Un giudizio su un’ opera non sempre può essere descritto con il dono della sintesi e talvolta occorre fare giri pindarici per poter esprimere il proprio pensiero. La metamorfosi di Francis Ford Coppola, passato da Il Padrino e Apocalypse Now a pellicole di apparente basso profilo può apparire come il classico preludio ad una pensione dorata fatta di sfizi. E forse è così. Ma la delicatezza del tema trattato in Jack (USA, 1996) richiede uno sforzo simmetricamente opposto.
Questo film narra della toccante storia di un bambino nato al secondo mese di gestazione ma già perfettamente formato. Cresce ad una velocità quadrupla rispetto alla media a causa di una disfunzione delle cellule, trovandosi così a vivere l’ età più bella che un uomo possa vivere, cioè quella del ragazzino di 10 anni, avendo però il corpo di un quarantenne. La scelta su chi potesse interpretare il ruolo ricade, quasi naturalmente, sull’ eterno Peter Pan del Cinema, ovvero quel Robin Williams che tanto ci ha fatto ridere e commuovere in tante pellicole interpretate secondo uno stile collaudato ma al contempo spontaneo. Ma è da questo che inizia la mia personale ed umile analisi: questa volta Robin sembra quasi svogliato, distratto. Non è certamente il suo film migliore e non è riuscito, almeno nel mio caso, a trasmettermi quelle sensazioni provate in numerosi casi, come in La leggenda del re pescatore, L’ attimo fuggente, Risvegli, Patch Adams, Will Hunting e potrei citarne almeno altri 10. Tale opera sembra quasi voler parlare di un argomento sociale di forte drammaticità, senza per questo volerne approfondire la psicologia del protagonista. Jack, ovviamente, vuole solo divertirsi e giocare con i suoi ‘coetanei’, i quali inizialmente lo vedono come un gigante o peggio ancora come un mostro e su questo faccio la mia seconda considerazione: può una madre, seppur premurosa, volere che suo figlio, in condizioni estremamente particolari, resti in casa tutto il giorno? Può un insegnante a domicilio assecondare la mancanza di voglia di studio di un giovane? Tralasciando la scarsa vena di Cosby (mai a suo agio al di fuori dei panni di Cliff Robinson) e sottolineando, invece, la buona prova della bella Lane, io c’ avrei messo più impeto, fossi stato il regista, nell’ affrontare un tema così potente. Avrei avuto una verve maggiore ma si sa, facile discuterne a bocce ferme e a volte occorrerebbe conoscere anche le dinamiche sul set, la sinergia che si crea tra gli attori e via dicendo, ma proprio non mi è piaciuto lo sfilacciamento tra reparti, se mi si concede un paragone calcistico. Non mi hanno convinto nemmeno la Lopez (va bene che il sottoscritto non ha una buona opinione della cantante attrice produttrice ballerina di origine latina), risultata fuori contesto, e la Drescher che, a mio avviso, riesce a stento a vestire i panni della tata televisiva.
La vita di Jack è quella di una crisalide ed infatti nel film spesso il ragazzo le incontra sul suo cammino e lo fa nei vari stadi della breve vita dell’ insetto: il passaggio da bruco a farfalla, il volo, la morte, rapida ed impietosa. Il suo è un passaggio rapido su questa terra, un po’ come succede per una stella cadente: fulminea, ma che illumina tutto il firmamento. E questo era forse lo scopo di Coppola, riuscire a far brillare il talento di Williams su tutti gli altri. Purtroppo, non sempre le ciambelle riescono col bruco.
Concludo, però, con un ringraziamento speciale ad un attore che ha dato tantissimo alla cinematografia degli ultimi 30 anni e al sottoscritto in particolare. Scrivo queste righe a pochi mesi dalla scomparsa di un uomo gentile, divertente, triste, comico, forse depresso, certamente unico e quegli occhi azzurri da eterno ragazzino rimarranno sempre impressi nello sguardo di chi ha saputo apprezzarne il talento e la spontaneità che l’ hanno sempre contraddistinto.
Grazie Robin.
Voto al film: 6+
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