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nigel mansell
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domenica 31 marzo 2013
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spendido bianco e nero
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Faccia da Bogart in un hard boiled bianco nero. La paura di essere invisibile, il terrore di vivere una storia che non ci appartiene, la fobia di un'inevitabile discesa negli inferi. Ottimo
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sksct
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mercoledì 23 gennaio 2013
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bravo
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Questa è problabilmente una delle recensioni più belle che abbia mai letto in questo sito
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cifra
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venerdì 4 gennaio 2013
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eccellente
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cianoz
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domenica 25 novembre 2012
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opera magnifica con un b. bob thornton superlativo
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I fratelli Coen danno un altra dimostrazione di maestria. L'uomo che non c'era è un film di rara bellezza e per il quale si faticano a trovare parole di elogio che ne siano all'altezza, tanto è particolare. Tanto per cominciare il bianco e nero; un bianco e nero che spiazza, nel mondo colorato di oggi, ma che subito affascina. L'atmosfera è particolare, affascinante, sorretta da una voce narrante, quella dello stesso protagonista, che ti trasporta quasi avvolgendoti in una dimensione che sembra fuori dal mondo e dal tempo, ma con un forte senso di realtà. I dialoghi sono magnifici, di una calma e precisione che ti fanno gustare tutto nei minimi particolari.
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I fratelli Coen danno un altra dimostrazione di maestria. L'uomo che non c'era è un film di rara bellezza e per il quale si faticano a trovare parole di elogio che ne siano all'altezza, tanto è particolare. Tanto per cominciare il bianco e nero; un bianco e nero che spiazza, nel mondo colorato di oggi, ma che subito affascina. L'atmosfera è particolare, affascinante, sorretta da una voce narrante, quella dello stesso protagonista, che ti trasporta quasi avvolgendoti in una dimensione che sembra fuori dal mondo e dal tempo, ma con un forte senso di realtà. I dialoghi sono magnifici, di una calma e precisione che ti fanno gustare tutto nei minimi particolari. Così come la fotografia e le luci. Tutti i personaggi sono magnificamente impersonati e la storia, già perché c'è anche questa, è ben congegnata e si sviluppa in modo coinvolgente. Sopra tutti svetta comunque un Billy Bob Thornton superlativo, un attore di rara bravura che in questo caso sembra essere stato adagiato in un contesto che sembra essere stato creato apposta per lui, tanto è a suo agio.
E' un film da rivedere più volte, perché ogni volta si colgono particolari e sfumature nuovi, magari anche in lingua originale (anche se il doppiaggio italiano è decisamente ben fatto), perché la voce bassa di Ed Crane / Thornton in inglese impreziosisce ancor di più un opera di per se perfetta già per tutto il resto.
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filippo catani
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lunedì 22 ottobre 2012
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ottima pellicola firmata coen
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California 1949. Un barbiere rimane folgorato dalla proposta fattagli da un uomo d'affari; entrare con lui nel buisness del lavaggio a secco. Per fare questo l'uomo dovrà trovare 10.000 dollari. Per fare questo il barbiere decide di mettere in atto un ricatto ai danni del capo della moglie. Questa mossa darà avvio ad una serie di eventi terribili.
Girato interamente in bianco e nero, questo bellissimo noir dei Coen si basa sostanzialmente sul racconto fatto dalla voce narrante del protagonista (un Thornton forse nella sua migliore interpretazione). Il ritmo non è particolarmente vivace ma l'atmosfera e il racconto riescono decisamente a coinvolgere lo spettatore che non si trova mai a dover affrontare improvvisi cali di attenzione.
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California 1949. Un barbiere rimane folgorato dalla proposta fattagli da un uomo d'affari; entrare con lui nel buisness del lavaggio a secco. Per fare questo l'uomo dovrà trovare 10.000 dollari. Per fare questo il barbiere decide di mettere in atto un ricatto ai danni del capo della moglie. Questa mossa darà avvio ad una serie di eventi terribili.
Girato interamente in bianco e nero, questo bellissimo noir dei Coen si basa sostanzialmente sul racconto fatto dalla voce narrante del protagonista (un Thornton forse nella sua migliore interpretazione). Il ritmo non è particolarmente vivace ma l'atmosfera e il racconto riescono decisamente a coinvolgere lo spettatore che non si trova mai a dover affrontare improvvisi cali di attenzione. Certo ci sono tutti gli elementi dei film targati Coen: un umorismo nero e tagliente, una storia che presenta risvolti inaspettati con il protagonista che congegna un piano perfetto per poi vederlo fallire miseramente (vedi Fargo). Poi c'è la presenza della bravissima Mc Dormand. Quasi assente la colonna sonora se si eccettuano le parti al piano con la Johansson come protagonista. Insomma per gli amanti del genere e per quelli dei Coen questo è davvero un film imperdibile.
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freghinho
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lunedì 1 ottobre 2012
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i coen, fenomeni della pellicola!
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Non esiste film dei fratelli Coen che non sia una pregevole visione...attori di ottimo livello..che cadono nella parte in maniera egregia...storie molto intricate che lasciano il pubblico a bocca aperta e attaccati allo schermo...film mai banali..dialoghi e musiche da brividi...storie e generi sempre diversi..riescono a passare dalla commedia simpatica al drammatico...al thriller come se nulla fosse...film dopo film...cavandosela sempre alla grandissima...secondo il mio modesto parere sono davvero i "fuoriclasse" del cinema di oggi...in questo capolavoro in bianco e nero racchiudono tutta la loro immensa classe...racchiudono un mare di significati in pochi minuti...sono un loro grande estimatore.
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Non esiste film dei fratelli Coen che non sia una pregevole visione...attori di ottimo livello..che cadono nella parte in maniera egregia...storie molto intricate che lasciano il pubblico a bocca aperta e attaccati allo schermo...film mai banali..dialoghi e musiche da brividi...storie e generi sempre diversi..riescono a passare dalla commedia simpatica al drammatico...al thriller come se nulla fosse...film dopo film...cavandosela sempre alla grandissima...secondo il mio modesto parere sono davvero i "fuoriclasse" del cinema di oggi...in questo capolavoro in bianco e nero racchiudono tutta la loro immensa classe...racchiudono un mare di significati in pochi minuti...sono un loro grande estimatore...pochi riescono a regalarmi certe emozioni davanti allo schermo...per me questo è il loro capolavoro per eccellenza!
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ruspa machete
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domenica 15 luglio 2012
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sublime
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Il solito capolavoro targato Coen.
Un personaggio insulso che decide di tentare una svolta e quello che ne consegue...
Un film veramente drammatico, con una colonna sonora deliziosa e azzeccatissima e la solita matrice Coen che significa garanzia di capolavoro o quantomeno genialità.
Non mi stancherò mai di tessere le lodi per questi due signori che film dopo film e visione dopo visione riescono sempre a stupire in qualche modo.
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mystic
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mercoledì 18 aprile 2012
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i veri fratelli coen in un film di indubbio valore
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Ed Crane è un semplice barbiere con poco interesse per la vita. Una circostanza però scatena in lui la voglia di trovare spazio nel mondo: affari nel settore del lavaggio a secco. All'occasione imperdibile faranno sfondo un estorsione all'amante della moglie Doris e il successivo omicidio ai danni di quest'ultimo. Indagata per omicidio colposo, la moglie viene chiusa in carcere attendendo la fine del processo;ma la svolta è dietro l'angolo: il suicidio dietro le sbarre di Doris spinge sull'orlo del precipizio Ed, sempre più chiuso nella propria inesprimibile personalità. "The man who wasn't there" è un superbo lungometraggio in pieno stile Coen.
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Ed Crane è un semplice barbiere con poco interesse per la vita. Una circostanza però scatena in lui la voglia di trovare spazio nel mondo: affari nel settore del lavaggio a secco. All'occasione imperdibile faranno sfondo un estorsione all'amante della moglie Doris e il successivo omicidio ai danni di quest'ultimo. Indagata per omicidio colposo, la moglie viene chiusa in carcere attendendo la fine del processo;ma la svolta è dietro l'angolo: il suicidio dietro le sbarre di Doris spinge sull'orlo del precipizio Ed, sempre più chiuso nella propria inesprimibile personalità. "The man who wasn't there" è un superbo lungometraggio in pieno stile Coen. Joel ed Ethan fanno una scelta imprevedibile: l'uso del bianco-nero. Così facendo i due permettono allo spettatore di entrare nella mente del protagonista cogliendo anche semplici ma decisivi dettagli. La chiusura di Ed è sintomo di un disagio eccessivo, forse dovuto ad un disinteresse totale per i piaceri dell'esistenza. Altro tratto caratteristico di questo film, e di tutti i film targati Coen, è la malinconica comicità che spesso e volentieri sfocia in sequenze stravaganti e bizzarre. Basti pensare alla scena in cui egli avvista gli ufo o quella del roccambolesco incidente. La sceneggiatura è eccellente e le scene sono frutto di preparativi puntigliosi. Ottime interpretazioni di Billy Bob Thornton e di Frances McDormand. Ed ha tutti i tratti caratteristici per diventare un'eroe del cinema, se non fosse di metabolismo lento che rende l'opera poco appetibile agli amanti dell'azione; i suoi tratti semplici delineano un carattere complesso e profondo, senza dubbio fuori dal comune. "The man who wasn't there" è quindi un bianco-nero nostalgico che contrappone all'inutilità dell'esistenza il desiderio innato di essere vissuta. Tema secondario che conferisce allo stesso Ed quello straordinario tocco di umanità è la sottile avidità ed l'egoismo, sempre presenti in ognuno di noi. Arrivati ai titoli di coda non possiamo che domandarci se il personaggio descritto dai Coen fosse del tutto inattivo; tuttavia elementi come il fumo e il silenzio sono sinonimi di vissuto. Benchè invisibile il protagonista conferisce alla pellicola quel tocco di classe che basta per essere nominato uno dei film più belli, seppur non uno dei più conosciuti o amati.
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chaoki21
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giovedì 9 febbraio 2012
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kafka e camus
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Siamo nel 1949.
Ed Crane fa il barbiere a Santa Rosa in California e conduce un esistenza amorfa, triste, rassegnata; apatico nella sua fissità, grigio nella sua anaffettività (non ama, non odia, non gioisce, non soffre), rigido e tragico nella sua totale inespressività.
Alla ricerca di “un qualche tipo di fuga, un qualche tipo di pace”, ricatta l’amico con cui la moglie lo tradisce, gli estorce una grossa somma di danaro e poi lo ammazza, ma qualcosa va storto e gli eventi lo travolgono inesorabilmente, proprio come accade in altri film dei fratelli Coen costruiti attorno a storie di ricatto (Fargo, Il grande Lebowski, Burn after reading).
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Siamo nel 1949.
Ed Crane fa il barbiere a Santa Rosa in California e conduce un esistenza amorfa, triste, rassegnata; apatico nella sua fissità, grigio nella sua anaffettività (non ama, non odia, non gioisce, non soffre), rigido e tragico nella sua totale inespressività.
Alla ricerca di “un qualche tipo di fuga, un qualche tipo di pace”, ricatta l’amico con cui la moglie lo tradisce, gli estorce una grossa somma di danaro e poi lo ammazza, ma qualcosa va storto e gli eventi lo travolgono inesorabilmente, proprio come accade in altri film dei fratelli Coen costruiti attorno a storie di ricatto (Fargo, Il grande Lebowski, Burn after reading).
La totale indifferenza davanti al precipitare degli eventi non nasconde il suo sentire profondo che - sorprendentemente e paradossalmente - è impregnato da un’inquietudine immensa e devastante anche se inespressa, da un’insoddisfazione intima insopportabile, da una rabbia compressa che scaturisce da una disperazione insanabile.
Per queste ragioni, anche se la vicenda ruota attorno ad un canonico omicidio, il film non può essere ingabbiato nel genere noir, ma dilata i suoi significati fino a diventare uno spiazzante trattato filosofico sul nichilimo che regge il paragone con il pensiero e le opere di Turgenev e Dostoevskij, Kafka e Camus.
La sceneggiatura è perfetta, asciutta e sostanziale; la regia è pulitissima, senza enfasi deconcentranti, rigorosamente tesa a rappresentare l’emozione nella sua scarna essenzialità.
Splendido e nitidissimo il bianco e nero che ricostruisce con suggestione le temperature sbiadite dell’epoca e ne restituisce in maniera impeccabile le atmosfere.
Sublime l’interpretazione di Billy Bob Thornton, che vive tagliando capelli che ricrescono in continuazione, si lascia scivolare addosso gli eventi “come se recitasse” e procede come un automa mantenendo davanti alla sedia elettrica la stessa fissità di sguardo che ha davanti alla poltrona da barbiere .
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davide chiappetta
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sabato 4 febbraio 2012
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il solito meccanismo narrativo che non c'era
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L'uomo che non c'era oltre a riferirsi al protagonista principale cioè un barbiere taciturno e all'apparenza 'grigio' che si muove inosservato tra la folla, si riferisce a uno dei personaggi chiave che sparisce dopo aver fatto un affare con il barbiere e che verso la fine del film si scoprirà che fine ha fatto (la scena ricorda in modo univoco una magnifica sequenza con Shelley Winters nello straordinario capolavoro 'The Night of the Hunter' diretto dal grande attore Charles Laughton, e un altra con William Holden in 'Viale del tramonto' un altro indimenticabile capolavoro). Se si sta ben attenti a una conversazione tra Badalucco (il cognato del barbiere) e un suo cliente, si nota come il loro discorso verta sulle auto in particolar modo sull'accellerazione di questi mezzi, cioè sul fatto di non premere all'avvio il pedale fino in fondo altrimenti si ingolferà ma anzi abbassando lentamente l'accelleratore; questa e in sintesi il meccanismo di creazione del film, cioè creando piano piano delle situazioni senza salti narrativi, o a 'singhiozzo' (come direbbero i grandi teorici della narrazione su come si crea il 'drama') in modo che il pubblico attento possa non solo immedesimarsi nella storia e nei personaggi ma posso anche cogliere tutte le sfumature in questo film complesso e bellissimo, che fagocita tutti i topoi dei noir importanti che hanno fatto scuola.
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L'uomo che non c'era oltre a riferirsi al protagonista principale cioè un barbiere taciturno e all'apparenza 'grigio' che si muove inosservato tra la folla, si riferisce a uno dei personaggi chiave che sparisce dopo aver fatto un affare con il barbiere e che verso la fine del film si scoprirà che fine ha fatto (la scena ricorda in modo univoco una magnifica sequenza con Shelley Winters nello straordinario capolavoro 'The Night of the Hunter' diretto dal grande attore Charles Laughton, e un altra con William Holden in 'Viale del tramonto' un altro indimenticabile capolavoro). Se si sta ben attenti a una conversazione tra Badalucco (il cognato del barbiere) e un suo cliente, si nota come il loro discorso verta sulle auto in particolar modo sull'accellerazione di questi mezzi, cioè sul fatto di non premere all'avvio il pedale fino in fondo altrimenti si ingolferà ma anzi abbassando lentamente l'accelleratore; questa e in sintesi il meccanismo di creazione del film, cioè creando piano piano delle situazioni senza salti narrativi, o a 'singhiozzo' (come direbbero i grandi teorici della narrazione su come si crea il 'drama') in modo che il pubblico attento possa non solo immedesimarsi nella storia e nei personaggi ma posso anche cogliere tutte le sfumature in questo film complesso e bellissimo, che fagocita tutti i topoi dei noir importanti che hanno fatto scuola. Nel corso del film si nota soprattutto il tema del doppio e del ritorno, infatti molte situazioni vengono viste due volte: il tribunale, la visita a Gandolfini, l'appuntamento con l'imprenditore Jon Polito (con quei baffetti straordinariamente somigliante al wellesiano Akim Tamiroff), le passeggiate dei passanti anonimi su un marciapiede, l'avvocato difensore al tribunale, il viaggio in auto con la ragazza la visita dell'Fbi al barbiere etc. la seconda volta però porta alla tragedia inaspettata. Notevole anche quel che succede fuori il flusso visivo e rivelato dopo pochi minuti o addirittura pochi secondi come l'arma nella mano del barbiere dopo averlo infilato nel collo di Gandolfini subito dopo lo si vede(un coltellino), il ritrovarsi su un letto d'ospedale (dopo l'incidente d'auto avuto assieme alla ragazza) con l'Fbi che lo accusa per tutt'altra cosa cioè la morte dell'imprenditore, l'udienza sospesa con la straordinaria stringatissima scena successiva che spiega con una voce fuoricampo la tragedia avvenuta etc.
D'altronte con la messa in scena che mostra e nasconde al momento opportuno (ovviamente da parte dei demiurghi fratelli registi/sceneggiatori) i fratelli Cohen pare vogliano avvicinarsi in senso filosofico ciò che in modo scentifico il fisico tedesco Heisenberg (citato dall'avvocato Tony Shalhoub) ebbe a dire con 'il principio d'indeterminazione', cioè nel momento ti avvicini a un evento lo stesso avvicinamento modifica già la disposizione dell'evento (secondo il principio di indeterminazione è impossibile determinare con esattezza e simultaneamente la posizione e la velocità di un elettrone quanto è colpito da un fotone, visto che il fotone ne modifica in un certo grado la posizione), per questo nel film la causa ed effetto è svolto in modo brillante e originale, non nei soliti modi scontati.
Note: Nel film si vede un hotel di nome "the Hobert Arms", lo stesso nome dell’albergo in cui Philip Marlowe alloggia ne "Il grande sonno")
Il nome del personaggio di Tony Shalhoub, Riedenschneider, è un omaggio al personaggio di Sam Jaffe in "Giungla d’asfalto".
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