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tunaboy
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martedì 29 giugno 2021
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recensione stalker
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Quando sentii parlare per la prima volta di “Stalker” non gli diedi troppa attenzione: d’altronde sembrava essere il solito film intellettualoide di un qualche regista russo sconosciuto. In qualche modo, però, il suo nome continuava a comparirmi in faccia: navigando su Internet, tra i post consigliati di Instagram, leggendo pagine e siti di cinema.
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Quando sentii parlare per la prima volta di “Stalker” non gli diedi troppa attenzione: d’altronde sembrava essere il solito film intellettualoide di un qualche regista russo sconosciuto. In qualche modo, però, il suo nome continuava a comparirmi in faccia: navigando su Internet, tra i post consigliati di Instagram, leggendo pagine e siti di cinema... Allora, incuriosito dal successo che sembrava avere tra gli appassionati di cinema, decisi di cominciare a leggerne: subito rimasi catturato dalle profonde tematiche che esso trattava e dal modo unico nel quale erano trattate. Ora, però, era arrivato il momento di vedere questo misterioso capolavoro: ci misi quasi un anno per trovarlo, ma, finalmente, questa settimana sono riuscito a vederlo. E non ha deluso le aspettative.
“Stalker”, diretto dal maestro del cinema russo Andrej Tarkovskij, è più che un normale film: i lunghi e lenti piani sequenza, la pittorica fotografia, il pregnante simbolismo, i poetici dialoghi ergono il capolavoro russo a emblema della condizione umana, accostabile ai grandi classici della letteratura mondiale.
L'effettiva trama è alquanto scarna: si tratta semplicemente del viaggio di tre uomini, un professore, un poeta e una guida (chiamata “stalker”, da cui il film prende il nome), all’interno di una fantomatica “Zona”, un’area proibita vittima di un misterioso incidente dove si troverebbe una stanza nella quale ogni desiderio umano diverrebbe realtà. Il vero significato del film, però, non si ferma qui: è evidente come i tre personaggi rappresentino le diverse facoltà umane (evidentemente il poeta e il professore simboleggiano gli animi razionali e non dell’uomo, mentre lo “stalker” potrebbe essere l’umanità stessa, smarrita e avvinghiata ad un fine lembo di speranza).
Secondo questa interpretazione, il loro viaggio nella “Zona” potrebbe essere accostato al Viaggio della specie umana: abbandonato ancora infante nel freddo e ostile terreno del mondo, l’uomo deve trovare la propria strada nella storia. Perciò tenta di affidarsi alle proprie facoltà, ovvero la ragione e l’inconscio creativo, rimanendo, però, deluso dalla loro superbia. Per questo decide di affidarsi stoicamente alla speranza, alla fede in un mondo migliore, in una stanza dove i propri desideri possano essere esauditi.
Inoltre, come già accennavo in precedenza, “Stalker” si erge a capolavoro non solo per le sue tematiche universali, ma anche per la sua eccellenza in ogni ambito tecnico: la fotografia ci offre veri e propri quadri ad ogni frame; la sceneggiatura riesce a toccare temi così vari e profondi con proverbiale maestria ed efficacia; la scenografia, curata da Tarkovskij stesso, riempie ogni scena di ulteriore simbolismo; ed infine, la regia corona questo capolavoro con tecniche e movimenti magistrali. L'unica minuscola pecca potrebbe essere la colonna sonora, a mio parere un po’ scarna e troppo figlia del suo tempo, anche se, in ogni caso, non rovina lo spettacolo offertoci dal resto del film.
Così “Stalker” diventa, a mio parere, un capolavoro senza tempo, indiscusso interprete di un’umanità smarrita e fragile, disillusa da ideologie e religioni e avvinghiata ad un sottile drappo di speranza irrazionale.
Voto: 5/5
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emanuele1968
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sabato 23 giugno 2018
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senza parole 1979
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Più che fantascienza, un viaggio nella mente umana, film per pochi.
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lupusinfabula
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giovedì 24 marzo 2016
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"per addetti ai lavori"
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Un film straordinario.
Alquanto unico per quanto riguarda specialmente la figura di notevole spessore dell' "accompagnatore/istruttore, (senza bisogno di scomodare i "soliti Maestri" ...)
Credo che quest'opera sia stata anche di grande ispirazione per la poi più nota e successiva saga di "Lost".
p.s. l'ho visto sottotitolato, ma considerata l'importanza (e a volte la velocità) dei dialoghi, consiglio la visione in lingua italiana.
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noia1
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lunedì 2 novembre 2015
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fantascienza esistenzialista.
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Tre uomini sono diretti verso la Zona, li guida lo stalker. Arrivati, ogni loro desiderio sarà avverato.
Un film di fantascienza che della fantascienza ha tutti i dettagli meno che il ritmo e tanti intermezzi. Più che altro possiamo definirlo un film d’autore, tutto ciò che consegue la categoria penso sia superfluo indicarlo, sostanzialmente si può sintetizzarlo come: non per tutti.
Su due ore e un quarto, già dopo la prima mezz’ora – anche dopo i primi dieci minuti – si capisce d’aver davanti un regista che sa il fatto suo. La scena iniziale, quando chiude la porta della camera e si volta verso la telecamera, penso sia una delle più impressionanti della storia del cinema. La scena della sparatoria è fantastica, credibile, adrenalinica malgrado i mezzi del tempo.
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Tre uomini sono diretti verso la Zona, li guida lo stalker. Arrivati, ogni loro desiderio sarà avverato.
Un film di fantascienza che della fantascienza ha tutti i dettagli meno che il ritmo e tanti intermezzi. Più che altro possiamo definirlo un film d’autore, tutto ciò che consegue la categoria penso sia superfluo indicarlo, sostanzialmente si può sintetizzarlo come: non per tutti.
Su due ore e un quarto, già dopo la prima mezz’ora – anche dopo i primi dieci minuti – si capisce d’aver davanti un regista che sa il fatto suo. La scena iniziale, quando chiude la porta della camera e si volta verso la telecamera, penso sia una delle più impressionanti della storia del cinema. La scena della sparatoria è fantastica, credibile, adrenalinica malgrado i mezzi del tempo. Eppure poi tutto prosegue ad un ritmo assurdo rispetto all’incipit, elaborato, pieno di riflessioni, dove la natura domina pericolosa, nemica.
Il proseguo, più che di fantascienza, lo si può definire thriller, thriller dell’anima: il ricco e superficiale scrittore; il semplice scienziato; il cupo, insondabile, imperscrutabile stalker. Tre personalità opposte messe di fronte, tutti contro tutti. Pian piano tutto verrà fuori, una matriosca di rivelazioni, rivelazioni personali, sul mondo, sulla loro situazione, sul terrore del voler sapere a tutti i costi. Quando tutto sarà finito poi, niente sarà più come prima.
Ciò che interessa poi sono le tecniche d’agire della Zona, tecniche subdole, tutt’altro rispetto ai mostri giganteschi, alle trappole terrorizzanti. La mossa sbagliata non è per forza la mossa sbagliata, soffrire non permette crediti. Le regole della Zona sono solo lì, nella stessa, non c’è motivo della sua esistenza, si suppone, non ci sono mappe, si tenta, in un angoscioso proseguire verso la meta.
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tarantinofan96
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domenica 24 maggio 2015
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stalker
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Un viaggio interiore alla ricerca del senso dell'esistenza, il viaggio definitivo dell'umanità verso la conoscenza delle risposte alle domande che da sempre affliggono l'uomo.
La "zona" diventa quindi metafora della continuità della vita, in cui l'uomo rischia di perdersi o rimanere schiacciato nella sua costante ricerca di risposte e, inevitabilmente, diventa anche allegoria della fede dell'uomo, sempre messa in dubbio e ormai quasi del tutt[+]
Un viaggio interiore alla ricerca del senso dell'esistenza, il viaggio definitivo dell'umanità verso la conoscenza delle risposte alle domande che da sempre affliggono l'uomo.
La "zona" diventa quindi metafora della continuità della vita, in cui l'uomo rischia di perdersi o rimanere schiacciato nella sua costante ricerca di risposte e, inevitabilmente, diventa anche allegoria della fede dell'uomo, sempre messa in dubbio e ormai quasi del tutto svanita; il dubbio che tormenta costantemente l'uomo è ciò che non gli permette di proseguire ed andare oltre per realizzarsi completamente e resistere.
E il rumore in sottofondo alla fine rappresenta probabilmente la definitiva rovina di tutto ciò che è rimasto della fede dell'uomo.
Oltre il capolavoro.
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stefano giasone da-fré
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mercoledì 19 dicembre 2012
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e che diventino indifesi come bambini.
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Nei nidi altrui la femmina del cuculo depone la sua prole.
Un uovo per volta, a giorni alterni, confezionato e maculato su misura poiché ciascun individuo è parassita di una specie sola. Allo schiudersi il neonato si sbarazza dei gusci più legittimi rimanendo adottivo l’unico, per congedarsi poi ad età matura.
Tra i Veda metafora dell’anima, provvisoria dall’involucro.
Una porta seppiata è spiraglio tra i dormienti al dramma fatiscente di un esserci in rovina, traballato e sopito da quei suoi stessi meccanici fragori.
Il risveglio è inevitabilità d’ impulso al ridestare ed introdurre a.
Maestra si palesa possibilità d’accompagnamento tra quei sentieri naturali di cui ne è impalpabile il movimento, flebile la via, incerta ed atona la meta, là dove fallace la speme si rigetta nel sordo abisso di un tonfo che risuona.
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Nei nidi altrui la femmina del cuculo depone la sua prole.
Un uovo per volta, a giorni alterni, confezionato e maculato su misura poiché ciascun individuo è parassita di una specie sola. Allo schiudersi il neonato si sbarazza dei gusci più legittimi rimanendo adottivo l’unico, per congedarsi poi ad età matura.
Tra i Veda metafora dell’anima, provvisoria dall’involucro.
Una porta seppiata è spiraglio tra i dormienti al dramma fatiscente di un esserci in rovina, traballato e sopito da quei suoi stessi meccanici fragori.
Il risveglio è inevitabilità d’ impulso al ridestare ed introdurre a.
Maestra si palesa possibilità d’accompagnamento tra quei sentieri naturali di cui ne è impalpabile il movimento, flebile la via, incerta ed atona la meta, là dove fallace la speme si rigetta nel sordo abisso di un tonfo che risuona.
Un carrello su un vagoncino da miniera è vascello che scampa la paura e traghetta dal poco saturo al colore, soggettiva del silenzio di volti attoniti da un guidare al seme trascurato dell’inconscio più profondo. Nel presagio l’incontro s’avvicina su percorsi senza regola ed acque che purificano, elementi che paiono condurre a plausibile catarsi.
Ma se di un viaggio la mente s’impone a giudice e scappatoia, vano esito è l’indicarne direzione, poichè la stessa è già lì presente, reincarnata nelle cellule di una discendenza muta ed immobile, così vicina, così addossata da non accorgersene, fino a che quel vetro che separa non s’infranga psicocinetico tra i cocci di un bicchiere, sul fondo del visibile.
Colui che ha conoscenza non può azzardare possibilità o scelta: quella stanza a nessuno serve, ogni sforzo è inutile, ed il bivio si contende tra la polvere e il deserto. Monito all’ostinarne azione è il ritorno ad un labirintico mono-tinta imbevuto da quel monologo preincartato che rivolto in camera si liquefa travolto dalla fine.
La debolezza è potenza e la forza è niente.
Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido così come l’albero:
mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco muore.
Rigidità e forza sono compagne della morte,
debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza.
Stefano Giasone Da-Fré
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mattbaker
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sabato 8 settembre 2012
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buon film, ma non decolla
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C'è da premettere che Stalker non è un film che fa del suo punto di forza le scene d'azione, i colpi di scena o la trama. E' un film di riflessione sull'animo umano, sulla ricerca della verità, sulla capacità di affrontarla e di accettare la nostra parte più nascosta. Sono i dialoghi a farla da padrona, spesso brillanti e tuttavia adatti ad ogni genere di pubblico, anche a chi non è abituato alla prosa dei romanzieri russi. Fa da sfondo una scenografia ben costruita, con scenari desolati, inquinati e cupi, capaci da soli di infondere inquietudine e disagio. La colonna sonora si fa sentire poco per una precisa scelta di regia di dare spazio ai lunghi silenzi in cui la Zona - l'inaccessibile luogo dell'impatto di un meteorite o un'astronave - è immersa.
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C'è da premettere che Stalker non è un film che fa del suo punto di forza le scene d'azione, i colpi di scena o la trama. E' un film di riflessione sull'animo umano, sulla ricerca della verità, sulla capacità di affrontarla e di accettare la nostra parte più nascosta. Sono i dialoghi a farla da padrona, spesso brillanti e tuttavia adatti ad ogni genere di pubblico, anche a chi non è abituato alla prosa dei romanzieri russi. Fa da sfondo una scenografia ben costruita, con scenari desolati, inquinati e cupi, capaci da soli di infondere inquietudine e disagio. La colonna sonora si fa sentire poco per una precisa scelta di regia di dare spazio ai lunghi silenzi in cui la Zona - l'inaccessibile luogo dell'impatto di un meteorite o un'astronave - è immersa. La trama è inconsistente, la sua unica funzione è quella di fare da cornice agli eventi e giustificarli. Non si evolve, non va avanti. E' forse proprio questa staticità della trama, unita ai tempi spesso troppo lunghi e a scene noiose, che non fanno di Stalker un film capolavoro. Dura 2 ore e mezza ma potrebbe essere riassunto tutto in tempi più umani senza togliere nulla all'atmosfera del film. Nel complesso, personalmente, lo consiglio a chi ha buone tre ore da dedicargli e ha voglia di concentrarsi su ogni dialogo.
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gurdjieff
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mercoledì 29 agosto 2012
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questo è cinema?
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Questo non è cinema, il cinema è tutt'altro,credo che quando si vuole fare un prodotto del genere è meglio dedicarsi al teatro.
Credo che il testo da cui è tratto il film sia molto più adatto ad una opera teatrale.
Ripeto: il cinema è tutt'altra cosa!
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kronos
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domenica 22 luglio 2012
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arcano
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Non pochi registi contemporanei s'ispirano (o talvolta omaggiano) Tarkovsky, rifacendosi in particolare all'estetica di 'Stalker', certamente uno degli esiti più alti del regista russo.
Ma nonostante i deliri di molti critici, lo spettatore sano di mente difficilmente potrà appassionarsi a cose tipo "Faust' di Sokurov o "Valhalla Rising" di Winding Refn...
Non basta l'ambizione, l'estetica ricercata, l'allusione metafisica per ottenere un grande film; serve un'ispirazione, una convinzione, una passione che solo un vero artista può avere, e magari solo in alcuni momenti della vita.
Ecco, la sensazione è che Tarkovsky abbia girato quest'opera al momento giusto, con l'ispirazione e la convinzione necessarie.
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Non pochi registi contemporanei s'ispirano (o talvolta omaggiano) Tarkovsky, rifacendosi in particolare all'estetica di 'Stalker', certamente uno degli esiti più alti del regista russo.
Ma nonostante i deliri di molti critici, lo spettatore sano di mente difficilmente potrà appassionarsi a cose tipo "Faust' di Sokurov o "Valhalla Rising" di Winding Refn...
Non basta l'ambizione, l'estetica ricercata, l'allusione metafisica per ottenere un grande film; serve un'ispirazione, una convinzione, una passione che solo un vero artista può avere, e magari solo in alcuni momenti della vita.
Ecco, la sensazione è che Tarkovsky abbia girato quest'opera al momento giusto, con l'ispirazione e la convinzione necessarie.
'Stalker' non è un film facile, presta il fianco a diverse critiche (estetismo, dialoghi a volte didascalici, una certa prolissità) eppure coinvolge, emoziona, raggunge vette di lirismo e misticismo rare nel cinema.
E risulta arcano e affascinante pure nel soggetto, che a differenza di quanto capita ai giorni nostri non è un semplice pretesto su cui (tentare) di costruire cattedrali.
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