rosalinda gaudiano
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lunedì 4 maggio 2009
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...meglio essere "etero"
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Nacho Garcìa Velilla, regista spagnolo, impegnato per lo più in serie televisive, con “Fuori Menù” debutta nella regia cinematografica, adottando un registro, comico all’apparenza, ma anche drammatico nella sostanza. Il suo stile si può paragonare a quello di Almodovar, che alterna con delicatezza drammaticità e comicità, tragedia e parodia? No, decisamente no. Ma non per questo Velilla può essere giudicato inferiore o addirittura maldestramente debuttante. Anzi, al contrario ha dimostrato di essere stato, tutto sommato, capace di raccontare, con capacità comunicativa e convincente creatività, una storia particolare nel suo genere, non priva di messaggi audaci, che rimandano alla contemporaneità del quotidiano vivere della società spagnola.
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Nacho Garcìa Velilla, regista spagnolo, impegnato per lo più in serie televisive, con “Fuori Menù” debutta nella regia cinematografica, adottando un registro, comico all’apparenza, ma anche drammatico nella sostanza. Il suo stile si può paragonare a quello di Almodovar, che alterna con delicatezza drammaticità e comicità, tragedia e parodia? No, decisamente no. Ma non per questo Velilla può essere giudicato inferiore o addirittura maldestramente debuttante. Anzi, al contrario ha dimostrato di essere stato, tutto sommato, capace di raccontare, con capacità comunicativa e convincente creatività, una storia particolare nel suo genere, non priva di messaggi audaci, che rimandano alla contemporaneità del quotidiano vivere della società spagnola. Maxi (eccezionale Javier Càmara, primo premio come miglior attore al festival di Malaga2008), è splendidamente gay ed è un cuoco abbastanza noto nell’ambiente della ristorazione per la sua geniale creatività gastronomica. Il suo ristorante, alla moda, è situato nel quartiere gay di Madrid. Ambiente elettrizzante, curato nei minimi particolari, il ristorante di Maxi è un microcosmo di “diversità”: c’è Alex (Lola Duenas), il maitre, niente male come donna, ma sfortunata nei suoi incontri sentimentali, affiancata da uno stravagante ed irriverente staff di cuochi, ognuno debitamente caratterizzato, e che rappresentano in un certo senso un po’ i legami affettivi di Maxi. Chiaramente il film ruota intorno alla figura di questo cuoco raffinato, i cui piatti sono elaborati spesso con chiari riferimenti alle gioie del sesso, e che agogna di raggiungere la tanto auspicata stella sulla famosa Guida Michelin. Ma Maxi, omosessuale, innamorato di Horatio (Benjamìn Vicuna), ex calciatore argentino, giovane ed avvenente, è anche il padre di Edu e di Alba, i due figli avuti dal suo matrimonio, ormai però rimasti orfani di madre e, gioco forza, ritornati sotto la tutela del non amato padre. La storia raccontata da Velilla rispecchia nella figura di Maxi quella drammaticità di sentimenti contrastanti, di emozioni ricercate in uno spazio di nicchia, unico universo concesso ad un omosessuale come Maxi , che tutto sommato deve pur sempre fare i conti con una società ancora succube di arcaici dettami culturali che escludono gli omosessuali dal comune vivere quotidiano. Il film racconta con sorprendente agilità nei dialoghi, con battute esilaranti ed anche assai colorite, pur mantenendo un registro di sottotono drammatico, l’importanza che per ogni persona, omosessuale o non, abbia l’arricchire e rendere significativa la propria esistenza costruendo legami affettivi solidi, garanti di emozioni piene e legittime. E qui Velilla, sapientemente, punta il dito sulla confusione che esiste oggi nella società spagnola, che nonostante abbia legittimato la normativa sul riconoscimento delle coppie gay nella legislazione statuale, vive un momento di forte confusione identitaria. Confusione che Velilla fa trapelare tra le stesse relazioni dei personaggi del film, riuscendo con l’opera in una perfetta comunicazione del messaggio mediatico. Pur nella complessità della costruzione globale dell’opera, per la particolarità e la delicatezza della tematica, Velilla è riuscito molto bene a centrare appieno il bersaglio.
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loladarlyn
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domenica 3 maggio 2009
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fuori menù...nessun imprevisto!
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Per chi come me è una neofita dei fornelli,una novizia di dosi e ingredienti e di tutto il complicato frasario culinario, imbattersi in questo film è quasi liberatorio. Intendiamoci,lungi dall'attribuire un significato alto all'arte dell'accostamento dei sapori come spesso accade nelle ridondanti descrizioni di leziosi critici gastronomici, molto più semplicemente mi accontento finalmente di comprenderne il senso più terreno e materiale.
Se all'inizio il simpatico ometto con gli occhiali si dedica tutto serioso alla composizione di un piatto declamandone le qualità metafisiche con sapiente oratoria da chef,alla fine del film anche lui non sarà più così convinto delle doti estetiche di un piatto di lenticchie!
Di proposito prendo le distanze dal nucleo tematico del film ovvero l'omosessualità del protagonista e il suo riconciliarsi con i figli per tanto tempo ignorati e dunque col modello di famiglia tradizionale.
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Per chi come me è una neofita dei fornelli,una novizia di dosi e ingredienti e di tutto il complicato frasario culinario, imbattersi in questo film è quasi liberatorio. Intendiamoci,lungi dall'attribuire un significato alto all'arte dell'accostamento dei sapori come spesso accade nelle ridondanti descrizioni di leziosi critici gastronomici, molto più semplicemente mi accontento finalmente di comprenderne il senso più terreno e materiale.
Se all'inizio il simpatico ometto con gli occhiali si dedica tutto serioso alla composizione di un piatto declamandone le qualità metafisiche con sapiente oratoria da chef,alla fine del film anche lui non sarà più così convinto delle doti estetiche di un piatto di lenticchie!
Di proposito prendo le distanze dal nucleo tematico del film ovvero l'omosessualità del protagonista e il suo riconciliarsi con i figli per tanto tempo ignorati e dunque col modello di famiglia tradizionale. Lo faccio perchè non posso credere che ancora si senta il bisogno di legittimare la figura del gay quarantenne non bellissimo e con qualche chilo di troppo con una storia "edificante" che ne faccia la caricatura di un padre premuroso con il "vizietto".
Non erano molto più simpatici Serrault e Tognazzi che vivevano soli e felici nella loro dimora ultrakitsch tra paillettes e sculture "falliche" senza nessun senso di colpa?
L'unica conclusione possibile è che oggi nel cinema si fa ancora fatica a liberare le storie dei personaggi gay da fronzoli moralistici e che si riesce a raccontare storie d'amore omosessuale solo se "condite" dall'irrinunciabile corollario di figli e famiglia.
"Fuori menù" è quindi una divertente e colorata commedia culinaria sulle gioie del cibo inteso come sesso e tripudio di sensi (è questa la massima trasgressione consentita) ma un mediocre film sull'amore da vivere in modo libero e incondizionato.
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