paola di giuseppe
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sabato 5 dicembre 2009
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alexandra e della ragione smarrita
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Alexandra è una nonna dal corpo vecchio e stanco,ma “la mia anima può vivere ancora un’altra vita”,dice in uno dei rari dialoghi del film,poche frasi,battute brevi,solo accennate.
Con la valigetta su due ruote Alexandra arriva al campo russo di stanza nella Cecenia occupata per vedere il nipote,Denis,lontano da sette anni.
Resterà due notti e un giorno,ospitata nella baracca del giovane, poi salirà di nuovo su quello che sembra un treno merci,,nel mattino di caldo soffocante, mentre Denis parte per una delle tante spedizioni di guerra e di routine.
Lui è un professionista,combatte per mestiere,è povero e quindi non può sposarsi,dice alla nonna, che gli promette,partendo “Te la trovo io una bella moglie!”.
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Alexandra è una nonna dal corpo vecchio e stanco,ma “la mia anima può vivere ancora un’altra vita”,dice in uno dei rari dialoghi del film,poche frasi,battute brevi,solo accennate.
Con la valigetta su due ruote Alexandra arriva al campo russo di stanza nella Cecenia occupata per vedere il nipote,Denis,lontano da sette anni.
Resterà due notti e un giorno,ospitata nella baracca del giovane, poi salirà di nuovo su quello che sembra un treno merci,,nel mattino di caldo soffocante, mentre Denis parte per una delle tante spedizioni di guerra e di routine.
Lui è un professionista,combatte per mestiere,è povero e quindi non può sposarsi,dice alla nonna, che gli promette,partendo “Te la trovo io una bella moglie!”.
Sokurov,in novantadue brevi minuti,ci squaderna davanti un intero mondo di vite vissute, paesi devastati, guerre diventate un vizio assurdo,giovani vinti che crescono nell’odio e così perdono l’innocenza dei bambini e giovani vincitori che,per un attimo, ricordano cos’era il calore di una famiglia e trattano la nonna con brusca tenerezza, le sfiorano la mano,le mettono il vasetto col fiore sul tavolo.
Un film che racconta la guerra parlando da una prospettiva minima,un angolo di accampamento,l’interno buio e maleodorante di qualche baracca,lo scorcio di un misero mercato del paese vicino,nella piazzetta in mezzo a case sventrate da bombe,la polvere alzata dai camion fra la sterpaglia bruciata dall’afa,in un non luogo e in un non tempo, dove si annullano per smarrimento del senso tutte le coordinate storico/geografiche.
Il discorso sulla guerra qui parte,anzi, da una prospettiva ancora più chiusa,l’interno del carro armato dove Denis fa entrare la nonna appena arrivata, quasi un giro turistico.
Cosa poteva dire il regista di Lebanon più di quanto non abbia già fatto Sokurov?
“In quanti si sta qui dentro?”“Dieci”“Stretti”sussurra Alexandra.
Prova il fucile che il nipote ha con sè “Facile” commenta.
Alexandra si aggira col corpo appesantito su gambe dolenti,imponendo a tutti,con ruvida semplicità, il ritorno alla normalità dei gesti,dei rapporti,del linguaggio,là dove logiche aberranti l’hanno stravolta, e dà il segno della sua alta moralità quando dice al ragazzo ceceno che la riaccompagna“Una vecchia giapponese una volta mi ha detto qual è la cosa che bisogna chiedere a Dio.Chiedi la forza della ragione, mi ha detto, la forza non è nelle armi o nelle mani degli uomini”
Sokurov indugia su questo ragazzo,silenzioso, chiuso,che si avvicina alla transenna dove i giovani russi scherzano e li guarda, poi gira le spalle e va via.
Forse un giorno si ammazzeranno, ma qui potevano quasi scherzare e ridere insieme.
C’è un mondo di donne che circonda Alexandra,le incontra al mercato e Malika l’accoglie in casa per un attimo,le offre una bevanda che sa di paglia e parla bene il russo“Gli uomini possono essere nemici, noi donne ci sentiamo subito sorelle”dice.
Poche parole e le due vite sono raccontate,la loro indistruttibile pietà torna a farsi sentire“Quando guardiamo i soldati russi sembrano piccoli, come ragazzini.L’odore è quello degli uomini,ma sembrano dei bambini”.
Il mattino della partenza l’accompagnano tutte al treno,e il loro abbraccio con la promessa di rivedersi riesce ad illudere che possa esserci un futuro, chissà.
Il film sfuma su questa scena, e mentre altre immagini sfollano dalla memoria,resta la dolcezza raccolta delle mani di Denis che fanno la treccia ai lunghi capelli della nonna,la sera nella baracca,“come una volta"
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il caimano
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venerdì 18 luglio 2008
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umano e ver, disperatamente vero
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Alexandra (Galina Vischnevsakya) è una donna anziana, nonna di un soldato al fronte della guerra russo-cecena, che chiede ed ottiene di poter andare a far visita al nipote nel suo campo militare. Qui ci sarà un incontro-scontro di diverse umanità, solitudini e speranze che riescono a non morire, nonostante tutto: Alexandra incontra i soldati, ne condivide la vita per alcuni giorni, esce verso il mercato della vicina cittadina cecena devastata dai bombardamenti, stringe amicizia con una donna del luogo, con cui scopre un'inedita alleanza femminile, che travalica la storia, la politica. La grandezza di Sokurov si avverte nel rigoroso realismo del racconto, che attraverso gli umanissimi personaggi, riesce a restituire lucidamente l'idea di una Russia ormai competamente alla deriva, dilaniata dall'assoluta perdita di qualsiasi valore etico e morale ed interessata al solo raggiungimento del benessere materiale.
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Alexandra (Galina Vischnevsakya) è una donna anziana, nonna di un soldato al fronte della guerra russo-cecena, che chiede ed ottiene di poter andare a far visita al nipote nel suo campo militare. Qui ci sarà un incontro-scontro di diverse umanità, solitudini e speranze che riescono a non morire, nonostante tutto: Alexandra incontra i soldati, ne condivide la vita per alcuni giorni, esce verso il mercato della vicina cittadina cecena devastata dai bombardamenti, stringe amicizia con una donna del luogo, con cui scopre un'inedita alleanza femminile, che travalica la storia, la politica. La grandezza di Sokurov si avverte nel rigoroso realismo del racconto, che attraverso gli umanissimi personaggi, riesce a restituire lucidamente l'idea di una Russia ormai competamente alla deriva, dilaniata dall'assoluta perdita di qualsiasi valore etico e morale ed interessata al solo raggiungimento del benessere materiale. Spero di ricordare ancora per molto la profonda umanità di alcuni passaggi, come quando Alexandra incontra alcuni dei tanti giovani (ben rifocillati di cibo, ma completamente digiuni di letture e consapevolezze) e loro, davanti ad un'alba che tarda a venire le dicono con l'ingenuità di chi ha 20 anni, "le ragazze in Russia sono cattive" interessate come sono solo ai soldi. O ancora quando la stessa Alexandra rimprovera al capitano del campo militare di cui è ospite: "fate la guerra da troppo tempo, vi siete abituati", cogliendo il cuore del problema di una guerra voluta solo dai governanti, e delle cui miserie e brutalità, ormai la popolazione sembra non accorgersi più, considerando la sopravvivenza una condizione inevitabile, ed imparando a non desiderare nulla di più.
La scelta della versione originale non può che rendere il film ancora più prezioso.
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toro sgualcito
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giovedì 12 gennaio 2012
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inarrestabile aleksandra
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Pur se ambientato sul fronte del conflitto russo-ceceno Alexandra è un film "delicato".
Non succede nulla di particolare in termini di azione, ma lo sguardo di Sokurov è molto attento alla "carne" della storia e dal fluire di un quotidiano stancamente ripetitivo fa emergere un’intensità umana polverosa, dolente anche se non del tutto disperata. C'è uno sfioramento della guerra, un omissione ingombrante che spinge verso l'unica realtà afferrabile, quella della sciatteria e durezza del mondo militare e quella del coraggio estenuato di una anziana donna che vuole riabbracciare un suo nipote militare. Per alcuni giorni al fronte, in questo deserto del senso dove grava ansia e disperazione si muove dolorante ma inarrestabile Aleksandra, donna insofferente delle regole e delle diffidenze.
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Pur se ambientato sul fronte del conflitto russo-ceceno Alexandra è un film "delicato".
Non succede nulla di particolare in termini di azione, ma lo sguardo di Sokurov è molto attento alla "carne" della storia e dal fluire di un quotidiano stancamente ripetitivo fa emergere un’intensità umana polverosa, dolente anche se non del tutto disperata. C'è uno sfioramento della guerra, un omissione ingombrante che spinge verso l'unica realtà afferrabile, quella della sciatteria e durezza del mondo militare e quella del coraggio estenuato di una anziana donna che vuole riabbracciare un suo nipote militare. Per alcuni giorni al fronte, in questo deserto del senso dove grava ansia e disperazione si muove dolorante ma inarrestabile Aleksandra, donna insofferente delle regole e delle diffidenze. Sokurov pone lei, antitesi della rigidità militare, in una strana armonia con i congegni militari, dal kalashnikov al blindato. Ho trovato emozionante ma anche in qualche modo divertente la scena di questa vecchia donna che nel suo percorso verso il nipote militare viaggia sulla torretta di un mezzo corazzato assieme ai soldati. Nella polvere e semioscurità della sera la sua figura ha la stessa feroce indolenza dei soldati russi. Lei appare del tutto fuori posto eppure non è più fuori posto di quanto non lo siano i soldati stessi in una guerra assurda. C’è quindi un avvicinamento, un incontro e le loro figure si fondono nel fumo e nella polvere di quel tragitto. Nel film le identità di genere sono schematizzate: da un lato gli uomini, i soldati, macchine svuotate di umanità capaci solo di ricevere ordini e dall'altro le donne con la loro capacità di accoglienza e dialogo che confonde i confini degli uomini. Aleksandra ama i soldati, anche se sono un groviglio di fragilità infantile e ferocia insensata e lo fa perché ama gli uomini. E' ancora capace di uno struggente slancio sensuale - privo di ogni volgarità - verso il mondo maschile. Il suo sembra un disperato ma potente e coraggioso amore protettivo ma anche sensuale perché anche se è una donna anziana, prima di tutto è una donna. Aleksandra è un film bello, che ha la leggerezza della polvere e l’invasività della polvere. Belle anche le immagini con quel prevalente cromatismo giallo-verde.
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mr.619
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lunedì 5 luglio 2010
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oggettività innocente del terrore bellico
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Il regista Aleksander Sokurov traspone la sua ostensione del pensiero e della meccanica di tipo bellico ( posta in un contesto dolcemente patriarcale e pertanto curiale) ricorrendo al dogmatico e pratico tropo di un'indefessa, ma per questo non dimessa, donna, Aleksandra ( putacaso converione al genere femminile del suo stesso nome), la quale, per mezzo e, in un certo senso, messaggio della sua immensa (in)fezione per l'umanità in sè permette, con i suoi occhi, di fornire allo spettatore ignaro, eventualmente, del fatto che uomini (ir)reali sono presenti nelle guerre, una ben lustra pre-figurazione delle avvertenze dapprima a stento intuibili, ma dopo intravisti in tutta la loro miseria e mestezza, sicchè si ritorna nel momento della separazione-depradazione ad un'intensa recessione all'inerme e deturpata coscienza individuale, immanente al consorzio generale degli uomini.
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Il regista Aleksander Sokurov traspone la sua ostensione del pensiero e della meccanica di tipo bellico ( posta in un contesto dolcemente patriarcale e pertanto curiale) ricorrendo al dogmatico e pratico tropo di un'indefessa, ma per questo non dimessa, donna, Aleksandra ( putacaso converione al genere femminile del suo stesso nome), la quale, per mezzo e, in un certo senso, messaggio della sua immensa (in)fezione per l'umanità in sè permette, con i suoi occhi, di fornire allo spettatore ignaro, eventualmente, del fatto che uomini (ir)reali sono presenti nelle guerre, una ben lustra pre-figurazione delle avvertenze dapprima a stento intuibili, ma dopo intravisti in tutta la loro miseria e mestezza, sicchè si ritorna nel momento della separazione-depradazione ad un'intensa recessione all'inerme e deturpata coscienza individuale, immanente al consorzio generale degli uomini.Ed è proprio questo contrastante organicentrismo rilevabile nella maggior acme del dissidio interno all'indole umana a togliere il velo delle molteplici, poliedriche ed edulcorate sfaccettature sintomatiche nell'insconscio di tutti, quali la contem(na)plazione della vecchiaia, l'(in)allusione ad un maggior approccio con creature dello stesso genere ( molti sono a tal riguardo sguardi fra i soldati abbastanza intesi), per terminare, poi, nella consapevolezza che ciò è dovuto non alla perdita della ragione, ma ad una sua, se così si può definire, accertazione psichica, giacchè il primo cristallino del "Logos", in quanto riflettente da ogni sua angolazione,contiene già più immagini.La donna , a patto che sia delegata al concetto di socievolezza stesso, in questo caso, diviene realmente la succube razionale del complesso gioco militare.Da vedere con riserva.
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