pompiere
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domenica 22 febbraio 2009
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il dubbio è necessario
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Sono l'Ipocrisia, l'Intolleranza, la Superbia le vere cause del disfacimento morale delle società moderne e la Chiesa, una delle istituzioni (se non l'Istituzione per "Eccellenza"), invece di perseguirne le fonti, ne è una delle principali cagioni.
John Patrick Shanley, già meritevole autore del testo teatrale dal quale il film è stato tratto, getta un macigno nel quieto lago del conformismo, dell'antiquata tradizione di certi rigidi principi che contraddistinguono il cattolicesimo.
E, azzardando ed estremizzando i contenuti della sua messa in scena fino ai limiti dell'equivoco, costruisce un necessario "canto di lode" al progressismo mentale, al coraggio di cambiare, all'urgenza di recuperare lo spirito di compassione, la gentilezza, l'umanità, l'Amore per il prossimo (tutti elementi inesistenti nella Chiesa di oggi e, per questo, molto attuali oltrechè scottanti).
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Sono l'Ipocrisia, l'Intolleranza, la Superbia le vere cause del disfacimento morale delle società moderne e la Chiesa, una delle istituzioni (se non l'Istituzione per "Eccellenza"), invece di perseguirne le fonti, ne è una delle principali cagioni.
John Patrick Shanley, già meritevole autore del testo teatrale dal quale il film è stato tratto, getta un macigno nel quieto lago del conformismo, dell'antiquata tradizione di certi rigidi principi che contraddistinguono il cattolicesimo.
E, azzardando ed estremizzando i contenuti della sua messa in scena fino ai limiti dell'equivoco, costruisce un necessario "canto di lode" al progressismo mentale, al coraggio di cambiare, all'urgenza di recuperare lo spirito di compassione, la gentilezza, l'umanità, l'Amore per il prossimo (tutti elementi inesistenti nella Chiesa di oggi e, per questo, molto attuali oltrechè scottanti).
Il regista organizza un canovaccio pieno di dialoghi intensi che permettono agli attori di misurarsi (e scontrarsi) attraverso altissimi toni recitativi (il personaggio di Padre Flynn/Philip Seymour Hoffman è inarrivabile, della "Streep-itosa" ormai non parliamone più).
Ed è per questo che, del "Dubbio", possiamo dire che proprio non se ne può fare a meno.
Consigliato.
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alessio altieri
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martedì 9 giugno 2009
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il dubbio come lite-motive
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Film che fa del proprio titolo il suo lite-motive. Nel vedere il film si ha infatti il dubbio che Sorella Aloysius (Meryl Streep) non sia effettivamente la tiranna che sembra, che Padre Flynn sia, poi non sia, poi ancora sia quello di cui è accusato. In mezzo a tutti questi dubbi però si possono trovare alcune certezze granitiche, come per esempio Meryl Streep, ancora una volta straordinaria, capace di dar vita ad un personaggio talvolta perfido nella sua rettitudine ma spesso genialmente ironico. Bravo anche Philip Seymour Hoffman, capace anch’egli di dar vita ad un personaggio dalle molte sfaccettature che proprio per la bravura dell’attore non diventa mai troppo antipatico e soprattutto mantiene quell’alone fondamentale di dubbio.
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Film che fa del proprio titolo il suo lite-motive. Nel vedere il film si ha infatti il dubbio che Sorella Aloysius (Meryl Streep) non sia effettivamente la tiranna che sembra, che Padre Flynn sia, poi non sia, poi ancora sia quello di cui è accusato. In mezzo a tutti questi dubbi però si possono trovare alcune certezze granitiche, come per esempio Meryl Streep, ancora una volta straordinaria, capace di dar vita ad un personaggio talvolta perfido nella sua rettitudine ma spesso genialmente ironico. Bravo anche Philip Seymour Hoffman, capace anch’egli di dar vita ad un personaggio dalle molte sfaccettature che proprio per la bravura dell’attore non diventa mai troppo antipatico e soprattutto mantiene quell’alone fondamentale di dubbio. Molti meriti della buona riuscita di questo film vanno dati poi a John Patrick Shanley, il regista, bravo a non far scadere il film nella retorica trattando un tema sul quale retorica è facile fare (pedofilia all’interno della chiesa) introducendo alcune tematiche, talvolta atroci, come quella della madre nera tacitamente consenziente agli abusi subiti dal figlio. Non azzeccatissimo il finale che pretenderebbe di lasciare col dubbio ma che in realtà lascia con una rassicurante certezza. Splendida l’austera fotografia che con i suoi colori cupi, sempre tendenti al grigio, fa sentire l’aria chiusa e conservatrice che si respirava nell’istituto di St. Nicholas.
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ciccio capozzi
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venerdì 6 febbraio 2009
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un conflitto che va oltre le persone
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“IL DUBBIO” di JOHN PATRICK SHANLEY; USA, 08. Brooklyn 1964, nella scuola parrocchiale la Direttrice, una Suora ipertradizionalista, pur all’indomani del Concilio, sospetta che il Parroco abbia atteggiamenti ambigui rispetto ad uno studente di colore, da lui protetto. E’ la puntuale messa in film del dramma teatrale omonimo, diretto dallo stesso autore, anche da noi rappresentato in questi giorni con la regia di S.Castellitto e con S.Accorsi, ritenuto al top della bravura, nella parte del prete. Nel film è Ph. Seymour Hoffman, candidato all’Oscar; mentre la suora è M. Streep, che dallo scatenato musical “Mamma mia!” passa con estrema scioltezza ad una così cupa caratterizzazione, anch’essa candidata all’Oscar.
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“IL DUBBIO” di JOHN PATRICK SHANLEY; USA, 08. Brooklyn 1964, nella scuola parrocchiale la Direttrice, una Suora ipertradizionalista, pur all’indomani del Concilio, sospetta che il Parroco abbia atteggiamenti ambigui rispetto ad uno studente di colore, da lui protetto. E’ la puntuale messa in film del dramma teatrale omonimo, diretto dallo stesso autore, anche da noi rappresentato in questi giorni con la regia di S.Castellitto e con S.Accorsi, ritenuto al top della bravura, nella parte del prete. Nel film è Ph. Seymour Hoffman, candidato all’Oscar; mentre la suora è M. Streep, che dallo scatenato musical “Mamma mia!” passa con estrema scioltezza ad una così cupa caratterizzazione, anch’essa candidata all’Oscar. Un film di mostri sacri? Si, e non solo. Nonostante la provenienza chiaramente teatrale, esso dà forti emozioni; costruisce un’azione e un crescendo di tensione. Anzi, la validità del film suggerisce un ulteriore elemento alla vecchia discussione, nata si può dire con la nascita del cinema: il teatro può essere cinema? Personalmente, ritengo che, anche in questa, l’unica soluzione è “rovesciare il tavolo”. Il trasferimento in sede filmica del gesto teatrale, fatto di parola/atto scenico, funziona se il tempo narrativo è scandito, nella forme peculiari e/o reinventate (una volta si sproloquiava di un misterioso “specifico filmico”) del linguaggio cinematografico, attraverso, nel senso etimologico, di “profondamente dentro”, la stessa parola. Il montaggio, la costruzione dell’inquadratura, l’illuminazione, la scenografia, la coreografia, ecc. devono servirsi della capacità attoriale di “essere”, essi stessi, incarnazione di quanto pronunziano. Così è stata individuata, nel tempo, un’altra forma di genere narrativo, quella “Teatrale”. Gli attori danno una rappresentazione “strutturata e inglobata” del tempo storico cornice della vicenda. Ed è ciò che fanno al meglio i tre del film, non dimenticando la suorina giovane- testimone e “coro” della vicenda, la sottilmente brava Amy Adams, alle prese di un’epoca assai difficile e complessa quale erano gli anni 60. Sono citati due riferimenti storici-chiave: l’assassinio di J.F.K. e il Concilio. In questo recinto si dibatte un conflitto che va oltre le persone, ma le ingloba con tutta la possibile complessità delle psicologie messe in campo, le ambiguità e i dubbi. Gli scontri ideologici si basano su quelle individualità, non solo sui messaggi che essi portano, e sono rivissuti con sofferenza. Anzi, all’inizio si pone la sfera del dubbio come una matrice filosofica di fondamentale accrescimento delle proprie consapevolezze razionali ed emotive. In questo il film non ci dà alcuna facile certezza e pace.
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hal 9000
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domenica 13 settembre 2009
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il dubbiio
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Tratto da una piece teatrale dello stesso regista "Il Dubbio" mette in scena non solo lo scontro tra una Chiesa che ha voglia di cambiare (rappresentata da Philip Seymour Hoffman) e una ancora conservatrice (Meryl Streeo), ma riesce anche a mettere in scena una problematica che ci segue nella vita di ogni giorno: il dubbio, appunto.
E infatti regia e sceneggiatura sono straordinarie nel "non far capire" il film, nel non farci sapere più di quello che i personaggi stessi sanno, facendoci vivere la vicenda a volte da un lato a volte dall'altro così da far crescere il dubbio nello spettaore stesso, e alla fine ci si rende conto di come spesso le nostre convinzioni non si basino su veri fatti, ma su sospetti e indizi interpretati in modo tale da accordarsi alle nostre idee.
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Tratto da una piece teatrale dello stesso regista "Il Dubbio" mette in scena non solo lo scontro tra una Chiesa che ha voglia di cambiare (rappresentata da Philip Seymour Hoffman) e una ancora conservatrice (Meryl Streeo), ma riesce anche a mettere in scena una problematica che ci segue nella vita di ogni giorno: il dubbio, appunto.
E infatti regia e sceneggiatura sono straordinarie nel "non far capire" il film, nel non farci sapere più di quello che i personaggi stessi sanno, facendoci vivere la vicenda a volte da un lato a volte dall'altro così da far crescere il dubbio nello spettaore stesso, e alla fine ci si rende conto di come spesso le nostre convinzioni non si basino su veri fatti, ma su sospetti e indizi interpretati in modo tale da accordarsi alle nostre idee.
Se la regia è notevole con i suoi lunghi piani teatrali e le numerose inquadrature fisse, il cast è assolutamente straordinario: Meryl Streep grandiosa, quasi cambiata nelle vesti di suora, Hoffman (notevolmante invecchiato ma credibile) è bravissimo nella parte di padre Flynn, ottima anche la prova di Amy Adams.
Ha ottenuto 5 nominations agli Oscar: miglior attrice [Meryl Streep], miglior attore non protagonista [Philip Seymour Hoffman], miglior attrice non protagonista [Amy Adams], miglior attrice non protagonista [Viola Davis], miglior sceneggiatura, tuttavia non ne ha vinto nemmeno uno: prevedibile.
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giacomo vezzani
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mercoledì 11 febbraio 2009
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il ritorno del cinema anni 60!
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Chi non ricorda "Chi ha paura di Virginia wolf?" con la coppia Burton/Taylor. Più difficile, ma ugualmente indimenticabile: Chi non rocorda "Quelle due" con la coppia Shirlie Maclaine e Audrey Hepburn? Insomma chi non ricorda quella bellissima stagione degli anni sessanta, quando a Hollywood, mentre prerompevano i grandi colossal in cinemascope, arrivarono dei piccoli, grandi, drammi teatrali, fotografati in bianco e nero, come a far sentire una voce da camera più intima, ma non per questo meno efficace del cinema d'autore italiano o francese(era l'epoca della Nouvelle vogue nascente).
L'opera prima di Shanley regista cinematografico (ormai acclamato drammaturgo e regista teatrale) affonda la sua identità in quel bellissimo repertorio, sorretto da un cast stellare, dove i caratteri del terzetto dei protagonisti( direi sublimi) è spalleggiato dallo straordinario cameo di Viola Davis, anch'essa candidata a un premio oscar.
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Chi non ricorda "Chi ha paura di Virginia wolf?" con la coppia Burton/Taylor. Più difficile, ma ugualmente indimenticabile: Chi non rocorda "Quelle due" con la coppia Shirlie Maclaine e Audrey Hepburn? Insomma chi non ricorda quella bellissima stagione degli anni sessanta, quando a Hollywood, mentre prerompevano i grandi colossal in cinemascope, arrivarono dei piccoli, grandi, drammi teatrali, fotografati in bianco e nero, come a far sentire una voce da camera più intima, ma non per questo meno efficace del cinema d'autore italiano o francese(era l'epoca della Nouvelle vogue nascente).
L'opera prima di Shanley regista cinematografico (ormai acclamato drammaturgo e regista teatrale) affonda la sua identità in quel bellissimo repertorio, sorretto da un cast stellare, dove i caratteri del terzetto dei protagonisti( direi sublimi) è spalleggiato dallo straordinario cameo di Viola Davis, anch'essa candidata a un premio oscar.
La drammaturgia si tramuta quindi in sceneggiatura e funziona perfettamente.
Impossibile annoiarsi, per il rimando leggero dei dialoghi, talora forti, talora tenui, giostrati come un quadro a Olio che piano piano svela il soggetto, e dunque un/il dubbio irrisolto in parte.
La Streep conclude il suo scontro (cuore del film)con Seymour Hoffman con "...e si tagli quelle unghie": quando il particolare giganteggia e si tramuta subito in poesia metateatrale.
Convenzionale,di genere, temi forti...perchè disprezzarlo?
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olgadicom
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venerdì 6 febbraio 2009
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un film per meditare
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E’ possibile non agire se si hanno dubbi nel perseguire un crimine odioso o il non far nulla, nel dubbio, è comunque peggio del fare? Da questa domanda centrale si dipana la tela che il regista John Patrick Shanley tesse servendosi di dialoghi serrati e in crescendo, tali da smuovere la nostra coscienza ad una riflessione che dal conflitto tra due religiosi si può allargare a tanti campi della nostra vita. A questo interrogativo altri se ne affiancano: dove deve fermarsi il pettegolezzo per non essere rovinoso? Può una religiosa che voglia esser testimone di amore cristiano ergersi a giudice di chi forse ha sbagliato? La salvezza dell’integrità fisica e morale di un bambino giustifica sempre e comunque la scomunica morale di chi l’abbia magari solo pensato? E che dire della madre di un figlio oggetto di attenzioni (se non altro ambigue), che preferisce la premura e l’interesse di un eventuale pedofilo alla crudeltà e all’incomprensione del padre del ragazzo, perché almeno lì ci sarebbe amore, anche se stravolto?
Da queste domande penso ciascuno ricavi la profondità dei problemi che fanno da sfondo allo “scontro” tra due personaggi-attori veramente formidabili: Meryl Streep nelle vesti della diabolica suor Aloysius e P.
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E’ possibile non agire se si hanno dubbi nel perseguire un crimine odioso o il non far nulla, nel dubbio, è comunque peggio del fare? Da questa domanda centrale si dipana la tela che il regista John Patrick Shanley tesse servendosi di dialoghi serrati e in crescendo, tali da smuovere la nostra coscienza ad una riflessione che dal conflitto tra due religiosi si può allargare a tanti campi della nostra vita. A questo interrogativo altri se ne affiancano: dove deve fermarsi il pettegolezzo per non essere rovinoso? Può una religiosa che voglia esser testimone di amore cristiano ergersi a giudice di chi forse ha sbagliato? La salvezza dell’integrità fisica e morale di un bambino giustifica sempre e comunque la scomunica morale di chi l’abbia magari solo pensato? E che dire della madre di un figlio oggetto di attenzioni (se non altro ambigue), che preferisce la premura e l’interesse di un eventuale pedofilo alla crudeltà e all’incomprensione del padre del ragazzo, perché almeno lì ci sarebbe amore, anche se stravolto?
Da queste domande penso ciascuno ricavi la profondità dei problemi che fanno da sfondo allo “scontro” tra due personaggi-attori veramente formidabili: Meryl Streep nelle vesti della diabolica suor Aloysius e P. S. Hoffman in quelli di padre Flynn.
Siamo negli anni ’60, in una scuola cattolica del Bronx. A dirigerla una religiosa, la suora di cui sopra; parroco e insegnante nell’istituto il succitato sacerdote. La prima è rigida, sospettosa, odiatrice del nuovo (detesta anche le penne biro che cominciano a diffondersi), temuta da tutti per la sua ottusa severità, passatista nei metodi e nei contenuti, incline alla caccia alle streghe in ogni circostanza, dalla più piccola alla più grave, immensamente sola in questa sua crociata. Dall’altra il sacerdote (che per essere un maschio è suo superiore nella gerarchia) portato invece al rinnovamento, duttile e comprensivo con i ragazzi cui insegna, con cui gioca a pallone, con cui parla, non alieno dal darsi ai piaceri della tavola e del fumo. Lui è sospettato dalla suora di aver corrotto e insidiato un giovanissimo allievo di pelle nera, l’unico afroamericano della scuola fino a che egli sceglie di lasciare la parrocchia chiedendo il trasferimento che otterrà in una zona molto più prestigiosa (promoveatur ut amoveatur). Ci viene così il dubbio che egli menta e la suora abbia ragione. Ma chi ci dice che la suora ha ragione se non ci sono prove? Devo confessare che il film mi ha catturato come pochi. Ho trovato perfetto il ritmo, l’interpretazione, la fotografia di Roger Deakins, centrati i personaggi minori, ricostruito con cura un clima a metà fra chiusura e rinnovamento. E non credo abbia molta importanza che al centro del discorso ci siano due religiosi, perché le domande che si affacciano alla mente non sono esclusivamente legate a quell’ambito e rivestono valore anche per chi come me è gnostica e laica. E comunque due attori come i protagonisti sono una vera… benedizione del cielo!
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claudus
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martedì 2 giugno 2009
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pensare come scegliere un dubbio
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Ho appena finito di vedere il film,il quale non lascia la sensazione di trovarsi davanti a un capolavoro,ma forse di lasciarselo alle spalle.
Muore nel dubbio.
Ma che sciocchezza e originalità dovrebbe esserci in questo finale?
Chi esce da una sala o ,più precisamente chi attraversa le opere d'arte necessariamente attraversa un conflitto,pertanto i dubbi non sono che pensieri combattenti.
E i pensieri sono sempre in lotta.
Questa pellicola è un palese avvicinamento,ed anzi,è questa la sua virtù...Avvicina al dubbio analizzandolo,è un thriller dialettico,un'indagine psicanalitica di una paranoica e straordinaria Meryl Streep che vuole a tutti i costi inchiodare sul suo lettino il paziente Hoffmann,il quale vorrebbe confessare ,ma "non può pentirsi".
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Ho appena finito di vedere il film,il quale non lascia la sensazione di trovarsi davanti a un capolavoro,ma forse di lasciarselo alle spalle.
Muore nel dubbio.
Ma che sciocchezza e originalità dovrebbe esserci in questo finale?
Chi esce da una sala o ,più precisamente chi attraversa le opere d'arte necessariamente attraversa un conflitto,pertanto i dubbi non sono che pensieri combattenti.
E i pensieri sono sempre in lotta.
Questa pellicola è un palese avvicinamento,ed anzi,è questa la sua virtù...Avvicina al dubbio analizzandolo,è un thriller dialettico,un'indagine psicanalitica di una paranoica e straordinaria Meryl Streep che vuole a tutti i costi inchiodare sul suo lettino il paziente Hoffmann,il quale vorrebbe confessare ,ma "non può pentirsi"... E pure, l'indizio che lei coglie dalla finestra è molto interessante,non meno delle foglie che la travolgono nel vento dopo aver finito la discussione con la madre del ragazzino di colore.
Quelle foglie sono le piume del sermone di Padre Philip.
ogni opera ci parla di qualcosa,questa volta il titolo sintetizza più di altre tutto l'articolo che leggeremo.
L'opera mette in scena il titolo,parte dal titolo e finisce nel titolo.
Dubita lui con il suo sermone iniziale...offrendo il Cristo che non lascia mai soli.
E lei finisce con la confessione del suo dubbio.
Lei,infine, si pente del proprio dubbio,poichè potrebbe essere colpevole in quanto precedentemente quel dubbio medesimo era volontà che voleva,che sapeva il suo istinto,la sua sensazione,che forse nasceva dalla sua integerrima moralità inossidabile.
Domanda : il dubbio è una domanda senza risposta e quindi con infinite risposte ,oppure, è l'indecisione fra due opzioni soltanto?
Forse è proprio questa la differenza...La differenza che passa fra "dubbio" e "pensiero":
Il "pensiero" non è sempre costretto a scegliere,il "dubbio" si.
Il dubbio strangola il suo "come".
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blueberry88
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martedì 18 febbraio 2014
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che fate quando vi sentite insicuri?
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In una scuola cattolica del Bronx, l’anno successivo all’omicidio di Kenndy, Don Flynn (Seymour Hoffman) recita un sermone sul dubbio. Il dubbio insito nella fede, non soltanto religiosa. Il sermone fa da preambolo a tutta la vicenda, che ruota attorno a due opposti: da un lato il singolare parroco Don Flynn, che fuma, prende tre zollette di zucchero nel caffè, tiene le unghie lunghe e non si trattiene dal dispensare affetto ed incoraggiamento a tutti. Dall’altro lato, sorella Aloysius (Maryl Streep), rigida e bisbetica preside della scuola.
E’ proprio in lei che si instillerà il dubbio che Don Flynn dia “troppe attenzioni” ad un ragazzino di colore, bistrattato dagli altri studenti, non accettato da nessuno, neppure da suo padre.
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In una scuola cattolica del Bronx, l’anno successivo all’omicidio di Kenndy, Don Flynn (Seymour Hoffman) recita un sermone sul dubbio. Il dubbio insito nella fede, non soltanto religiosa. Il sermone fa da preambolo a tutta la vicenda, che ruota attorno a due opposti: da un lato il singolare parroco Don Flynn, che fuma, prende tre zollette di zucchero nel caffè, tiene le unghie lunghe e non si trattiene dal dispensare affetto ed incoraggiamento a tutti. Dall’altro lato, sorella Aloysius (Maryl Streep), rigida e bisbetica preside della scuola.
E’ proprio in lei che si instillerà il dubbio che Don Flynn dia “troppe attenzioni” ad un ragazzino di colore, bistrattato dagli altri studenti, non accettato da nessuno, neppure da suo padre. Tutto il film ruota attorno alla psicologia del dubbio, con lo scopo di fare notare come tale sentimento sia proprio della natura umana, e che spesso sussista come semplice frutto di arbitrarie impressioni. Le accuse di pedofilia che Aloysius muove verso Don Flynn, non si basano su alcuna prova dei fatti, ma sono scaturite da una sua convinzione interiore irrazionale: “ io conosco le persone” dice, infatti.
Il film fa pensare a come spesso si accoglie il diverso, che rappresenta ai nostri occhi una minaccia, pur senza che lo conosciamo veramente, soloe perché abbiamo la mente chiusa.
Alla fine, la spunterà Aloysius, che spingerà Don Flynn a dimettersi, senza che allo spettatore venga svelata la verità dei fatti: se ne sarà andato per paura delle minacce Aloysius che giurava di andare a fondo nella vicenda frugando nel suo oscuro passato, oppure perché rassegnato alla vita che gli spetta, in quanto prete atipico e moderno, contrario alla rigidità delle tipiche istituzioni del tempo e dalla mentalità aperta? L’importante non è la risposta, ma proprio il fatto che anche in noi sia nato il dubbio che in mancanza di prove non si risolverà mai se non attraverso il filtro indistruttibile dei nostri pregiudizi. A questo proposito, ottima la recitazione di Seymour Hoffman, che davvero non lascia intravedere nessuna verità né da un senso né dall’altro, rimanendo ambiguo fino all’ultimo e in ogni scena.
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luigi chierico
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giovedì 17 aprile 2014
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avevo un dubbio
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Dietro la macchina da presa c’è John Patrick Shanley, molto bravo nel riprendere quasi interamente le scene in primo piano.Non vi è espressione,sguardo,stupore che il regista non scopra sui volti dei grandissimi attori,come in quelli dei meno famosi:Meryl Streep,Philip Seymour Hoffman,Viola Davis ed Amy Adams.
Oltre i volti non c’è altro da mostrare se non tonache nere di preti e suore,tra chiesa e scuola di religiosi,bisogna entrare nell’animo, nel cuore e nella testa dei maggiori protagonisti di questa tremenda vicenda:suor Aloysius Beauvier,Padre Flynn, della signora Muller e della giovane insegnante suor James.
Non assisteremo ad un dramma o tragedia reale ma surreale ed altrettanto devastante.
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Dietro la macchina da presa c’è John Patrick Shanley, molto bravo nel riprendere quasi interamente le scene in primo piano.Non vi è espressione,sguardo,stupore che il regista non scopra sui volti dei grandissimi attori,come in quelli dei meno famosi:Meryl Streep,Philip Seymour Hoffman,Viola Davis ed Amy Adams.
Oltre i volti non c’è altro da mostrare se non tonache nere di preti e suore,tra chiesa e scuola di religiosi,bisogna entrare nell’animo, nel cuore e nella testa dei maggiori protagonisti di questa tremenda vicenda:suor Aloysius Beauvier,Padre Flynn, della signora Muller e della giovane insegnante suor James.
Non assisteremo ad un dramma o tragedia reale ma surreale ed altrettanto devastante.La posizione della responsabile della scuola nei confronti di padre Flynn è rigida ed inflessibile,lei è irremovibile nel perseguire quello che è il risultato soltanto di una sua certezza.Alle accuse rivoltegli da suor Aloysius il prete replicherà:”Lei non ha nessuna prova”e lei di rimando“Ho le mie certezze”.
Quante volte sentiamo fare questa affermazione,a giustificazione di una condanna,da tanti giudici che si arrogano il diritto di pater dire“La certezza dei nostri processi sta nel fatto che giudichiamo nell’intimo convincimento”;là dove invece il dubbio deve essere un vincolo potente quanto la certezza;così tanti innocenti vengono condannati.
Tuttavia è anche vero che alcuni che si professano seguaci di Cristo si addormentano,come gli apostoli a Getsemani,invece di vigilare su cosa accade intorno a loro,e non odono le grida di giovani vittime innocenti!
L’accusa rivolta è quella di pedofilia,il sospetto si insinua nella mente della direttrice conservatrice e,come un tarlo,rode dentro sino al cervello e al cuore,acceca la vista e la rende sorda,tanto da diffidare anche delle verità rivelate.
Gli incontri scontri sono diversi e tutti di rara potenza verbale.Suor Aloysius Beauvier non si confronterà solo con Padre Flynn,due mostri di bravura,ma anche con la mamma del dodicenne Donald Miller.In questa parte Viola Davis non solo è all’altezza degli altri due ma forse ha qualcosa in più,è la madre che deve difendere,come una leonessa,suo figlio,unico studente di colore su cui si vogliono far ricadere delle colpe.L’incontro delle due donne è una pagina bellissima, memorabile per dialettica ed interpretazione,ma non servirà a distogliere suor Aloysius dal suo intento.
Bello il sermone di Padre Flynn sulle conseguenze di un pettegolezzo,sono rappresentate nell’allegoria di un cuscino aperto al vento che disperde le sue piume dappertutto senza che non si possano più raccogliere. Ricorda quel che Rossini,sulla calunnia, fa cantare ad un altro prete,a Don Basilio,in sintesi:”La calunnia è un venticello,piano piano,terra terra, sottovoce, sibilando va ronzando nelle orecchie della gente.Dalla bocca fuori uscendo vola già di loco in loco e il meschino è calunniato,avvilito, calpestato”.
All’immagine delle piume si unisce quella delle foglie secche,morte,cadute per terra e sollevate dal vento sulla suora calunniatrice.Ed ancora,sul finire,nel periodo di Natale,il film si chiude con un giardino con alberi e panchine ricoperto di neve,candido nella sua purezza in cui si vede una sola macchia nera:è suor Aloysius che confessa“Avevo un dubbio!”.
Padre Flynn oramai non c’è più,ed oggi,purtroppo non c’è più neanche il bravissimo ed indimenticabile Philip Seymour Hoffman, scomparso pochi mesi fa a 52 anni. chigi chibar22@libero.it
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cela
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mercoledì 4 febbraio 2009
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non c'è dubbio sugli attori
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Brooklyn 1964, a un anno dalla morte di JFK e Giovanni XXIII, in pieno Concilio Vaticano II: la chiesa è sconquassata da tendenze riformatrici e conservatrici ed in una piccola scuola cattolica questo scontro è rappresentato da Suor Aloysius, dura, severa e tradizionalista custode delle regole, Suor James, pura e timida innovatrice, e Padre Flynn, suadente e moderno predicatore amato dai fedeli. Un sospetto abuso di quest'ultimo, ai danni dello scolaro nero Donald Miller, è la bomba silenziosa che deflagra tra le mura di Dio e fa esplodere il dubbio del titolo. Un film d'attori, grandissimi attori, dove nel duello tra Hoffman e la Streep,"vince" la Adams che, come detto prima, ha il dono della purezza, e di conseguenza non vuol nemmeno credere alle accuse della Suora Superiora, e timida anzi intimorita dalla stessa Streep che la rimprovera d'ingenuità.
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Brooklyn 1964, a un anno dalla morte di JFK e Giovanni XXIII, in pieno Concilio Vaticano II: la chiesa è sconquassata da tendenze riformatrici e conservatrici ed in una piccola scuola cattolica questo scontro è rappresentato da Suor Aloysius, dura, severa e tradizionalista custode delle regole, Suor James, pura e timida innovatrice, e Padre Flynn, suadente e moderno predicatore amato dai fedeli. Un sospetto abuso di quest'ultimo, ai danni dello scolaro nero Donald Miller, è la bomba silenziosa che deflagra tra le mura di Dio e fa esplodere il dubbio del titolo. Un film d'attori, grandissimi attori, dove nel duello tra Hoffman e la Streep,"vince" la Adams che, come detto prima, ha il dono della purezza, e di conseguenza non vuol nemmeno credere alle accuse della Suora Superiora, e timida anzi intimorita dalla stessa Streep che la rimprovera d'ingenuità. Suor James(Adams) trasprta lo spettatore continuamente da un' estremità all'altra del dubbio, fino all'(irrisolto) epilogo finale.
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