mamo62
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sabato 17 marzo 2007
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ottimo film
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Con questa bellissima pellicola Saverio Costanzo entra di diritto nella sfera del cinema italiano d’autore più considerevole, gia’ forte dell’opera prima “Private” e ulteriormente rafforzato da questa difficilissima prova di carattere etico-religioso con la quale si e’ cimentato. Il film (non breve, al limite delle due ore) offre un’atmosfera dilatata e intensissima insieme, un ritmo che, solo in apparenza molto lento, tiene continuamente tesi e sospesi, costantemente impegnati nello sforzo di inseguire le meditazioni, le tensioni interiori, le ragioni di ciascun personaggio. Ricco, ambizioso, quasi una tesi di laurea in teologia, il film propone innumerevoli spunti e personaggi calati nel marziale ambito dei padri gesuiti, veri soldati della fede forniti delle armi piu’ micidiali (disciplina di ferro, la delazione come carita’, la menzogna come atto di pietà, l’annullamento estremo dell’ego): Andrea, il protagonista (Hristo Jivkov), cerca di diventare “una persona” dopo che il successo mondano lo aveva lasciato svuotato di valori; Fausto, suo vicino di cella, mistico all’estremo, rasente alla follia, strabordante rispetto ad ogni regola ed a qualsiasi dottrina (spettacolare la scena della sua dipartita dal convento, realizzata sotto una luce surreale e fantascentifica); Zanna (Filippo Timi, straordinario come sempre), docile e impaurito, troppo innamorato dell’amore per sopportare la logica della fede militare imposta dal noviziato.
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Con questa bellissima pellicola Saverio Costanzo entra di diritto nella sfera del cinema italiano d’autore più considerevole, gia’ forte dell’opera prima “Private” e ulteriormente rafforzato da questa difficilissima prova di carattere etico-religioso con la quale si e’ cimentato. Il film (non breve, al limite delle due ore) offre un’atmosfera dilatata e intensissima insieme, un ritmo che, solo in apparenza molto lento, tiene continuamente tesi e sospesi, costantemente impegnati nello sforzo di inseguire le meditazioni, le tensioni interiori, le ragioni di ciascun personaggio. Ricco, ambizioso, quasi una tesi di laurea in teologia, il film propone innumerevoli spunti e personaggi calati nel marziale ambito dei padri gesuiti, veri soldati della fede forniti delle armi piu’ micidiali (disciplina di ferro, la delazione come carita’, la menzogna come atto di pietà, l’annullamento estremo dell’ego): Andrea, il protagonista (Hristo Jivkov), cerca di diventare “una persona” dopo che il successo mondano lo aveva lasciato svuotato di valori; Fausto, suo vicino di cella, mistico all’estremo, rasente alla follia, strabordante rispetto ad ogni regola ed a qualsiasi dottrina (spettacolare la scena della sua dipartita dal convento, realizzata sotto una luce surreale e fantascentifica); Zanna (Filippo Timi, straordinario come sempre), docile e impaurito, troppo innamorato dell’amore per sopportare la logica della fede militare imposta dal noviziato. E poi il Padre Superiore, scelta azzeccatissima dell’attore Andre’ Hennike il cui fortissimo accento tedesco così efficacemente lo rimanda alla voce ufficiale della chiesa oggi guidata da papa Ratzinger, e il Padre Maestro (Marco Baliani) la cui freddezza e risolutezza sfiorano il limite dell’irritazione.
Condito da una scelta sonora efficacissima(non solo musicale, i valzer e le polke diffusi duranti i pasti e così stridenti rispetto all’atmosfera iper-seriosa dell’ambiente, i cupi canti gregoriani, ma soprattutto e anche i lunghissimi silenzi che azzerano le pochissime parole che i protagonisti si scambiano tra loro), inscenato sulla metaforica isola di San Giorgio a Venezia (fortissima la sensazione di essere contemporaneamente isolati e addentrati nella mondanita’, vedasi la scena dei fuochi d’artificio, o l’inquietante ripetuto passaggio dell’immensa e assordante nave da crociera appena fuori dai vetri, feticcio di libertà imprigionante e imprigionata) in uno dei tanti splendidi monumenti architettonici della laguna veneta, il film raggiunge elevatissimi picchi di interiorità e misticismo (la presenza misteriosa nell’infermeria, mai disvelata, forse Cristo stesso, o la morte?) che scuotono notevolmente le menti e le sensibilita’ degli spettatori.
Presentato al Fesitval di Berlino del 2007 (unica presenza italiana), il film ha ricevuto critiche dozzinali da parte di coloro che hanno saputo vedervi solo l’ossessiva relazione e il deleterio rapporto (ma come dar torto a costoro?) degli italiani con la Chiesa cattolica, o riferimenti omof-ili/obi suggeriti dalla scena del bacio con cui Zanna si congeda dal Padre Superiore, dimenticando di vedervi la sublime lezione che quest’ultimo apprende dal suo “discepolo” e dimenticando la inestricabile complessita’ insita in ogni scelta estrema, sia essa di fede religiosa come di qualsiasi altra estrema scelta esistenziale.
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andrea
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mercoledì 14 marzo 2007
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deludente
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Il film inizia con alcune interessanti considerazioni del protagonista su di sè (e di conseguenza sull'uomo contemporaneo) che fanno ben sparare sul proseguimento della pellicola: in realtà segue una serie di delusioni. Le considerazioni iniziali del protagonista (del tipo "nella vita non mi sono mai fatto mancare niente", "avevo paura di guardarmi indietro per vedere il vuoto che lasciavo", "desidero diventare una persona") non sono sviluppate con chiarezza e comunque, anche se lo fossero state, non sarebbero sufficienti a descrivere i turbamenti dell'animo di un futuro sacerdote: la realtà è molto più complessa, a mio avviso il regista non ha la più pallida idea di quello che cercano queste persone o di quello che vivono.
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Il film inizia con alcune interessanti considerazioni del protagonista su di sè (e di conseguenza sull'uomo contemporaneo) che fanno ben sparare sul proseguimento della pellicola: in realtà segue una serie di delusioni. Le considerazioni iniziali del protagonista (del tipo "nella vita non mi sono mai fatto mancare niente", "avevo paura di guardarmi indietro per vedere il vuoto che lasciavo", "desidero diventare una persona") non sono sviluppate con chiarezza e comunque, anche se lo fossero state, non sarebbero sufficienti a descrivere i turbamenti dell'animo di un futuro sacerdote: la realtà è molto più complessa, a mio avviso il regista non ha la più pallida idea di quello che cercano queste persone o di quello che vivono. Da quello che ho letto nelle recensioni del pubblico, vengono prese per vere delle situazioni che tutt'al più possono essere simboliche di uno stato d'animo che forse può avere un riscontro sulla realtà dell'5% (per essere larghi). Le menzogne e l'atteggiamento da kapò dei maestri-formatori, le umiliazioni che subisce il protagonista, la freddezza tra compagni, l'ambientazione quasi carceraria ... non dicono il vero, danno al pubblico un'idea sbagliata sulla vita dell'uomo che desidera servire la Chiesa come sacerdote. Dove accadono tutte le cose così come si vedono nel film? Dov'è che la Chiesa chiude le porte alla società (alludo alla fine del film): centinaia di uomini e donne rischiano la propria vita ogni giorno in giro per il mondo, nei paesi in guerra, nei paesi governati da dittatori anticlericali; e altrettanti sono coloro che aiutano gli emarginati della nostra società (prostitute, drogati, extracomunitari, barboni...): come si fa a pensare che i sacerdoti chiudono le porte alla società contemporanea? Come si fa a pensare che queste persone scelgono una fede razionale piuttosto che una fede-carità? e se esiste qualcuno chiuso verso la società, non vuol dire che lo siano tutti...
Per tornare al film, secondo me ha il merito di porre allo spettatore degli spunti interessanti di riflessione (cosa non frequente nel cinema) MA non è all'altezza di portare avanti un discorso che abbia un senso concreto, anzi come è stato detto da qualcuno, sembra portare avanti non una riflessione originale ma un insieme di luoghi comuni presenti nell'opinione pubblica.
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(di filippo fiori)
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zenone
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martedì 13 marzo 2007
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quale chiesa per l'uomo
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Un film su due diverse di interpretazioni della spiritualità conventuale cristiana: una, istituzionale, basata su una severa ascesi e sull'annullamento della personalità per servire meglio la chiesa, una via priva di sentimenti e dubbi, che dissimula eventuali sofferenze dell'anima, l'altra, dei novizi ribelli, che si basa sulla forza dell'amore, sulla comprensione e sulla pietas provata nei confronti del sofferente (guarda caso solo i due novizi che abbandonano il convento assistono e condividono la sofferenza del morente in infermeria). Quale sarà la via migliore per arrivare a Dio? Quella che integra, dissolvendolo, l'individuo nella grande madre chiesa "che ha sempre un posto per ciascuno di noi", come ci dice nelle battute finali il protagonista che, con la metaforica scena della chiusura delle ante del portone della basilica, forse ci vuole anche dire che una siffatta chiesa è comunque chiusa nei confronti del mondo e vive nel suo continuo autorefenzialismo.
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Un film su due diverse di interpretazioni della spiritualità conventuale cristiana: una, istituzionale, basata su una severa ascesi e sull'annullamento della personalità per servire meglio la chiesa, una via priva di sentimenti e dubbi, che dissimula eventuali sofferenze dell'anima, l'altra, dei novizi ribelli, che si basa sulla forza dell'amore, sulla comprensione e sulla pietas provata nei confronti del sofferente (guarda caso solo i due novizi che abbandonano il convento assistono e condividono la sofferenza del morente in infermeria). Quale sarà la via migliore per arrivare a Dio? Quella che integra, dissolvendolo, l'individuo nella grande madre chiesa "che ha sempre un posto per ciascuno di noi", come ci dice nelle battute finali il protagonista che, con la metaforica scena della chiusura delle ante del portone della basilica, forse ci vuole anche dire che una siffatta chiesa è comunque chiusa nei confronti del mondo e vive nel suo continuo autorefenzialismo.
Oppure è più vera la via scelta da Zanna, che lascia il convento e si incammina in una direzione che "sarà sempre opposta alla chiesa" così come concepita (simbolica l'ultima scena che fa intravedere il "cupolone" da cui Zanna si allontana con il sottofondo di una canzone religiosa africana) che, nella piena realizzazione dell'individuo attraverso l'amore che prova nei confronti del prossimo e della vita, riesce (forse)ad incontare Dio.
Sembrerebbero questi temi già a lungo dibattutti e quindi vecchi e ripetuti, ma invece, alla luce delle recenti posizioni della Chiesa ufficiale, ritornano quanto mai attuali e controversi. Forse l'autore si domanda dove va oggi la Chiesa, è l'amore l'elemento principe ed assoluto che dovrebbe informare le azioni e le idee di ogni prete, dal novizio al Papa, o sono solo rimaste le vestiga di riti ormai svuotati di ogni reale valore? E' un bel sasso nello stagno che lancia Saverio Costanzo, che piuttosto che dimenarsi sui temi caldi che oggi le gerarchie ecclesiastiche stanno affrontando (dico, pacs, fecondazione assistita, etc.), vuole invece calarsi in quelle che sono le origini della formazione di un "soldato della chiesa", in quel mondo così lontano dai riflettori del mondo, dove si creano nuove coscienze, nuove concezioni, dove si tempera l'individuo in modo da affrontare ogni dubbio personale come una battaglia piuttosto che come un'occasione di crisi e di crescita.
Sarà forse questa la forza della chiesa, che chiede a ciascun sacerdote un addestramento psicologico degno del più intrepido corso di sopravvivenza. Una cosa fa riflettere più di tutto, è la forte tempra dei due padri ai vertici del seminario, gli sguardi duri ed inossidabili, quasi da marines veterani di tante battaglie, nei loro cuori non alberga comprensione ma durezza, le loro incitazioni sono volte alla delazione tra seminaristi piuttosto che ad cameratismo compassionevole, per loro chi lascia il convento non esiste più, deve essere più menzionato ne ricordato, non è stata una scelta, ma ha deciso la famiglia ....
Quando ho assistito alla scena dell'umiliazione del novizio, dove ogni compagno criticava (per usare un eufemismo) il protagonista Andrea, per un momento il pensiero è andato ad un campo di rieducazione che si sarebbe potuto trovare in Cambogia, o in Cina o in qualsiasi posto maledetto di questo martoriato mondo, è capitato anche a voi?
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rosy
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martedì 13 marzo 2007
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prerecensione
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Non l'ho visto ma le recensioni, soprattutto quelle più positive, mi hanno convinto: non ho nessuna voglia di andare a vedere questa palla pazzesca. Del resto anche Private mi era sembrato ipervalutato.
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aurelio
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lunedì 12 marzo 2007
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da tempo non vedevo un film così noioso
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Sulla spinta di una buona critica, che ora a posteriori giudico del tutto ingiustificata, sono andato a vedere questo opprimente e noiosissimo film.
Dopo il primo quarto d'ora (la prima giornata in convento, è appena iniziata e già sono alle preghiere della sera ...) avevo già capito l'antifona e provavo un intenso desiderio di squagliarmela, dal tetro convento nei panni del protagonista e dal cinema nei panni miei. Sono rimasto fino alla fine nell'attesa di una sorpresa che in qualche modo riscattasse il film, e soprattutto per non imbarazzare gli amici che erano con me, che comunque a proiezione faticosamente terminata mi hanno detto che la pensavano esattamente come me.
O forse per andarmene avrei dovuto aspettare che fosse notte fonda, come detta l'ipocrita regola non scritta di "bon ton" del convento ai nevrotici novizi.
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Sulla spinta di una buona critica, che ora a posteriori giudico del tutto ingiustificata, sono andato a vedere questo opprimente e noiosissimo film.
Dopo il primo quarto d'ora (la prima giornata in convento, è appena iniziata e già sono alle preghiere della sera ...) avevo già capito l'antifona e provavo un intenso desiderio di squagliarmela, dal tetro convento nei panni del protagonista e dal cinema nei panni miei. Sono rimasto fino alla fine nell'attesa di una sorpresa che in qualche modo riscattasse il film, e soprattutto per non imbarazzare gli amici che erano con me, che comunque a proiezione faticosamente terminata mi hanno detto che la pensavano esattamente come me.
O forse per andarmene avrei dovuto aspettare che fosse notte fonda, come detta l'ipocrita regola non scritta di "bon ton" del convento ai nevrotici novizi.
Trovo questo film penoso per regia e sceneggiatura. Nella prima parte il protagonista è il depresso Fausto, i motivi della sua sofferenza non vengono mai spiegati, finché finalmente se ne va (di notte naturalmente) e viene poi del tutto dimenticato nella seconda parte del film, come se non fosse esistito ...
La seconda parte è dominata da un'inquietante presenza in infermeria, una sorta di ectoplasma morente che si materializza all'improvviso dal nulla, e il cui mistero non viene svelato dal reticente regista neanche quando muore.
Insomma, un film che dice ben poco mentre "non dice" tanto, lasciando lo spettatore con un senso di vuoto, noia e delusione.
Le poche cose buone di questa mediocre e depressiva pellicola sono alcune ottime interpretazioni (Filippo Timi ha una maschera di eccezionale intensità, bravi anche Baliani, Hennicke e l'attore che interpreta Fausto - il protagonista invece ha sempre la stessa espressione abbastanza insulsa per tutto il film), la fotografia (quasi tutte le riprese in luce naturale, inclusi i suggestivi interni nella chiesa), e il concerto per pianoforte di Ciaikovsky (ho trovato invece del tutto fuori luogo i valzer viennesi)
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(di elisa)
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paladino
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lunedì 12 marzo 2007
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basta una forma impeccabile per fare un buon film?
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Film pieno zeppo di stereotipi sulla vita religiosa, sembra rispecchiare soltanto quello che l'opinione pubblica pensa sui seminari e sulla formazione dei sacerdoti. Impeccabile nella forma, ma basta questo a fare un buon film?
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andrea
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lunedì 12 marzo 2007
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film inutilmente angosciante
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Il film a mio avviso non approfondisce in maniera esauriente e chiara i temi che propone e descrive una realtà che non rispecchia il vero: fortunatamente il tipo di formazione psicologica e spirituale che descrive non esiste quasi più (almeno per quanto ho potuto constatare nei centri vocazionali italiani).
Inoltre per raccontare il dramma spirituale di un uomo non era necessario ambientarlo in un seminario. Sinceramente non merita tutte le critiche positive che si leggono sui giornali.
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eljmukka
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domenica 11 marzo 2007
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in memoria di me
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Per i pochi che sanno ancora pensare e ragionare, film stupendo e toccante per me un capolavoro e perfetto in tutto.
Hristo Jivkov e Filippo Timi eccezionali
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(di rashomon)
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(di eljmukka)
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darko
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domenica 11 marzo 2007
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giovani allo sbando... in chiave spirituale
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Girato in modo impeccabile, "In Memoria di Me" ricava una potenza d'immagini da pochissimi elementi, fra l'altro ossesivamente ripetuti, che si muovono o non si muovono all'interno della Basilica veneziana in cui il film si svolge. Ci sono le regole severe dei padri superiori, ci sono le ubbidienze dei novizi servizievoli e taciturni e poi ci sono gli spiriti "ribelli" dei tre protagonisti. Andrea, Zanna e un terzo (di cui ora non ricordo il nome), che si sente all'inizio del film come presenza disturbante all'interno della comunità gesuitica. Il ragazzo prende di notte e scompare dal monastero, dopo aver sbattuto la testa (letteralmente) un po' dappertutto, deluso dalle ideologie che regnano in quel mondo.
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Girato in modo impeccabile, "In Memoria di Me" ricava una potenza d'immagini da pochissimi elementi, fra l'altro ossesivamente ripetuti, che si muovono o non si muovono all'interno della Basilica veneziana in cui il film si svolge. Ci sono le regole severe dei padri superiori, ci sono le ubbidienze dei novizi servizievoli e taciturni e poi ci sono gli spiriti "ribelli" dei tre protagonisti. Andrea, Zanna e un terzo (di cui ora non ricordo il nome), che si sente all'inizio del film come presenza disturbante all'interno della comunità gesuitica. Il ragazzo prende di notte e scompare dal monastero, dopo aver sbattuto la testa (letteralmente) un po' dappertutto, deluso dalle ideologie che regnano in quel mondo. Andrea fino a quel momento rimane testimone silenzioso, ma curioso. Infine viene messo sotto una cattiva luce quando uno dei padri superiori, il Maestro (interpretato dal sempre bravo Marco Baliani), capisce la sua anima rivoluzionaria. I compagni cominciano a guardarlo male. Andrea viene chiamato ad esporre le sue riflessioni e teorie, spiccatamente contrastanti con gli ideali dei superiori, e gli risponde a tono il compagno Zanna (il grande Filippo Timi, attore più che altro di teatro, visto in questi stessi giorni in un ruolo di sfondo nel film di Ozpetek), il quale vede benissimo la sua paura e incertezza e lo invita ad essere più "amorevole".
I due, seppur diversi, taciturnamente si inseguono e incontrano nei corridoi bui del monastero, di notte, per confidarsi le loro angosce esistenziali.
C'è poi la presenza misteriosa di un malato o una malata (non si capisce il sesso), di cui non viene assolutamente chiarita l'identità, che scuote Zanna al momento della sua morte.
Egli decide di andarsene, in seguito, completamente allo sbando, Andrea decide di seguirlo, stanco della finzione che gli sembra di aver messo in atto al momento della scelta monastica.
Nella penultima scena il Padre superiore ammonisce il novizio Zanna mettendo in risalto i pregi e, indirettamente, i difetti della vita religiosa, sopratutto quelli. Zanna se ne va comunque, zittendolo con un bacio sulla bocca, e fa il suo ritorno nel mondo.
Andrea, che ha assistito alla scena in disparte e segretamente, ha un'ulteriore ripensamento e forse la sua "illuminazione".
Nel finale lo vediamo rientrare nella Basilica sul Lido veneziano dicendoci che ha deciso di portare avanti il suo progetto in cui sente di essersi imbarcato per una giusta causa e perchè ormai sente di aver stabilito un contatto diretto con Dio. Finale che suggerisce dunque un distaccamento spirituale dalla vita del monastero per favorire un avvicinamento alla vera essenza della fede, che si può avere o meno.
La fede è un po' come l'amore, quando te la ritrovi davanti non ci vedi più e ti affidi totalmente ad essa.Io credo che a suo modo questo film sia un film generazionale perchè racconta i giovani estremamente incerti di oggi e che vanno alla ricerca di qualcosa di estremo e assoluto, che li protegga e che allo stesso tempo li liberi. Impresa impossibile, ma del resto è questo che l'uomo è nato per fare.
Il film, come ha detto qualche critico o giornalista che ho letto, è asciutto, dunque efficace. Ambienti, fotografia e musiche sono puri, incontaminati, sacri, ma nel senso laico della parola. Il film è magnetico e coinvolgerà sicuramente quel pubblico in grado di ragionare, al di là della propria opinione in fatto di fede e religione.
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(di darko)
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elisa
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domenica 11 marzo 2007
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cosa c'è dietro ad un perfetto uomo di dio
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é un film interessante,spiazzante direi perchè non presenta come ne "Il grande silenzio" un'idea del misticismo trascendente ma terrena in quanto espressa da uomini.non più paesaggi sempre uguali modificati solo dal ritmo inesorabile della natura o azioni ripetitive sottolineate da teneri sorrisi ma confronti dottrinali che vanno al di là del loro significato letterale.corridoi puliti,deserti che improvvisamente si animano perchè invasi da un folla che vi irrompe senza quasi guardarsi se non in poche eccezioni che trasgrediscono alla regola della indifferenza che all'inizio è posta come madre di tutte le altre,silenzi vibranti di omertà.cosa si nasconde dietro la solennità di cui si ammantano alcuni sacerdoti?alcuni perchè la stragrande maggioranza non mostra di credere in quello che predica in omelie finte e teatrali,assomiglia un pò a bigliettai allo sportello di una stazione mal servita o a camerieri in livrea bianca.
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é un film interessante,spiazzante direi perchè non presenta come ne "Il grande silenzio" un'idea del misticismo trascendente ma terrena in quanto espressa da uomini.non più paesaggi sempre uguali modificati solo dal ritmo inesorabile della natura o azioni ripetitive sottolineate da teneri sorrisi ma confronti dottrinali che vanno al di là del loro significato letterale.corridoi puliti,deserti che improvvisamente si animano perchè invasi da un folla che vi irrompe senza quasi guardarsi se non in poche eccezioni che trasgrediscono alla regola della indifferenza che all'inizio è posta come madre di tutte le altre,silenzi vibranti di omertà.cosa si nasconde dietro la solennità di cui si ammantano alcuni sacerdoti?alcuni perchè la stragrande maggioranza non mostra di credere in quello che predica in omelie finte e teatrali,assomiglia un pò a bigliettai allo sportello di una stazione mal servita o a camerieri in livrea bianca.è questa la domanda che il film mi ha suggerito.Andrea è un ragazzo inizialmente timido,posato,determinato ad abbandonare una libertà che gli impedisce,nonostante tutto,di progredire ma ad un certo punto spaventato dalla possibilità di perdere la razionalità che è la sua forza (intelligenza e preparazione dialettica gli vengono presto riconosciute)sceglierà di applicarla in modo sistematico alla fede con risultati spiritualmente deludenti.La chiusa è cinicamente perfetta,un epitaffio dell'anima.Dal punto di vista tecnico una sinfonia dei sensi:musiche che riempiono per contrasto silenzi vuoti,senso della profondità con corridoi che sembrano infiniti tunnel,luci bianche che si alternano a chiaroschi pieni di mistero e sullo sfondo la vita dalle vetrate:battelli mastodontici e um meraviglioso spettacolo di giochi pirotecnici che per un attimo distrae e libera anche fisicamente i reclusi.Bello!Da vedere.
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