figliounico
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domenica 6 agosto 2023
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prova d'autore
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Una favola nera con il protagonista, il sedicente pastore Harry Powell, un antenato dei moderni telepredicatori, interpretato da Robert Mitchum, che più che a un serial killer di vedove alla Landru somiglia invece al lupo cattivo de’ I tre porcellini. Seducente per il bianco e nero espressionista e per alcune inquadrature suggestive come quella dell’ombra del malvagio a cavallo che si staglia nel chiarore di un cielo al crepuscolo, il film non regge i tempi lunghi del racconto disperdendosi nella parte finale in sequenze senza impatto emotivo fino alla noia. Unica opera registica del grande attore inglese Charles Laughton La morte corre sul fiume appare a distanza di settant’anni come un puro esercizio di stile con un contenuto povero e superato dai tempi, una prova d’autore alla ricerca di una perfezione formale raggiunta a scapito della credibilità della storia che non coinvolge lo spettatore nonostante la performance attoriale di Mitchum.
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onufrio
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mercoledì 28 dicembre 2016
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i bambini ci guardano...
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Unico film diretto da Charles Laughton con Robert Mitchum nei panni di un losco individuo che fingendosi uomo di fede approfitta delle giovani vedove con un unico obiettivo:il denaro. E' il caso della vedova Willa HArper, il cui marito è stato condannato e impiccato per aver commesso una rapina. Harry Powell (Mitchum) verrà a conoscenza di questo denaro, e farà di tutto per scoprire dove si cela, nascosto ottimamento dai due figli del defunto giustiziato. Ottimo film, in cui i due bambini la fanno da assoluti protagonisti.
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carlo02
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giovedì 8 dicembre 2016
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da vedere e rivedere
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Visto due volte al cinema nell'ultimo mese grazie alla copia restaurata attualmente in programmazione.
Ho avuto la fortuna di recuperare questo gioiello di cui ho sempre letto benissimo anche se all'epoca dell'uscita nelle sale ( anno 1956) fu stroncato dalla critica ed ignorato dal pubblico . Questo disinteresse mise fine alla attività registica di Charles Laughton che , in tutta la sua carriera, diresse solo questo incredibile film .
Film che sfugge ad ogni classificazione : un film di grande tensione ma il cui finale ricorda "la vita è meravigliosa" di Frank Capra , un film con protagonisti un falso predicatore pazzo ed assassino e due bambini innocenti , un film in cui si canta molto e dove i testi arditi ( sicuramente molto arditi per l'epoca) la fanno da padrone su uno sfondo di riprese non convenzionali ( aeree , bucoliche , oniriche ) .
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Visto due volte al cinema nell'ultimo mese grazie alla copia restaurata attualmente in programmazione.
Ho avuto la fortuna di recuperare questo gioiello di cui ho sempre letto benissimo anche se all'epoca dell'uscita nelle sale ( anno 1956) fu stroncato dalla critica ed ignorato dal pubblico . Questo disinteresse mise fine alla attività registica di Charles Laughton che , in tutta la sua carriera, diresse solo questo incredibile film .
Film che sfugge ad ogni classificazione : un film di grande tensione ma il cui finale ricorda "la vita è meravigliosa" di Frank Capra , un film con protagonisti un falso predicatore pazzo ed assassino e due bambini innocenti , un film in cui si canta molto e dove i testi arditi ( sicuramente molto arditi per l'epoca) la fanno da padrone su uno sfondo di riprese non convenzionali ( aeree , bucoliche , oniriche ) . Su tutti svetta un Robert Mitchum in una parte ipnotizzante , difficile da dimenticare e che probabilmente ogni attore vorrebbe interpretare una volta nella vita.
Nella seconda parte svetta una meravigliosa Lillian Gish, recuperata diva del muto, che dona al film un candore in contrasto al cieco bigottismo degli abitanti del villaggio.
Tecnicamente eccelso, Il film ha nella fotografia in bianco e nero il suo punto di forza : raramente si è visto al cinema un film in cui luci ed ombre sono vere protagoniste .
Da vedere e rivedere
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andrea alesci
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venerdì 18 novembre 2016
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la suadente violenza della malvagità
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Segni manifesti come lettere incise nella carne, chiari come stelle nel fondo nero del cielo. Segni che ci colpiscono come uno schiaffo celato nel quieto scorrere di una forzata vita domestica. Sta racchiuso entro questa cornice il film diretto da Charles Laughton, l’unico che vide l’attore inglese dietro la macchina da presa.
Ed è una cornice dalle forti tinte espressioniste quella scelta da Laughton per una narrazione predatoria (The Night of the Hunter in originale) che ci porta a seguire la storia del (finto) predicatore Harry Powell (Robert Mitchum) lungo le strade di un villaggio violato dai tempi della Depressione, in luoghi indistinti definiti da un’unica costante: quel fiume che trasporterà incubi superficiali e sommersi.
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Segni manifesti come lettere incise nella carne, chiari come stelle nel fondo nero del cielo. Segni che ci colpiscono come uno schiaffo celato nel quieto scorrere di una forzata vita domestica. Sta racchiuso entro questa cornice il film diretto da Charles Laughton, l’unico che vide l’attore inglese dietro la macchina da presa.
Ed è una cornice dalle forti tinte espressioniste quella scelta da Laughton per una narrazione predatoria (The Night of the Hunter in originale) che ci porta a seguire la storia del (finto) predicatore Harry Powell (Robert Mitchum) lungo le strade di un villaggio violato dai tempi della Depressione, in luoghi indistinti definiti da un’unica costante: quel fiume che trasporterà incubi superficiali e sommersi.
Il fiume dove ogni nodo cruciale si stringe. Sin da quando Harry Powell entrò nella vita della vedova Wila Harper (Shelley Winters), dopo averne conosciuto il marito in prigione: il primo dentro per un furto d’auto, il secondo condannato a morte per rapina a mano armata e duplice omicidio. Dietro le sbarre del carcere dove riuscì a carpire il segreto di quei soldi rubati e nascosti in chissà quale posto.
Così, eccolo il reverendo Powell presentarsi al cospetto della famiglia Harper. Eccolo penetrarvi con l’inganno (e la benedizione del moralismo bigotto della signora Icey Spoon) per carpire quel segreto sepolto nel giuramento dei due piccoli di casa: John e Pearl. Eccolo, il reverendo che va predicando la storia tatuata sulle nocche delle sue mani in forma di quattro lettere in perpetuo combattimento: L-O-V-E e H-A-T-E; amore e odio che si combattono sin dal principio del film entro un’atmosfera subito percepibile come distorta.
Siamo dentro un quadro espressionista in movimento, dipinto a tinte fosche dalla fotografia di Stanley Cortez e dalle soffocanti musiche di Walter Schumann. Siamo sospesi entro il perimetro di una realtà da incubo e lo capiamo dal motivetto cantato da una donna che ritroveremo in Rachel Copper (Lillian Gish), salvifico angelo per le peripezie di John e Pearl.
Due bambini in fuga dalle grinfie di un patrigno capace di convincere con le parole, di alterare la realtà per il suo maligno tornaconto personale. Capace di mentire con la naturalezza di chi odia e di atterrire grazie alle suadenti espressioni e alla pesante voce di un bravissimo Robert Mitchum, che buca il tempo con quel suo demoniaco urlo quando i due piccoli riescono a scappargli.
È il tempo senza tempo di un incubo disegnato solo in apparenza con i tratti della realtà. Le stesse architetture delle case si stagliano su fondali come costruzioni fittizie, dalle proporzioni disturbanti. Anche l’aspetto bizzarro della piccola Pearl contribuisce all’effetto straniante cercato da Charles Laughton nel tratteggiare questo sempiterno duello tra amore e odio, tra bene e male, messo in atto infine dallo scontro fra Rachel Cooper e Harry Powell.
Scopriamo così il tempo di una pellicola che con lungimirante e inestinguibile abilità attraversa gli anni e supera quella scarsa considerazione che ricevette all’uscita nel 1955. Una pellicola che fu anche sfida al Codice Hays con la potente riflessione sulla sessualità (vedi l’amore negato in luna di miele da Henry a Wila le uscite di Ruby in cerca di uomini) e una critica alla fede intransigente.
La morte corre sul fiume ha la forza delle grandi opere, quelle che sanno smascherare attraverso una congerie di segni abbozzati. I segni di un espressionismo più reale della realtà.
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itimoro
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mercoledì 16 novembre 2016
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odio vs. amore
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Concordo con molto di ciò che è stato bene scritto da altri e non starò a ripetere. Vorrei solo aggiungere una ulteriore sottolineatura sulla rilevanza del sentimento religioso che traspare dal film e che immagino debba avere contribuito al suo insuccesso commerciale.
Il reverendo Mitchum è un folle assassino, ma portatore di un credo religioso integralista e puritano non lontano dai sentimenti dell'America profonda di quel tempo (e forse non solo di quel tempo), improntato all'odio nei confronti del peccato e, forse soprattutto, nei confronti del peccatore. E' lui il personaggio negativo, che si batterà per la vittoria della sua interpretazione della Parola con la vecchia signora che raccoglie i bambini.
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Concordo con molto di ciò che è stato bene scritto da altri e non starò a ripetere. Vorrei solo aggiungere una ulteriore sottolineatura sulla rilevanza del sentimento religioso che traspare dal film e che immagino debba avere contribuito al suo insuccesso commerciale.
Il reverendo Mitchum è un folle assassino, ma portatore di un credo religioso integralista e puritano non lontano dai sentimenti dell'America profonda di quel tempo (e forse non solo di quel tempo), improntato all'odio nei confronti del peccato e, forse soprattutto, nei confronti del peccatore. E' lui il personaggio negativo, che si batterà per la vittoria della sua interpretazione della Parola con la vecchia signora che raccoglie i bambini.
Anche lei è portatrice di una interpretazione della Sacra Scrittura, una visione improntata però alla serenità e all'amore, forse considerata lassista dalla maggioranza puritana.
Questo scontro si dichiara con evidenza in una delle ultime sequenze, quando il predicatore, seduto di notte fuori della casa della donna, in attesa del momento buono per l'attacco, canta la sua nenia ricorrente: una canzone religiosa che parla di morte e che più volte gli abbiamo sentito cantare durante tutta la storia.
Ad un certo punto anche la vecchia signora si mette a cantare la stessa canzone, ma una strofa diversa, dove viene nominato Gesù e si parla di speranza.
Le due voci si sovrappongono, e in quel momento è evidente che stanno entrambi pensando alla stessa cosa, ma con una interpretazione totalmente diversa, e su quella si scontreranno.
E alla fine, a vincere sarà lei.
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p0vr0
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martedì 8 novembre 2016
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la vita corre sul fiume
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
Anno difficile il 1955 per un regista esordiente (pur con l'esperienza da attore di Charles Laughton): Gioventù bruciata, La valle dell'Eden, Guerra e Pace, sono solo alcuni dei titoli usciti quell'anno che cambiano il panorama culturale americano e materializzano la ribellione allo status quo sociale. Ma Laughton non si inserisce direttamente in questo filone, ha qualcosa di impellente, di personale da raccontare e lo fa utilizzando una sceneggiatura piana e sinuosa che non trascura nessun dettaglio e una fotografia che è più efficace di mille parole. Prende in prestito qualcosa da Steinbeck (la grande depressione), qualcosa da Hitchcok (la tensione del racconto), qualcosa dal western e dalla favola, e su tutto questo innesta il suo tema principale, la questione che gli sta a cuore: la lotta tra il bene e il male, tra l'amore e l'odio, che si intrecciano, si mescolano e si confondono come le mani e la testa del predicatore Harry Powell. Cambiano verso e rovesciano il loro significato, l'amore diventa odio e viceversa, finché nel finale, ancora acerrimi nemici, cantano la stessa canzone, un inno religioso, in una immagine e un emozione di straziante e moderna attualità.
La finalità di tutto questo sta alla base di ogni spirito ribelle: spingere lo spettatore al dubbio e all'uso del libero arbitrio per non limitarsi alle apparenze e per non accettare nulla di scontato, ma per valutare e decidere in modo consapevole e libero la strada da intraprendere.
Se esistesse un mago del cinema che avesse la possibilità di cancellare i titoli del 2016 e sostituirli con quelli del 1955, questi renderebbe a Charles Laughton ed al suo film la possibilità del meritato apprezzamento del pubblico e della critica che non ha avuto al suo tempo. La morte corre sul fiume è un film di moderna attualità perché parla di noi e della nostra capacità di confrontarsi con quello che sta intorno e dentro noi, love or hate, ogni giorno della nostra vita.
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martedì 8 novembre 2016
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la vita corre sul fiume
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
Anno difficile il 1955 per un regista esordiente (pur con l'esperienza da attore di Charles Laughton): Gioventù bruciata, La valle dell'Eden, Guerra e Pace, sono solo alcuni dei titoli usciti quell'anno che cambiano il panorama culturale americano e materializzano la ribellione allo status quo sociale.
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La traduzione del titolo trae in inganno, non è la morte ma la vita che corre sul fiume in questo film. E chi cerca il thriller a sfondo noir può perderne l'essenza che invece vuole raccontare la vita nella sua massima espressione: il dubbio e la sua conseguenza, il libero arbitrio.
Anno difficile il 1955 per un regista esordiente (pur con l'esperienza da attore di Charles Laughton): Gioventù bruciata, La valle dell'Eden, Guerra e Pace, sono solo alcuni dei titoli usciti quell'anno che cambiano il panorama culturale americano e materializzano la ribellione allo status quo sociale. Ma Laughton non si inserisce direttamente in questo filone, ha qualcosa di impellente, di personale da raccontare e lo fa utilizzando una sceneggiatura piana e sinuosa che non trascura nessun dettaglio e una fotografia che è più efficace di mille parole. Prende in prestito qualcosa da Steinbeck (la grande depressione), qualcosa da Hitchcok (la tensione del racconto), qualcosa dal western e dalla favola, e su tutto questo innesta il suo tema principale, la questione che gli sta a cuore: la lotta tra il bene e il male, tra l'amore e l'odio, che si intrecciano, si mescolano e si confondono come le mani e la testa del predicatore Harry Powell. Cambiano verso e rovesciano il loro significato, l'amore diventa odio e viceversa, finché nel finale, ancora acerrimi nemici, cantano la stessa canzone, un inno religioso, in una immagine e un emozione di straziante e moderna attualità.
La finalità di tutto questo sta alla base di ogni spirito ribelle: spingere lo spettatore al dubbio e all'uso del libero arbitrio, per non limitarsi alle apparenze e per non accettare nulla di scontato ma per valutare e decidere in modo consapevole e libero la strada da intraprendere.
Se esistesse un mago del cinema che avesse la possibilità di cancellare i titoli del 2016 e sostituirli con quelli del 1955, questi renderebbe a Charles Laughton ed al suo film la possibilità del meritato apprezzamento del pubblico e della critica che non ha avuto al suo tempo. La morte corre sul fiume è un film di moderna attualità perché parla di noi e della nostra capacità di confrontarsi con quello che sta intorno e dentro noi, love or hate, ogni giorno della nostra vita.
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minnie
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lunedì 7 novembre 2016
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terribile persuasore occulto
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Un film meraviglioso, con un bianco/nero fantastico, la cui storia è stata ripresa anche in un episodio di "Per le strade di Los Angeles". Mitchum mai così bravo, il contrasto con la natura indifferente, il fiume, gli alberi fioriti e la solitudine disperata dei bambini, fanno di questo film un capolavoro!
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great steven
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mercoledì 6 aprile 2016
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le malevoli intenzioni di un predicatore a caccia.
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LA MORTE CORRE SUL FIUME (USA, 1955) diretto da CHARLES LAUGHTON. Interpretato da ROBERT MITCHUM, SHELLEY WINTERS, LILLIAN GISH, EVELYN VARDEN, PETER GRAVES, JAMES GLEASON, DON BEDDOE, BILLY CHAPIN, SALLY JANE BRUCE, GLORIA CASTILLO
Harry Powell, assassino maniaco e psicopatico, si traveste da pastore protestante e gira gli Stati Uniti recitando la pantomima del predicatore generoso e di buon cuore, diventato pastore protestante, ma il suo modo di intendere la missione affidatagli dal Padreterno non va certo a braccetto con la carità e la misericordia. L’uomo, dal carattere feroce e irruento, è convinto che il suo compito consista più nel condannare le anime che nel salvarle, tant’è che alla croce preferisce un pratico coltellino svizzero, quale arma per mettere in pratica il verbo divino.
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LA MORTE CORRE SUL FIUME (USA, 1955) diretto da CHARLES LAUGHTON. Interpretato da ROBERT MITCHUM, SHELLEY WINTERS, LILLIAN GISH, EVELYN VARDEN, PETER GRAVES, JAMES GLEASON, DON BEDDOE, BILLY CHAPIN, SALLY JANE BRUCE, GLORIA CASTILLO
Harry Powell, assassino maniaco e psicopatico, si traveste da pastore protestante e gira gli Stati Uniti recitando la pantomima del predicatore generoso e di buon cuore, diventato pastore protestante, ma il suo modo di intendere la missione affidatagli dal Padreterno non va certo a braccetto con la carità e la misericordia. L’uomo, dal carattere feroce e irruento, è convinto che il suo compito consista più nel condannare le anime che nel salvarle, tant’è che alla croce preferisce un pratico coltellino svizzero, quale arma per mettere in pratica il verbo divino. Arrestato dalla polizia e incarcerato per l’omicidio della ballerina di un night-club, conosce dietro le sbarre il ladro Ben Harper, padre di due adorabili bambini, John e Pearl, il quale, prima dell’imprigionamento, aveva loro affidato la custodia di un tesoro (10.000 dollari), sulle cui tracce Powell si mette immediatamente, una volta uscito dalla galera. I due fratellini (più John che Pearl) sono fermamente intenzionati a non rivelare a chicchessia l’ubicazione del tesoro, ma quando Harry, per ottenerlo, ne sposa la madre Willa e poi la uccide, la situazione si fa molto complicata e pericolosa. I presupposti per imbastire un capolavoro inoppugnabile e travolgente oltre ogni dire, malgrado la rigidissima regolarità della struttura, ci sono stati tutti: sceneggiatura (James Agee), tratta dal romanzo The Night of the Hunter ( Il terrore corre sul fiume, 1954) di David Grubb (1919-1980), di levatura impeccabile e ritmo alacre e incalzante; fotografia (Stanley Cortez) splendidamente a disposizione della mirabolante invenzione visiva della regia, debitrice verso l’espressionismo tedesco e il cinema scandinavo, con qualche eco riconducibile perfino a David Wark Griffith; magnifica partitura musicale composta da Walter Grauman e impreziosita da numerose canzoni e due inni religiosi tradizionali ( Leaning on the Everlasting Arms e Bringing in the Sheaves); interpretazione stupefacente di R. Mitchum, qui nel ruolo più crudele e affascinante di tutta la sua carriera, magistralmente diretto da C. Laughton (1899-1962) alla sua prima e unica esperienza dietro alla macchina da presa. Il mistero che avvolge quest’opera, la cui grandezza dipende ed è alimentata dai molteplici binari espressivi su cui viaggia, ne fa un prodotto fruibile da più punti di vista, che si presta tanto a letture psicanalitiche quanto a percorsi induttivi che non forniscono, con tutta la buona volontà, risposte soddisfacenti alle innumerevoli domande che pone. Film di eccelsa complessità, popolato di mostri che sono anche vittime, di personaggi innocenti che ciononostante combattono col valore di eroi, di donne pronte al sacrificio ma che restano attaccate ad appigli sentimentali e morali comunque solidi, il tutto animato da un pessimismo cosmico che contrasta nettamente con l’impianto fiabesco che il film veicola soprattutto attraverso le figure, meno passive di quel che sembra, dei due fanciulli. Accanto ad un protagonista irripetibile e in forma smagliante, c’è una S. Winters più sbarazzina e vivace del solito, nelle vesti di una moglie campestre che continua a credere nella speranza di un ricongiungimento amoroso, il che la rende una preda facile e nella fattispecie ideale per il sadico predicatore che mira egoisticamente ad impinguare le proprie tasche e placare la sua diabolica sete di sangue (anche infantile). Spiega in modo alquanto significativo i motivi che spingono gli esseri umani a commettere delitti, in particolar modo chiamando in causa l’avidità (più assatanata e spietata che mai) e la xenofobia, intesa etimologicamente come paura del diverso e dell’altro. La durata contenuta è un ulteriore punto a suo favore: concentrare una storia di una tensione drammatica così elevata e ritmata non era impresa da poco, ma Laughton, coadiuvato da uno stuolo di contributi tecnici di primissima e innegabile qualità, è riuscito a far l’impossibile, regalando al pubblico (che all’uscita nelle sale non lo premiò adeguatamente) novanta minuti di incrollabile intensità e di superba potenza narrativa. Vedendolo più di una volta, emergono le sue qualità di racconto di formazione e la sua origine letteraria: è un’ulteriore dimostrazione che i libri adattati al cinema vengono migliorati una volta trasposti sul grande schermo e, grazie al fatto di dare corpo e voce a dei personaggi romanzeschi, le storie si abbelliscono e acquistano un valore che permette un loro più felice e benevolo apprezzamento. Un bianco e nero tipico degli anni 1950 di forza implacabile e un modo di narrare che si è ormai perso nei meandri del tempo, non solo cinematografico. L’esclusione dagli Oscar è senza ombra di dubbio un merito, e la mancanza di un qualunque riconoscimento ufficiale ne accentua il valore non solo agli occhi dei critici più attenti, ma anche a quelli di spettatori "comuni" che magari vogliono solo vedere rappresentate vicende che sappiano emozionare, commuovere, divertire o riflettere. O tutte e quattro le cose assieme. La qual cosa, in rari casi, avviene. E la rarità va sovente a braccetto con un ottimo balzo verso l’impegno e la ricompensa.
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