In the Name of the King |
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Un film di Uwe Boll.
Con Jason Statham, Leelee Sobieski, John Rhys-Davies, Ron Perlman, Claire Forlani.
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Titolo originale In the Name of the King: A Dungeon Siege Tale.
Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 124 min.
- Germania, Canada, USA 2008.
- One Movie
uscita venerdì 27 febbraio 2009.
MYMONETRO
In the Name of the King
valutazione media:
1,96
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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STATEMI A SENTIREdi avatar-6096Feedback: 0 |
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mercoledì 18 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La critica di mymovies non sbaglia del tutto nel dire che In the name of the King sarebbe potuto andare meglio come B-movie, se fosse uscito vent’anni fa. Quello che risalta di più è infatti la notevole mancanza di originalità, che comunque risulta meno gravosa di quella che possiamo riscontrare in film quali Eragon, Dungeons & Dragons ed Il risveglio delle tenebre (che “rientrerebbero” nella serie A). Seconda e più grave carenza è la sceneggiatura, elemento fondamentalmente importante per un film, che soffre di evidenti carenze narrative (non si capisce perché Gallian faccia catturare ed imprigionare la gente, ne si spiega perché si accanisca tanto contro Farmer) e concede delle ingenuità narrative tali da far compiere acrobazie assurde ad un contadino (che nella vita non aveva mai combattuto) che, nel mezzo della battaglia, carica in prima fila senza armatura e ne esce indenne (mentre altri soldati vengono uccisi a decine nonostante gli scudi e le corazze). Segue poi la regia di Uwe Boll, che stavolta riesce a rendere meglio, perché se i precedenti House of the Dead ed Alone in the Dark si sono meritatamente guadagnati un posto nella Botton dei 100 film più brutti del mondo, questo In the name of the King è parecchio al di sopra delle serie Z e C, meritandosi la classificazione di B-movie di medio-bassa qualità. Certo anche qui la regia presenta varie pecche, per lo più espressive – la scena della sepoltura del figlio di Farmer, dovrebbe ispirare tragedia e commozione, invece risulta pienamente ridicola per le alternazioni della ripresa, il movimento degli attori ed il montaggio ritmico del sonoro che la fanno sembrare una scena d’azione inserita in un contesto errato – ma non si perde pienamente in inconcepibilità di ripresa, come in House of the Dead. Altra pecca è il cast, sommariamente ben assemblato, a effettivamente deludente per la scarsa espressività di Jason Statham (quasi sempre imbalsamato nella seriosa e poco piacevole espressione), l’inadeguatezza di Ray Lotta nel ruolo del cattivo, la povertà recitativa dell’oramai “consumato” Burt Reynolds e la sprecata presenza di attori di richiamo, tra cui Ron Perlman e John Rhys-Davies, ridotti a ruoli marginali e contestualmente superflui. Al cast fa seguito un copione piuttosto risibile nei suoi goffi tentativi di seguire (se non inimicare) la “poetica” del Signore degli Anelli – si vedano frasi come “Credi di aver vinto? Non hai vinto altro che tempo!”- del quale il film sembra più volte un’imitazione. Belle le musiche, ma non molto il montaggio, belli i paesaggi ambientali, un po’ meno curati ma accettabili gli interni, mentre la fotografia non è certo delle migliori, ma sicuramente più cromata delle precedenti. Del videogioco rimangono solo alcuni dettagli, ma ciò non è motivo di critica, data la semi trasparente e poco articolata trama del prodotto. Cosa certa è che un bel pizzico di autoironia avrebbe probabilmente migliorato il risultato finale. In sostanza Boll non è certo un bravo regista, ma definirlo il peggiore in assoluto sarebbe giusto soltanto se egli si fosse fermato ad Alone in the Dark, perché i successivi prodotti risultano largamente migliori nella loro mediocrità.
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