non pensare al genio di Kubrick e probabilmente la stessa regista Katrin Bigelow (Point Break, K-19) ha dato una sbirciatina a Full Metal Jacket prima di dare avvio alle riprese; risulta ancor più evidente il rimando tra i due film quando si assiste alla scena d’azione conclusiva.
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Iraq, giorni nostri. La squadra Bravo dei Marines perde il proprio artificiere a causa dell’esplosione di una bomba. A sostituirlo viene convocato il soldato William James, uomo sfrontato e in cerca del pericolo che rischia di andare contro il volere del suo sergente pur di saziare la sua sete “adrenalinica”. Non privo di sentimenti, ha una famiglia e si affeziona a un bambino iracheno. Tre i personaggi centrali, ciascuno con uno suo modo di rapportarsi alla guerra. Il ritmo lento e la quasi assenza di musiche, ad eccezione delle melodie rock in qualche scena del film, acuiscono il senso di irrealtà e desolazione suscitato dalle semidesertiche strade irachene. Quando la cinepresa (in)segue i soldati in azione non si può non pensare al genio di Kubrick e probabilmente la stessa regista Katrin Bigelow (Point Break, K-19) ha dato una sbirciatina a Full Metal Jacket prima di dare avvio alle riprese; risulta ancor più evidente il rimando tra i due film quando si assiste alla scena d’azione conclusiva. Vincitore di 6 Premi Oscar (tra cui Miglior film e Miglior regia) su 8 nomination, The Hurt Locker è un film sulla guerra e sull’uomo, troppo debole per poter governare qualcosa più grande e più terribile di lui. Tuttavia il protagonista viene un po’ troppo eroicizzato, creando una quasi ambiguità nel messaggio del film, chiaro all’inizio ma offuscato dal coraggio e dallo sprezzo del pericolo del soldato James: “La guerra è come una droga. Crea dipendenza” recita la frase d’apertura della pellicola.
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[+] ritmo tutt'altro che lento
(di beatrice92)
[ - ] ritmo tutt'altro che lento
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dutchman
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sabato 10 aprile 2010
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film di guerra da soap opera
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"The Hurt Locker" non è il tipico movie-war tutto patriottismo e sacrificio anzi è un film che di fronte al pericolo non mostra ne ritmo e neppure adrenalina, la sceneggiatura è scadente abulica e deludente.
La regista Kathryn Bigelow è incapace di descrivere la giusta suspence e il vero dramma dei soldati americani che hanno combattuto in Iraq (e che ancora adesso sono presenti) il film sembra più televisivo che cinematografico.
Il film si apre con una citazione da Chris Hedges, che dice che la guerra è una droga.
"The Hurt Locker" è un film ambientato nell' Iraq anno 2004, dove racconta la storia di una squadra di artificieri, interpretati da Jeremy Renner nella parte del sergente William James, che fuma sigarette e va in giro a disinnescare esplosivi come se stesse facendo una passeggiata con la Sua famiglia in una tranqiullo weekend
James è un bravo soldato e una persona buona , quando viene chiamato per risolvere il problema indossa la tuta militare imbottita e tranquillamente si avvicina alla bomba, mettendosi in sintonia con i fili che sta per disinnescare, risultando essere in alcune circostanze anche rispettoso della persona che ha assemblato il circuito, William James è molto sicuro di sé, a volte così sicuro che non si cura di indossare la sua tuta di protezione.
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"The Hurt Locker" non è il tipico movie-war tutto patriottismo e sacrificio anzi è un film che di fronte al pericolo non mostra ne ritmo e neppure adrenalina, la sceneggiatura è scadente abulica e deludente.
La regista Kathryn Bigelow è incapace di descrivere la giusta suspence e il vero dramma dei soldati americani che hanno combattuto in Iraq (e che ancora adesso sono presenti) il film sembra più televisivo che cinematografico.
Il film si apre con una citazione da Chris Hedges, che dice che la guerra è una droga.
"The Hurt Locker" è un film ambientato nell' Iraq anno 2004, dove racconta la storia di una squadra di artificieri, interpretati da Jeremy Renner nella parte del sergente William James, che fuma sigarette e va in giro a disinnescare esplosivi come se stesse facendo una passeggiata con la Sua famiglia in una tranqiullo weekend
James è un bravo soldato e una persona buona , quando viene chiamato per risolvere il problema indossa la tuta militare imbottita e tranquillamente si avvicina alla bomba, mettendosi in sintonia con i fili che sta per disinnescare, risultando essere in alcune circostanze anche rispettoso della persona che ha assemblato il circuito, William James è molto sicuro di sé, a volte così sicuro che non si cura di indossare la sua tuta di protezione. ma allo stesso momento molto imprudente, lasciando Sanbourn (Anthony Mackie) l'uomo incaricato di guardare dietro le Sue spalle, in una posizione molto insicura.
Sanbourn è in totale contrasto con James, egli cerca di fare del Suo meglio per proteggere l'amico, tanto da farsi venire un' ulcera
In questo movie non si vedono molte esplosioni e scontri a fuoco, non si sofferma sui contrasti ta i due soldati e dimostra tutta la Sua malinconica monotonia di fronte al pericolo, la regista Kathryn Bigelow si vede che è inesperta (e raccomandata in stile hollywood) ma possiede buona capacità con i suoi movimenti di macchina a mano e uno stile narrativo più che discreto
Sicuramente chi ha visto questo film (come il Sottoscritto in televisione) può rimanere molto deluso perché non rientra nei parametri di un film di guerra, e se si pensa che il citato lungometraggio non può essere così male con attori del calibro di Guy Pearce e Ralph Fiennes, allora aspettatevi una brutta sorpresa, in quanto recitano appena una scena a testa.
E' stato definito il film dell'anno con ben sei oscar vinti.
Hollywood ha fatto vincere molti oscar a attori e registi che non lo meritavano lontanamente, Con il film "The Hurt Locker" e la Sua regista Kathryn Bigelow si è toccato il fondo.
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adriano sgarrino
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lunedì 8 marzo 2010
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the hurt locker
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Paese di prod.: USA Anno: 2008 Di: Kathryn Bigelow Con: Jeremy Renner, Anthony Mackie, Brian Gerarghty, Guy Pearce, David Morse, Ralph Fiennes, Evangeline Lilly. Durante una missione di disinnesco di una bomba, muore l'artificiere (Pearce) di un contingente di soldati americani impegnati in Iraq. Come suo sostituto viene chiamato in causa Will James (Renner) dai metodi spicci e poco ortodossi. Tra attentati improvvisi, esplosioni e rischi di ogni genere il giovane dimostrerà un risoluto sangue freddo nel risolvere i problemi più intricati ma l'esperienza bellica lo segnerà per sempre. Sceneggiato con mano sicura da Mark Boal, la regista Kathryn Bigelow firma un capolavoro a basso costo (costato solo 11 milioni di dollari), che entra di diritto nei film di guerra più belli di sempre.
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Paese di prod.: USA Anno: 2008 Di: Kathryn Bigelow Con: Jeremy Renner, Anthony Mackie, Brian Gerarghty, Guy Pearce, David Morse, Ralph Fiennes, Evangeline Lilly. Durante una missione di disinnesco di una bomba, muore l'artificiere (Pearce) di un contingente di soldati americani impegnati in Iraq. Come suo sostituto viene chiamato in causa Will James (Renner) dai metodi spicci e poco ortodossi. Tra attentati improvvisi, esplosioni e rischi di ogni genere il giovane dimostrerà un risoluto sangue freddo nel risolvere i problemi più intricati ma l'esperienza bellica lo segnerà per sempre. Sceneggiato con mano sicura da Mark Boal, la regista Kathryn Bigelow firma un capolavoro a basso costo (costato solo 11 milioni di dollari), che entra di diritto nei film di guerra più belli di sempre. Girato con una tensione nervosa che ignora i tempi morti, al cuore della vicenda è il conflitto visto dagli occhi dei soldati del fronte statunitense, sull'orlo di una crisi di nervi causata dall'avere a che fare con un nemico non sempre chiramente visibile ed identificabile, che potrebbe celarsi anche dietro gli occhi innocenti di un bambino. Ciò che maggiormente sorprende è l'approccio "antiretoricamente anti-bellico" che la regista adotta, senza alcuna facile concessione a sentimentalismi o alla condanna "tout court" e aprioristica della guerra. Bigelow mette in risalto come il conflitto possa ingenerare nell'uomo una strana fascinazione, che può spingerlo a credere che l'unica cosa in cui egli è capace è proprio il guerreggiare, il non poter fare a meno delle scosse adrenaliniche che si possono avere nel rischiare la vita tutti i giorni. In tal senso sono significativi l'aforisma che si legge all'inizio del film che termina con la frase "La guerra è una droga" ed il finale bellissimo ed agghiacciante che conferisce all'opera un ulteriore senso di angoscia e disperazione. Una volta tanto anche Hollywood si dimostra attenta e sensibile nell'apprezzare un film sanamente controtendenza, premiandolo giustamente con 6 premi Oscar su 9 candidature, tra cui: miglior film, migliore sceneggiatura originale (il già citato Boal) e migliore regista (Kathryn Bigelow, prima donna nella storia ad aggiudicarsi l''ambito premio, insignita da Barbra Streisand che non a caso ha introdotto la proclamazione della vincitrice con un significativo ed eloquente "The time has come" [L'ora è giunta]).
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nick castle
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mercoledì 27 ottobre 2010
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film immeritatatmente premiato...
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Negli ultimi tempi, il tema scottante dell'Iraq, colpisce anche il cinema, sensibile per carenza di fantasia ad ogni momento politico, economico e sociale. La Bigelow ne approfitta, con poco si può ottenere molto, probabilmente è il suo motto, purtroppo la strategia non si rivela vincente col botteghino, ma sicuramente in quanto a critica fa segno, il film gli procura un bell'Oscar al miglior regista. La ex moglie di James Cameron cerca quindi di risultare originale, adottanto dei trucchetti di sicura efficacia, infatti nel film si assiste a un continuo fuoco-fuori fuoco delle immagini, zoommate a rotta di collo, montaggio anfetaminico, fotografia sgranata in 16mm e iperluminosa, sequenze al rallentatore girate in HDCAM SR e roboanti effetti sonori.
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Negli ultimi tempi, il tema scottante dell'Iraq, colpisce anche il cinema, sensibile per carenza di fantasia ad ogni momento politico, economico e sociale. La Bigelow ne approfitta, con poco si può ottenere molto, probabilmente è il suo motto, purtroppo la strategia non si rivela vincente col botteghino, ma sicuramente in quanto a critica fa segno, il film gli procura un bell'Oscar al miglior regista. La ex moglie di James Cameron cerca quindi di risultare originale, adottanto dei trucchetti di sicura efficacia, infatti nel film si assiste a un continuo fuoco-fuori fuoco delle immagini, zoommate a rotta di collo, montaggio anfetaminico, fotografia sgranata in 16mm e iperluminosa, sequenze al rallentatore girate in HDCAM SR e roboanti effetti sonori. Il tutto contornato da una recitazione da film televisivo, che è un eufemismo per non dire da cani. Che senso ha esaltare i militari? Qual'è il vero scopo del film? Qual'è il messaggio? Che la guerra è una droga? L'adrenalina che abbiamo in corpo è come una droga, non la guerra, allora qualunque cosa che faccia aumentare l'adrenalina in circolo è da considerare come un droga? Il pugilato, le corse automobilistiche, la corsa di resistenza, tutte droghe? Ma smettiamola per piacere... The Hurt Locker è un film falsamente sperimentale, fastidiosamente americano nel suo eccesso di nazionalismo e boria, con poca tensione se vogliamo proprio, e cosa ben più importante è appena decente. Decisamente migliore senza ombra di dubbio il nostro "Nassiryia: Per non dimenticare" di Michele Soavi.
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verbal
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lunedì 6 aprile 2009
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la routine dell'artificiere
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Mi aspetto di più, vista la scena iniziale. Poi, mi pare che grossomodo il film ripeta la stessa scena, nelle stesse ambientazioni per quasi due ore, salvo qualche parentesi (caserma, sparatoria nel deserto, ritorno in Usa del protagonista, ecc.).
Gli attori non sono male, sebbene non siano delle star. O meglio ci sono anche due star, Guy Pearce e Ralph Fiennes, ma durano solo 5 minuti a testa prima di .... "crepare" .
Ho avuto l'impressione che dopo aver letto il copione, le grandi star si siano tenute alla larga da un film ripetitivo e un po' noioso. Io a mezz'ora dalla fine mi sono anche addormentato e ho voluto farmi violenza e rimetter indietro il DVD per rivedere a mezzanotte passata l'ultima parte.
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Mi aspetto di più, vista la scena iniziale. Poi, mi pare che grossomodo il film ripeta la stessa scena, nelle stesse ambientazioni per quasi due ore, salvo qualche parentesi (caserma, sparatoria nel deserto, ritorno in Usa del protagonista, ecc.).
Gli attori non sono male, sebbene non siano delle star. O meglio ci sono anche due star, Guy Pearce e Ralph Fiennes, ma durano solo 5 minuti a testa prima di .... "crepare" .
Ho avuto l'impressione che dopo aver letto il copione, le grandi star si siano tenute alla larga da un film ripetitivo e un po' noioso. Io a mezz'ora dalla fine mi sono anche addormentato e ho voluto farmi violenza e rimetter indietro il DVD per rivedere a mezzanotte passata l'ultima parte.
Devo ammettere che dal punto di vista tecnico le scene di guerra sono ben fatte e abbastanza verosimili. Anche se come sempre ci deve essere il protagonista fuori dalle righe (e di senno), altrimenti che spettacolo è?
Mi è parso un collage di azioni quotidiane di disinnesco ordigni, quasi documentaristico. Ma nella trama non c'è UNA vicenda che si sviluppi e che vada oltre la routine del compito della squadra artificieri protagonista del film. A questo punto c'è materiale abbastanza per ricavarne una serie televisiva di nicchia come ce ne sono molte relative a professionisti e specialisti made in USA. Potrebbe chimarsi ovviamente col nome (possibilmente l'acronimo) della squadra, come i vari CSI, NCIS, NYPD, JAG, ecc.
Ma come film è alquanto inconsistente e nonostante le tante scene d'azione, il ritmo, tanto ricercato dalla Bigelow, non ..... esplode!
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[+] the hurt locker... ha fatto boom!
(di imbedan)
[ - ] the hurt locker... ha fatto boom!
[+] non sono d'accordo, o meglio...non del tutto
(di esperando giova dale)
[ - ] non sono d'accordo, o meglio...non del tutto
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filippomazz
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sabato 30 gennaio 2010
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capolavoro assoluto
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Questo film è senza dubbio il capolavoro del 2009. L'ultimo film al suo livello fu Il Petroliere di Paul Thomas Anderson. Kathryn Bigelow riesce a dare forma ad una gemma di suspense e thriller, action e dramma..questo film deve essere preso come un esempio, come una lezione accademica per la moltitudine dei modesti registi di action-thriller dei giorni nostri. La trama è ottimamente costruita ed alterna scene adrenaliniche ad episodi di dialogo e sviluppo dei personaggi. Jeremy Renner (l'attore protagonista) è un soldato americano artificiere che fissa la morte negli occhi santo giorno, un personaggio ben sviluppato e tremendamente carismatico che oscura le brevi partecipazioni di grandi attori come Guy Pearce e Ralph Finnes ai quali la Bigelow ha intelligentemente affidato ruoli secondari.
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Questo film è senza dubbio il capolavoro del 2009. L'ultimo film al suo livello fu Il Petroliere di Paul Thomas Anderson. Kathryn Bigelow riesce a dare forma ad una gemma di suspense e thriller, action e dramma..questo film deve essere preso come un esempio, come una lezione accademica per la moltitudine dei modesti registi di action-thriller dei giorni nostri. La trama è ottimamente costruita ed alterna scene adrenaliniche ad episodi di dialogo e sviluppo dei personaggi. Jeremy Renner (l'attore protagonista) è un soldato americano artificiere che fissa la morte negli occhi santo giorno, un personaggio ben sviluppato e tremendamente carismatico che oscura le brevi partecipazioni di grandi attori come Guy Pearce e Ralph Finnes ai quali la Bigelow ha intelligentemente affidato ruoli secondari..questo dimostra che per creare un capolavoro non e' assolutamente necessario il solito grande attore come protagonista.
Academy non commettere l'errore mortale di non premiare con l'oscar al miglior film The Hurt Locker..quest'anno non ha assolutamente rivali.
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[+] andiamoci piano!
(di hal 9000)
[ - ] andiamoci piano!
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