La rivincita di Natale |
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Un film di Pupi Avati.
Con Diego Abatantuono, Carlo Delle Piane, Alessandro Haber, Gianni Cavina, George Eastman (II)
Drammatico,
durata 99 min.
- Italia 2004.
MYMONETRO
La rivincita di Natale
valutazione media:
3,69
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Piacevole pellicoladi KappawhiteFeedback: 0 |
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martedì 10 febbraio 2004 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film che mi è piaciuto: abbastanza. Di buono c'è una sceneggiatura avvincente, interpretata da tre grandi attori e da altri due che sembrano ritagliati per la parte. I cinque, diversissimi sul lato umano, mettono in scena un dramma dove in ognuno glorie e miserie pareggiano il conto e vincente non ne esce nessuno e nessuno è buono o cattivo. Realismo d'autore. Di grandioso c'è la metafora con la società di oggi, la caduta di quel velo di romanticismo che aveva accompagnato i nostri eroi nel capolavoro della serie, Regalo di Natale. Tutta la cinica spietatezza della odierna morale, l'assenza di sentimento e di umanità, oggi considerati nient'altro che scrupoli di complessati, si delinea come la coloritura emotiva che accompagna questa pellicola. In questo senso, la bionda rappresenta una pugnalata a quanti, come Abatantuono, credono ai valori dell'amore. Non mi è piaciuto, invece, il modo in cui colpi di scena intriganti siano stati sviluppati. Troppa frenesia e desiderio di schiaffarlo in faccia allo spettatore; poca calma, suspence, pudore, crisi. La macchinazione che sta dietro ad Haber e Cavina è solo accennata (si intuisce ma non si delineano gli sviluppi); ed il tradimento di Haber, da sommo dramma della Rivincita diventa quasi una banale ripicca. Manca tutta quella carica di pathos interiore che un tale tradimento avrebbe comportato in un uomo del genere; la sua crisi, i dubbi, l'ingominia che lo accompagnano qui sono troppo semplicemente stereotipati dietro a due mignon di vodka e ad un desiderio vile di fuga in California. Giuda è tutto meno che un personaggio banale e scontato, e a riprova di questo fatto c'è la constatazione di quanto egli abbia ispirato le menti di tanti artisti e letterati nel corso della storia dell'umanità. La seconda nota negativa riguarda la partita stessa, troppo breve, concisa, senza alcuna profondità al di fuori di questa benedetta rivincita. Mentre in Regalo il poker è eternamente lungo, lento, infarcito di una noia esistenziale spezzettata da repentini colpi di scena che preparano il dramma finale -perchè nel primo di vero dramma si può parlare-, la Rivincita è invece breve, piatta e senza alcun interesse per ciò che alla fin fine i Nostri stanno facendo: giocare a poker. La rissosità, anziché il piacere, condisce questa partita dall'esito francamente scontato e per nulla emozionante. Si potrebbe argomentare che se Regalo mostra un poker teatrale, Rivincita mostra un poker televisivo.
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