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giovedì 27 settembre 2001
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il malessere circolare
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nelle prime sequenze nasce una sensazione di malessere, fastidio quasi, dovuta alla silenziosa quanto perseverante insistenza di antonio alla conquista della sua luce. l'alieno/umano protagonista del fuori campo ne evita sapientemente l'inopportunità spiegandone, in chiave letteraria, gesti e movimenti. da questo presupposto nasce il fascino del protagonista confuso tra realtà quotidiana del lavoro e mondo etereo del quale si nutre. con maria prevale un senso di rabbia provocata dalla sua natura ottusa ed incatenata al malessere che vive sfogando sul "viaggiatore" le sue fobie ed insicurezze. il viaggio finale chiudendo simbolicamente l'immagine iniziale ne determinerà lo spiraglio per il probabile cambiamento.
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nelle prime sequenze nasce una sensazione di malessere, fastidio quasi, dovuta alla silenziosa quanto perseverante insistenza di antonio alla conquista della sua luce. l'alieno/umano protagonista del fuori campo ne evita sapientemente l'inopportunità spiegandone, in chiave letteraria, gesti e movimenti. da questo presupposto nasce il fascino del protagonista confuso tra realtà quotidiana del lavoro e mondo etereo del quale si nutre. con maria prevale un senso di rabbia provocata dalla sua natura ottusa ed incatenata al malessere che vive sfogando sul "viaggiatore" le sue fobie ed insicurezze. il viaggio finale chiudendo simbolicamente l'immagine iniziale ne determinerà lo spiraglio per il probabile cambiamento. un film ricco ed intenso sulla difficile unione uomo/donna in età matura che propone, oltre alle suggestive inquadrature di roma quanto mai bella, una finestra sulla realtà nascosta degli extracomunitari che sciocca e proietta a volte in scomode finestre spunto per analisi più profonde. in questa panoramica saverio si muove con grande maestria e talento scenico bella la colonna sonora.
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claudia aliotta
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mercoledì 3 ottobre 2001
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mal d'amore e paura della vita
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Non sono poi così rare persone come il protagonista del film di Piccioni:solitudine e incomunicabilità sono segni indelebili che la metropoli lascia sulle nostre vite senza difese.Così da un lato Antonio fugge nel mondo della fantascienza e Maria si chiude nella rassegnazione.Potrebbero sembrare entrambi due alieni,tanto è difficile per loro rientrare nei binari della normalità.Gli interpreti colgono in pieno ogni sfumatura del loro personaggio, ma a volte la pellicola del regista di"Fuori dal mondo"perde colpi e disorienta, diventa frammentaria e lascia un senso di incompiutezza.Oltre all'intensa interpretazione di Lo Cascio e della Ceccarelli,è comunque da apprezzare il lavoro di analisi sui rapporti interpersonali e sui malesseri dell'uomo di oggi.
[+] paura della vita
(di paolo)
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[+] alieno
(di anonimo55745)
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tiziana stanzani
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mercoledì 20 aprile 2005
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solitudine e incomunicabilita'
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È un film emotivamente molto intenso che descrive fin troppo bene le derive sentimentali dei nostri tempi, la sofferenza nel placare il disagio di vivere tentando di amare, il vuoto dentro, la paura fuori e la fuga nella fantasia (unico psicofarmaco senza effetti collaterali). Da questi presupposti scaturisce il fascino del protagonista, confuso tra la realtà quotidiana del lavoro e il mondo etereo del quale si nutre: solitudine e incomunicabilità sono i segni indelebili che la metropoli lascia sulle nostre vite senza difese; Piccioni ci fa uscire dalla sala cinematografica con un senso di déjà vu che non disturba troppo, ma turba parecchio. Forse il film è un tantino lungo, ma l’ottimo Luigi Lo Cascio - probabile nuovo astro del cinema italiano (“I cento passi” non è stato un caso) - dipinge talmente bene l’angoscia esistenziale che il regista vuole comunicare, al punto che il tempo non conta più.
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michele
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martedì 25 settembre 2001
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questo film e' la luce della speranza del cinema italiano
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Curioso ma esigente mi reco a vedere questo film. Dopo dieci minuti penso gia' che sara' il miglior film dell'anno ma, purtroppo, sono sicuro che non ripetera' il successo avuto dalle "fate" di Ozpetek. I due attori meriterebbero, oltre al premio vinto a Venezia, l'Oscar (come del resto il film!). E pensare che io prediligo i film comici...
Luce dei miei occhi fa pensare e riflettere sui giorni nostri e sulla vita che dobbiamo vivere. Grazie Piccioni!!!
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francesco2
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venerdì 3 settembre 2010
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sogno o son desto?
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Per motivi - Relativamente- indipendenti dalla mia volontà, ho visto questo piccolo e (troppo) criticato film dopo "Giulia non esce la sera", che pure è di molti anni successivo, anch'esso firmato da Giuseppe Piccioni. E ' facile accorgersi come egli ami i suoi personaggi femminili, o quantomeno voglia raffigurarli forse fragili(ssimi) in quell'atteggiamento esteriore che appare forza , ma che forse è solo un tentativo di proteggersi da una realtà che non le ama ma che, in fondo, non amano neanche loro.
Più curioso però, per capire questo film, può apparire un confronto tra le figure maschili. Entrambi vivono (vivono?) in una dimensione sospesa tra realtà e sogno, nella loro -Parziale-diversità di ar-tista (Nel caso di "Giulia" e di au-tista( Nel film di cui parliamo).
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Per motivi - Relativamente- indipendenti dalla mia volontà, ho visto questo piccolo e (troppo) criticato film dopo "Giulia non esce la sera", che pure è di molti anni successivo, anch'esso firmato da Giuseppe Piccioni. E ' facile accorgersi come egli ami i suoi personaggi femminili, o quantomeno voglia raffigurarli forse fragili(ssimi) in quell'atteggiamento esteriore che appare forza , ma che forse è solo un tentativo di proteggersi da una realtà che non le ama ma che, in fondo, non amano neanche loro.
Più curioso però, per capire questo film, può apparire un confronto tra le figure maschili. Entrambi vivono (vivono?) in una dimensione sospesa tra realtà e sogno, nella loro -Parziale-diversità di ar-tista (Nel caso di "Giulia" e di au-tista( Nel film di cui parliamo). In "Giulia" i personaggi elaborati dalla fantasia dello scrittore arrivano ad apparirgli reali, ma è più "Comprensibile" per un artista "Sospeso" tra finzione e realtà ,che " Vive" nel sottobosco degli artisti nostrani, che nel "Il falò delle vanità" e in "Caterina va in città" viene rappresentato dalla desolante televisione. C'è qualche tracciad ell'eccellente "Amèlie", che ha pure le sue toppe nella sceneggiatura, ma che nulla ha a che vedere con le sceneggiature da "Posto al sole "di casa nostra.
Più complesso vorrebbe (Vorrebbe, appunto) essere il discorso in questo caso: il personaggio di Lo Cascio, in una Milano monotona e monotonamente rappresentata, e in un'Italia pre- 11 Settembre, appare a noi(e a sé stesso?) un alieno che non capisce noi terrestri, ma che, forse, vorrebbe mettere pace tra loro. Conosce una donna difficile e diffidente, egregiamente
interpretata dalla Ceccarelli, e la figlia: la donna ha un negozio di surgelati, quanto di più "concreto" ci potrebbe essere, che forse cozza con la dimensione "Da sogno" del film stesso, e forse no: è proprio "Lo Cascio" a suggerire alla bambina come in quel mondo possano nascondersi le anime di chi non c'è più; dunque, alla contrapposizione Realtà-Sogno, si aggiunge quella Alto-Basso (Trascendenza- merci commestibili).
La nuova realtà dell'"autista", è questa dimensione di patrigno- amico-amante, che forse completa meglio la dimensione onirica del personaggio, in un film che per altri versi difficilmente fa sognare: l'"amante" e i suoi dialoghi sull'affidamento della figlia, gli extracomunitari in bilico tra documentarismo e soap.... si salva, parzialmente, la figura di Orlando, sospesa tra cinismo di strozzino ed un minimo di contatti umani che non ha smesso di cercare. E i dialoghi, poi, talora lunghi ed inutili, valga per tutti l'(Apparente)rottura tra i due, consumata in una macchina.
Tuttavia, il "regista" mette anche a segno dei colpi: intanto, la fusione tra concretezza ed onirismo assume una nuova sfumatura con l'arresto di Orlando. In quel momento ( "La missione del personaggio era finita"), questo discorso più irrisolto che altro assume un nuovo significato, per quanto in modo un pò didascalico. L'ex"Alieno", ora, ha ora a che fare con la SUA realtà, che sul piano lavorativo non lo accetta più( Bella la parabola sull'autista), e da un punto di vista personale sfrutta spunti interessanti, come la Ceccarelli che finge di ballare in preda alla sofferenza.L'uomo ha trovato la sua "dimensione", diversamente dalla Ceccarelli sconfitta, come avveniva al personaggio della Golino in "Giulia". Ma il finale è sospeso, proprio come questo innocuo filmetto lo è tra surgelati e sogni.
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veniero
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martedì 18 settembre 2001
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un'occasione persa
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Film pretenzioso,noioso,asettico,con un interessante soggetto che il regista non riesce a sviluppare adeguatamente. Il tema dell'incomunicabilità dei sentimenti affrontato dai personaggi immersi nella loro solitudine è interessante ma Piccioni non è Antonioni...Bravi gli attori ma, tutto sommato, un film mediocre.
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(di alberto)
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giorgio
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lunedì 1 ottobre 2001
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attori bravi ma molto sopravvalutati
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il film è lento, noioso, riscattato solo da fotografie di Roma molto accattivanti... a quale scopo allora sottoporsi ad un simile stillicidio di luoghi comuni? Forse perchè, secondo la morale del film, la perseveranza spinta fino all'autolesionismo prima o poi ripaga?
e poi mi chiedo guardando l'attore nel monologo sul viaggiatore... ma chi è che nel raccontarsi parla in quel modo, con quella cadenza da rassegna stampa? spero per lui che sia stata una recitazione voluta dal regista.
Io amo i film struggenti, intensi, anche angoscianti ma dolore non vuol dire noia.
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