Credo di non esagerare se sostengo che negli ultimi dieci, o addirittura quindici anni, su Ang lee si sono costruiti due partiti.
I sostenitori lo considerano un tessitore di raffinate ed intelligenti storie, come "Ragione e sentimento", che personalmente non ho mai visto , o "La tigre ed il dragone", che come "Lussuria" intreccia la sensibilità americana e quella orientale (Un pò quello che, forse, provò a fare Wayne Wang, ma pare senza grandi risultati), e che ha il coraggio di sfidare le convenzioni in film come "Brokeback Mountain", I detrattori, invece, un facilone che fa cinema pseudointellettuale o pseudoautoriale, beneficiato da Oscar e Leoni d'Oro (Due in tre anni, non ci sono riusciti neanche i Dardenne).
Chi scrive lo conobbe anni fa col "Banchetto di nozze", ha apprezzato gli ltri film menzionati con l'eccezione di "Brokeback Mountain", i cui meriti, ove esistano, mi paiono "politici" più che cinematografici. Ma anche difendendo,a volte accanitamente,altro suoc inema, stavolta devo schierarmi dalla parte dei suoi detrattori. Perché "Motel Woodstock" non mi è sembrato né un documentario, né un affresco, nè altro. Solo una pellicola anonima con anonimi personaggi, che specie nel secondo tempo si preoccupa di documentare incorrendo in un errore fondamentale: chi voglia farlo veramente, se non proprio asettico come nella "Rosetta "dardenniana, deve partire da situazioni che (cor) rispondano il meno possibile a canoni consolidati; altrimenti ne esce la versione a stelle e strisce dei nostri "Lavorare con lentezza" e "Mi piace lavorare".
Come ha intelligentemente osservato qualcuno, Lee ci consegna invece un protagonista politicamente corretto, che non beve e non fuma in un momento storico di trapasso, non perché più saggio ma perché amorfo, con genitori che rasentano la macchietta e delle figure di c ontorno che raramente aggiungono qualcosa, compreso il gay poliziotto. Ecco, forse questa è la contraddizione di fondo: la CARTOLINA, per sua stessa definizione, non può documentare, ma raccontare qualcosa di tipico. La scena della "Droga" sa solo di trasgressione da.cartolina(Appunto), buttata lì più che altro per diverti(cchia)re.
Altra osservazione già fatta, ma con un'aggiuta personale: il protagonista è veramente un ragazzo.....tra palco e realtà, nel senso che il film non entra mai nel merito del significato di Woodstock, ma lo sfiora sottopelle: non credo perché, come ha osservato qualcuno, voglia restituirne con leggerezza il significato (Che io ignoro, certamente, essendo nato quattro anni dopo), ma perché il vero risultato che ottiene è incasellare una serie di ritrattini, prima che il protagonista si arricchisca, il padre che aveva ttraversato un momento difficile, possa riprendersi, e l'amico dice che se ne andrà ad un altro concerto, stavolta gratis: quello dei Rolling Stones.
Tra i pochi(ni) momenti di interesse, una scena in cui il giovane sperimenta, nel giro di pochi secondi, due reazioni contrapposte: quella della piccola comunità che non gli perdona una prossima invasione di fricchettoni , e due signore che lo ringraziano per i proventi economici della sua iniziativa, che forse non avrebbe neanche organizzato, tra parentesi, se avesse saputo quanti soldi la madre avesse messo da parte, mentre i due sostenevano che stavano andando in rovina. Ma sono momenti che riguardano soprattutto l'inizio del film, in un'opera che di contrapposizioni ne ha troppo poche, raramente bizzarra come i suoi protagonisti quando si impegnano in bizzarre danze.....tra palco e realtà.
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