writer58
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domenica 31 maggio 2015
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il favoloso mondo di t.s. spivet
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L'ultima opera di Jeunet (di cui avevo visto "Il favoloso mondo di Amelie") mi ha lasciato sensazioni positive, un diffuso senso di leggerezza ormai insolito in questi ultimi tempi, dominati da eventi plumbei e regressivi. Già nei titoli, il regista francese illustra la sua poetica. I riferimenti al "favoloso" e allo "straordinario" rimandano a favole moderne, raccontate con uno sguardo divertito che mescola un approccio creativo con soluzioni stilistiche brillanti e surreali.
La vicenda si sviluppa in un ranch del Montana, tra una natura grandiosa e costruzioni isolate dipinte di colori brillanti, dove vive una famiglia composta da un padre cowboy, una madre entomologa, una figlia che ambisce a diventare "Miss Montana", un gemello amante delle armi morto recentemento a causa di un incidente e un figlio di 10 anni che si rivela un genio precoce (Il T.
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L'ultima opera di Jeunet (di cui avevo visto "Il favoloso mondo di Amelie") mi ha lasciato sensazioni positive, un diffuso senso di leggerezza ormai insolito in questi ultimi tempi, dominati da eventi plumbei e regressivi. Già nei titoli, il regista francese illustra la sua poetica. I riferimenti al "favoloso" e allo "straordinario" rimandano a favole moderne, raccontate con uno sguardo divertito che mescola un approccio creativo con soluzioni stilistiche brillanti e surreali.
La vicenda si sviluppa in un ranch del Montana, tra una natura grandiosa e costruzioni isolate dipinte di colori brillanti, dove vive una famiglia composta da un padre cowboy, una madre entomologa, una figlia che ambisce a diventare "Miss Montana", un gemello amante delle armi morto recentemento a causa di un incidente e un figlio di 10 anni che si rivela un genio precoce (Il T.S. del titolo). T.S. riceve una telefonata dal prestigioso istituto Smithsonian, a cui ha mandato il progetto di una macchina a moto perpetuo, che lo invita a ritirare un importante premio scientifico, nella città di Washington D.C.
Dopo qualche esitazione iniziale (l'istituto ovviamente non è al corrente che sta per premiare un bambino di 10 anni), T.S. decide di partire all'insaputa dei suoi, caricando parecchi strumenti scientifici in una valigia più grande di lui e saltando su un treno merci diretto verso Est...
La saturazione cromatica (il rosso della casa, il verde dei pascoli), la voce fuori campo del protagonista che illustra le caratteristiche e le stranezze della sua famiglia (a cui si aggiunge un cane depresso che mangia oggetti di metallo e rimane per ore davanti allo schermo della televisione) e del suo metodo scientifico, la scansione per capitoli introdotti da giocattoli antichi composti da figurine in rilievo, il frequente ricorso a scene "in soggettiva" in cui i protagonisti danno corpo e immagine ai propri pensieri, tutti questi elementi mi hanno fatto pensare ad opere come "Hugo Cabret" o "Chocolat" , in cui la dimensione fiabesca si coniuga con una ricerca formale che veicola valori estetici elevati.
Si respira nel film di Jeunet una dimensione onirica e un senso di libertà che, se da un lato attenua i vincoli di verosimiglianza e di causalità, propone dall'altro uno slancio creativo, quasi una dichiarazione di fede nel potere della fantasia.
Anche la seconda parte della pellicola, che risente forse di un approccio un po' più convenzionale (il discorso davanti alla platea degli scienziati dell'istituto, lo sfruttamento commerciale del "personaggio T:S." da parte dei media, il senso di colpa del protagonista nel rievocare la morte del gemello), non inficia l'aspetto giocoso e lieve del film che, in alcuni passaggi, strappa il sorriso, diverte, fa intravedere mondi diversi da quelli abituali, unisce il pubblico adulto e quello dei minori nella fruizione di una storia che pare librarsi da terra e ascendere lentamente come una grande mongolfiera colorata che domini un paesaggio amplissimo di montagne, campi, torrenti, treni che corrono lungo il versante di grandi laghi, praterie, fino a raggiungere lo skiline urbano delle grandi metropoli irte di grattacieli della costa orientale degli Stati Uniti.
W.
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linus2k
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lunedì 25 agosto 2014
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quando il film deraglia sul finale...come il libro
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Per la serie: "se il film non arriva in Italia, l'italiano prova di tutto per arrivare al film", l'ultima avventura di Jean Pierre Jeunet, "L'Extravagant voyage du jeune et prodigieux T.S. Spivet", una cooproduzione franco americana ispirata dal romanzo "La mappa dei miei sogni" di Reif Larsen, va visto in francese o inglese, ad ormai un anno dalla sua uscita e disperando in una distribuzione nel nostro Paese.
Prima avventura in 3D, avvalendosi di un cast d'eccezione su cui spicca una sempre splendida, e qui meno inquietante del solito, Helena Bonham Carter, Jeunet mette in scena uno dei casi editoriali degli ultimi anni, prima esperienza del giovane scrittore Reif Larsen, subito blockbuster e diventato famoso in primis per il carattere grafico del libro, la cui storia si accompagna con gli appunti disegnati del giovanissimo protagonista.
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Per la serie: "se il film non arriva in Italia, l'italiano prova di tutto per arrivare al film", l'ultima avventura di Jean Pierre Jeunet, "L'Extravagant voyage du jeune et prodigieux T.S. Spivet", una cooproduzione franco americana ispirata dal romanzo "La mappa dei miei sogni" di Reif Larsen, va visto in francese o inglese, ad ormai un anno dalla sua uscita e disperando in una distribuzione nel nostro Paese.
Prima avventura in 3D, avvalendosi di un cast d'eccezione su cui spicca una sempre splendida, e qui meno inquietante del solito, Helena Bonham Carter, Jeunet mette in scena uno dei casi editoriali degli ultimi anni, prima esperienza del giovane scrittore Reif Larsen, subito blockbuster e diventato famoso in primis per il carattere grafico del libro, la cui storia si accompagna con gli appunti disegnati del giovanissimo protagonista.
Jeunet fa fondo a tutta la sua maestria cinematografica per rendere un romanzo del genere e questo gli è valso il César 2014 per la miglior fotografia e c'è da dirlo: "T.S. Spivet" è una gioia per gli occhi.
Colorato, onirico quanto basta, con dosate, precise e divertenti trovate sceniche, Jeunet ci porta nell'universo di questo piccolo genietto di 10 anni che affronta un viaggio attraverso gli USA per ricevere un premio per una importante scoperta scientifica ed allo stesso tempo deve fare fronte a un importante dramma familiare.
Il piccolo protagonista, la famiglia, l'ambiente, il racconto in prima persona, l'appassionante viaggio: tutto funziona ed emoziona... fino al raggiungimento della meta.
Lì qualcosa si interrompe. Il finale crolla, miseramente, rallenta, perde il suo fresco onirismo, diventa un banalissimo, lento e francamente trascurabile filmetto stile Hollywood da cassetta.
Non ho letto il libro, ma leggendone la critica, sembra davvero che Jeunet abbia risentito della sceneggiatura originale, da tanti accusata di superficialità e approssimazione nel finale (in primis un esaustiva critica del Washington Post, quanto mai valida anche per il film) ed è un vero peccato, un'occasione persa che forse poteva essere salvata provando, almeno nel film, a riscrivere un'opera prima buona a metà.
Da quel che sembra stavolta il film è quanto meno bello come il libro... a mio avviso c'erano le basi per provare a renderlo migliore.
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flyanto
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venerdì 5 giugno 2015
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un viaggio straordinario che sa anche di crescita
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Jean-Pierre Jeunet ritorna sullo schermo con un'altra favola, come il precedente "Il Favoloso Mondo di Amélie", ma ambientandola negli Stati Uniti e precisamente nello sconfinato, selvaggio ed affascinante territorio del Montana.
La vicenda è tutta imperniata su di un ragazzino di dieci anni, estremamente dotato di intelligenza, che viene convocato a Washington dal prestigioso ed assai ambito istituto scientifico Smithsonian al fine di ritirare il premio in seguito alla propria invenzione concernente il moto perpetuo ed il risparmio di energia elettrica. Ovviamente il celeberrimo istituto non è a conoscenza che colui che ha inventato ed inviato il suddetto marchingegno è in realtà un ragazzino.
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Jean-Pierre Jeunet ritorna sullo schermo con un'altra favola, come il precedente "Il Favoloso Mondo di Amélie", ma ambientandola negli Stati Uniti e precisamente nello sconfinato, selvaggio ed affascinante territorio del Montana.
La vicenda è tutta imperniata su di un ragazzino di dieci anni, estremamente dotato di intelligenza, che viene convocato a Washington dal prestigioso ed assai ambito istituto scientifico Smithsonian al fine di ritirare il premio in seguito alla propria invenzione concernente il moto perpetuo ed il risparmio di energia elettrica. Ovviamente il celeberrimo istituto non è a conoscenza che colui che ha inventato ed inviato il suddetto marchingegno è in realtà un ragazzino. In ogni modo il giovane T.S. (queste sono le iniziali del suo nome e con cui anche viene chiamato dai suoi familiari stessi), complice anche il fatto che egli viene un poco trascurato e considerato dai componenti della propria famiglia come un "personaggio strano" ed in seguito anche alla morte accidentale, ma di cui egli si sente fortemente colpevole, del proprio fratello gemello, decide di intraprendere il lungo ed avventuroso viaggio in un treno merci dal paese del Montana dove risiede sino all' istituto a Washington e ritirare il premio spettantegli. Inizia così per lui un viaggio fantastico e ricco di avventure dopo cui T.S. riuscirà sano e salvo a raggiungere la meta e lo scopo prefissati, riuscendo anche a svegliare la coscienza dei propri familiari sino a quel momento distratti ed un poco lontani, affettivamente parlando, da lui.
Quello che più colpisce e si apprezza di questa pellicola, al di là della trama che, si presenta piacevole, divertente ed accattivante, ma non dissimile dai moltissimi altri racconti favolistici ed avventurosi di ragazzi, è senza alcun dubbio la pregiata fotografia di Thomas Hardmeier, che riesce a ritrarre scorci e distese di terre lontane ed affascinanti, cogliendone l'anima nel profondo ed incantando ovviamente lo spettatore che le guarda. E si aggiunge anche come merito al film l'atmosfera in generale rappresentata dal regista stesso che lo spettatore respira, immedesimandosene nel profondo, e che riflette in maniera alquanto efficace l'ambito domestico e familiare nonchè di provincia,portando direttamente alla memoria epoche del passato ed ancora incontaminate dalla globalizzazione contemporanea. Insomma, Jeunet è riuscito perfettamente a consegnare un'opera poetica, fantastica e seducente, intrisa di puro lirismo con anche una sorta di morale e quasi di "avvertimento" per tutti i genitori a non trascurare o, per lo meno, a non dare per scontato l'affetto nei confronti dei propri figli.
Consigliabile per evadere un poco.
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enzo70
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giovedì 9 luglio 2015
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viaggio straordinario di un bambino straordinario
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T.S. Spivet è un bambino prodigio; cresciuto in un ranch del Montana, con un padre cow boy che ricorda il più truce Clint ed una madre entomologa. T.S. ha una sorella che sogna di diventare una modella ed un fratello gemello Layton eterozigote che ha tutto quello che lui non ha, forza, coraggio, e non ha tutto quello che lui ha, l’intelligenza e la curiosità intellettuale. La morte del fratello per un incidente aprirà un mondo di dolore per il piccolo T.S., dominato dai sensi di colpa. Il piccolo genio invia all’istituto Smithsonian il progetto di una macchina a moto perpetua e viene premiato. Nessuno pensa che si tratti di un bambino, senza titoli, null’altro di un bambino dotato di una straordinaria intelligenza.
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T.S. Spivet è un bambino prodigio; cresciuto in un ranch del Montana, con un padre cow boy che ricorda il più truce Clint ed una madre entomologa. T.S. ha una sorella che sogna di diventare una modella ed un fratello gemello Layton eterozigote che ha tutto quello che lui non ha, forza, coraggio, e non ha tutto quello che lui ha, l’intelligenza e la curiosità intellettuale. La morte del fratello per un incidente aprirà un mondo di dolore per il piccolo T.S., dominato dai sensi di colpa. Il piccolo genio invia all’istituto Smithsonian il progetto di una macchina a moto perpetua e viene premiato. Nessuno pensa che si tratti di un bambino, senza titoli, null’altro di un bambino dotato di una straordinaria intelligenza. Ed inizia la seconda parte del viaggio, un viaggio da clandestino su un treno, di un bambino piccolo come uno scricciolo che deve evitare poliziotti panciuti e controlli. Ed ecco il classico dei classici, dal Montana a Washington, passando per il Wyoming, il Nebraska, panorami sconfinati, eccezionali, il cinema è anche estetica ed allora un cenno alla splendida fotografia che, anche con l’ausilio del 3d, aiuta Jean-Pierre Jenuet. Terza parte il bambino è arrivato, sembra incredibile che a predisporre un progetto del genere sia stato uno di dieci anni, ma la segretaria dell’istituto capisce l’effetto mediatico che un fenomeno del genere può avere. E dopo uno straordinario discorso di T.S. davanti ai membri dello Smithsonian inizia la carrellata di interviste ed apparizioni tv. Ma un bambino è un bambino ed allora tornano i genitori, uno schiaffo della madre alla segretaria dell’istituto ed un pugno del padre all’ignorante intervistatore chiudono il film. Bellissimo. Il regista francese è un artigiano della fantasia, da Delicatessen al fantastico mondo di Amelie, riesce sempre a dare una dimensione onirica ai suoi film. Un film anche per bambini.
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xcacel
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giovedì 14 maggio 2015
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irritante ts spivet
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Sono passati ormai 13 anni da "il favoloso mondo di Amelie", nei quali Jean Pierre Jeunet ha palesato di aver perso il brio dei tempi migliori, con un paio di film certamente non indimenticabili (l'esplosivo piano di Bazil, per citarne uno).
Neanche stavolta purtroppo le attese vengono ripagate. Film troppo lungo, che stenta tantissimo a partire, e finisce presto per annoiare. Qua e là il regista francese ripropone gli stratagemmi di sempre, soffermandosi sui particolari, gli incisi, le divagazioni, e cercando di dare un tono fiabesco al film. Forse spinto a compiacere il pubblico statunitense, l'ambientazione della fiaba stavolta è un ranch, cioè un luogo comune dell'immaginario americano, con tanto di papà cowboy.
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Sono passati ormai 13 anni da "il favoloso mondo di Amelie", nei quali Jean Pierre Jeunet ha palesato di aver perso il brio dei tempi migliori, con un paio di film certamente non indimenticabili (l'esplosivo piano di Bazil, per citarne uno).
Neanche stavolta purtroppo le attese vengono ripagate. Film troppo lungo, che stenta tantissimo a partire, e finisce presto per annoiare. Qua e là il regista francese ripropone gli stratagemmi di sempre, soffermandosi sui particolari, gli incisi, le divagazioni, e cercando di dare un tono fiabesco al film. Forse spinto a compiacere il pubblico statunitense, l'ambientazione della fiaba stavolta è un ranch, cioè un luogo comune dell'immaginario americano, con tanto di papà cowboy. Le trovate di Jeunet stavolta sono poco originali, un po' casuali, fini a se stesse. La storia si trascina con l'improbabile fuga del protagonista alla volta di Washington, dove è atteso per ricevere un prestigioso premio per una sua invenzione. T.S. durante il suo viaggio incontrerá giro personaggi un po' strampalati, tra i quali un poliziotto isterico, un camionista che ama i selfie, e un barbone filosofeggiante, interpretato dall'attore - talismano del regista, Dominique Pinon. Questi incontri sono però slegati dalla storia, che non ne viene arricchita. Il risultato è quasi irritante, fino al finale, che sembra essere stato messo giù "alla buona": la consegna del premio con tanto di discorso commovente, il ragazzo che balza all'onor delle cronache, la manager cinica che ne vuole sfruttare la scia e l'americanata top della famiglia ritrovata sul finale in diretta TV. Il tutto arraffazzonato in 15 minuti e dopo più di un'ora e mezza di film che invoglia gli sbadigli. Irritante è la definizione più azzeccata per questo film, che mi sento di sconsigliare anche agli appassionati di Jeunet.
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[+] in effetti........
(di francesco2)
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