avatar-6096
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mercoledì 18 marzo 2009
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statemi a sentire
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La critica di mymovies non sbaglia del tutto nel dire che In the name of the King sarebbe potuto andare meglio come B-movie, se fosse uscito vent’anni fa. Quello che risalta di più è infatti la notevole mancanza di originalità, che comunque risulta meno gravosa di quella che possiamo riscontrare in film quali Eragon, Dungeons & Dragons ed Il risveglio delle tenebre (che “rientrerebbero” nella serie A). Seconda e più grave carenza è la sceneggiatura, elemento fondamentalmente importante per un film, che soffre di evidenti carenze narrative (non si capisce perché Gallian faccia catturare ed imprigionare la gente, ne si spiega perché si accanisca tanto contro Farmer) e concede delle ingenuità narrative tali da far compiere acrobazie assurde ad un contadino (che nella vita non aveva mai combattuto) che, nel mezzo della battaglia, carica in prima fila senza armatura e ne esce indenne (mentre altri soldati vengono uccisi a decine nonostante gli scudi e le corazze).
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La critica di mymovies non sbaglia del tutto nel dire che In the name of the King sarebbe potuto andare meglio come B-movie, se fosse uscito vent’anni fa. Quello che risalta di più è infatti la notevole mancanza di originalità, che comunque risulta meno gravosa di quella che possiamo riscontrare in film quali Eragon, Dungeons & Dragons ed Il risveglio delle tenebre (che “rientrerebbero” nella serie A). Seconda e più grave carenza è la sceneggiatura, elemento fondamentalmente importante per un film, che soffre di evidenti carenze narrative (non si capisce perché Gallian faccia catturare ed imprigionare la gente, ne si spiega perché si accanisca tanto contro Farmer) e concede delle ingenuità narrative tali da far compiere acrobazie assurde ad un contadino (che nella vita non aveva mai combattuto) che, nel mezzo della battaglia, carica in prima fila senza armatura e ne esce indenne (mentre altri soldati vengono uccisi a decine nonostante gli scudi e le corazze). Segue poi la regia di Uwe Boll, che stavolta riesce a rendere meglio, perché se i precedenti House of the Dead ed Alone in the Dark si sono meritatamente guadagnati un posto nella Botton dei 100 film più brutti del mondo, questo In the name of the King è parecchio al di sopra delle serie Z e C, meritandosi la classificazione di B-movie di medio-bassa qualità. Certo anche qui la regia presenta varie pecche, per lo più espressive – la scena della sepoltura del figlio di Farmer, dovrebbe ispirare tragedia e commozione, invece risulta pienamente ridicola per le alternazioni della ripresa, il movimento degli attori ed il montaggio ritmico del sonoro che la fanno sembrare una scena d’azione inserita in un contesto errato – ma non si perde pienamente in inconcepibilità di ripresa, come in House of the Dead. Altra pecca è il cast, sommariamente ben assemblato, a effettivamente deludente per la scarsa espressività di Jason Statham (quasi sempre imbalsamato nella seriosa e poco piacevole espressione), l’inadeguatezza di Ray Lotta nel ruolo del cattivo, la povertà recitativa dell’oramai “consumato” Burt Reynolds e la sprecata presenza di attori di richiamo, tra cui Ron Perlman e John Rhys-Davies, ridotti a ruoli marginali e contestualmente superflui. Al cast fa seguito un copione piuttosto risibile nei suoi goffi tentativi di seguire (se non inimicare) la “poetica” del Signore degli Anelli – si vedano frasi come “Credi di aver vinto? Non hai vinto altro che tempo!”- del quale il film sembra più volte un’imitazione. Belle le musiche, ma non molto il montaggio, belli i paesaggi ambientali, un po’ meno curati ma accettabili gli interni, mentre la fotografia non è certo delle migliori, ma sicuramente più cromata delle precedenti. Del videogioco rimangono solo alcuni dettagli, ma ciò non è motivo di critica, data la semi trasparente e poco articolata trama del prodotto. Cosa certa è che un bel pizzico di autoironia avrebbe probabilmente migliorato il risultato finale. In sostanza Boll non è certo un bravo regista, ma definirlo il peggiore in assoluto sarebbe giusto soltanto se egli si fosse fermato ad Alone in the Dark, perché i successivi prodotti risultano largamente migliori nella loro mediocrità.
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dario carta
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lunedì 11 maggio 2009
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un fantasy privo di ogni spessore
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Uwe Boll sembra tenere molto alla sua impostazione di regista di film che riportano alla struttura dei videogames più applauditi,propendendo più per l'aspetto spettacolaristico e ludico dell'immagine,piuttosto che entrare nella complessità di una trama intrigante ed offrire un prodotto appagante.
Dopo "Bloodrayne","Alone In The Dark" e "House Of The Dead",il regista torna in campo con questa tiepida favola medievale,ispirata anch'essa ad un videogame,con uno sciapo condimento di avventura,amore e leggende,ma ben lontana dal raggiungere uno status di concreto interesse.
Dispiace ricordare l'opinione comune sull'abilità nel campo della regìa cinematografica di Boll,valutata come media fra quella di Ed Wood e di John Woo,ma lo spettatore che ha deciso di guardarsi "In The Name Of The King",non potrà non arrivare alla conclusione che qualche cosa di vero,in questa affermazione,c'è.
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Uwe Boll sembra tenere molto alla sua impostazione di regista di film che riportano alla struttura dei videogames più applauditi,propendendo più per l'aspetto spettacolaristico e ludico dell'immagine,piuttosto che entrare nella complessità di una trama intrigante ed offrire un prodotto appagante.
Dopo "Bloodrayne","Alone In The Dark" e "House Of The Dead",il regista torna in campo con questa tiepida favola medievale,ispirata anch'essa ad un videogame,con uno sciapo condimento di avventura,amore e leggende,ma ben lontana dal raggiungere uno status di concreto interesse.
Dispiace ricordare l'opinione comune sull'abilità nel campo della regìa cinematografica di Boll,valutata come media fra quella di Ed Wood e di John Woo,ma lo spettatore che ha deciso di guardarsi "In The Name Of The King",non potrà non arrivare alla conclusione che qualche cosa di vero,in questa affermazione,c'è.
Non si riesce a cogliere nel film nè il sapore della leggenda o della tradizione ("Beowulf & Grendel","Legend","La saga dei Nibelunghi"),nè la ventata della magìa ("Eragon","Dungeons and Dragons"),nè la poesia che permea una missione da compiere ("Pathfinder","Wolfhound");piuttosto ci si rende conto che in "In The Name",la narrazione procede monotona nella forma di una continua battaglia,peraltro di discutibile effetto visivo e priva d'intensità,dando l'impressione allo spettatore di trovarsi di fronte ad un gioco sul PC in situazione di loop.
Purtroppo neppure il ricorso alla CGI non sortisce gli effetti desiderati,e poco o nulla offrono di speciale,restando banali manipolazioni e convenzionali trucchi da cinema di bassa spesa,che contribuiscono a collocare la pellicola al prodotto televisivo pomeridiano.
Il film appare subito scarno,già nella sua asfittica sceneggiatura,nel montaggio discontinuo e si trascina intuibile attraverso la stanca performance dei protagonisti.
Splendido il cast,che vede insieme Jason Statham ("Transporter","Crank","Death Race"),Leelee Sobieski("Il prescelto","Eyes Wide Shut"),John Rhys-Davies ("Il Signore degli anelli"),Matthew Lillard ("Scream"),Ron Perlman ("Hellboy"),Ray Liotta ("Copland","Smokin' Aces") e il veterano Burt Reynolds (questo è il primo film di Boll con un budget alto) e rincresce vedere non valorizzate queste star che non brillano come dovrebbero,sullo sfondo di un cielo nuvoloso.
A Statham non basta la sua fisicità per conferire carisma al suo personaggio,che si agita in continuazione,restando anonimo.
Ray Liotta, sfoggiando una veste quanto meno anacronistica,è un personaggio a metà strada tra il gangster ed il cattivo stregone,ma non si decide a chi dare più credibilità.
Burt Reynolds si afferma su tutti,restando sornione e bonario,quale egli è,conquistando personaggio e platea.
Matthew Lillard va fuori giri e trascende in eccessive smorfie e versetti isterici,ma valorizza il suo aspetto e lo fa non prendendosi tropo sul serio.
In ultima analisi "In The Name Of The King" è un film che non seduce,nasce da un videogioco cui è stato negato il respiro del cinema,gioco rimane per le due ore di durata e viene dimenticato ai titoli di coda,non lasciando traccia di sè come racconto fantasy,privo di ogni magìa,senza i colori ed calore dell'avventura,del dramma e della fantasia.
Dario Carta
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raysugark
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venerdì 5 agosto 2016
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in the name of the king
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Il genere Fantasy ha sempre affascinato il pubblico, nel mondo del cinema, nel mondo della letteratura e nel mondo dei videogames. Per poter catapultarsi in un mondo fantastico pieno di magia, paesaggi incantati e personaggi nobili, bizzarri, furbi e infine malvagi. Uwe Boll non si fa scoraggiare dalle pesanti critiche ricevute dalle sue pellicole precedenti come House of The Dead, Alone in The Dark e Bloodrayne, al punto di interessarsi di esplorare il mondo del Fantasy adattando il gioco popolare "Dungeon Siege". La prossima pellicola di Uwe Boll sarebbe stato appunto In The Name of The King con protagonisti Jason Statham, Ray Liotta, Burt Reynolds e Ron Perlman, forse il regista con questa pellicola poteva ricevere critiche migliori.
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Il genere Fantasy ha sempre affascinato il pubblico, nel mondo del cinema, nel mondo della letteratura e nel mondo dei videogames. Per poter catapultarsi in un mondo fantastico pieno di magia, paesaggi incantati e personaggi nobili, bizzarri, furbi e infine malvagi. Uwe Boll non si fa scoraggiare dalle pesanti critiche ricevute dalle sue pellicole precedenti come House of The Dead, Alone in The Dark e Bloodrayne, al punto di interessarsi di esplorare il mondo del Fantasy adattando il gioco popolare "Dungeon Siege". La prossima pellicola di Uwe Boll sarebbe stato appunto In The Name of The King con protagonisti Jason Statham, Ray Liotta, Burt Reynolds e Ron Perlman, forse il regista con questa pellicola poteva ricevere critiche migliori. Invece la pellicola delude nuovamente, al punto di essere diventato un grande flop dal budget di 60 milioni di dollari ne incassa 10 milioni. Le sceneggiature delle pellicole fantasy hanno spesso un ritmo lento per addentrare approfonditamente i personaggi sia principali che secondari e anche nei luoghi fantastici, come si è visto nella trilogia cinematografica The Lord of The Rings oppure nella serie televisiva di Game of Thrones. Invece In The Name of The King ha un ritmo talmente confuso, da non poter comprendere i dettagli mostrati in ogni singole scene della pellicola. Le scene di lotta sono godibili anche le varie coreografie di movimento sono interessanti, ma anche in questo caso lascia un po' di dubbi su come si passa da una situazione a un'altra. Il make-up è importante nelle pellicole fantasy per rendere credibili le creature fantastiche come i goblin e gli orchi de The Lord of The Rings, allo stesso tempo anche il CGI è importante per rendere credibili le scene spettacolari di magie come si è visto anche nella saga di Harry Potter. In The Name of The King non è riuscito a sfruttare in modo impegnativo né il make-up e neanche il CGI come lo spettatore si aspetterebbe, perché sembra che il make-up nella pellicola ha elaborato le creature maligne chiamate Krug in modo banale da non essere credibili e neanche il CGI dove viene elaborato troppo precocemente. I paesaggi spettacolari viene mostrato in un velocità così rapida da non poter rappresentare qualcosa di simbolico, cosa che nelle storie fantasy i paesaggi rappresentano il punto fondamentale sull'atmosfera della storia e anche sulla caratterizzazione dei personaggi. Sicuramente In The Name of The King non è la miglior pellicola di Uwe Boll, ma è sicuramente il più godibile.
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andrea
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domenica 15 marzo 2009
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in the name of uwe boll: a dungeon siege tale
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In un imprecisato villaggio medioevale, Il Fattore e la sua famiglia conducono una tranquilla vita, coltivando i campi e sopravvivendo alle carestie. Un giorno i Krug, mostri combattenti giudati a distanza dal mago Gallian, irrompono nel villaggio uccidendo il figlio del Fattore e rapendo la moglie. Dopo che Il Fattore rifiuta di arruolarsi nell'esercito del Re Konreid, insieme agli amici Bastian e Norick decide di partire e raggiungere il Duca Fallow, presumibile artefice delle malefatte di Gallian e forse rapitore di sua moglie. Non ce niente da ridire, come Jim Wynorski, Uwe Boll colpisce sempre il suo spettatore offrendo annualmente il suo nuovo film; anche se da noi in Italia, In The Name Of The King arriva dopo due anni di ritardo.
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In un imprecisato villaggio medioevale, Il Fattore e la sua famiglia conducono una tranquilla vita, coltivando i campi e sopravvivendo alle carestie. Un giorno i Krug, mostri combattenti giudati a distanza dal mago Gallian, irrompono nel villaggio uccidendo il figlio del Fattore e rapendo la moglie. Dopo che Il Fattore rifiuta di arruolarsi nell'esercito del Re Konreid, insieme agli amici Bastian e Norick decide di partire e raggiungere il Duca Fallow, presumibile artefice delle malefatte di Gallian e forse rapitore di sua moglie. Non ce niente da ridire, come Jim Wynorski, Uwe Boll colpisce sempre il suo spettatore offrendo annualmente il suo nuovo film; anche se da noi in Italia, In The Name Of The King arriva dopo due anni di ritardo. Il problema non sta nel flop Americano, e neanche nel regista Boll(ingiustamente premiato ai Razzie Awards per la regia anche di Postal), ma purtroppo in una incomprensione del pubblico che, immancabilmente, rifiuta prematuramente le pellicole del filmaker tedesco; conosciuto come peggior regista del Mondo. E la cosa, si ripete in modo meccanico anche in A Dungeon Siege Tale, squisito prodotto fantasy basato su un videogioco e che qui, nella pellicola, ricostruisce al meglio le ambientazioni, la trama e i valorosi combattimenti. Ok, come la critica afferma, il film di Boll è un B Movie di altri tempi che si nota soprattutto nella messa in scena poco ritmata, ma in compenso carica di una ragione d'esistere, o per meglio dire, un prodotto con le carte in regola che non pecca neanche nella sceneggiatura che offre anche delle sequenze ironiche. Boll dirige con competenza e senso del montaggio orchestrando un fantasy, poco prevedibile, fedele al videogame e nel complesso, anche divertente e ricco di pathos medioevale; ridefinito appunto, dalle accurate scenografie. Mastodontico anche il cast che vede dalla parte dei buoni, Jason Statham(perfetto stereotipo del genere), Ron Perlman, Will Sanderson, Leelee Sobieski, John Rhys-Davies, Claire Forlani, Kristanna Loken, Brian White e, pensate un pò, anche Burt Reynolds. Nei cattivi invece, Ray Liotta, Matthew Lillard e Mike Dopud più i perfidi Krug. Consigliato ai fan di Uwe Boll e agli amanti più cinefili delle trasposizioni videogioco/film.
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wynorski guiaz '80s
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martedì 14 luglio 2009
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il primo kolossal di uwe boll
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Il Fattore(Jason Statham) conduce una vita tranquilla insieme alla mogle Solana(Claire Forlani) e al piccolo figlio coltivando i campi del suo piccolo appezzamento di terreno. Ma le forze del male incombono: il potente Mago Gallian(Ray Liotta), sostenuto da Duca Fallow(Matthew Lillard) vuole impadronirsi del regno del Re Konried(Burt Reynolds) e per farlo risveglia i Krug, guerrieri decerebrati da lui comandati. Dopo che suo figlio viene uccisio e la moglie rapita, Il Fattore si allea con il suo mentore Norick(Ron Perlman) e con il cognato Bastian(Will Sanderson) al fine di liberare la moglie e porre fine alle malefatte di Gallian e Fallow. Prima che dirigesse il suo film più riuscito dal titolo Postal, Uwe Boll aveva diretto questo In The Name Of The King, sottovalutata grossa produzione fantasy(60 milioni di dollari di budget) tratta dall'omonimo videogame A Dungeon Siege Tale.
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Il Fattore(Jason Statham) conduce una vita tranquilla insieme alla mogle Solana(Claire Forlani) e al piccolo figlio coltivando i campi del suo piccolo appezzamento di terreno. Ma le forze del male incombono: il potente Mago Gallian(Ray Liotta), sostenuto da Duca Fallow(Matthew Lillard) vuole impadronirsi del regno del Re Konried(Burt Reynolds) e per farlo risveglia i Krug, guerrieri decerebrati da lui comandati. Dopo che suo figlio viene uccisio e la moglie rapita, Il Fattore si allea con il suo mentore Norick(Ron Perlman) e con il cognato Bastian(Will Sanderson) al fine di liberare la moglie e porre fine alle malefatte di Gallian e Fallow. Prima che dirigesse il suo film più riuscito dal titolo Postal, Uwe Boll aveva diretto questo In The Name Of The King, sottovalutata grossa produzione fantasy(60 milioni di dollari di budget) tratta dall'omonimo videogame A Dungeon Siege Tale. Boll ripropone allo spettatore le vicende e le fiabesche atmosfere del gioco e arricchisce la trama con degne battaglie, colpi di scena, personaggi doppiogiochisti e un finale 'liberatorio' che sconfigge 'il malvagio' di turno e riporta la pace. Il film è alla fine un buonissimo prodotto: CGI discretament utilizzata, capacità di ironia in alcune sequenze, trama(vista l'origine di trasposizione) scontata in partenza ma non troppo ed interpretazioni un pò forse troppo sotto la media. Difatti l'unico neo potrebbe sembrare il corposo cast(tra gli altri anche Leelee Sobieski, Brian J. White, John Rhys-Davies e Kristanna Loken) a volte spaesato(tra tutti, e forse l'unico: Matthew Lillard, abituato a commedie) ma alla fine discreto nella parte che ricopre. Il flop cinematografico(in USA solo 8 milioni di dollari) è dato invece dalla reputazione del regista, ingiustamente delegato come il 'peggiore al Mondo'. Di conseguenza, si ha il completo rifiuto di ogni sua pellicola; senza escludere questa. Ma invece, noi del pubblico dovremmo seguire la regola: prima osserva e poi giudica. Infatti, per concludere, questo In The Name Of The King è un buon prodotto che in quasi due ore riesce a farsi seguire dal pubblico e a soddisfarlo tra scenari alla Signore Degli Anelli e battaglie ripescate con originalità da altre pellicole. Consigliato.
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