La terza madre |
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Un film di Dario Argento.
Con Asia Argento, Cristian Solimeno, Adam James, Moran Atias, Valeria Cavalli.
continua»
Horror,
durata 98 min.
- Italia 2006.
- Medusa
uscita mercoledì 31 ottobre 2007.
MYMONETRO
La terza madre ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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-W-ATER LACRIMARUM
di CaligariFeedback: 0 |
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domenica 4 novembre 2007 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Cosa sia successo a Dario Argento in questi anni rappresenta un mistero inedito e strabiliante nella storia del cinema. Si tratta di un fenomeno da studiare, perché credo abbia implicazioni esistenziali e psicologiche piuttosto che puramente creative, e penso che le opere da lui dirette negli ultimi anni siano soltanto l’emanzione di un suo cambiamento profondo. Non si spiegherebbe altrimenti una tale radicalità nell’involuzione del linguaggio filmico, tanto che dobbiamo fare appello ai titoli di testa per ricordarci che si tratta di lui. Per “La terza madre” addirittura, parlare di calo non è sufficiente, perché a fine proiezione si ha la percezione drammatica che tutto sia ormai irrecuperabile. Argento sembra finito. Rivedendo quel capolavoro della pura paura che è Suspiria, ma anche l’altro gioiello sperimentale, Inferno, si avverte tutt’oggi intatta l’angoscia e la magia della messa in scena, la maniacale cura dell’inquadratura, dei dettagli e di tutto ciò che è cinema d’autore. L’estetica della morte diventa un canto funebre e inesorabile, gli umani e le cose fanno parte di una ipercolorata e macabra sinfonia violenta, le dimore sono corpi in putrefazione ed i corridoi i labirinti della mente. Ogni fotogramma fa paura, ogni movimento di macchina mette in guardia, l’assenza di logica narrativa è addirittura funzionale a questo delirio visivo. Non so con quale coraggio, al festival di Roma, abbiano proiettato prima de La terza madre quei due gioielli, perchè il paragone non solo è sadico e crudele ma anzi, è del tutto inutile visto che si fatica davvero a ricondurre le opere allo stesso autore. Sono passati 18 anni da Inferno, il linguaggio del cinema è cambiato e l’artista è soggetto al cambiamento ma in questo ultimo episodio della trilogia non c’è neppure un lontanissimo barlume delle opere precedenti. Qui si assiste ad una tremenda involuzione, tale da tramutare un horror in uno spassosissimo film comico. Qualche segnale arrivava già dalla locandina, dozzinale come poche, mentre sono graficamente superbe le altre due. Poi si spengono le luci e si inizia malissimo, con quell’effetto speciale degno del peggiore horror omologato americano, col demone che appare (con suono annesso) nella lente della macchina fotografica, per non parlare del cimitero meno cupo, meno inquietante e più ridente dell’intero cinema del terrore. Perché maestro, perché? Poi entra in scena Asia, per la quale nutro una naturale simpatia, ma che sembra sempre meno assimilabile al concetto di recitazione. Passano brividi di imbarazzo tutte le volte che apre bocca, e pure la fisicità, in alcuni passaggi, ha qualcosa di dilettantesco. A stupire negativamente è anche la fotografia, dozzinale quando rivela uno sforzo, desolante quando ritrae svogliata la Roma più piatta che abbia mai visto. La luce del giorno è così banale ed impersonale da ricordare molto da vicino le peggiori fiction televisive, come anche i dialoghi ed i personaggi che si muovono in una sceneggiatura che scricchiola in continuazione. Gente che indaga, gente che parla con gente, non si sa chi fugga da chi e perché. Ed Asia impegnata in una lotta che avanza a forza di situazioni forzate, ridicole, messe lì tanto per far continuare la storia. Stupefacente poi l’apparizione della defunta Nicolodi in mezzo alla cipria, per non parlare del risvolto familiare e dei dialoghi agghiaccianti che ricordano da vicino Gandalf e Frodo Baggins o Guerre Stellari. Senza dim
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