lb
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venerdì 6 aprile 2007
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un film supponente e pretenzioso
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Ho dato una chance di redenzione al figlio di Costanzo ma devo purtroppo constatare che la presunzione del figlio sia la medesima del padre. Trovo vergognoso che possa essere stato prodotto un film del genere
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(di rashomon)
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dario
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giovedì 5 aprile 2007
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oscar
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E' un film che fa molto pensare.
E sicuramente ti lascia qualcosa...
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indifferenziato
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martedì 27 marzo 2007
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un film sulla responsablità
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Quanche sera fa ho visto un film spietato e bellissimo! Si chiama "In memoria di me" ed è una storia ambientata in un seminario gesuita a Venezia. Poco oltre la grande vetrata che delimita uno dei due lati di un grande corridoio spettrale e freddo come la lama di un coltello, passano le navi da crociera che portano i turisti dai cervelli sotto vuoto pneumatico nei posti più improbabili del pianeta in perfette e "meritate" vacanze. All'interno è un altro mondo. Vige la regola del silenzio e la delazione è considerata un gesto di carità. Tutte le leggi del "mondo" sono sovvertite per permettere al cervello di pensare e di imparare. Naturalmente la materia dello studio è costituita unicamente dalle sacre scritture ed il peso dell'esistenza è assunto con tutta quella coscienza che soltanto un uomo che assuma tutta la sua responsabilità di animale superiore può esprimere.
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Quanche sera fa ho visto un film spietato e bellissimo! Si chiama "In memoria di me" ed è una storia ambientata in un seminario gesuita a Venezia. Poco oltre la grande vetrata che delimita uno dei due lati di un grande corridoio spettrale e freddo come la lama di un coltello, passano le navi da crociera che portano i turisti dai cervelli sotto vuoto pneumatico nei posti più improbabili del pianeta in perfette e "meritate" vacanze. All'interno è un altro mondo. Vige la regola del silenzio e la delazione è considerata un gesto di carità. Tutte le leggi del "mondo" sono sovvertite per permettere al cervello di pensare e di imparare. Naturalmente la materia dello studio è costituita unicamente dalle sacre scritture ed il peso dell'esistenza è assunto con tutta quella coscienza che soltanto un uomo che assuma tutta la sua responsabilità di animale superiore può esprimere. A mio parere lo spettro che percorre il citato corridoio non è Cristo o la morte, come qualche fantasioso commentatore ha spiegato ma uno dei ragazzi che ha scelto volontariamente il martirio, trasformando la scelta "dotta" del sapiente al serivizio di Dio in una meditata passione di Cristo vissuta in prima persona. Certo che i suoi compagni possono non condividere questa scelta e chi in una maniera, chi nell'altra, testimoniano l'alto livello della responsabilità che, forse, e non credo di essere molto lontano dal vero, se dico che è la vera "morale" del film e del cristianesimo tutto.
Io sono felice che Costanzo (figlio) abbia voluto scrivere un così bel saggio sul cristianesimo di oggi, che è tanto brutto, ma che può mostrare una sua vera e propria rivincita in questo grande film in cui questa fede ci fa guardare dentro mostrando tutta la sua parte meno umana e proprio per questo più "cristiana", nel senso della sua vicinanza a Cristo. Dunque io penso che il titolo sia proprio azzeccato. "Fate questo in memoria di me" non è quello che si dice durante la comunione?
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filippo fiori
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lunedì 26 marzo 2007
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perverso
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un film perverso perché pur ben documentato, ben scritto, con riferimenti a passi importanti della scrittura e ad aspetti decisivi della fede cristiana, usa tutti questi elementi per dare un'immagine di questa comunità che per me è fantasiosa. Già non capisco perché girare un film che parla di sacerdoti, gesuiti, in un monastero: o parli di frati o parli di sacerdoti. Ognuno nel suo contesto.
Dei seminari, conventi e monasteri che ho visitato, non ne ho trovato uno in cui i rapporti umani fossero così: per carità, forse ce ne saranno pure, ma allora questo vuol essere un film di denuncia di quei casi, che non so quantificare?
Il rischio è che alimenti una visione della chiesa e degli ambienti di formazione dei sacerdoti che rispetto alla mia esperienza è fuorviante.
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un film perverso perché pur ben documentato, ben scritto, con riferimenti a passi importanti della scrittura e ad aspetti decisivi della fede cristiana, usa tutti questi elementi per dare un'immagine di questa comunità che per me è fantasiosa. Già non capisco perché girare un film che parla di sacerdoti, gesuiti, in un monastero: o parli di frati o parli di sacerdoti. Ognuno nel suo contesto.
Dei seminari, conventi e monasteri che ho visitato, non ne ho trovato uno in cui i rapporti umani fossero così: per carità, forse ce ne saranno pure, ma allora questo vuol essere un film di denuncia di quei casi, che non so quantificare?
Il rischio è che alimenti una visione della chiesa e degli ambienti di formazione dei sacerdoti che rispetto alla mia esperienza è fuorviante. Che divida e contrapponga più che far nascere un dialogo su questi temi. Chi non prova fastidio e repulsione di fronte alla rappresentazione di un ambiente siffatto?
Direi dunque un film artificioso. Da un punto di vista estetico, inutilmente pesante, drammatico, lento, estenuante. Abusa di pathos, tensione e mistero senza motivo. Amplifica dubbi, paranoie e tormenti in maniera parossistica.
Girato con troppa freddezza e presunzione. Con un cuore duro. Senza un po' di amore.
Andate pure a vederlo. Ma discutetene per favore, per capire da dove nasce il fastidio che il film vi provocherà: dalla realtà rappresentata o dalla rappresentazione stessa? Ovvero, dal pensiero che possa esistere una comunità di questo tipo, o dal pensiero che qualcuno voglia suggerire, in modo perverso, l'esistenza di una tale realtà?
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(di andrea)
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olga di comite
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giovedì 22 marzo 2007
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un tema d'attualità
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Senza essere irriverente definirei questo bellissimo film un thriller spirituale, anche se il racconto è complesso e a volte sfuggente, quindi difficile da definire. Allora perché tentare una formula? Perché, tra le molte facce, mi ha colpito la capacità dell’autore di tenere in tensione, di creare suspence con un’opera di pochissimi fatti. il diffuso desiderio di silenzio e meditazione che il correre caotico e competitivo delle vite reclama sempre più spesso. La bravura indiscussa di Saverio Costanzo sta nell’aver rappresentato in immagini concetti astratti e ardui, creando una suggestione profonda con la scelta del luogo. Siamo a San Giorgio Maggiore a Venezia, i muri conventuali sono a pelo d’acqua.
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Senza essere irriverente definirei questo bellissimo film un thriller spirituale, anche se il racconto è complesso e a volte sfuggente, quindi difficile da definire. Allora perché tentare una formula? Perché, tra le molte facce, mi ha colpito la capacità dell’autore di tenere in tensione, di creare suspence con un’opera di pochissimi fatti. il diffuso desiderio di silenzio e meditazione che il correre caotico e competitivo delle vite reclama sempre più spesso. La bravura indiscussa di Saverio Costanzo sta nell’aver rappresentato in immagini concetti astratti e ardui, creando una suggestione profonda con la scelta del luogo. Siamo a San Giorgio Maggiore a Venezia, i muri conventuali sono a pelo d’acqua. Fuori si svolge la vita della città lagunare. Frammenti di essa passano dietro i vetri dell’ampio corridoio su cui danno le stanzette dei novizi, con effetti stranianti sottolineati dal rigore della fotografia e dalla altrettanto rigida osservanza delle regole monastiche, musicalmente sottolineate da rapide incursioni nella melodica ossequiosità dei valzer viennesi. Dentro, soprattutto la sera, in quegli ambienti tirati a lucido, quasi scivolano senz’altro peso che non sia quello dei loro dubbi, le figure dei protagonisti. Il mistero la fa da padrone. I drammi rimangono intuiti ma non dichiarati. Parlano le citazioni tratte dai libri sacri e i pochi dialoghi sostenuti di volta in volta dal fuoco freddo della ragione o dalla passione di chi ha avuto d’istinto la rivelazione dell’amore del Cristo. Il racconto si dipana tra questi due modi di vivere la fede. A rappresentarli, l’impassibile, ma non troppo, Andrea (Cristo Jivkov, già visto nel Mestiere delle armi di Olmi), e l’inquieto e ardente Zanna (Filippo Timi). Aleggia anche una rarefatta omosessualità che sfiora un altro tormentato personaggio. C’è poi l’ascetico e machiavellico Padre superiore (André Hennike) che, insieme al Padre maestro (Marco Baliani), rappresenta tutta la tradizione gesuitica degli esercizi spirituali, della ricerca di una specie di atarassia rispetto al terreno, dell’arte della dissimulazione e del silenzio imposto. Alla chiarezza, anche se non rigida e inumana, del loro credo, si contrappone il mistero che aleggia nel convento, sia che abbia come sfondo l’abbagliante chiarore delle soste nel chiostro, sia il buio interrotto da riflessi di luce nel corridoio. L’impossibilità di capire fino in fondo la realtà è simboleggiata anche da un giovane morente nell’infermeria del convento (imitazione del Cristo o immagine della sofferenza umana?) che Zanna assiste amorevolmente di notte.
La morale del film emerge nelle belle e coinvolgenti sequenze finali: la libertà di scegliere il proprio destino è il dono più grande fatto da Cristo all’umanità. Per Andrea, consapevole di non essere capace d’amore, ma che si sente predestinato dalle sue scelte razionali a rimanere nel convento, il portone sull’acque della laguna si chiude; per Zanna si riapre, per tornare all’amore del mondo. Allo spettatore resta l’invito alla meditazione, la più profonda possibile, e l’eco dei canti mistici e gregoriani, frutto di una scelta precisa e personalissima dell’autore.
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nike-82
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giovedì 22 marzo 2007
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la lunga scia
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In memoria di me è un film complesso dai toni forti, di sguardi e grandi silenzi, è un Film per riflettere e che costringe a guardarsi dentro, un film ostico, per ritmo, atmosfere e temi trattati. Ma lavora col tempo, ben dopo la visione, scavando e scoprendo in ognuno di noi emozioni e riflessioni le più diverse sulle grandi domande dell'esistenza.
Attori eccezionali da Jivkov a Timi a Baliani.
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rebecca de winter
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mercoledì 21 marzo 2007
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classica storia gay
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Il film è una storia d'amore. Andrea è omosessuale e si imbosca in un convento per cercare di rimorchiare più liberamente. La fame si fa subito sentire: ha visioni di un uomo nudo. Dopo una rapido analisi dei pretendenti, si infatua di un novizio piuttosto bruttino, lo segue e lo spia sperando di suscitare la sua attenzione, ma si occorge che è un masochista, gli piace sbattere la testa contro il muro. Quando decide di fare una mossa è troppo tardi. Il novizio scappa dal monastero. Furibondo, denuncia la fuga al padre maestro. Non si da per vinto si lancia su un altro novizio , anche lui piuttosto bruttino, Zama (Filippo Timi). Decidono di scappare insieme dal monastero. La notte in cui decidono la fuga, Andrea sorprende Zama dal buco della serratura mentre bacia il padre superiore.
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Il film è una storia d'amore. Andrea è omosessuale e si imbosca in un convento per cercare di rimorchiare più liberamente. La fame si fa subito sentire: ha visioni di un uomo nudo. Dopo una rapido analisi dei pretendenti, si infatua di un novizio piuttosto bruttino, lo segue e lo spia sperando di suscitare la sua attenzione, ma si occorge che è un masochista, gli piace sbattere la testa contro il muro. Quando decide di fare una mossa è troppo tardi. Il novizio scappa dal monastero. Furibondo, denuncia la fuga al padre maestro. Non si da per vinto si lancia su un altro novizio , anche lui piuttosto bruttino, Zama (Filippo Timi). Decidono di scappare insieme dal monastero. La notte in cui decidono la fuga, Andrea sorprende Zama dal buco della serratura mentre bacia il padre superiore. Offeso, indugia. Zama scappa alla chetichella fregandosene dell'appuntamento con Andrea. Fine.
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[+] forse non era proprio così...
(di indifferenziato)
[ - ] forse non era proprio così...
[+] brava rebecca
(di rashomon)
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(di vincentvega)
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il conformista
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mercoledì 21 marzo 2007
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le carica delle statue di cera
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La cosa più pensante del film è sopportare i primi piani dell'attore protagonista. Per tutto il film semnbra un statua di cera, non cambia espressione mai. Ha l'occhio allucinato e si muove come un robot. Filippo Timi invece per tutto il film ha uno sguardo torvo, a un certo punto viene anche illuminato dal basso, diventa mefistofelico, si ci aspetta il peggio, invece niente. Il film vuole rappresentare una schiera di robot, ma è un'interpretazione perchè è totalmente irreale. Nessuno guareda, sorride, niente. Tutti afflitti e torvi sempre. A un certo punto si vede un novizio molto sovrappeso e ti immagini che farà dei guai, che quel tipo fisico avrà un suo ruolo. Niente. Poi si vede uno che muore in un stanza d'ospedale e non si sa chi sia.
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La cosa più pensante del film è sopportare i primi piani dell'attore protagonista. Per tutto il film semnbra un statua di cera, non cambia espressione mai. Ha l'occhio allucinato e si muove come un robot. Filippo Timi invece per tutto il film ha uno sguardo torvo, a un certo punto viene anche illuminato dal basso, diventa mefistofelico, si ci aspetta il peggio, invece niente. Il film vuole rappresentare una schiera di robot, ma è un'interpretazione perchè è totalmente irreale. Nessuno guareda, sorride, niente. Tutti afflitti e torvi sempre. A un certo punto si vede un novizio molto sovrappeso e ti immagini che farà dei guai, che quel tipo fisico avrà un suo ruolo. Niente. Poi si vede uno che muore in un stanza d'ospedale e non si sa chi sia. Fanno tutti la veglia in corridoio fino al mattino seguente con i ceri in mano. Finisce il film e il protagonista sorride. Ce l'abbiamo fatta.
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gigi
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mercoledì 21 marzo 2007
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lucidi pavimenti dell'anima
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i lucidi pavimenti del corridoio ora lunghissimo e infinito ora ristretto e claustrofobico rispecchiano non solo le ombre dei corpi che si muovono nel silenzio ma anche quelle delle anime o degli animi per usare un termine più laico. è tutto li. su quel pavimento. che rispecchia la fredda passione di andrea, quella tiepida di zanna, quella calda che fa sbattere la testa al muro. quella contrita e indifferente degli altri che non hanno voce per un silenzio nè imposto nè scelto. semplicemente perchè non hanno niente da dire. i lucidi pavimenti rispecchiano la fede anch'essa a temperature progressive. non emerge dalle freddure dei marmi nè la falsa passione ad un cristo percepito come sposo o compagno o dio-a-cui-tutto-l'essere-è votato, nè ad un cristo-dio-austero-e-giudice.
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i lucidi pavimenti del corridoio ora lunghissimo e infinito ora ristretto e claustrofobico rispecchiano non solo le ombre dei corpi che si muovono nel silenzio ma anche quelle delle anime o degli animi per usare un termine più laico. è tutto li. su quel pavimento. che rispecchia la fredda passione di andrea, quella tiepida di zanna, quella calda che fa sbattere la testa al muro. quella contrita e indifferente degli altri che non hanno voce per un silenzio nè imposto nè scelto. semplicemente perchè non hanno niente da dire. i lucidi pavimenti rispecchiano la fede anch'essa a temperature progressive. non emerge dalle freddure dei marmi nè la falsa passione ad un cristo percepito come sposo o compagno o dio-a-cui-tutto-l'essere-è votato, nè ad un cristo-dio-austero-e-giudice. è tutto un noviziato. un noviaziato del proprio sè prima che del proprio sè-in-rapporto-al-dio. il dio è ancora troppo nel fondo, come afferma il superiore, e aspetta solo un silenzio assoluto per emergere. il dio è ancora in là. e questo dio-sospeso è, secondo me la sensazione più mistica che saverio abbia potuto rappresentare. un dio-sospeso che per motivi diversi interroga e promuova riflessioni. un dio che "sta alla porta e bussa" che non è ancora entrato nè nelle menti nè negli animi, nè è percepibile sui pavimenti lucidi. via immagini di santi e dei, via preghiere, via candele. sobrio. per lasciare spazio a sguardi che rispecchiano animi, sensazioni, pensieri. ancora troppo umani. contrapposti non a quelli di icone o statue, ma a quelli freddissimi di un superiore che non riesce a mostrare neanche lui la passione del dio in cui crede, preso comè a barrica tra i suoi muscoli (quelli del viso specialmente) i suoi di timori e di paure che l'hanno consumato. è un incontro freddo quello dei novizi con il dio loro proposto. non serio. freddo. e nel caso in cui quell'immagine riflessa corrisponde e placa timori e paure, ecco l'incantesimo di sorrisi che appiono su volti rilassati e chiusure di portoni di chiese alle spalle. ma nel caso in cui a rispecchiarsi è un dio-lontano dalle paure e dai timori, ecco l'allontanamento e la provocazione. nè l'uno nè l'altro modo rappresenta quel "rinnegare sè stesso" quel costante dimenticare sè stesso con lo sgurado rivolto non troppo in alto, ma affianco.
meriti a costanzo per aver proposto una lettura laica degli animi, anzi no, semplicemente umana. perchè umano, squisitamente umano è il modo che dio sceglie per chiamare. perchè nessuno se non il dio saprebbe spiegare i movimenti degli animi che si aggirano in quei corridoi. e il senso e il significato degli allontanamenti e degli avvicinamenti, degli sguardi e dei moti delle viscere sono in tutto che è difficile da cogliere in un momento storico quando la storia è ancora in movimento.
meriti a costanzo per l'elogio della sospensione del dio, degli animi, del giudizio. per avere descritto uomini che hanno vissuto se stessi muovendosi in lucidi pavimenti dell'anima.
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sds
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martedì 20 marzo 2007
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in memoria di me
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Dopo il successo riscosso con Private, Saverio Costanzo torna dietro la macchina da presa firmando un'altra opera complessa e di spessore, In memoria di me, unico film italiano in concorso all'ultima edizione del festival di Berlino, tratto dal libro di Furio Monicelli Lacrime impure (Il gesuita perfetto) del 1960.
La critica straniera vi ha scorto un eccesso religioso, mentre quella italiana si è concentrata quasi esclusivamente su un bacio tra un novizio ed un suo superiore, dimostrando di non saper andare aldilà del puro dato visivo. In realtà la tematica dell'omosessualità tra uomini di chiesa, fulcro centrale del libro di Monicelli, nel film rimane in secondo piano, mai esplicitata attraverso gli eventi che compongono la storia narrata
INTERVISTA
http://lnx.
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Dopo il successo riscosso con Private, Saverio Costanzo torna dietro la macchina da presa firmando un'altra opera complessa e di spessore, In memoria di me, unico film italiano in concorso all'ultima edizione del festival di Berlino, tratto dal libro di Furio Monicelli Lacrime impure (Il gesuita perfetto) del 1960.
La critica straniera vi ha scorto un eccesso religioso, mentre quella italiana si è concentrata quasi esclusivamente su un bacio tra un novizio ed un suo superiore, dimostrando di non saper andare aldilà del puro dato visivo. In realtà la tematica dell'omosessualità tra uomini di chiesa, fulcro centrale del libro di Monicelli, nel film rimane in secondo piano, mai esplicitata attraverso gli eventi che compongono la storia narrata
INTERVISTA
http://lnx.whipart.it/cinema/2879/lorenza-brambilla-intervista-saverio-costanzo.html
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