giorpost
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martedì 28 ottobre 2014
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se si fosse osato di più, sarebbe stato leggenda
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Se nel realizzare un legal-thriller le case produttrici scegliessero sempre Barry Levinson, staremmo a parlare di un filone dai risultati garantiti, in quanto parlare di giustizia, soprattutto quella americana, fa sempre un certo effetto. Nel 1979 il futuro regista di Sesso e potere (film che arriverà nel 1997) è ancora un novello sceneggiatore ed infatti co-scrive …e giustizia per tutti (USA) per la regia di Norman Jewison. Trattasi di un’ opera deontologica sull’ influenza negativa che i cavilli ed i comma possono determinare sui processi, dando spesso risultati non compatibili con la giustizia, allorquando troppo frequentemente innocenti si trovano dietro le sbarre ed uomini di potere riescono a cavarsela.
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Se nel realizzare un legal-thriller le case produttrici scegliessero sempre Barry Levinson, staremmo a parlare di un filone dai risultati garantiti, in quanto parlare di giustizia, soprattutto quella americana, fa sempre un certo effetto. Nel 1979 il futuro regista di Sesso e potere (film che arriverà nel 1997) è ancora un novello sceneggiatore ed infatti co-scrive …e giustizia per tutti (USA) per la regia di Norman Jewison. Trattasi di un’ opera deontologica sull’ influenza negativa che i cavilli ed i comma possono determinare sui processi, dando spesso risultati non compatibili con la giustizia, allorquando troppo frequentemente innocenti si trovano dietro le sbarre ed uomini di potere riescono a cavarsela. Lasciando perdere l’ attualità di questa pellicola (ancora oggi constatiamo continuamente di assoluzioni impensabili riguardanti personaggi noti) e mettendo da parte discorsi sulla pena capitale che nel film non viene argomentata, direi che tale lungometraggio perpetra l’ inverosimile strategia intrapresa dall’ avvocato Arthur Kirkland, interpretato da Al Pacino, legale dalla coscienza linda, seguace della giustizia ad ogni costo, sostenitore della verità come mezzo ineluttabile contro la corruzione dilagante nel sistema di potere (politica, imprenditoria, apparato giudiziario). L’ attore italo-americano sforna una delle sue classiche performance all’ insegna dei monologhi isterici ove la rabbia derivante dal suo credo si scontra con l’ apparente inettitudine di chi lo circonda, a partire dal giudice Henry Fleming (John Forsythe), sentenziatore spietato capace di indurre al suicidio un innocente difeso proprio da Kirkland.
Ma la ruota gira e spesso le situazioni si capovolgono tant’ è che il destino mette Fleming sul banco degli imputati in quanto accusato di stupro. Per sadismo ma anche per sottometterlo in chiave psichica, Fleming sceglie per la sua difesa manco a farlo apposta l’ avvocato perbene e incorruttibile Kirkland, che non può rifiutare l’ incarico per ovvie ragioni. Sarà a questo punto che la verve di Pacino arriverà ai livelli tachicardici cui ci ha abituati, mostrando la sua solita determinazione nel trascinare dalla propria parte lo spettatore, altrimenti deluso da una sceneggiatura incompleta , da un girato al quanto fiacco e da fotografia e musiche di scarso profilo. La scelta del finale da un lato trova il sostegno del pubblico giustizialista e speranzoso in un mondo migliore, ma delude in quanto scontato oltre che irrealizzabile. Mai un avvocato si spingerebbe a tanto, non in questa vita.
A coadiuvare Al Pacino ci sono ottimi caratteristi sui quali spicca il grottesco giudice Rayford nei panni del quale troviamo il bravissimo Jack Warden oltre all’ amicale partecipazione di Lee Strasberg (forse il miglior insegnante di recitazione di sempre) nelle vesti di nonno Sam. Una buona idea, quest’ opera, ma incompleta ed a tratti narcotica, nella quale le sequenze distensive si intersecano tuttavia gradevolmente con quelle drammaturgiche.
Si poteva osare di più visto il prim’ attore in scena e dato l’ argomento trattato.
Voto: 6+
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r.a.f.
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giovedì 17 ottobre 2019
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legge non fa rima con giustizia
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Il titolo deriva dalla frase finale del giuramento di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d’America: “una Nazione al cospetto di Dio indivisibile, con libertà e giustizia per tutti.” Il film è un viaggio allucinante, a tratti grottesco, tra varie storie di ingiustizia all’americana: c’è il poveretto assolutamente innocente che per un cavillo legale finisce in carcere, e qui muore nel mezzo di una rivolta, e c’è il trans che si impicca in cella perché non ottiene la libertà provvisoria, a causa dell’incompetenza e del disinteresse del difensore; c’è un pedofilo, che una volta rimesso in libertà grazie all’abilità del proprio avvocato, uccide altri due bambini, e perfino un giudice, severissimo e apparentemente irreprensibile, accusato di stupro.
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Il titolo deriva dalla frase finale del giuramento di fedeltà alla bandiera degli Stati Uniti d’America: “una Nazione al cospetto di Dio indivisibile, con libertà e giustizia per tutti.” Il film è un viaggio allucinante, a tratti grottesco, tra varie storie di ingiustizia all’americana: c’è il poveretto assolutamente innocente che per un cavillo legale finisce in carcere, e qui muore nel mezzo di una rivolta, e c’è il trans che si impicca in cella perché non ottiene la libertà provvisoria, a causa dell’incompetenza e del disinteresse del difensore; c’è un pedofilo, che una volta rimesso in libertà grazie all’abilità del proprio avvocato, uccide altri due bambini, e perfino un giudice, severissimo e apparentemente irreprensibile, accusato di stupro. Quest’ultimo affida la sua difesa, per opportunismo, proprio ad un avvocato che ha sempre osteggiato, arrivando perfino a sbatterlo in cella per oltraggio alla corte, ma il legale, idealista e forse anche un tantino ingenuo, è stanco di vedere innocenti in prigione e colpevoli liberi. Quando si rende conto che con la propria capacità professionale potrebbe far assolvere il giudice infame, disgustato dall’iniquità del sistema giudiziario, ha una reazione sconvolgente che tuonerà nell’aula di tribunale fino a scardinarne le fondamenta, in una di quelle scene che non si dimenticano e che vale da sola tutto il film.
La storia si svolge sia dentro che fuori il tribunale, alternando sapientemente momenti drammatici a sprazzi di umorismo paradossale che ne alleggeriscono il tono generale. Ne deriva una pellicola sostanzialmente drammatica con momenti brillanti che non disturbano affatto, ma anzi sottolineano l’assurdità delle situazioni, complice anche un’ottima sceneggiatura. Al Pacino è maestoso, ma pure i comprimari non sono da meno: su tutti spiccano Jack Warden, nel ruolo di un giudice stravagante che nei momenti di pausa-pranzo tenta il suicidio, e John Forsythe, l’inflessibile giudice Fleming, insospettabile depravato, sgradevole e ripugnante quanto basta. Insieme rappresentano l’assurdità di un’amministrazione della giustizia in mano a elementi squilibrati e corrotti. Cameo di lusso per il nonno un po’ svanito del protagonista: è Lee Strasberg, direttore dell’Actor’s Studio e maestro di Al Pacino.
La regia segue ovviamente il gusto del periodo, ma considerando che siamo di fronte ad un film degli anni ’70, si può ritenerlo tutto sommato ancora attuale.
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luca scialo
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giovedì 28 luglio 2022
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un giovane avvocato idealista contro il sistema
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Norman Jewison, famoso per Jesus Christ Superstar, propone un film di denuncia contro il sistema giudiziario sui generis. Poiché, pur mantenendo una matrice drammatica, spezza la tensione con momenti satirici. Protagonista è un giovane avvocato di Baltimora, Arthur Kirkland, il quale cerca di mantenere un codice etico andando contro corrente rispetto ad un sistema marcio. Tra magistrati che abusano del proprio potere e colleghi che non si curano realmente dei propri clienti. Ad interpretarlo un sempre strepitoso Al Pacino, ormai consacrata stella di Hollywood. Ma a funzionare è tutto il cast. Singolare anche la colonna sonora, slegata dal leitmotiv della pellicola. Un sound da disco music anni '70.
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Norman Jewison, famoso per Jesus Christ Superstar, propone un film di denuncia contro il sistema giudiziario sui generis. Poiché, pur mantenendo una matrice drammatica, spezza la tensione con momenti satirici. Protagonista è un giovane avvocato di Baltimora, Arthur Kirkland, il quale cerca di mantenere un codice etico andando contro corrente rispetto ad un sistema marcio. Tra magistrati che abusano del proprio potere e colleghi che non si curano realmente dei propri clienti. Ad interpretarlo un sempre strepitoso Al Pacino, ormai consacrata stella di Hollywood. Ma a funzionare è tutto il cast. Singolare anche la colonna sonora, slegata dal leitmotiv della pellicola. Un sound da disco music anni '70. Film poco conosciuto, imperfetto, ma che andrebbe rivalutato.
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irontato
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mercoledì 2 marzo 2011
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sopra le righe
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Discreto legal zeppo di personaggi sopra le righe a partire da un Pacino decisamente istrionico come si addice ad un tipico avvocato cinematografico Americano.
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