daryo
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è dura ma ne vale la pena
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Sono andato a vedere questo film un pò dubbioso, con l'idea di guardarmi un bel mattone indigesto e a prima vista l'impressione è quella. Ma continuando a guardare questo infinito piano sequenza si comincia a farsi prendere dagli eventi e dalle splendide immagini. Valga per tutti la scena finale del ballo e la lunga discesa della scalinata. Assolutamente da recuperare.
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piernelweb
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domenica 3 febbraio 2008
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viaggio nella russia degli zar
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E' possibile girare un'intero film tutto di un fiato, in un'unico piano sequenza, (1 ora e mezza) che sia già pronto per essere consegnato alla produzione senza ulteriori ritocchi? La risposta è sì e la prova arriva dal regista russo più interessante della sua generazione: Aleksandr Sokurov. Questa concezione bizzara (quasi più un vezzo da guiness dei primati che un significativo esperimento cinematografico) ben si coniuga però ai contenuti: la ripresa tutta in soggettiva identifica il protagonista che si ritrova senza volerlo (forse a seguito della sua morte) a vagare come in un sogno, nel palazzo dell'Ermitage di San Pietroburgo, un tempo residenza degli Zar e oggi museo. E di sala in sala, attravverso salti nel tempo, e disquisizioni estemporanee con lo scontroso Marchese di Custine (un bravissimo Sergei Dreiden) è un'ammirare dello splendore della russia che fu e di quella che sarebbe potuta essere.
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E' possibile girare un'intero film tutto di un fiato, in un'unico piano sequenza, (1 ora e mezza) che sia già pronto per essere consegnato alla produzione senza ulteriori ritocchi? La risposta è sì e la prova arriva dal regista russo più interessante della sua generazione: Aleksandr Sokurov. Questa concezione bizzara (quasi più un vezzo da guiness dei primati che un significativo esperimento cinematografico) ben si coniuga però ai contenuti: la ripresa tutta in soggettiva identifica il protagonista che si ritrova senza volerlo (forse a seguito della sua morte) a vagare come in un sogno, nel palazzo dell'Ermitage di San Pietroburgo, un tempo residenza degli Zar e oggi museo. E di sala in sala, attravverso salti nel tempo, e disquisizioni estemporanee con lo scontroso Marchese di Custine (un bravissimo Sergei Dreiden) è un'ammirare dello splendore della russia che fu e di quella che sarebbe potuta essere. Per ovvie ragioni mancano dialoghi articolati, ma il senso estetico è in un continuo crescendo: un omaggio all'arte ed al senso di identità e universalità che è in grado di suscitare. Impressionante il lavoro di coordinazione delle numerosissime comparse (3000 persone come in un Kolossal) ma l'immagine più bella è quella finale quando il protagonista guarda fuori, al di là del palazzo
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dandy
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martedì 18 marzo 2014
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quando il cinema incanta.
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Un'opera inconcepibile,un unico piano sequenza di oltre 90 minuti senza stacchi.Sfarzoso ed estremo,è un ritratto apocalittico sulla fine storica e culturale della Russia.La telecamera attraversa epoche differenti(si vidono Pietro il Grande[solo sbirciato],Caterina di Russia,la famiglia dell'ultimo zar,turisti contemporanei che visitano il museo e infine un gran ballo di fine Ottocento)diventando quasi parte dei meravigliosi avvenimenti che mostra attraverso gli occhi del protagonista(invisibile per tutto il film,e doppiato in originale dallo stesso Sokurov),cauto ed affascinato in cui ci si immedesima subito.E il burbero intellettuale tedesco che lo accompagna è una guida impagabile:un Virgilio reazionario non privo di un certo charme il cui sdegno è sinonimo della decadenza di tutto l'Occidente(ci sono svariati accenni,spesso negativi,alla cultura italiana).
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Un'opera inconcepibile,un unico piano sequenza di oltre 90 minuti senza stacchi.Sfarzoso ed estremo,è un ritratto apocalittico sulla fine storica e culturale della Russia.La telecamera attraversa epoche differenti(si vidono Pietro il Grande[solo sbirciato],Caterina di Russia,la famiglia dell'ultimo zar,turisti contemporanei che visitano il museo e infine un gran ballo di fine Ottocento)diventando quasi parte dei meravigliosi avvenimenti che mostra attraverso gli occhi del protagonista(invisibile per tutto il film,e doppiato in originale dallo stesso Sokurov),cauto ed affascinato in cui ci si immedesima subito.E il burbero intellettuale tedesco che lo accompagna è una guida impagabile:un Virgilio reazionario non privo di un certo charme il cui sdegno è sinonimo della decadenza di tutto l'Occidente(ci sono svariati accenni,spesso negativi,alla cultura italiana).Non sono mancate critiche per un'eccessiva nostalgia e antistoricismo,ma la grandiosità della messa in scena è immensa.In un ambiente da sogno 3000 comparse coordinate con tempismo perfetto si muovono in una sorta di viaggio spazio-temporale che ricorda in qualche modo "Solaris" e "Stalker"di Tarkovskij.Memorabili le sequenze del ballo e l'uscita finale dalla scalinata,ma ci sono tante altre scene più brevi(i flirt dell'intellettuale,le ragazzine che giocano,la stanza ghiacciata)ugualmente belle.Girato con una videocamera digitale Sony 24P-HD da 24 fotogrammi al secondo(usata anche da George Lucas per gli ultimi "Guerre Stellari").Solo per chi ama il cinema veramente comunque.
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killbillvol2
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martedì 3 marzo 2015
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l'arca dell'arte e del cinema
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"Come se fosse un solo respiro", come se non ci fosse né un presente né un passato, perché solo il futuro si può conoscere, mentre ciò che è accaduto (come dice il francese a metà film) rimane un mistero. Settecento, Ottocento, Novecento. La Storia, l'Europa, il Cinema. Un fiume ininterrotto (come quello che circonda l'arca dell'arte e della salvezza, degli zar e dei principi) di quadri, emozioni, storie e Storia.
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"Come se fosse un solo respiro", come se non ci fosse né un presente né un passato, perché solo il futuro si può conoscere, mentre ciò che è accaduto (come dice il francese a metà film) rimane un mistero. Settecento, Ottocento, Novecento. La Storia, l'Europa, il Cinema. Un fiume ininterrotto (come quello che circonda l'arca dell'arte e della salvezza, degli zar e dei principi) di quadri, emozioni, storie e Storia. Un regista invisibile che deforma continuamente l'immagine in un effetto Vertigo straniante, guidato da un Virgilio diplomatico e francese, in una corsa nel tempo (non contro) e attraverso di esso, ripresa con un piano sequenza, tecnica cinematografica nella quale il tempo della narrazione corrisponde a quello dell'inquadratura, in un ossimoro virtuosistico e funzionale.
Una guerra è l'assenza di tele dipinte e profumate d'olio all'interno di cornici, che interrompe il dialogo tra uomo e arte e l'esistenza dell'arte stessa, mentre un incontro tra due uomini, due culture e due tempi diversi è scontro, contaminazione e infine completamento. Sokurov ci guida in un flusso apparentemente infinito di immagini, situazioni, episodi grotteschi, discorsi filosofici (un milione di vite per la salvaguardia di una città è un prezzo troppo alto da pagare), opere d'arte (che riprende sempre con rispettosa ammirazione), personaggi veri e inventati, moderno e vecchio che si incontrano e si fondono, di realtà e finzione, di mise en scène. Coraggio e ambizione trasparono da ogni inquadratura di questa pellicola (che pellicola, in realtà, non è, a dimostrazione che anche il digitale può fare grandi cose, mezzo sperimentale e originale come in INLAND EMPIRE di Lynch) unica, a tratti difficile da seguire e ostica nella fruizione, ma sempre affascinante, ipnotizzante e anche inquietante. Poi arriva il momento di tornare al presente, di abbandonare una nostalgica Europa, di sorpassare migliaia di persone di oggi e di ieri, che abbandonano la finzione dei set e tornano all'Hermitage di San Pietroburgo, con il dubbio che tutto sia stato un sogno, il lasso di tempo tra un respiro e l'altro, una recita vista attraverso l'obbiettivo di un invisibile regista contemporaneo e quindi falsa per definizione, la paura che la Storia sia soltanto un inestricabile mistero e che vaghi senza un motivo nelle acque della Neva, come l'arca dell'arte e della cinematografia.
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kronos
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sabato 25 febbraio 2012
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a spasso nel tempo
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'Arca russa' è un originale viaggio spazio-temporale nell'Hermitage di San Pietroburgo e un esperimento di tecnica filmica non comune: è stato realizzato con un unico piano sequenza di 90 minuti, orchestrando in tempo reale gli spostamenti dell'operatore e di centinaia di comparse in costume negli ambienti del museo.
Ma forse proprio la tecnica di ripresa, pur eccezionale, rappresenta il punto debole di un film affascinante: la sensazione è che nella parte centrale l'operatore (e la sceneggiatura) girino a vuoto. Forse realizzando lo stesso soggetto su pellicola in maniera tradizionale, sarebbe stato possibile ottenere maggior compattezza narrativa, approfondire alcuni spunti storici solo accennati ed esaltare al massimo la componente visiva ed immaginifica.
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'Arca russa' è un originale viaggio spazio-temporale nell'Hermitage di San Pietroburgo e un esperimento di tecnica filmica non comune: è stato realizzato con un unico piano sequenza di 90 minuti, orchestrando in tempo reale gli spostamenti dell'operatore e di centinaia di comparse in costume negli ambienti del museo.
Ma forse proprio la tecnica di ripresa, pur eccezionale, rappresenta il punto debole di un film affascinante: la sensazione è che nella parte centrale l'operatore (e la sceneggiatura) girino a vuoto. Forse realizzando lo stesso soggetto su pellicola in maniera tradizionale, sarebbe stato possibile ottenere maggior compattezza narrativa, approfondire alcuni spunti storici solo accennati ed esaltare al massimo la componente visiva ed immaginifica.
Tuttavia anche in questa forma resta uno dei migliori esiti della carriera di Sokurov: un film unico, illuminato da un finale arcano che certo sarebbe piaciuto a Tarkovsky.
Voto: tre stelline e mezzo.
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howlingfantod
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sabato 13 aprile 2019
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la bellezza salverà il mondo
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Per quanto ne sappia di cinema, sempre e fatalmente troppo poco, unico film senza montaggio della storia della settima arte, in quanto costruito su un unico piano sequenza di 96 minuti, cioè la durata del film stesso, quindi affresco, omaggio stesso all’arte figurativa, la stessa che ospita alcuni dei suoi più grandi capolavori all’ interno dei saloni dove si svolge “Arca russa”, lo stupefacente film del 2002 del regista russo Alexsandr Sokurov. Siamo nel Palazzo d’inverno di San Pietroburgo, già magnificente dimora nei secoli del potere degli Zar e oggi sede di uno dei musei più visitati al mondo, l’Hermitage. Il colpo di scena iniziale, quando come per magia una voce fuoricampo che si scoprirà appartenere a un regista contemporaneo (omaggio di Sokurov a sé stesso?), si domanda smarrita dove si trovi, ci fa capire immediatamente dove ci troviamo e cioè nel territorio del sogno.
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Per quanto ne sappia di cinema, sempre e fatalmente troppo poco, unico film senza montaggio della storia della settima arte, in quanto costruito su un unico piano sequenza di 96 minuti, cioè la durata del film stesso, quindi affresco, omaggio stesso all’arte figurativa, la stessa che ospita alcuni dei suoi più grandi capolavori all’ interno dei saloni dove si svolge “Arca russa”, lo stupefacente film del 2002 del regista russo Alexsandr Sokurov. Siamo nel Palazzo d’inverno di San Pietroburgo, già magnificente dimora nei secoli del potere degli Zar e oggi sede di uno dei musei più visitati al mondo, l’Hermitage. Il colpo di scena iniziale, quando come per magia una voce fuoricampo che si scoprirà appartenere a un regista contemporaneo (omaggio di Sokurov a sé stesso?), si domanda smarrita dove si trovi, ci fa capire immediatamente dove ci troviamo e cioè nel territorio del sogno. La voce appartiene a un russo che come in una danza degli spiriti si fa medium e incontra e scorge nel suo girovagare nei saloni e nei corridoi altri simili a lui che hanno la stessa capacità a fronte di tutta la moltitudine a cui risulterà invisibile. Fra i suoi simili soprattutto un misterioso intellettuale francese, il quale come una mefistofelica guida lo accompagnerà all’ interno dei lussuosi saloni del palazzo di “tutte le Russie” per ripercorrere la stessa storia di oltre tre secoli della “Grande Madre”. I due esemplificano il contrasto e l’incontro fra cultura russa ed europea. San Pietroburgo stessa, la città più europea della Russia è il simbolo di questo incontro. L’intellettuale francese, si scoprirà anche diplomatico che ha preso parte al Congresso di Vienna, come un Virgilio guida la voce fuori campo e lo spettatore in un viaggio a ritroso, come se ci trovassimo all’interno di una macchina del tempo virata alla storia russa e dell’arte figurativa.
La camera a mano in soggettiva sembra quasi galleggiare negli immensi e sfarzosi saloni del palazzo, dando all’insieme, con le grandi panoramiche della sapiente mano di Sokurov un’aura di continua instabilità e un sentore onirico, liquido e fluttuante. I chiaroscuri dei Rembrandt, dei Van Dyck, dei Velazquez sono fotogrammi, atomi delle singole riprese e vanno a costituire quasi la cornice dell’intero film in un’affascinante gioco meta- filmico, facendo quasi pensare allo spettatore distratto di trovarsi di fronte a un documentario di Sky arte. Svenevoli e sfuggenti creature si palesano ai due visitatori per poi scomparire immediatamente dopo declamando misteriosi versi. Vecchi scrittori, veri o presunti, si incontrano nelle gallerie. In alcune scene il trotterellare del diplomatico e scrittore francese può apparire scimmiottamento alla scena culto dei tre ragazzi nelle gallerie del Louvre del Godard di Bande a part , ma invece della scanzonata, rivoluzionaria, e liberatoria corsa dei tre giovani, qui vi è solo l’immersione nella sontuosità dell’ immagine, del visto storico, l’impero, lo sfarzo il potere, la storia di Russia da Pietro il grande fino ai Romanov, alla vigilia della rivoluzione, fino anche al non visto, emblematico in tal senso il viaggio all’ interno dei magazzini del museo, fra cadaveri e bare. Un film sicuramente a rischio sindrome di Stendhal, ma da assaporare tutto di un fiato, in unico grandioso piano sequenza. Il gran ballo finale e il fluire della folla è puro piacere per gli occhi e richiede solo abbandono come tutto intero questo intero capolavoro che può solo far dire come nelle battute finali alla misteriosa voce narrante, nonché visitatore del museo e della storia che “dovremo navigare per sempre, e vivere, per sempre”, nel tempo e nella bellezza, perché probabilmente aveva ragione un altro grande russo quando diceva che solo la bellezza salverà il mondo.
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giulio andreetta
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giovedì 18 giugno 2020
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una sfida ai limiti dell''impossibile
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Interessantissimo esperimento del regista russo Alexander Sokurov. Anche Hitchcock in Nodo alla gola aveva provato a rendere le infinite sottigliezze e sfumature della recitazione, della narrazione, della fotografia, insomma di quel faticosissimo lavoro di preparazione di un set cinematografico, in un unico piano-sequenza. Un tentativo ai limiti del virtuosismo più trascendentale, per un regista, dal momento che tutto il film deve essere girato dall'inizio alla fine nello spazio dell'esatta durata della pellicola. Non sono concesse dunque possibilità di errore, né agli attori, né alle maestranze. Il risultato fu, almeno a mio modesto avviso, un capolavoro assoluto, e sicuramente l'esperimento (riuscito) più strabiliante di Hitchcock.
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Interessantissimo esperimento del regista russo Alexander Sokurov. Anche Hitchcock in Nodo alla gola aveva provato a rendere le infinite sottigliezze e sfumature della recitazione, della narrazione, della fotografia, insomma di quel faticosissimo lavoro di preparazione di un set cinematografico, in un unico piano-sequenza. Un tentativo ai limiti del virtuosismo più trascendentale, per un regista, dal momento che tutto il film deve essere girato dall'inizio alla fine nello spazio dell'esatta durata della pellicola. Non sono concesse dunque possibilità di errore, né agli attori, né alle maestranze. Il risultato fu, almeno a mio modesto avviso, un capolavoro assoluto, e sicuramente l'esperimento (riuscito) più strabiliante di Hitchcock. Alexander Sokurov ci riprova, con risultati altrettanto convincenti. E' un film che non si dimentica facilmente, Arca Russa, in parte per la travolgente e sublime bellezza del palazzo e delle opere d'arte conservate all'Hermitage di San Pietroburgo, in parte per l'originalità delle scelte registiche e stilistiche. L'idea narrativa è anch'essa innovativa, siamo introdotti nel magico mondo del museo attraverso la descrizione di un diplomatico del primo Ottocento che accompagna l'inquadratura soggettiva (l'individuo associato a questa soggettiva ovviamente non viene mai inquadrato, ma si sente spesso la sua voce in dialogo con quella del suo accompagnatore). Mi sbilancio a definire questa pellicola come un capolavoro (5 stelline), in parte per l'alto valore culturale dell'operazione (la finalità è quella di offrire una dettagliata descrizione del museo in una modalità cinematografica assolutamente inedita), in parte per la cura dell'aspetto tecnico-realizzativo, della scenografia, costumi, ecc.
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guidobaldo maria riccardelli
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mercoledì 6 aprile 2016
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una gioia per gli occhi, nostalgica però
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Esteticamente impeccabile, tecnicamente impressionante, ma segnato da una marcatissima vena reazionaria.
Il museo che narra, le opere come protagonisti, il tutto facendo ricorso e all'analogia e ad un piacevole paradosso temporale, intelligentemente usato per alleggerire il peso di un'opera di tale portata e condannata ad un compito tanto arduo.
Il solo pensare, poi, di inerpicarsi in tale proposito adoperando un piano-sequenza è qualcosa di notevole, ma che alla prova dei fatti riesce in modo superbo, spingendo l'occhio ad immergersi in un vero e proprio excursus onirico.
Notevolissima l'interpretazione di Sergej Simonovič Drejden, sostanzialmente perfetta.
Ciò che lascia campo aperto a giudizi è il messaggio, impregnato di sentimenti mellifluamente nostalgici, volti ad una riconsiderazione più che discutibile del passato.
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Esteticamente impeccabile, tecnicamente impressionante, ma segnato da una marcatissima vena reazionaria.
Il museo che narra, le opere come protagonisti, il tutto facendo ricorso e all'analogia e ad un piacevole paradosso temporale, intelligentemente usato per alleggerire il peso di un'opera di tale portata e condannata ad un compito tanto arduo.
Il solo pensare, poi, di inerpicarsi in tale proposito adoperando un piano-sequenza è qualcosa di notevole, ma che alla prova dei fatti riesce in modo superbo, spingendo l'occhio ad immergersi in un vero e proprio excursus onirico.
Notevolissima l'interpretazione di Sergej Simonovič Drejden, sostanzialmente perfetta.
Ciò che lascia campo aperto a giudizi è il messaggio, impregnato di sentimenti mellifluamente nostalgici, volti ad una riconsiderazione più che discutibile del passato.
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