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lunedì 2 agosto 2010
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quando ognuno fa la propria parte
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A prima vista potrebbe sembrare che questo film sia una denuncia contro i metodi che negli U.S.A. sono stati adottati per combattere l’immigrazione clandestina e, con essa, il terrorismo dopo l’11 settembre. Non c’è dubbio che l’America sia un Paese multietnico, ma chi non ha mai sentito, anche in Italia, immigrati di lunga data, che ormai conoscono bene la nostra lingua e si sono inseriti nel mondo del lavoro, lamentarsi del continuo arrivo di nuovi immigrati (ovviamente provenienti da Paesi diversi dal proprio)? Sono loro spesso i primi a opporre quel poco di diritti conseguiti, il permesso di soggiorno, a chi, appena arrivato, non ha neanche quel minimo di diritti. Sono loro i primi a dimenticare di essersi trovati, solo pochi anni prima, proprio in quella situazione in cui ora si trovano coloro il cui arrivo massiccio vorrebbero arginare perchè lo vedono come una minaccia allo loro sicurezza.
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A prima vista potrebbe sembrare che questo film sia una denuncia contro i metodi che negli U.S.A. sono stati adottati per combattere l’immigrazione clandestina e, con essa, il terrorismo dopo l’11 settembre. Non c’è dubbio che l’America sia un Paese multietnico, ma chi non ha mai sentito, anche in Italia, immigrati di lunga data, che ormai conoscono bene la nostra lingua e si sono inseriti nel mondo del lavoro, lamentarsi del continuo arrivo di nuovi immigrati (ovviamente provenienti da Paesi diversi dal proprio)? Sono loro spesso i primi a opporre quel poco di diritti conseguiti, il permesso di soggiorno, a chi, appena arrivato, non ha neanche quel minimo di diritti. Sono loro i primi a dimenticare di essersi trovati, solo pochi anni prima, proprio in quella situazione in cui ora si trovano coloro il cui arrivo massiccio vorrebbero arginare perchè lo vedono come una minaccia allo loro sicurezza. Questo succede laddove le leggi sull’immigrazione sono prese poco sul serio, vengono sistematicamente disattese. Dove invece alle parole si fanno seguire i fatti la situazione si capovolge e la solidarietà rifiorisce non solo fra l’immigrato regolare e l’irregolare, ma anche tra il cittadino e l’irregolare. E’ il caso di questo film, nel quale un professore universitario vedovo e abulico ritrova passione per la vita riversando tutte le sue frustrazioni su due immigrati clandestini, ma non come razzista bensì nel senso opposto, quale dovrebbe essere fra esseri umani. Questo, a ben vedere, avviene proprio perché ognuno fa il suo dovere a tempo debito. Puntuale come la morte arriva così l’espulsione dell’amico siriano del professor Vale e la dipartita in patria di sua madre, la donna che aveva preso il posto della moglie defunta del professore. L’America dopo l’11 settembre è diventato un Paese più rigoroso ma nel contempo più integrato: è noto che la vittoria di Obama sia stata anche la conseguenza della totale perdita di peso elettorale dei leader neri che, sull’onda del movimento delle Pantere Nere, avevano monopolizzato la scena politica dalla morte di M. L. King all’estate del 2001. In fondo la violenza di quei neri era molto simile all’intolleranza dell’immigrato di lunga data in Italia che ho appena cercato di descrivere, anche loro infatti potevano vantare un diritto di precedenza rispetto ai tanti latinos arrivati in U.S.A. negli ultimi 20 anni e che hanno costruito la vittoria elettorale di W. Bush. Per tornare al film, c’è da credere che il professor Vale ritornerà a segnare il ritmo della modernità con i suoi scritti e le sue lezioni oltre che con il tamburo, magari in una N.Y.Unuversity anziché in una forse un po’ provinciale Unversità del Connecticut.
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rita branca
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lunedì 7 luglio 2014
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“non è mai troppo tardi” di rita branca
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L’ospite inatteso (The Visitor) (2007) film di Thomas McCarthy con Richard Jenkins, Haaz Sleiman, Danai Gurira, Hiam Abbass, Marian Seldes, Maggie Moore, Michael Cumpsty
Interessante studio di un personaggio, Walter Vale, un odioso e rigido professore universitario, collega algido e poco disponibile che si trasforma, grazie agli incontri giusti, in una creatura deliziosa, capace di entrare in empatia con altre e di dare loro una mano.
La metamorfosi comincia, quando, costretto a recarsi a New York per sostituire una collega in un convegno in cui deve presentare un articolo, trova il suo appartamento occupato da una giovane coppia di immigrati senza permesso di soggiorno, Tarik e Zainab che per poco non gliele suonano, convinti si tratti di un malvivente.
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L’ospite inatteso (The Visitor) (2007) film di Thomas McCarthy con Richard Jenkins, Haaz Sleiman, Danai Gurira, Hiam Abbass, Marian Seldes, Maggie Moore, Michael Cumpsty
Interessante studio di un personaggio, Walter Vale, un odioso e rigido professore universitario, collega algido e poco disponibile che si trasforma, grazie agli incontri giusti, in una creatura deliziosa, capace di entrare in empatia con altre e di dare loro una mano.
La metamorfosi comincia, quando, costretto a recarsi a New York per sostituire una collega in un convegno in cui deve presentare un articolo, trova il suo appartamento occupato da una giovane coppia di immigrati senza permesso di soggiorno, Tarik e Zainab che per poco non gliele suonano, convinti si tratti di un malvivente. E’ questo shock iniziale a scalfire la crosta di egoismo che lo ha avvolto fino a quel momento ed a guarire da quella specie di peste fatta di egoismo e pregiudizi che viene attaccata progressivamente dal contatto del bello che queste creature, ottusamente perseguitate e ciecamente maltrattate nell’America ferita dalla caduta delle Twin Tower, emanano.
Un evento drammatico fa entrare in scena Mouna, un altro delicato e pur intenso personaggio, la madre del giovane Tarik, che completa la rinascita di Walter Vale.
Molto piacevole!
Rita Branca
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filippo catani
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lunedì 6 ottobre 2014
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aprire la mente
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Un professore di economia insegna ormai da anni in Connecticut. Vedovo e con il figlio a Londra, il professore vive una vita decisamente monotona. Tutto cambia quando l'uomo deve a malincuore partire per New York per un convegno e troverà il suo vecchio e a lungo disabitato appartamento abitato da una coppia di clandestini: lui siriano e lei senegalese.
Toccante e commovente questa pellicola che sa toccare diverse corde. Il tutto ruota attorno al protagonista che ormai da tempo non riesce più a dare un senso alla propria vita o quantomeno a viverla intensamente nonostante provi con insuccesso a suonare il piano. Sarà allora l'incontro con due clandestini ad aprirgli il cuore e la mente perchè fra i tre si instaura subito un rapporto di amicizia e complicità.
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Un professore di economia insegna ormai da anni in Connecticut. Vedovo e con il figlio a Londra, il professore vive una vita decisamente monotona. Tutto cambia quando l'uomo deve a malincuore partire per New York per un convegno e troverà il suo vecchio e a lungo disabitato appartamento abitato da una coppia di clandestini: lui siriano e lei senegalese.
Toccante e commovente questa pellicola che sa toccare diverse corde. Il tutto ruota attorno al protagonista che ormai da tempo non riesce più a dare un senso alla propria vita o quantomeno a viverla intensamente nonostante provi con insuccesso a suonare il piano. Sarà allora l'incontro con due clandestini ad aprirgli il cuore e la mente perchè fra i tre si instaura subito un rapporto di amicizia e complicità. Purtroppo però, specialmente dopo l'11 settembre, gli USA hanno alzato il livello della paura e abbassato quello della tolleranza. Ecco allora che per Tarek si aprono le porte di un centro che altro non è se non l'anticamera dell'espulsione. E' quì che entrerà in scena il personaggio della madre di Tarek che riuscirà di nuovo a fare provare delle emozioni intense al professore. Una storia bella ricca di musica e ottimi dialoghi che parla a tutti coloro che hanno la voglia e il coraggio di aprire la propria mente verso il diverso da se. Ottima la prova dell'intero cast in cui spicca però la prestazione di Jenkins.
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fausta rosa
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lunedì 18 gennaio 2016
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incrocio di vite
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Nel ritmo lento e monotono della vita del protagonista, Walter Vale, irrompono le vite del siriano Tarek e della sua ragazza africana Zainabab. Nasce un’amicizia profonda , vera,soprattutto con Tarek attraverso la musica, una relazione fatta di condivisione e di empatia nella quale ognuno regala all’altro qualcosa di sé. La tensione drammatica, che vede il richiamo alla morte , all’abbandono della propria terra , alla perdita di senso per il professor Vale conserva per tutto il film un tono controllato e per questo ancor più intenso. IIl dolore, l’amarezza, la rabbia sono contenuti e si risolvono negli sguardi, nei piccoli movimenti, in brevi frasi perché è il vissuto personale che affiora e fa da filo conduttore.
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Nel ritmo lento e monotono della vita del protagonista, Walter Vale, irrompono le vite del siriano Tarek e della sua ragazza africana Zainabab. Nasce un’amicizia profonda , vera,soprattutto con Tarek attraverso la musica, una relazione fatta di condivisione e di empatia nella quale ognuno regala all’altro qualcosa di sé. La tensione drammatica, che vede il richiamo alla morte , all’abbandono della propria terra , alla perdita di senso per il professor Vale conserva per tutto il film un tono controllato e per questo ancor più intenso. IIl dolore, l’amarezza, la rabbia sono contenuti e si risolvono negli sguardi, nei piccoli movimenti, in brevi frasi perché è il vissuto personale che affiora e fa da filo conduttore. L’arrivo di Mouna , la madre di Tarek, che da 5 giorni non ha notizie del figlio, arricchisce la trama di un altro tassello : un’altra vita che ha fatto l’esperienza del distacco, ma che riesce, con moderazione ad aprirsi all’altro, sia a Zainabab, sebbene rilevi che è proprio nera, sia a Walter da cui accetta l’invito a teatro e a cui confida il suo senso di colpa per il rimpatrio forzato del figlio. Un film delicato ed elegante che affronta con stile e completezza problematiche tanto psicologiche quanto civili, offrendo allo spettatore un esempio di integrazione attraverso la partecipazione l’uno alla vita dell’altro
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areknames
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giovedì 11 giugno 2009
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bel film
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Un film toccante, pieno di sfumature e di significati intrinsechi. Una descrizione curata e minuziosa degli USA dopo l'attentato del 2001 con riferimenti delicati ma allo stesso tempo incisivi.
Le figure dei protagonisti non sono mai fuori luogo con dialoghi oserei dire "signorili" ed aristocratici.
Fondamentale la parte del Professor Wale che con coraggio e delicatezza si muove in zone inesplorate a lui sconosciute.
Non importa essere clandestini nel mondo, importa invece difendersi dalla clandestinità presente in noi stessi ed è proprio con l'apertura nei confronti delle persone e dei sentimenti semplici che il Professor Wale vince all'apparenza con fatica questa sua condizione di apatia verso tutto e tutti.
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Un film toccante, pieno di sfumature e di significati intrinsechi. Una descrizione curata e minuziosa degli USA dopo l'attentato del 2001 con riferimenti delicati ma allo stesso tempo incisivi.
Le figure dei protagonisti non sono mai fuori luogo con dialoghi oserei dire "signorili" ed aristocratici.
Fondamentale la parte del Professor Wale che con coraggio e delicatezza si muove in zone inesplorate a lui sconosciute.
Non importa essere clandestini nel mondo, importa invece difendersi dalla clandestinità presente in noi stessi ed è proprio con l'apertura nei confronti delle persone e dei sentimenti semplici che il Professor Wale vince all'apparenza con fatica questa sua condizione di apatia verso tutto e tutti.
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edmund
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giovedì 3 aprile 2025
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privato o pubblico?
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Stimato prof universitario vedovo e anche un po' "woke" in pieno climaterio virile affetto da un' irrimediabile senso di solitudine si mette in casa due clandestini e finisce per suonare il tamburo in metropolitana. Questo è ciò che verosimilmente scriverebbe un trumpista tipico americano o la sua versione d'accatto più casereccia de noantri.
Volendo invece approfondire moderatamente, direi che il film è tremendamente attuale e pone ben altre questioni.
Forse è vero, "Non possiamo accogliere tutti indiscriminatamente”. Sembra fin troppo giusto, molto ragionevole e imparziale al punto, ironia della sorte, da essere quasi “morale” pure.
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Stimato prof universitario vedovo e anche un po' "woke" in pieno climaterio virile affetto da un' irrimediabile senso di solitudine si mette in casa due clandestini e finisce per suonare il tamburo in metropolitana. Questo è ciò che verosimilmente scriverebbe un trumpista tipico americano o la sua versione d'accatto più casereccia de noantri.
Volendo invece approfondire moderatamente, direi che il film è tremendamente attuale e pone ben altre questioni.
Forse è vero, "Non possiamo accogliere tutti indiscriminatamente”. Sembra fin troppo giusto, molto ragionevole e imparziale al punto, ironia della sorte, da essere quasi “morale” pure.
Oppure il protagonista vuole chieder(si)ci se "sia meglio farsi ispirare dall’astrattezza metafisica della pietà o rassegnarsi all’apologia realista della crudeltà?
Oppure non è poi così vero che la faccenda "non riguarda il professore" come dice Mouna la madre di Tarek. Forse questa è una questione che riguarda ciascuno di noi!
Ogni persona nel suo piccolo privato è chiamato a prendere delle decisioni che non mancheranno di pesare sul resto della vita personale e possibilmente di quella altrui. Potrebbe darsi che il singolo diventi decisivo potenzialmente su convinzioni e comportamenti che hanno implicazioni più vaste a livello, sociale? La vita privata del singolo cittadino può avere un effetto dirompente sui costumi pubblici di un’intera comunità al punto da renderla “mostruosa”? Il prof Walter Vale non si è chiuso nel suo particolare “dolore privato”. Ma si è sentito chiamato ad un atto di responsabilità collettiva, in veste di partecipe integrante di una comunità più vasta che trascende la mera appartenenza territoriale. O forse un appello alle dinamiche del privato rischia di essere del tutto inutile e dannoso persino? E tuttavia, bisogna pur partire da qualche parte.
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marica romolini
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venerdì 26 ottobre 2012
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le note dell'altro
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Walter Vale è un docente di economia che da anni ricicla stancamente lo stesso corso, ha de facto abbandonato la ricerca (l’autorialità dei suoi libri, così come della vita che conduce, è solo fittizia), ‘subisce’ lezioni di piano in memoria del tempo che fu, senza che quella musica in quattro tempi più gli appartenga davvero. Tornato a New York per una conferenza, scopre che il suo appartamento è abitato da una giovane coppia di clandestini. Gli ospiti inattesi cambieranno l’atteggiamento del professore, che, a ritmo di djembé, reimpara ad aprirsi all’Altro e ad amare.
Un film pieno di incontri: tra lo statunitense Walter e il siriano Tarek (ma, prima ancora, in un implicito avantesto, tra questo e la senegalese Zainab), tra Walter e Mouna, tra Mouna e Zainab, tra un’America teorica studiata nelle aule universitarie e l’America reale post 11 settembre, con rigide leggi sull’immigrazione scaturite da quella paura del diverso-da-sé che qui si tenta di superare.
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Walter Vale è un docente di economia che da anni ricicla stancamente lo stesso corso, ha de facto abbandonato la ricerca (l’autorialità dei suoi libri, così come della vita che conduce, è solo fittizia), ‘subisce’ lezioni di piano in memoria del tempo che fu, senza che quella musica in quattro tempi più gli appartenga davvero. Tornato a New York per una conferenza, scopre che il suo appartamento è abitato da una giovane coppia di clandestini. Gli ospiti inattesi cambieranno l’atteggiamento del professore, che, a ritmo di djembé, reimpara ad aprirsi all’Altro e ad amare.
Un film pieno di incontri: tra lo statunitense Walter e il siriano Tarek (ma, prima ancora, in un implicito avantesto, tra questo e la senegalese Zainab), tra Walter e Mouna, tra Mouna e Zainab, tra un’America teorica studiata nelle aule universitarie e l’America reale post 11 settembre, con rigide leggi sull’immigrazione scaturite da quella paura del diverso-da-sé che qui si tenta di superare.
Trait d’unionla musica, che, da espediente di scontro (la scena iniziale è un capolavoro retorico di abilissima perfidia, in cui l’insegnante di piano e Walter si sfidano a colpi di fioretto verbale, ferendosi nella salvaguardia dell’etichetta), diventa occasione di scambio (il tamburo di Tarek), comunicazione tra culture diverse, tra uno spazio patrio e il non-luogo del centro di detenzione.
Il raccordo tra le due, uniche scene nella casa di Walter nel Connecticut esplicita il passaggio da una fase ancora di attaccamento, alla buon’anima della moglie pianista, a una di rinnovata disponibilità al flusso vitale. È a questo punto che può realizzarsi l’Aufhebung, che la musica classica, le note dell’amore possono rientrare nella vita di Walter, rivisitate in chiave presente tramite Mouna, con la quale il professore si reca a Broadway per vedere The Phantom of the Opera.
L’accordo tra il ritmo dell’io e del non-io è mutato. E se il tempo resta qualcosa di inevitabilmente soggettivo (l’«ora araba» di Tarek, incorreggibilmente in ritardo con la compagna: Bergson batte definitivamente Kant!), l’incontro tra solitudini non resta semplicemente a galla sul piano dell’estemporaneo. Non si richiude nel nulla, ma permette a uno Walter furibondo davanti allo sportello del centro di detenzione di urlare che «voi non potete trattarci in questo modo». Dove in quel ci il muro della (in)differenza è abbattuto.
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