giulia gibertoni
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martedì 18 settembre 2007
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paradisi artificiali
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Stéphane, timido illustratore trasferitosi dal Messico in Francia, intraprende un impiego di incerta soddisfazione. Conosce però quasi subito l’altra metà della sua anima: Stéphanie. Cercare di parlarle non è semplice, ecco allora che il protagonista, che pure è sicuro della corrispondenza tra il suo sé e quello di lei, sceglie invece di evadere in un mondo di sogno. Le sue fantasticherie vengono perfino a comprendere il mondo onirico di Stéphanie, dotata di suo per le favole belle, mentre fabbrica e colleziona animali di feltro. Ne deriva una incerta battaglia tra i livelli di sogno e di realtà, come pure tra i sentimenti di Stéphane e la sua stessa insicurezza, contrastata da una tensione sempre presente verso il cuore dell’amata.
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Stéphane, timido illustratore trasferitosi dal Messico in Francia, intraprende un impiego di incerta soddisfazione. Conosce però quasi subito l’altra metà della sua anima: Stéphanie. Cercare di parlarle non è semplice, ecco allora che il protagonista, che pure è sicuro della corrispondenza tra il suo sé e quello di lei, sceglie invece di evadere in un mondo di sogno. Le sue fantasticherie vengono perfino a comprendere il mondo onirico di Stéphanie, dotata di suo per le favole belle, mentre fabbrica e colleziona animali di feltro. Ne deriva una incerta battaglia tra i livelli di sogno e di realtà, come pure tra i sentimenti di Stéphane e la sua stessa insicurezza, contrastata da una tensione sempre presente verso il cuore dell’amata.
Michel Gondry è noto autore di videoclip (Bjork, White Stripes) a cui è riuscito con successo il salto al lungometraggio, in virtù di una cifra stilistica fantasiosa e della passione per situazioni al di sopra dell'arcobaleno. Sullo stesso filo tematico, centrato più in particolare sulle conseguenze irreali della rimozione dei ricordi, era infatti il suo lungometraggio "Se mi lasci ti cancello" (notoriamente più bello il titolo originale: Eternal Sunshine of the Spotless Mind), un melodramma delicato con una proposta tematica tutt’altro che banale.
A una scrittura dai tratti pastello, eppure sempre efficace in una narrazione in grado di destreggiarsi tra piani diversi e diverse consistenze di realtà, si affianca un ottimo lavoro di regia e di fotografia su una scenografia incantevole che costituisce un perfetto contraltare visuale di questo intelligente apologo sul sogno. I cavalli di pezza naturalmente si muovono, e trottano sulle nuvole, una mano può ingrandirsi fino a diventare enorme, un principe azzurro può avere orecchie d’asino, così come è possibile nuotare sull’orizzonte cittadino mentre i pensieri che si affollano nel sonno possono prendere l’apparenza di uno studio televisivo in cui si svolge un talk-show.
Nel complesso la struttura fantasy è piacevole anche se, come era stato il caso con Big Fish di Tim Burton, tende a sfilacciarsi e a perdersi in se stessa.
L’idea resta meritevole e da raccomandare, ma solo finché non si smarrisce inevitabilmente nella creazione di cartapesta, finché il sogno resta uno stimolo e una sfida alla realtà esterna e alle sue malinconie, ma non la comoda evasione in un paradiso artificiale a nostra immagine e somiglianza. Amare qualcuno significa infine dargli anche uno statuto di realtà all’interno della nostra, il resto è monologo, bidimensionalità, forse immaginazione intensa e autarchica, ma non amore.
Gondry riesce comunque a rendersi efficace interprete del lato immaginifico della realtà affettiva e traccia un percorso che ogni spettatore può fare proprio, andandosi a mettere, nel fluire delle suggestioni più surreali e sensibili, sul proprio personale piano inclinato di ricordo e nostalgia. Un tuffo salubre verso il senso dimenticato delle cose.
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[+] bella
(di anonimo397120)
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de pantis
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domenica 1 luglio 2007
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quando sognare troppo fa male
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Banale tacciarlo come onirico perchè è di sogni che si parla.
Il continuo alternarsi tra sogno e realtà risulta un po' ripetitivo solo a chi è troppo abituato alla normalità del decorso della vita.
Il film narra in maniera più che mai magistrale il mal di vivere di chi ama, ha amato e amerà troppo, dove il troppo è tale per chi non si è mai posto una domanda su di se o sul partner, per chi non ha mai amato veramente.
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ilrumoroso
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sabato 23 giugno 2007
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film decisamente geniale
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Ho apprezzato molto...
La divisione tra sogno e realtà è eccezionale e anche certe idee realizzative...
consigliato
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fbz
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giovedì 21 giugno 2007
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esagerato delirio
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L'arte del sogno partiva da presupposti straordinari, quali le reciproche interferenze fra il sogno e la materialità.
Purtroppo il regista ha solo messo in scena una demente surrealità.
Persino nella fase di veglia, personaggi, dialoghi e situazioni superano il limite del ridicolo.
Peccato anche aver sprecato le delicate intuizioni degli oggetti che fanno parte della scenografia.
Recitazione imbarazzante di Gael Garcia Bernal e annoiata della Gainsbourg.
Giusto per chi ha voglia di ridere dell'improvvisazione.
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cicciripili
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mercoledì 6 giugno 2007
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stavo per dormire
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L'idea di tale film è bellissima...ma invece si è rilevato molto ma molto noioso...Stavo per addormentarmi dopo 10 minuti..il regista doveva trovare vicende più veloci e interessanti...non mi è piaciuto per niente!!!
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piernelweb
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domenica 27 maggio 2007
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l'arte del cinema
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Michel Gondry torna in Europa a dirigere il suo nuovo film intimamente connesso e conseguente all'amatissimo "Se mi lasci ti cancello". Il successo concede maggiore libertà all'autore che ne aprofitta a piene mani: libero spazio alla fantasia e alle invenzioni visive materializzate perlopiù in cartapesta senza uso del digitale. Il film è surreale, originale, a tratti molto divertente e si avvale della buona interpretazione dei due interpreti principali. Come nel suo lavoro precedente Gondry incentra il racconto sulle autocomplicazioni dell'amore, puro ma frenato dai mille risvolti del quotidiano, dalle non amissioni e dai fraintendimenti che si accavallano fra sogno e realtà. "Un film felice sull'infelicità e su quello che si affolla intorno a noi quando stiamo per addormentarci(E.
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Michel Gondry torna in Europa a dirigere il suo nuovo film intimamente connesso e conseguente all'amatissimo "Se mi lasci ti cancello". Il successo concede maggiore libertà all'autore che ne aprofitta a piene mani: libero spazio alla fantasia e alle invenzioni visive materializzate perlopiù in cartapesta senza uso del digitale. Il film è surreale, originale, a tratti molto divertente e si avvale della buona interpretazione dei due interpreti principali. Come nel suo lavoro precedente Gondry incentra il racconto sulle autocomplicazioni dell'amore, puro ma frenato dai mille risvolti del quotidiano, dalle non amissioni e dai fraintendimenti che si accavallano fra sogno e realtà. "Un film felice sull'infelicità e su quello che si affolla intorno a noi quando stiamo per addormentarci(E. Martini)" che concede le sue cose migliori nella bizzara rappresentazione dei dettagli, attraverso tutta quella miriade di oggetti buffi e di invenzioni insignificanti che tutti quanti noi vorremmo possedere.
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marco
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mercoledì 16 maggio 2007
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atmosfere d'artista
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Ottimo film, dal sapore di ambienti cosmopoliti e di raffinata ricercatezza, che rievocano personaggi e figure d'artista dal fascino di Amanda Nebiolo, la pittrice dotata di bellezza ed intelligenza straordinari, o ancora i paradossi di Disraeli o di J.E. Blanche.
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darjus
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mercoledì 11 aprile 2007
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l'insano rapporto regista-attore
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Il rapporto regista-personaggio/attore non è mai agevole. Qui Gondry costruisce una favola amara sul rapporto fantasia-sogno versus realtà-rigidità e l’affida al buon Bernal/Stephane, come incarnazione della prima coppia, contrapposta alla seconda. Tuttavia, un po’ per confondere le acque, che sarebbero troppo chete, e un po’ per incapacità di dominare la materia, Gondry sfaccetta la caratterizzazione del suo personaggio: 1. un viziato ed eterno bambino, borghese e capriccioso; 2. uno schizofrenico, con evidenti problemi relazionali, verso il quale avere pena; 3. un meraviglioso sognatore, creativo e poeta. Ma la plusvalenza di Stephane, invece di essere un pregio, diventa un limite, nel momento in cui ogni altra scena od episodio del film è volto a sostenere, in modo didascalico e compiaciuto, la tesi del “sognatore contro la grigia realtà”.
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Il rapporto regista-personaggio/attore non è mai agevole. Qui Gondry costruisce una favola amara sul rapporto fantasia-sogno versus realtà-rigidità e l’affida al buon Bernal/Stephane, come incarnazione della prima coppia, contrapposta alla seconda. Tuttavia, un po’ per confondere le acque, che sarebbero troppo chete, e un po’ per incapacità di dominare la materia, Gondry sfaccetta la caratterizzazione del suo personaggio: 1. un viziato ed eterno bambino, borghese e capriccioso; 2. uno schizofrenico, con evidenti problemi relazionali, verso il quale avere pena; 3. un meraviglioso sognatore, creativo e poeta. Ma la plusvalenza di Stephane, invece di essere un pregio, diventa un limite, nel momento in cui ogni altra scena od episodio del film è volto a sostenere, in modo didascalico e compiaciuto, la tesi del “sognatore contro la grigia realtà”. Gondry viene dai video-clip musicali e si vede: tutto è accattivante e giovanilistico, ritmato o gradevole, ma, in fondo, superficiale. L’idea, poetica e affascinante, del conflitto sogno/realtà e dell’incomunicabilità tra creativi, che ispira tutto il film e lo rende a tratti piacevole, viene tradita da un’eccessiva linearità di intenti che stonano con il concetto decantato e con lo stile visionario. A tal proposito, splendide le coreografie e gli effetti speciali «poveri», ma sono molti i debiti con la poetica di Tim Burton. **
http://lemierecensioni.blog.tiscali.it/
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dankor
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domenica 11 marzo 2007
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quando il cinema ha poco da dire
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Non mi voglio ergere a paladino del cinema di impegno sociale o di quello di analisi dei sentimenti umani , ma ogni volta che mi trovo a vedere cose senza senso che fanno appello al surreale, alla parte inconscia dell'anima , sento una nostalgia profonda per delle storie vere , quelle che ti colpiscono con la forza delle emozioni o con la potenza dell'intelligenza visiva.
Nulla di tutto ciò in queste minestre preconfezionate , tanto simili ai video musicali che Gondry ha diretto, che raccontano il nulla, facendo perno sul bel faccino del nuovo sex symbol messicano Garcia Bernal e l'aria da intellettuale con espressione perennemente imbronciata della Gainsbourg.Il conflitto fra il sogno e la realtà in cui si dibatte il protagonista è solo il pretesto per mettere in scena macchinine di cartone , pupazzi animati, macchine del tempo di latta, insomma tutto un armamentario che fa presa sul lato fanciullesco del pubblico , desideroso di tornare all'innocenza perduta del mondo infantile.
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Non mi voglio ergere a paladino del cinema di impegno sociale o di quello di analisi dei sentimenti umani , ma ogni volta che mi trovo a vedere cose senza senso che fanno appello al surreale, alla parte inconscia dell'anima , sento una nostalgia profonda per delle storie vere , quelle che ti colpiscono con la forza delle emozioni o con la potenza dell'intelligenza visiva.
Nulla di tutto ciò in queste minestre preconfezionate , tanto simili ai video musicali che Gondry ha diretto, che raccontano il nulla, facendo perno sul bel faccino del nuovo sex symbol messicano Garcia Bernal e l'aria da intellettuale con espressione perennemente imbronciata della Gainsbourg.Il conflitto fra il sogno e la realtà in cui si dibatte il protagonista è solo il pretesto per mettere in scena macchinine di cartone , pupazzi animati, macchine del tempo di latta, insomma tutto un armamentario che fa presa sul lato fanciullesco del pubblico , desideroso di tornare all'innocenza perduta del mondo infantile.
Meglio allora vedersi Arthur e il popolo dei minimei che come effetti speciali lo batte 10 a 1; ovviamente quello è rivolto ai bambini e questo agli adulti che cercano facile evasione e vogliono anche sentirsi intelligenti credendo di vedere un film originale , di originale ricerca visiva , col piccolo difetto che non comunica alcunchè se non il nulla più assoluto.
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maurizio crispi
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mercoledì 7 marzo 2007
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un film soporifero
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Cerco sempre di essere conciliante e, di ogni film che mi capita di vedere, mi piace dare una lettura in positivo. In questo caso, malgrado ogni buona intenzione, non mi sento di condividere alcuni apprezzamenti globalmente elogiativi su quest'opera. Il non rientrare in sintonia con un determinato film, a volte dipende da una carente predisposizione interiore che travolge il tentativo di impostare un'osservazione critica ed attenta. Non posso fare a meno di confessare che questo film non l'ho retto tutto sino alla fine, poichè mi ha dato una potente spinta soporifera costringendomi a lottare a lungo contro il sonno incipiente. Quando si sono accese le luci dell'intervallo, ho preso l'eroica decisione di andar via, salvo poi a sentirmi un po' "in colpa" per non averlo "degustato" sino in fondo, come si conviene ad un buon cinefilo.
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Cerco sempre di essere conciliante e, di ogni film che mi capita di vedere, mi piace dare una lettura in positivo. In questo caso, malgrado ogni buona intenzione, non mi sento di condividere alcuni apprezzamenti globalmente elogiativi su quest'opera. Il non rientrare in sintonia con un determinato film, a volte dipende da una carente predisposizione interiore che travolge il tentativo di impostare un'osservazione critica ed attenta. Non posso fare a meno di confessare che questo film non l'ho retto tutto sino alla fine, poichè mi ha dato una potente spinta soporifera costringendomi a lottare a lungo contro il sonno incipiente. Quando si sono accese le luci dell'intervallo, ho preso l'eroica decisione di andar via, salvo poi a sentirmi un po' "in colpa" per non averlo "degustato" sino in fondo, come si conviene ad un buon cinefilo. Il trailer, come spesso accade, era forse fin troppo accativante e, per questo, probabilmente un po' ingannevole. Confusa la narrazione, con un continuo rimescolamento dei diversi piani narrativi che fa un po' girar la testa. L'attività onirica - si sa - fa vivere al sognatore delle situazioni bizzarre che, a volte, vengono stemperate dal successivo processo di elaborazione secondaria che si compie da svegli e che tasforma la materia onirica grezza in flusso narrativo, combinandolo in modo indissobili con i residui diurni e con elementi emergenti dalla memoria subconscia. Invece, il "sogno" che s'infiltra nella vita reale diventa allucinazione e delirio: e questo è il motivo per cui il dormiente che sogna è protetto dalla possibilità di agire nella realtà ciò che sta sognando attraverso una marcata inibizione psico-motoria (ad eccezione dei muscoli che assicurano la motilità oculare). La dimensione fiabesca del film è probabilmente tutta contenuta in questo scarto rispetto alle spiegazioni scientifiche sulle fasi del sonno e sulle caratteristiche del sogno: i sogni del protagonista che erodono il rapporto con il Reale fanno un po' sorridere per la loro ingenuità, ma anche portano a pensare a quelli semplici e diretti del periodo infantile in cui vale in modo univoco la correlazione tra attività onirica e realizzazione "allucinatoria" del desiderio. Del regista, Gondry, ho trovato molto più straordinario e visionario, quasi "dickiano" nella sua tematica e nel suo impianto, "Se mi lasci, ti cancello". Avendo come riferimento quel film, questo mi ha decisamente deluso: mi è sembrato un giocattolo dal meccanismo non ben riuscito.
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