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jourdain
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domenica 17 giugno 2007
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realtà giornalistica ed allarmismo
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Due punti di questo film vorrei che fossero notati:
- le vicende del serial killer non sono altro che un pretesto per mettere in scena l'odierna situazione americana, in allarme continuo verso ogni cosa o persona sospettata come possibile terrorista
- la potenza mediatica dei quotidiani che creano una pseudo-realtà; questa creazione giornalistica ha una tale potenza da essere considerata dai lettori e spesso dagli stessi addetti come la vera realtà: il ricercato scrive alla polizia lettere che descrivono gli omicidi compiuti proprio come erano stati descritti qualche giorno prima dai quotidiani.
La confusione è tale da confondere gli stessi investigatori riguardo la distinzione tra i fatti realmente accaduti e quelli creati involontarianente dai giornali.
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Due punti di questo film vorrei che fossero notati:
- le vicende del serial killer non sono altro che un pretesto per mettere in scena l'odierna situazione americana, in allarme continuo verso ogni cosa o persona sospettata come possibile terrorista
- la potenza mediatica dei quotidiani che creano una pseudo-realtà; questa creazione giornalistica ha una tale potenza da essere considerata dai lettori e spesso dagli stessi addetti come la vera realtà: il ricercato scrive alla polizia lettere che descrivono gli omicidi compiuti proprio come erano stati descritti qualche giorno prima dai quotidiani.
La confusione è tale da confondere gli stessi investigatori riguardo la distinzione tra i fatti realmente accaduti e quelli creati involontarianente dai giornali. La realtà diventa quella dei giornali e le soluzioni al caso diventano introvabili.
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rob
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sabato 16 giugno 2007
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un thriller meticoloso, pignolo, attento
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Il film è incentrato sull'indagine ed è meticoloso fino alla pignoleria. Questo, unito alla durata forse eccessiva, toglie qualcosa allo spettacolo e ne fa quasi un saggio "storico", più che un thriller. Ho trovato strepitosa la scena in cui il protagonista si trova al cospetto di quello che ha forse ospitato l'assassino e, improvvisamente, comincia a sospettare sia lui stesso il killer. A mio parere la scena è perfetta e ricca di una tensione che testimonia dell'ottima sceneggiatura e della impeccabile recitazione degli attori.
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marta sgrilla
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giovedì 14 giugno 2007
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zodiac colpirà ancora!!!!!!
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Dalle 10.30 alle 2.00 di notte sono stata con il fiato sospeso al cinema...chi cavolo è Zodiac????? è lui o non è lui il pazzo che uccide con il suo cappuccio nero e la croce del suo orologio sulla maglia... e poi il mitico vignettista Jake Gyllenhaal che con il suo sguardo ipnotico e ossessivo ci conquista fino alla fine!! 3 stupende ore con una Los Angeles mai vista così impaurita!Bel trhiller alla faccia di quello schifo di Di Caprio su "The Departed"!!!!! Jake and Heath are the best
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riccardo
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martedì 12 giugno 2007
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la suspance è sulla scrivania.
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Può un thriller tenere desta l'attenzione del pubblico per oltre due ore e mezza stravolgendone i canoni della linea narrativa tipica a stelle e strisce? La risposta è si; ma è necessaria una sceneggiatura non banale, dialoghi ritmati, interpreti in forma e un regista che ti sappia regalare almeno un paio di scene da brivido in 150 minuti di film. Perchè per le altre si "limita" a tratteggiare con mestiere una vicenda torbida, oscura che si protrae per anni senza chiarire definitivamente quasi nulla di essa.
David Fincher ha molta affinità con cadaveri e detective sin da "Seven". Qui però la suspance da brivido non si manifesta. Il regista americano ci vuole immergere in una sorta di docu-dramma in cui contano di più gli investigatori dell'assassino, le notti insonne trascorse a scovare anche il minimo indizio sul serial killer che ha sconvolto San Francisco a cavallo tra gli anni '60 e '70.
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Può un thriller tenere desta l'attenzione del pubblico per oltre due ore e mezza stravolgendone i canoni della linea narrativa tipica a stelle e strisce? La risposta è si; ma è necessaria una sceneggiatura non banale, dialoghi ritmati, interpreti in forma e un regista che ti sappia regalare almeno un paio di scene da brivido in 150 minuti di film. Perchè per le altre si "limita" a tratteggiare con mestiere una vicenda torbida, oscura che si protrae per anni senza chiarire definitivamente quasi nulla di essa.
David Fincher ha molta affinità con cadaveri e detective sin da "Seven". Qui però la suspance da brivido non si manifesta. Il regista americano ci vuole immergere in una sorta di docu-dramma in cui contano di più gli investigatori dell'assassino, le notti insonne trascorse a scovare anche il minimo indizio sul serial killer che ha sconvolto San Francisco a cavallo tra gli anni '60 e '70.
I personaggi sono tutti molto ben strutturati e il cast sostiene un film sicuramente prolisso ma mai tedioso. Strano a dirsi per un giallo in cui sono numerose le sequenze girate tra un dipartimento di polizia ed una testata giornalistica. Scene in cui la pelle d'oca non affiora. Ma è proprio in virtù della sua anticonvenzionalità che il nuovo film di Fincher riesce a colpire nel segno. I rapporti umani qui sono ben saldi, sia in positivo che in negativo, ognuno ha una strada da percorrere. Chi in un'ostinazione a lungo termine (come il vignettista Graysmith) chi ormai nauseato dall'arredamento che lo circonda ogni giorno e notte, e non è quello accogliente di casa (il detective Armostrong che abbandona il caso), chi invece spreca il proprio talento dietro all'alcool (il giornalista Avery).
Fincher è essenziale nella brutalità dei delitti, punta all'ossessione verso un caso irrisolto ma che pesa ancora come un macigno e inserisce in prima linea il fenomeno sempre più in espansione dei media.
Probabilmente però tutti questi dispositivi di qualità sarebbero stati vani senza un cast strepitoso come quello che il manicale Fincher ha formato. Davvero eccellenti, tutti: Gyllenhall pone un'altra gemma rilevante nella sua breve ma già rilevante carriera, Ruffalo ha smesso di stupirci da un pezzo, mentre Doqney Jr. interpreta senza macchie un personaggio che è in realtà un suo alter-ego. Solo con un occupazione diversa. Del suo personaggio Fincher ha fatto sparire le tracce senza badare per il sottile e questo ci dispiace parecchio perchè eravamo abituati al suo carisma.
Gli americani non hanno gradito particolarmente l'operazione autoctona Zodiac, forse ormai troppo assuefatti dalle oscenità da "brivido" che gli propina mamma-Hollywood ("Saw" "Hostel" e i loro figli). Qui però pulsa il cinema vero.
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ales69
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lunedì 11 giugno 2007
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thriller all'americana
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La trama del film e' banale, comunque il film si segue bene, per chi ama questo genere si puo' accontentare, non e' certo un film da non perdere..
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kika
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sabato 9 giugno 2007
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grande david fincher
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Un cine-documento senza precedenti!!! Raramente è capitato di vedere un film di 3 ore scivolare sotto gli occhi con tanta rapidità: mai un momento di noia, mai una caduta di stile e sempre interpretazione di grande livello. David Fincher ha centrato di nuovo il bersaglio; perfetta in fine la scelta del cast. Pagate il biglietto e andate a vederlo, ne vale davvero a pena
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antonello villani
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venerdì 8 giugno 2007
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l'ossessione per l'assassino senza volto
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David Fincher torna a parlare di crimini nei district americani. Stavolta il regista di “Seven” s’ispira alla vera storia di Arthur Leigh Allen ovvero il maggior indiziato di una serie di delitti che sconvolsero la California alla fine degli anni ’60. Sì, perché il presunto colpevole morì prima del confronto con giudici e periti lasciando inquirenti e profiler con tanto di naso. Oltre due ore tra indagini e morti ammazzati, redazioni di quotidiani e centrali di polizia in allerta per le uccisioni a sangue freddo di un killer seriale che si firma Zodiac; particolari che prendono forma, articoli di giornale, perizie grafologiche, vignettisti che s’improvvisano detective, il film cerca la verità nell’apparente normalità perché il male, nella sua banalità, si nasconde ovunque.
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David Fincher torna a parlare di crimini nei district americani. Stavolta il regista di “Seven” s’ispira alla vera storia di Arthur Leigh Allen ovvero il maggior indiziato di una serie di delitti che sconvolsero la California alla fine degli anni ’60. Sì, perché il presunto colpevole morì prima del confronto con giudici e periti lasciando inquirenti e profiler con tanto di naso. Oltre due ore tra indagini e morti ammazzati, redazioni di quotidiani e centrali di polizia in allerta per le uccisioni a sangue freddo di un killer seriale che si firma Zodiac; particolari che prendono forma, articoli di giornale, perizie grafologiche, vignettisti che s’improvvisano detective, il film cerca la verità nell’apparente normalità perché il male, nella sua banalità, si nasconde ovunque. Sillogismo da brividi eppure la storia è piena di uomini caucasici, ben inseriti e con un rapporto disturbato con il sesso: deliri di onnipotenza, messaggi in codice che parlano di paradiso ed inferno, eserciti di schiavi e giudizi divini, alfabeti medievali e simboli astrologici, la mente umana è più complessa di quanto si possa immaginare. Così alcuni poliziotti e giornalisti si mettono sulle tracce dell’assassino restando intrappolati in quel gioco perverso ben delineato nei manuali di psichiatria: il colpevole vuole essere arrestato per mettere fine ai suoi deliri, ma sfida gli inseguitori con continui indovinelli che misurano l’intelligenza. Fincher scivola nella prima parte con la spettacolarizzazione del male, edulcora la tensione sino a farla diventare show televisivo ma restituisce al pubblico l’ossessione di cui sono vittima i protagonisti. Qualcuno ci rimette il distintivo e qualcun altro la famiglia, il puzzle resta incompiuto per oltre vent’anni sino a quando emergono nuovi elementi di prova. Jake Gyllenhaal e Mark Ruffalo sono i magnifici interpreti di questa storia di ordinaria follia; Robert Downey Jr. è il giornalista un po’ troppo gigione che getta la spugna ritirandosi a vita privata. Il regista di “Seven” non riesce ad evitare qualche scivolone e ci propina le dirette tv con i mitomani che respirano affannosamente al telefono: linee bollenti con squilli che invadono le redazioni, indizi che si susseguono sino al misterioso epilogo. Arthur Leigh Allen si è portato il segreto nella tomba, David Fincher ha cercato la verità scartabellando tra i documenti investigativi. Alcuni enigmi restano tuttora irrisolti, altri sono nascosti nei meandri della follia umana. Il film restituisce integri quell’estate del ’69 e gli anni che ne seguirono.
Antonello Villani
(Salerno)
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nico
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venerdì 8 giugno 2007
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zodiac - omicidi e ossessioni nella s.f. anni 60.
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Il film di Fincher ha, indubbiamente, alcune sequenze che rimarranno impresse nella mente dello spettatore, come quelle delle malcapitate coppie nel parco e al lago, o quella in cui il vignettista è in casa nello scantinato di un presunto killer. Solo che quello che non funziona nel film è tutto il resto. Tutto si arena in un lungo e noioso susseguirsi di dialoghi e sequenze che vedono protagonisti da una parte i giornalisti e dall'altra le Forze dell'Ordine, in cerca di una verità, ma lo sviluppo della vicenda non desta il minimo interesse.
Comunque gli attori fanno la loro ottima figura e la parte tecnica non disdegna.
Il regista ha stile e si vede, ma con il materiale che aveva tra le mani poteva fare molto di più.
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Il film di Fincher ha, indubbiamente, alcune sequenze che rimarranno impresse nella mente dello spettatore, come quelle delle malcapitate coppie nel parco e al lago, o quella in cui il vignettista è in casa nello scantinato di un presunto killer. Solo che quello che non funziona nel film è tutto il resto. Tutto si arena in un lungo e noioso susseguirsi di dialoghi e sequenze che vedono protagonisti da una parte i giornalisti e dall'altra le Forze dell'Ordine, in cerca di una verità, ma lo sviluppo della vicenda non desta il minimo interesse.
Comunque gli attori fanno la loro ottima figura e la parte tecnica non disdegna.
Il regista ha stile e si vede, ma con il materiale che aveva tra le mani poteva fare molto di più.
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david 6 mitico
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martedì 5 giugno 2007
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fincher e' il re indiscusso del thriller
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CHI DICE CHE IL FILM E' NOIOSO NON CAPISCE NIENTE DI CINEMA.
FINCHER PUNTA ALLA DUREZZA E CI RIESCE IN PIENO, GIA' ALL'INIZIO ASSISTIAMO A UNA SCENA MOLTO FORTE (E DIREI ANCHE MOLTO BEN FATTA) DI UN OMICIDIO DI 2 ADOLESCENTI. CE LA MUSICA CHE E' ALLA FINE CHE E' STREPITOSA, IL FILM PER QUELLE 2 ORE E MEZZA TI TIENE VERAMENTE IN SOSPPESO E DICIAMOCELO CON UN FINALE INASPETTATO, NON IL SOLITO THRILLER. OTTIMI TUTTI GLI ATTORI, MA UNA PAROLA VA SPESA SU GRANDE ROBERT DOWNEY JR CHE' E' STATO UNO DEI PERSONAGGI MIGLIORI, BRAVO ANCHE QUELLO CHE FA LEE ALLEN. NON SAPREI SE SCEGLIERE TRA I FILM DI FINCHER ZODIAC O SEVEN. SPERIAMO CHE FACCIA ANCORA FILM SU DEI SERIAL KILLER ANCHE SE NON VUOLE
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