dandy
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martedì 22 dicembre 2015
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ogni vita è una storia?
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Dopo una serie di sceneggiature esemplari("Essere John Malkovich","Se mi lasci ti cancello"tra gli altri)Kaufman sceglie un'idea degna di lui per esordire come regista.La storia di un uomo patetico che in oltre vent'anni affronta con stoicismo lancinante umiliazioni,soprusi,malattie varie e fnisce per ricreare nel lavoro quella vita che non ha mai saputo controllare.Arte che imita la vita,anzi,che la sostituisce.Non è una novità,ma non si possono negare il fascino dell'assurdo che prende pian piano il sopravvento(senza rendercene conto,ci troviamo a non distinguere più tra le due "vite" del protagonista),l'umorismo ermetico e l'impassibilità con cui sono serviti tragedie,salti temporali e paradossi vari.
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Dopo una serie di sceneggiature esemplari("Essere John Malkovich","Se mi lasci ti cancello"tra gli altri)Kaufman sceglie un'idea degna di lui per esordire come regista.La storia di un uomo patetico che in oltre vent'anni affronta con stoicismo lancinante umiliazioni,soprusi,malattie varie e fnisce per ricreare nel lavoro quella vita che non ha mai saputo controllare.Arte che imita la vita,anzi,che la sostituisce.Non è una novità,ma non si possono negare il fascino dell'assurdo che prende pian piano il sopravvento(senza rendercene conto,ci troviamo a non distinguere più tra le due "vite" del protagonista),l'umorismo ermetico e l'impassibilità con cui sono serviti tragedie,salti temporali e paradossi vari.Finale apocalittico pleonastico ma suggestivo.Piuttosto complicato(andrebbe visto più di una volta)e non adatto al grande pubblico atrofizzato odierno.Grande prova di Hoffman e del resto del cast.Il titolo è un gioco di parole su Schenectady,cittadina dove vive il protagonista,il cui nome è a sua volta un'allusione a una sindrome che convince chi ne è afflitto di stare per morire.
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flyanto
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venerdì 27 giugno 2014
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la vita di un regista teatrale da lui stesso racco
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Film in cui si racconta di un regista teatrale di successo (Philip Seymour Hoffman) che però entra profondamente in crisi sia professionalmente che sentimentalmente, dopo l'abbandono ed il trasferimento a Berlino da parte della moglie pittrice (Catherine Keener) e della loro bambina di 5 anni. Nel corso degli anni a seguire (circa un ventennio) egli, peraltro affetto da una grave e misteriosa malattia che gli fa presagire fortemente il senso della morte, cerca di allestire in un teatro di New York un'opera teatrale che altro non è che il racconto della propria esistenza e soprattutto del proprio rapporto con, l'ormai divenuta ex, moglie. Nel frattempo egli vivrà malamente una breve storia d'amore con la propria assistente e poi contrarrà un matrimonio fallimentare con la bella attrice delle sue commedie che gli darà anche una bambina.
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Film in cui si racconta di un regista teatrale di successo (Philip Seymour Hoffman) che però entra profondamente in crisi sia professionalmente che sentimentalmente, dopo l'abbandono ed il trasferimento a Berlino da parte della moglie pittrice (Catherine Keener) e della loro bambina di 5 anni. Nel corso degli anni a seguire (circa un ventennio) egli, peraltro affetto da una grave e misteriosa malattia che gli fa presagire fortemente il senso della morte, cerca di allestire in un teatro di New York un'opera teatrale che altro non è che il racconto della propria esistenza e soprattutto del proprio rapporto con, l'ormai divenuta ex, moglie. Nel frattempo egli vivrà malamente una breve storia d'amore con la propria assistente e poi contrarrà un matrimonio fallimentare con la bella attrice delle sue commedie che gli darà anche una bambina.
Il film, opera prima cinematografica del già affermato e talentuoso sceneggiatore Charlie Kaufman, è una pellicola di per sè di non facile approccio e dunque un pò complessa sia per la maniera in cui è girata che per le tematiche espressevi. Kaufman, del resto, non risulta assolutamente mai un autore banale e come nelle sue opere sceneggiate precedenti (vedi: "Essere John Malkovich" e "Se mi lasci ti cancello", per citarne solo due) denuncia un'originalità ed una fantasia al di fuori del comune e pertanto non di impatto e di comprensione diretti. Anche in questa occasione, egli continua così ad altalenare realtà e finzione, il vissuto e l'immaginato, il presente ed il passato seguendo una suo pensiero del tutto personale. E questo suo continuo modo altalenante costituisce in pratica l'elemento che nettamente lo contraddistingue e che caratterizza appunto tutte le sue produzioni.
E' da sottolineare e da elogiare, poi, senza alcun dubbio il nutrito cast di attori che è stato da Kaufman scelto per i vari ruoli: dall'ormai deceduto Philip Seymour Hoffman, a Catherine Keeener, a Emily Watson, a Samantha Norton a Michelle Williams, a Dianne Wiest non si può non ammirare e constatare che tutti indistintamente, nessuno escluso, sono perfettamente tagliati per i propri ruoli di cui danno una profonda e quanto mai completa rappresentazione e dunque riuscita. Anzi, è proprio grazie a tutti loro che questo film si arricchisce notevolmente di pregio.
Insomma, direi, in generale altamente interessante.
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radamanto
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giovedì 10 luglio 2014
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essere caden cotard
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E' la storia di Caden Cotard, regista teatrale di provincia di discreto livello che vive la propria vita come una comparsa al punto da somatizzare dei disturbi nervosi e da essere abbandonato da moglie e figlia. Vincitore di un premio prestigioso, investe tutto in un progetto teatrale che per la sua vastità e audacia è votato sin dal principio al fallimento.
Da questo momento il demiurgo Charlie Kaufman inizia a modellare la realtà a suo totale arbitrio, contraendo il tempo della narrazione e dilatando gli spazi all'inverosimile, dosando sapientemente atmosfere kafkiane e dialoghi ioneschiani.
L'allestimento dello spettacolo diventa una matrioska onirica e metafisica in cui ogni personaggio diventa più autentico solo nella misura in cui le sue interpretazioni si moltiplicano in un complesso gioco di scatole cinesi.
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E' la storia di Caden Cotard, regista teatrale di provincia di discreto livello che vive la propria vita come una comparsa al punto da somatizzare dei disturbi nervosi e da essere abbandonato da moglie e figlia. Vincitore di un premio prestigioso, investe tutto in un progetto teatrale che per la sua vastità e audacia è votato sin dal principio al fallimento.
Da questo momento il demiurgo Charlie Kaufman inizia a modellare la realtà a suo totale arbitrio, contraendo il tempo della narrazione e dilatando gli spazi all'inverosimile, dosando sapientemente atmosfere kafkiane e dialoghi ioneschiani.
L'allestimento dello spettacolo diventa una matrioska onirica e metafisica in cui ogni personaggio diventa più autentico solo nella misura in cui le sue interpretazioni si moltiplicano in un complesso gioco di scatole cinesi. Progressivamente la finzione diventa la realtà più vera, forse perché il vero era diventato finto a forza di essere vissuto. Nell'ultima parte della pellicola la realtà e la finzione teatrale si intrecciano a tal punto che la prima è fagocitata dalla seconda e i due livelli logici di vero e falso, ormai insufficienti per codificare il senso della vita/recita, figliano quella polifonia quantistica di realtà mai completamente vere e mai completamente false.
Solo nelle ultimissime scene Caden Cotard, il vecchio ipocondriaco sopravvissuto alle sue malattie che si aggira come un fantasma nella sua metropoli abbandonata, inizia a vivere compiutamente la sua vita interpretando se stesso e allo stesso tempo vestendo il ruolo delle innumerevoli comparse che hanno scandito la sua esistenza, perché "ci sono miliardi di persone al mondo e nessuna di loro è una comparsa; ognuno è protagonista della sua storia".
Sipario.
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cineman94
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lunedì 25 agosto 2014
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uno dei film più belli e complessi degli anni 2000
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Difficilmente, nel corso degli anni, mi sono trovato davanti a film particolarmente complessi e tematicamente "nuovi" nella narrazione cinematografica. Inoltre, mai come in questo caso mi sono trovato davanti ad un simile capolavoro in quanto a profondità, complessità, creatività ed argomentazioni, tutto racchiuso in maniera intensa, struggente in una storia che fa di vita, morte, malattia, realismo e surrealismo le sue colonne portanti mettendo in scena uno spettacolo che, proprio grazie a questo studio esistenzialista e psicologico, culmina in un turbine di emozioni che portano lo spettatore a riflettere, grazie ad un protagonista (interpretato da un mastodontico, incredibile ed intenso Philip Seymour Hoffman), un regista di teatro, che già dal nome, Caden Cotard, è un'allegoria al decadimento psicofisico e che decide di intraprendere una strada ambiziosa, realizzare la più grande opera teatrale della sua vita, o meglio sulla sua vita, decidendo di rappresentare "una parte per il tutto" (riprendendo appunto il concetto di Sineddoche presente nel titolo del film).
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Difficilmente, nel corso degli anni, mi sono trovato davanti a film particolarmente complessi e tematicamente "nuovi" nella narrazione cinematografica. Inoltre, mai come in questo caso mi sono trovato davanti ad un simile capolavoro in quanto a profondità, complessità, creatività ed argomentazioni, tutto racchiuso in maniera intensa, struggente in una storia che fa di vita, morte, malattia, realismo e surrealismo le sue colonne portanti mettendo in scena uno spettacolo che, proprio grazie a questo studio esistenzialista e psicologico, culmina in un turbine di emozioni che portano lo spettatore a riflettere, grazie ad un protagonista (interpretato da un mastodontico, incredibile ed intenso Philip Seymour Hoffman), un regista di teatro, che già dal nome, Caden Cotard, è un'allegoria al decadimento psicofisico e che decide di intraprendere una strada ambiziosa, realizzare la più grande opera teatrale della sua vita, o meglio sulla sua vita, decidendo di rappresentare "una parte per il tutto" (riprendendo appunto il concetto di Sineddoche presente nel titolo del film). Ecco quindi dove si cela il vero cuore del film, in una trama che fonde insieme elementi che sarebbero altrimenti difficili da trattare, creando un universo nell'universo affascinante, in cui "ogni singola persona è protagonista della sua storia", mettendo in gioco elementi che fanno riferimento tanto al cinema quanto al teatro, aumentando quindi in maniera esponenziale la natura intellettuale del film, grazie ad una regia favolosa che attrae lo spettatore ad ogni inquadratura, lo ipnotizza e non lo lascia più, rendendo anch'egli parte della storia ed interagendo con lui, allo scopo di coinvolgerlo, proprio come un regista farebbe ad un attore che sta aspettando di entrare in scena. I dialoghi sono bellissimi da ascoltare, di una naturalezza ed emotività incredibili, che sanno essere dolci, pacati ma anche crudi o tristemente ironici, allegorie della vita stessa. Questo non è solo un film, non è solo la storia di una vita, non è solo complessità, vita o morte, realismo, surrealismo, no! È tutto questo e qualcosa in più, qualcosa che nessun film, nessun libro, nessuna serie TV o altro sia mai riuscito a darmi: un'esperienza che rimane indelebile agli occhi e al cuore di chi lo guarda. Questo è Synecdoche, New York e per me questo è abbastanza!
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venerdì 27 giugno 2014
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Film molto difficile perchè non immediato. Capita sempre più di rado trovare film con contenuti così intimistici e complessi. Sono produzioni che rischiano di brutto perchè non fanno certo cassetta. Entrare nella piccola sala dov'era proiettato, se la scelta prima poteva far pensare ad una reclusione limitata per il solito numero di sfigati, vedere poi quanti e quale tipologia di persone era già pronta per godersi il film, è stato molto piacevole..come pensare : be' dai, ci siamo ancora e non siamo nè in pochi, nè i soliti e tantomeno gli sfigati. Pubblico vario e attento dunque, che si è lasciato trasportare per due ore all'interno di una storia che prima del plot, non si riusciva ad afferrare che cosa volesse da noi spettatori per tormentarci tanto trascinandoci nei meandri ripetitivi della vita.
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Film molto difficile perchè non immediato. Capita sempre più di rado trovare film con contenuti così intimistici e complessi. Sono produzioni che rischiano di brutto perchè non fanno certo cassetta. Entrare nella piccola sala dov'era proiettato, se la scelta prima poteva far pensare ad una reclusione limitata per il solito numero di sfigati, vedere poi quanti e quale tipologia di persone era già pronta per godersi il film, è stato molto piacevole..come pensare : be' dai, ci siamo ancora e non siamo nè in pochi, nè i soliti e tantomeno gli sfigati. Pubblico vario e attento dunque, che si è lasciato trasportare per due ore all'interno di una storia che prima del plot, non si riusciva ad afferrare che cosa volesse da noi spettatori per tormentarci tanto trascinandoci nei meandri ripetitivi della vita. Hoffman sempre bravissimo nella sua mollezza che non dà tregua alla ricerca della logica, ha fatto molto rimpiangere la sua morte. Caspita, ma se questo era anche il suo tormentato percorso di vita, come non pensare che tale fatica di vivere, non poteva che essere sostenuta da qualche cosa fuori dalle regole ? Ma forse lui era solo un bravo attore, un eccellente interprete di una difficoltà di vivere dove la lentezza delle azioni è necessaria per poterci sprofondare dentro : perchè ogni cosa ha un perchè, ogni cosa ha il suo peso ed è questo peso che crea la ricerca della ragione di vivere. Se la trama del film può essere semplificata, non lo è con il racconto dello snodarsi degli avvenimenti che si accavallano gli uni sugli altri. Il primo salto temporale, fa pensare ad un'impostazione metafisica, ma non è così: il regista ha scelto di non scegliere gli schemi usabili per procedere per flashback tecnicamente invisibili. Così il tempo passa per "balzi" enormi, salta la normalità, per restare strenuamente avviluppato alla ricerca di sè attraverso la proiezione di sè sugli altri.E così passano gli anni.
Forse non era necessario prolungarlo ancora per molto, quando a 4/5 si chiarisce del tutto il senso dei personaggi e del loro percorso; forse aveva bisogno più di un'accellerazione che di dimostrazioni che spiegavano il loro precedente procedere. Era già stato svelato tutto ed era sufficiente. Un film importante che andrebbe rivisto..con una buona dose di coraggio se si pensa di poter affrontare allo stesso modo, una volta afferrate, con le medesime modalità, per capire cosa ci stiamo a fare nella vita.
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(di vapor)
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