il prof. egizio domenico
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sabato 28 aprile 2007
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capolavoro superbo
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IL 2 MARZO 1974 SALVADOR, MILITANTE DEL MOVIMENTO SPAGNOLO PER LA LIBERAZIONE, E' L'ULTIMO PRIGIONIERO POLITICO DEL REGIME DI FRANCO AD ESSERE GIUSTIZIATO CON LA GARROTA. UN FILM DIRETTO IN MANIERA IMPECCABILE DALL'OTTIMO MANUEL HUERGA, MAGISTRALE NELLA RICOSTRUZIONE DELLA DETENZIONE DI SALVADOR NEL CARCERE DI BARCELLONA. UN FILM INTENSO, PROFONDO, VIOLENTO INTERPRETATO DA UN ECCELLENTE DANIEL BRUHL.IN SALA SI VIVE OGNI ATTIMO DELL'ESISTENZA DI SALVADOR CON ALTA INTENSITA' EMOTIVA.
LA SCENEGGIATURA E' PERFETTA. LE MUSICHE ADATTATE CON GRANDE CURA. IL CAST E' LODEVOLE. LA MIMICA ESPRESSIVA DI LEONARDO SBARAGLIA E' DA OSCAR. 134 MINUTI DA VIVERE ... DA FORTI EMOZIONI. QUESTO CAPOLAVORO CINEMATOGRAFICO LO CONSIGLIO A TUTTI I CINEFILI.
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IL 2 MARZO 1974 SALVADOR, MILITANTE DEL MOVIMENTO SPAGNOLO PER LA LIBERAZIONE, E' L'ULTIMO PRIGIONIERO POLITICO DEL REGIME DI FRANCO AD ESSERE GIUSTIZIATO CON LA GARROTA. UN FILM DIRETTO IN MANIERA IMPECCABILE DALL'OTTIMO MANUEL HUERGA, MAGISTRALE NELLA RICOSTRUZIONE DELLA DETENZIONE DI SALVADOR NEL CARCERE DI BARCELLONA. UN FILM INTENSO, PROFONDO, VIOLENTO INTERPRETATO DA UN ECCELLENTE DANIEL BRUHL.IN SALA SI VIVE OGNI ATTIMO DELL'ESISTENZA DI SALVADOR CON ALTA INTENSITA' EMOTIVA.
LA SCENEGGIATURA E' PERFETTA. LE MUSICHE ADATTATE CON GRANDE CURA. IL CAST E' LODEVOLE. LA MIMICA ESPRESSIVA DI LEONARDO SBARAGLIA E' DA OSCAR. 134 MINUTI DA VIVERE ... DA FORTI EMOZIONI. QUESTO CAPOLAVORO CINEMATOGRAFICO LO CONSIGLIO A TUTTI I CINEFILI. GODETEVI QUESTO LAVORO. IMPERDIBILE. DA OSCAR.
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antonello villani
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giovedì 17 maggio 2007
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l'ultima esecuzione del caudillo
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Vite spezzate. L’ultima esecuzione capitale nella Spagna franchista raccontata senza retorica né sentimentalismi in un film asciutto e commuovente. “Salvador – 26 anni contro-“ paga il suo tributo ad un catalano che decise di abbracciare le ideologie libertarie per cambiare le sorti di un Paese soffocato dalla dittatura. Nel 1974 il giovane Salvador Puig Antich fu incarcerato, processato da un Tribunale militare e condannato a morte per mano del Caudillo che non volle concedergli la grazia nemmeno sulle insistenze di Papa Paolo VI. Cortei, movimenti studenteschi, manifestazioni di piazza, gli avvenimenti del Maggio francese, la convinzione di dover imbracciare il fucile quando nel mondo si respira aria di rivoluzione, il regista Manuel Huerga evita accuratamente la trappola della retorica consegnandoci un manifesto contro la pena di morte.
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Vite spezzate. L’ultima esecuzione capitale nella Spagna franchista raccontata senza retorica né sentimentalismi in un film asciutto e commuovente. “Salvador – 26 anni contro-“ paga il suo tributo ad un catalano che decise di abbracciare le ideologie libertarie per cambiare le sorti di un Paese soffocato dalla dittatura. Nel 1974 il giovane Salvador Puig Antich fu incarcerato, processato da un Tribunale militare e condannato a morte per mano del Caudillo che non volle concedergli la grazia nemmeno sulle insistenze di Papa Paolo VI. Cortei, movimenti studenteschi, manifestazioni di piazza, gli avvenimenti del Maggio francese, la convinzione di dover imbracciare il fucile quando nel mondo si respira aria di rivoluzione, il regista Manuel Huerga evita accuratamente la trappola della retorica consegnandoci un manifesto contro la pena di morte. “Nessuno tocchi Caino”, lo slogan delle più importanti associazioni internazionali impegnate nell’abolizione della pena capitale, testimonia ancora oggi l’abominio di cui sono vittime perseguitati politici e comuni cittadini. Perché tra storia e denuncia “Salvador -26 anni contro” mostra senza giri di parole uno Stato dove la libertà di pensiero poteva costare la vita, un regime autoritario che portò il popolo spagnolo alla negazione dei più elementari diritti della persona. Vibrante l’interpretazione di Daniel Bruhl e molto anni ’70 la colonna sonora –Leonard Cohen, Bob Dylan e co.-, il film si affida ai flash back per alternare le vicende di un idealista alle operazioni sovversive; l’amata compagna di università ritrovata poco prima del matrimonio, il sesso libero con una figlia dei fiori, il delicato rapporto con la sorelle e la piccola di famiglia, il processo farsa ed il triste epilogo. Momenti concitati che restano congelati poco prima dell’esecuzione: una mezz’ora che sembra interminabile, dilatata oltremisura, perché la morte porta con sé un gran mistero, provoca paura in chi la guarda e suscita rispetto persino nei carnefici. Da brividi l’esecuzione con la garrota –antico strumento medievale che spezzava le ossa del collo-, pietas cristiana con il secondino che si commuove dinanzi a tanta barbarie manifestando la sua rabbia contro il regime. Un film crudo, bello e soprattutto necessario.
Antonello Villani
(Salerno)
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serena
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mercoledì 2 maggio 2007
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la rivincita della democrazia
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Questo film andava fatto in Spagna, un paese che ha insegnato al mondo come uscire da una dittatura nazifascista fra le più lunghe e disumane del XX secolo, attraverso il consenso e la costruzione positiva della società NELL'ALTERNANZA E NEL RISPETTO DEI CITTADINI E DELLA LEGGE. Questo film andava fatto per la memoria europea e del mondo ispanofono, nonché per le giovani generazioni, che non hanno vissuto (GRAZIE A DIO!) le dittature degli anni '70. La sceneggiatura riesce a trasmettere qualcosa di infrequente: sia i più grossi errori di una gioventù travagliata fra la schiavitù dell'anima, costretta dal regime e la follia di voler cambiare il mondo con la violenza, sia la responsabilità del regime, senza demonizzazioni né archetipi semplicistici.
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Questo film andava fatto in Spagna, un paese che ha insegnato al mondo come uscire da una dittatura nazifascista fra le più lunghe e disumane del XX secolo, attraverso il consenso e la costruzione positiva della società NELL'ALTERNANZA E NEL RISPETTO DEI CITTADINI E DELLA LEGGE. Questo film andava fatto per la memoria europea e del mondo ispanofono, nonché per le giovani generazioni, che non hanno vissuto (GRAZIE A DIO!) le dittature degli anni '70. La sceneggiatura riesce a trasmettere qualcosa di infrequente: sia i più grossi errori di una gioventù travagliata fra la schiavitù dell'anima, costretta dal regime e la follia di voler cambiare il mondo con la violenza, sia la responsabilità del regime, senza demonizzazioni né archetipi semplicistici. La figura del "padre" fornisce forse le chiavi di lettura più evidenti: Salvador era un figlio ossessionato dall'annientamento del padre e non voleva vivere con la paura in corpo, MA NEL BUIO TOTALE DELL'EPOCA ha sbagliato la strada, i tempi e i modi.
Per raccontare tutto ciò la cinepresa coglie i corpi in modo ravvicinato: violenza, passione, tenerezza, terrore non si raccontano, si vedono e si toccano quasi con mano. D'altronde, la ricostruzione storica è notevole.
Mi sono chiesta: era necessario mostrare come è stato assassinato Salvador? Mi sono detta di sì. Proprio quello era il Franchismo! Lo sapete come è morto il poeta Miguel Hernández (imprigionato alla fine della Guerra Civile accanto alla frontiera col Portogallo)? Da setticemia perché non gli è stata fornita alcuna cura medica. Il tanfo accanto a lui era irrespirabile. Un esempio fra migliaia. Questo andava ricordato perché dobbiamo ricordare e capire! Affinché non succeda mai più!
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[+] ottima analisi
(di fortunata)
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adriano lotito
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lunedì 21 maggio 2007
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emozionante e sincero
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il film ripercorre la storia di Salvador Puig Antich, militante del Movimento di liberazione iberica e ultima vittima della garrota di Francisco Franco. La regia di Manuel Huerga è ottima e pulita resa avvincente, veritiera e mai noiosa anche grazie alle magistrali interpretazioni degli attori tra cui spicca il Daniel Bruhl di “Good bye, Lenin!” che veste i panni del protagonista immedesimandosi pienamente. Anche i comprimari non sono da meno, soprattutto Leonardo Sbaraglia e Tristàn Ulloa. Un merito speciale va alla straordinaria fotografia documentaristica di David Omedes. L’unico difetto va forse cercato nella durata che supera le due ore.
Un film molto simile a quelli di Costa Gravas specialmente durante l’inchiesta dell’avvocato di Salvador che sembra ripercorrere le indagini fatte dal coraggioso legale in “Z L’orgia del potere” del 1968.
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il film ripercorre la storia di Salvador Puig Antich, militante del Movimento di liberazione iberica e ultima vittima della garrota di Francisco Franco. La regia di Manuel Huerga è ottima e pulita resa avvincente, veritiera e mai noiosa anche grazie alle magistrali interpretazioni degli attori tra cui spicca il Daniel Bruhl di “Good bye, Lenin!” che veste i panni del protagonista immedesimandosi pienamente. Anche i comprimari non sono da meno, soprattutto Leonardo Sbaraglia e Tristàn Ulloa. Un merito speciale va alla straordinaria fotografia documentaristica di David Omedes. L’unico difetto va forse cercato nella durata che supera le due ore.
Un film molto simile a quelli di Costa Gravas specialmente durante l’inchiesta dell’avvocato di Salvador che sembra ripercorrere le indagini fatte dal coraggioso legale in “Z L’orgia del potere” del 1968.
Da vedere.
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andyflash77
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venerdì 20 luglio 2012
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morte ed utopia nella spagna di franco
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Agli inizi degli anni Settanta si forma in Spagna il Movimento Iberico de Liberacion, un gruppo di giovani militanti nel partito di estrema sinistra che si pone come obiettivo, attraverso una lunga serie di rapine e azioni provocatorie, quello di finanziare l'ala più militare del movimento. Tra loro c'è Salvador Puig Antich, un ragazzo introverso e lunatico, ma dal fine e sensibile intelletto. Inizialmente le azioni vanno tutte a "buon fine" dando al gruppo una sorta di invulnerabilità, ma quando in una rapina rimane ferito un impiegato le cose cominciano a precipitare. La polizia, frustrata dalle continue imprese del movimento, riesce a tendere un imboscata in cui perde la vita un giovane ispettore, ma che vale l'arresto di Salvador.
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Agli inizi degli anni Settanta si forma in Spagna il Movimento Iberico de Liberacion, un gruppo di giovani militanti nel partito di estrema sinistra che si pone come obiettivo, attraverso una lunga serie di rapine e azioni provocatorie, quello di finanziare l'ala più militare del movimento. Tra loro c'è Salvador Puig Antich, un ragazzo introverso e lunatico, ma dal fine e sensibile intelletto. Inizialmente le azioni vanno tutte a "buon fine" dando al gruppo una sorta di invulnerabilità, ma quando in una rapina rimane ferito un impiegato le cose cominciano a precipitare. La polizia, frustrata dalle continue imprese del movimento, riesce a tendere un imboscata in cui perde la vita un giovane ispettore, ma che vale l'arresto di Salvador. Da quel momento comincia una lotta contro il tempo per bloccare la condanna a morte del ragazzo, l'ultima avvenuta tramite la micidiale trappola della garrota... Grido di protesta e di denuncia verso uno dei fatti che più scosse la Spagna in quegli anni, e di cui si sente ancora oggi l'eco silenzioso e distante. Quello verso Salvador Puig Antich fu un atto criminoso quanto inutile compiuto da un regime militare che, messo sotto scacco dall'ETA, scelse il giovane come capo espiatorio. Il film di Manuel Huerga, qui alla sua seconda prova dietro una macchina da presa, racconta la difficile vicenda del Movimento Iberico de Liberacion concentrandosi sulla vita di Salvador, sui suoi rapporti con le donne, gli amici, la famiglia e, naturalmente, la politica. Per fare ciò, il regista divide il film in due parti ben precise: la prima in cui si racconta, attraverso gli occhi dello stesso protagonista (ottimamente interpretato da Daniel Bruhl), la vita di Salvador nel movimento; la seconda in cui vediamo gli ultimi momenti della sua vita passata in prigione in attesa della sentenza definitiva di morte. Dal punto di vista registico, sottolineando quegli anni con un accompagnamento sonoro rock duro e avvincente, si assiste ad una serie di intuizioni visive davvero interessanti (come l'utilizzo della dissolvenza in bianco atta a rendere le figure delle mere ombre di se stesse) che donano alla visione complessiva un curioso, quanto riuscito, senso di appartenenza a quegli anni. E così che nell'ottimo montaggio, incalzante e filmicamente corretto, appaiono immagini di "Valentina" o colorazioni psichedeliche. La musica, come accennato pocanzi, attinge a Bob Dylan, Jethro Tull, o King Crimson: scelte non scontate e di buon gusto. La recitazione, infine, si attesta su buoni livelli interpretativi, pur con attori giovani e non propriamente esperti.
"Salvador - Una vita contro" è un buon film di cronaca, denuncia, e riscatto con l'unico difetto di non raccontare davvero fino in fondo il background politico di quegli anni, invece tratteggiandolo appena: atteggiamento che avrebbe regalato alla pellicola quella completezza in più che ci si aspettava. Così com'è rimane un buon film (malgrado la retorica pacifista nei titoli di coda), ma forse un pò troppo indirizzato a quel pubblico che conosce bene la drammatica storia di Salvador Puig Antich e del suo Movimento Iberico de Liberacion.
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gianleo67
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lunedì 21 gennaio 2013
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el niño y el garrote
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Storia di Salvador Puig Antich, un militante anti franchista che da giovane studente si aggrega al Movimento Ibèrico de Liberaciòn, una formazione di ispirazione marxista che rapina banche per finanziare azioni di lotta contro il regime del 'Caudillo de España '. Catturato in seguito ad un'imboscata della polizia in cui un agente rimane ucciso a causa della sua reazione, viene incarcerato e giustiziato tramite la 'garrota' nel Marzo del 1974 dopo l'attentato in cui perde la vita Carrero Blanco. Sarà l'ultimo, insieme a Heinz Chez a morire tramite questa medievale forma di esecuzione capitale.
Il film di Manuel Huerga ripercorre come in una forsennata e rutilante corsa verso la libertà (di pensiero e d'azione) gli ultimi anni del regime franchista in cui lo spontaneismo 'armato' della militanza studentesca ingaggia una lotta senza quartiere contro il regime ed il sistema economico di una Spagna sotto libertà condizionata, declinando l'ideologismo anarchico degli anni di piombo in terra iberica nella forma accattivante e furbetta di una storia tragicamente esemplare.
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Storia di Salvador Puig Antich, un militante anti franchista che da giovane studente si aggrega al Movimento Ibèrico de Liberaciòn, una formazione di ispirazione marxista che rapina banche per finanziare azioni di lotta contro il regime del 'Caudillo de España '. Catturato in seguito ad un'imboscata della polizia in cui un agente rimane ucciso a causa della sua reazione, viene incarcerato e giustiziato tramite la 'garrota' nel Marzo del 1974 dopo l'attentato in cui perde la vita Carrero Blanco. Sarà l'ultimo, insieme a Heinz Chez a morire tramite questa medievale forma di esecuzione capitale.
Il film di Manuel Huerga ripercorre come in una forsennata e rutilante corsa verso la libertà (di pensiero e d'azione) gli ultimi anni del regime franchista in cui lo spontaneismo 'armato' della militanza studentesca ingaggia una lotta senza quartiere contro il regime ed il sistema economico di una Spagna sotto libertà condizionata, declinando l'ideologismo anarchico degli anni di piombo in terra iberica nella forma accattivante e furbetta di una storia tragicamente esemplare. Lo fa ricorrendo da un lato alle forme estetizzanti di un linguaggio ammiccante (l'uso di una fotografia sovraesposta e di un montaggio iperdinamico) e dall'altro allo schema consolidato di una dicotomia tematica tra l'azione di una prima parte dove prevale lo spirito di ingenua incoscienza di un imberbe ribelle catalano e la riflessione (etica e storica) di una seconda parte che ripercorre il tema classico di ambiente carcerario da 'miglio verde'. Sullo sfondo il clima di quegli anni sembra solo la confusa scenografia per un'estetica da romanzetto biopic edulcorato dalla banale superficialità di un ideologismo di maniera, dove si confondono le ragioni dei giusti (ragazzetti che balbettano generici e astratti proclami libertari durante le loro incursioni in banca) e quelle dei cattivi (biechi poliziotti di 'regime' e guardie carcerarie dal cuore tenero), dove la complessità di una vicenda storica travagliata come in tutte le guerre civili (sono gli anni del golpe di Pinochet alla 'Casa Rosada') viene banalizzata dalla retorica un pò tronfia della ammiccante proposta festivaliera. Non mancano tuttavia momenti di riuscita intensità drammatica (l'anziano boia che con meticoloso tempismo appresta la sua medievale macchina di morte) e la fresca presenza scenica di un ragazzotto di belle speranze (già protagonista del riuscito e divertente Good Bye Lenin!), ma nel complesso il risultato appare viziato da un insopportabile patetismo di seconda mano e da una sciatta progressione dei tempi drammatici. Per gli amanti del genere suggeriamo piuttosto la visione del piccolo capolavoro (di rigore e di etica) di Marco Bechis, quel Garage Olimpo che racconta di un'altra dittatura, qualche anno più tardi, in un altro paese di lingua spagnola dall'altra parte dell'oceano.
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passero & spugna
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martedì 1 maggio 2007
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la rivincita del montatore
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Questo genere di film lasciamolo fare agli americani (vedi Scorsese o De Palma). In fin dei conti si tratta di un film d'azione che paga un grosso tributo a "Casinò" e "Quei bravi ragazzi". Il cinema europeo è altra cosa (non che questo voglia dire che sia sempre migliore).. Tutta la parte in flashback ed il prolungato finale sembrano opera molto più del montatore che del regista. Basti pensare a quanto l'esecuzione finale venga rimandata fino allo sfinimento dello spettatore, costretto a desiderare per questo di vederla accadere al più presto, rendendosi moralmente complice involontario dell'omicidio di Stato. Così facendo, paradossalmente, viene messo in ombra il resto del film mentre lo spettatore viene trattato come colui che è andato a vederlo per assistere solo a "quella scena", abituato com'è da un certo tipo di cinema a ricercare questo tipo di immagini e sensazioni, che non sono proprie di opere di denuncia o di impegno socio-politico.
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Questo genere di film lasciamolo fare agli americani (vedi Scorsese o De Palma). In fin dei conti si tratta di un film d'azione che paga un grosso tributo a "Casinò" e "Quei bravi ragazzi". Il cinema europeo è altra cosa (non che questo voglia dire che sia sempre migliore).. Tutta la parte in flashback ed il prolungato finale sembrano opera molto più del montatore che del regista. Basti pensare a quanto l'esecuzione finale venga rimandata fino allo sfinimento dello spettatore, costretto a desiderare per questo di vederla accadere al più presto, rendendosi moralmente complice involontario dell'omicidio di Stato. Così facendo, paradossalmente, viene messo in ombra il resto del film mentre lo spettatore viene trattato come colui che è andato a vederlo per assistere solo a "quella scena", abituato com'è da un certo tipo di cinema a ricercare questo tipo di immagini e sensazioni, che non sono proprie di opere di denuncia o di impegno socio-politico.
Complessivamente rimane un buon film, la tematica è importante e utile alla riflessione nonchè al sostentamento economico dei distributori europei, che portanno, una volta tanto, usufruire di un prodotto che si presta all'esportazione.
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(di arnolfo)
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(di elisa)
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