Come si combatte una piaga sociale ormai necrotizzata, ormai sopportata dalla gente del posto quasi fosse un "male necessario"? Ma con il riso! Con quel riso tanto odiato dal venerabile Jorge del Nome della Rosa, con quel gusto del cachinno, dello sbeffeggiamento elegante che non cade mai nella volgarità, con quell'eleganza superiore che ha valso al grandissimo Dario Fo il Premio Nobel per la letteratura e che - a mio modestissimo parere - ha condotto Eduardo nella leggenda con la sua lezione di pernacchio.
Quando uscì questo film portai i miei ragazzi - sono insegnante di liceo - a vederlo al cinema. E devo dire che il risultato fu ben superiore alle aspettative.
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Come si combatte una piaga sociale ormai necrotizzata, ormai sopportata dalla gente del posto quasi fosse un "male necessario"? Ma con il riso! Con quel riso tanto odiato dal venerabile Jorge del Nome della Rosa, con quel gusto del cachinno, dello sbeffeggiamento elegante che non cade mai nella volgarità, con quell'eleganza superiore che ha valso al grandissimo Dario Fo il Premio Nobel per la letteratura e che - a mio modestissimo parere - ha condotto Eduardo nella leggenda con la sua lezione di pernacchio.
Quando uscì questo film portai i miei ragazzi - sono insegnante di liceo - a vederlo al cinema. E devo dire che il risultato fu ben superiore alle aspettative. Troppe volte siamo abituati a film a foschissime tinte sulla criminalità organizzata, visti sia dalla parte dei "buoni" che dei "cattivi" (dal Sasso in bocca a Gomorra, dalla saga del Padrino al Camorrista, per dirne solo alcuni) pieni di omicidi, di qualsiasi efferatezza... ma mai nessuno si era permesso di prendere in giro la mafia! Sia che uno si schierasse dalla parte dei buoni o dei cattivi, era sempre una faccenda estremamente seria. E Roberta Torre ha tentato l'intentabile, ottenendo un capolavoro.
Una storia a tinte forti, due omicidi, un fratello-padrone di sorelle destinate ad essere per sempre - anche dopo la sua morte - vittime della sua gelosia totale ed assoluta, vista però con gli stilemi dello scherzo, del grottesco. Teschi luminosi che sballonzolano uno dopo l'altro su uno sfondo buio, donne di mafia che si rivelano orribili Gorgoni dai capelli di serpenti... ma come non riuscire a ridere di tutto ciò? Per non parlare della spassosissima cerimonia di iniziazione del neofita, con quel coretto indimenticabile Simm' a mafia... Il tutto condito con una freschezza impalpabile, come una nevicata di zucchero a velo sulla torta appena sfornata dalla nonna per merenda. Per finire poi con quel leggendario 'O rap 'e Tano, vertice assoluto di un Nino d'Angelo in stato di grazia, dentro la vera Vucciria palermitana.
Da vedere, da rivedere e rivedere ancora. Perché quando si ha il coraggio di ridere, come insegna Eduardo, si ha il coraggio di vincere.
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