Goliath e la schiava ribelle

   
   
   

Il titolo è un po' forzato Valutazione 2 stelle su cinque

di Gianni Lucini


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sabato 25 maggio 2013

Va subito detto che il titolo è un po’ forzato. Non c’è nessuna schiava ribelle nella storia. Non c'è neppure una schiava così significativa, se si eccettua il breve periodo in cui la principessa Cori, per nulla ribelle, viene venduta a un mercante di schiavi il quale la rivende a sua volta alla spia di Dario. Si rivede sugli schermi Goliath, cioè Golia, l'altro personaggio biblico che, dopo Sansone, è  recuperato dal cinema storico-mitologico all’italiana. Naturalmente il recupero riguarda soltanto il nome e la sua leggendaria forza perchè a partire da Goliath contro i giganti di Guido Malatesta nel 1961 in tutte le pellicole che lo vedono protagonista non c’è alcun nesso logico con quanto raccontato dalla Bibbia. In questo film ha il volto e i muscoli di Gordon Scott e le sue azioni si svolgono nella Lidia schiacciata tra le armate di Alessandro il Grande e Dario, re dei Persiani. Rispetto ai canoni classici dei film di questo genere oltre che per i muscoli si fa notare anche per la sua fine capacità diplomatica. Non solo i muscoli ma l'intelligenza e la capacità diplomatica sono le armi che gli consentono di vincere la sua battaglia per l’ordine e la tranquillità del popolo di Lidia. Il regista Mario Caiano aggiunge molti dettagli nati dal proprio bagaglio culturale e dalle esperienze del periodo precedente la sua avventura nel cinema. Nato a Roma nel 1933, infatti, dopo essersi laureato in Lettere Classiche e Archeologia all’inizio degli anni Cinquanta inizia a lavorare come archeologo presso la Sovrintendenza alle Antichità del Lazio. La sua vera passione è però il cinema i cui ambienti ha cominciato a frequentare quando ancora era studente e che non si rassegna ad abbandonare neppure dopo la laurea e il primo importante lavoro. Nel tempo libero trova modo di lavorare come sceneggiatore e in qualche caso come aiuto regista. Tra il 1952 e il 1960 abbandona progressivamente l’incarico presso la Sovrintendenza e finisce per dedicarsi a tempo pieno al cinema. Il suo debutto come regista avviene nel 1960 con il film Ulisse contro Ercole, un peplum di cui cura anche soggetto e sceneggiatura. Da quel momento girerà vari film di buon successo che ne faranno uno dei più apprezzati registi e sceneggiatori del “cinema di genere” italiano. 

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