giorgio
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domenica 17 agosto 2008
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il sapore del cinema di una volta
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Non voglio dilungarmi troppo a dire cose risapute su questo grande film; cose che del resto vedo benissimo espresse in questo forum e alle quali io non avrei la capacità di aggiungere nulla. Mi permetto di rilevare due elementi artistici fondamentali che fanno meritare al film una menzione speciale:
1) Il realismo, inteso come rappresentazione DISINCATATA sulla storia.
Il personaggio di Sordi, piccolo borghese entusiasta della guerra, si trova coinvolto in un 'viaggio di formazione' in cui deve imparare amaramente a BASTARE A SE STESSO; a contare sulle sua capacità di ARRANGIARSI. Dovrà imparare ad essere l'italiano di tutti i tempi, il SENZA PATRIA, l'eterno Bertoldo perennemente disincantato sui potenti.
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Non voglio dilungarmi troppo a dire cose risapute su questo grande film; cose che del resto vedo benissimo espresse in questo forum e alle quali io non avrei la capacità di aggiungere nulla. Mi permetto di rilevare due elementi artistici fondamentali che fanno meritare al film una menzione speciale:
1) Il realismo, inteso come rappresentazione DISINCATATA sulla storia.
Il personaggio di Sordi, piccolo borghese entusiasta della guerra, si trova coinvolto in un 'viaggio di formazione' in cui deve imparare amaramente a BASTARE A SE STESSO; a contare sulle sua capacità di ARRANGIARSI. Dovrà imparare ad essere l'italiano di tutti i tempi, il SENZA PATRIA, l'eterno Bertoldo perennemente disincantato sui potenti. Il film concede a Sordi una 'chanche' di riscatto, nel combattimento contro i tedeschi nell'insurrezione di Napoli del 28 settembre 1943. Ma il suo è un VOLONTARIATO SOLITARIO, di uno SRADICATO che ha già perso la PATRIA.
La parabola conclusiva del viaggio sembra questa: la dossoluzione dell'esercito italiano dell'08 settembre rivela l'incapacità atavica degli italiani di FARE CORDATA. In questo senso, il senso del finale, che segue un racconto che è il concatenersi dello sfacelo di un esercito, è: gli italiani potranno essere capaci di eroismo individuale (come Sordi a Napoli); ma non saranno un esercito, perchè NON SANNO FARE SQUADRA.
2) LO SPIRITO PICARESCO DEL RACCONTO: Correlato ad un raconto il cui tema è incentrato sulla fine di una solidarietà (quella dell'esercito), è l'intonazione tipicamente picaresca del film. Dopo che l'08 settmebre è la celebrazione della fine di qualsiasi illusione di proiettare la Storia italiana al SUBLIME e all'IDEALE, quello che resta della Storia è una grande COMMEDIA UMANA, dove i caratteri più disparati si incontrano e le possibilità si incrociano e si combinano con possibilità infinite (Sordi tradisce gli amici con la donna che trasporta farina, i tedeschi che si alleano con gli americani...).
Un grande film, da vedere e da meditare.
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luigi chierico
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sabato 11 ottobre 2014
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c’è poco da ridere
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Luigi Comencini nel 1960 pone la sua autorevole firma di regista su questo film, da molti definito una commedia, quando invece è una pagina dell’Italia in guerra,nell’ultimo conflitto mondiale. Una pagina nera della nostra Storia non per le divise che i neri indossavano, ma nera, profondamente nera nei contenuti e nell’analisi che ancora oggi vede molti italiani divisi come allora.
“Accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani”, non è la battuta di Alberto Sordi, ma dell’ignaro sottotenente Alberto Innocenzi incredulo e stupito, tenuto all’oscuro di ciò che stava accadendo:L’armistizio. Qui Alberto resta Alberto,il personaggio che interpreta è lui l’incredulo di quello a cui assiste, nel 1943 aveva 23 anni! Quanti quel giorno dell’otto settembre 1943 devono averlo detto o pensato! L’esercito era allo sfascio, altro che Fascismo! L’Italia da pochi decenni, a malapena unita, è divisa in due parti, con tutti allo sbando.
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Luigi Comencini nel 1960 pone la sua autorevole firma di regista su questo film, da molti definito una commedia, quando invece è una pagina dell’Italia in guerra,nell’ultimo conflitto mondiale. Una pagina nera della nostra Storia non per le divise che i neri indossavano, ma nera, profondamente nera nei contenuti e nell’analisi che ancora oggi vede molti italiani divisi come allora.
“Accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani”, non è la battuta di Alberto Sordi, ma dell’ignaro sottotenente Alberto Innocenzi incredulo e stupito, tenuto all’oscuro di ciò che stava accadendo:L’armistizio. Qui Alberto resta Alberto,il personaggio che interpreta è lui l’incredulo di quello a cui assiste, nel 1943 aveva 23 anni! Quanti quel giorno dell’otto settembre 1943 devono averlo detto o pensato! L’esercito era allo sfascio, altro che Fascismo! L’Italia da pochi decenni, a malapena unita, è divisa in due parti, con tutti allo sbando. Il film è una rievocazione storica non una commedia, è il dramma di un popolo, è la fine dei giuramenti prestati. Tutti a casa? no i tre militari: l’ufficiale Innocenzi, il sergente Fornaciari (Martin Balsam) e il soldato Ceccarelli (Serge Reggiani) vorrebbero,come tanti tornare a casa, ma la guerra continua, anzi si apre su più fronti. Chi sono i traditori? Chi è il nemico da combattere? Chi bisogna fare prigioniero? Quali treni da prendere? Quali le strade da percorrere? E così attraversando un tunnel, che è simbolico, il tenente dice ai suoi pochi soldati che continua a comandare: “Non avrete paura del buio!”. E’ il futuron buio nel vuoto! Molti non hanno una divisa, comuni civili scambiati per brava gente! Il ritorno alla normalità non arriverà neanche con la Liberazione del 25 aprile 1945.
Assistiamo in questo tristissimo film, vero nei fatti, realistico nella magnifica realizzazione, alla penosa storia di tre dei tantissimi militari in panni civili quei giorni,che purtroppo hanno segnato in maniera indelebile le pagine della nostra storia e del nostro Oggi. L’incontro di Alberto Innocenzi col padre,in arte il grande Edoardo De Filippo,è una pagina di vita vissuta in tante famiglie in quei maledetti giorni. Tutti bravissimi i protagonisti sia i principali sia le comparse. Ci si può divertire in sala, ma fuori, alla fine del film,ti porti dietro un tale malinconia, un forte turbamento,da restarne sconcertato e scioccato.
Girato in bianco e nero il film rende certamente meglio tutte le scene, compresa la consumazione della polenta, tutti riuniti attorno ad un tavolo, a cui siede anche un vigliacco Americano,che ha trovato rifugio in casa di Fornaciari.
Di tutti coloro che tentano di tornare a casa quanti se ne salveranno? Arriva per tutti,e non soltanto per il tenente A. Innocenzi, il momento di dire. “No,non si può stare sempre a guardare!”. Le ultime scene sono la riabilitazione non solo del tenente Alberto Innocenzi,ma dell’Italia tutta, il Giuramento di fedeltà prestato è Onorato, fosse così oggi per tutti coloro che siedono comodamente su comode poltrone e non stanno in trincea.chibar22@libero.it
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greatsteven
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lunedì 13 febbraio 2017
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la maturazione di un militare fedele all'esercito.
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TUTTI A CASA (IT, 1960) diretto da LUIGI COMENCINI. Interpretato da ALBERTO SORDI, SERGE REGGIANI, EDUARDO DE FILIPPO, MARTIN BALSAM, NINO CASTELNUOVO, CLAUDIO GORA, DIDI PEREGO, MINO DORO, MARIO FELICIANI, ALEX NICOL, CARLA GRAVINA
Mentre un plotone d’istanza nel lombardo fa le regolari esercitazioni, l’8 settembre 1943 arriva, comunicato per radio al Regio Esercito Italiano, l’avviso dell’armistizio preso dall’Italia contro le forze anglo-americane.
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TUTTI A CASA (IT, 1960) diretto da LUIGI COMENCINI. Interpretato da ALBERTO SORDI, SERGE REGGIANI, EDUARDO DE FILIPPO, MARTIN BALSAM, NINO CASTELNUOVO, CLAUDIO GORA, DIDI PEREGO, MINO DORO, MARIO FELICIANI, ALEX NICOL, CARLA GRAVINA
Mentre un plotone d’istanza nel lombardo fa le regolari esercitazioni, l’8 settembre 1943 arriva, comunicato per radio al Regio Esercito Italiano, l’avviso dell’armistizio preso dall’Italia contro le forze anglo-americane. Credendo che la guerra sia terminata, il popolo e i soldati esultano, ma pochissimo tempo dopo i tedeschi reputano gli ex alleati dei traditori e cominciano a bombardare sul nostro territorio. Il tenente Alberto Innocenzi, testardamente ligio agli ordini, non riesce a capacitarsi in un primo momento dell’abbandono di Re Vittorio Emanuele III e del maresciallo Pietro Badoglio, riparati a Brindisi senza aver lasciato ai generali alcun ordine su come gestire la spinosa e pericolosa situazione appena creatasi. Abbandonato dal suo stesso reggimento, il tenente si ritrova a dover percorrere la strada verso casa, con la sola compagnia dei soldati semplici Conegato e Ceccarelli (quest’ultimo, convalescente di ulcera e in licenza, chiede di essere accompagnato in quanto non se la sente di rientrare individualmente, dovendo raggiungere Napoli) e dal sergente Fornaciari, che abita in una cascina di campagna poco distante dalla caserma. L’attraversamento dell’Italia da nord a sud, flagellata dalla lotta fratricida e in preda all’anarchia, consente al tenente Innocenzi una definitiva maturazione e una presa di posizione senza tentennamenti. Tornato a Roma nella casa paterna, Alberto rifiuta nettamente la proposta del padre, ex violoncellista partenopeo, di arruolarsi fra i fascisti della repubblica di Salò e, dopo aver assistito alla morte violenta di Ceccarelli, ormai divenuto un suo affezionatissimo amico, all’interno della miniera in cui lui e Innocenzi erano stati inviati ai lavori forzati per mano dei repubblichini, Innocenzi non ha più dubbi: parteciperà con convinzione al movimento della Resistenza. È senza dubbio una delle massime espressioni registiche di Comencini, e una prova attoriale di straordinaria potenza ed efficacia in mano ad un Sordi in forma smagliante, che una volta tanto seppe riprodurre sul grande schermo un personaggio positivo sotto ogni aspetto, facendosi dirigere con mano sicura e toccando tutti i temi più pressanti e bollenti della guerra civile italiana, che fu poi la conclusione della Seconda Guerra Mondiale sul fronte "internazionale", ma il principio delle battaglie che determinarono la caduta decisiva del regime fascista e la cacciata degli invasori nazisti. Pieno zeppo di dolore, ma ricco anche di momenti ludici dal sapore gustoso e spassoso, afferma, anche a distanza di cinquant’anni e oltre dalla sua uscita nelle sale, il suo valore incontrovertibile di documento storico che denuncia, più che la barbarie perpetrata da fascisti e tedeschi presso il popolo inerme con deportazioni verso i campi di sterminio e fucilazioni direttamente sulle strade, l’odio che mise fratelli contro fratelli, italiani contro i loro connazionali, un odio che derivava dall’esacerbato rancore di vent’anni di fascismo e pronto e maturo ormai per esplodere e riportare in Italia la democrazia e il rispetto universale dei diritti umani. Non un momento sottotono, non una caduta di stile, né tantomeno passaggi fiacchi o più lenti del dovuto. La sceneggiatura di Age & Scarpelli insieme a Marcello Fondato è un punto di forza che parla a gran voce nei dialoghi scoppiettanti, evitando che il linguaggio vernacolare e il modo di pensare tipicamente popolare annettano un qualche laido provincialismo al messaggio del film, ma piuttosto filtrando questo aspetto molto pittoresco e convincente attraverso la lente del racconto di formazione. Racconto che vede come protagonista un ufficiale, dapprima dalla disciplina ferrea e contrarissimo al tradimento o alla diserzione, ma poi sempre più votato ad essere uomo, sempre più distaccato dalla sua missione militare e, col passare del tempo narrativo, attaccato in modo crescente e quasi inarrestabile a valori che non si possono negare, né al soldato né all’essere umano: libertà, diritto di parola, diritto di associazione, comunicabilità, diritto alla pace. Un magnifico S. Reggiani dipinge a tinte fosche e tristi il personaggio di Ceccarelli, contraltare drammatico di Innocenzi e sua controparte nella lotta al potere costituito dell’esercito, tanto ottuso quanto cocciuto. Un cast davvero affiatato che non perde un colpo, fra cui spiccano il soldato di N. Castelnuovo e la donna ebrea di cui s’innamora (C. Gravina), la cui infatuazione regala un fugace ma intenso istante di sentimento all’opera, e il sergente di M. Balsam (splendidamente doppiato con accento emiliano-romagnolo), strenuamente fedele al suo superiore come alla gioia affettuosa di riabbracciare i propri cari. Il ministro della Giustizia Giulio Andreotti, in carica nel 1960, respinse la richiesta degli scenografi di prestare due carri armati per girare le sequenze ambientate nella campagna dell’Oltrepò (furono costruiti in compensato in un momento successivo). Ben meritato successo al botteghino nella stagione 1960-61. Un classico italiano che, come pochi film coevi e anche usciti in seguito, ha saputo coniugare con meravigliosa abilità il neorealismo ormai scemante e gli stilemi (o meglio, lo stile) della commedia all’italiana.
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stefanocapasso
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lunedì 21 maggio 2018
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strategie di sopravvivenza
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Alla dichiarazione dell’armistizio del 1943 I soldati dell’esercito Italiano si trovano abbandonati al loro destino, faticando a capire dove andare e da chi difendersi. Il sottotenente Innocenzi come tutti, decide di tornarsene a casa, a Roma, seguito da parte dei suoi soldati, che via via fuggono fino a rimanere in tre. Le vicende che dovranno affrontare durante il pericoloso viaggio di ritorno saranno per alcuni nefaste.
Classico film della commedia all’italiana di Luigi Comencini, commedia amara che mette in primo piano i caratteri dell’Italiano medio, dipinto come sempre come qualunquista, vigliacco, profittatore, ma che quando viene colpito sul personale è capace di momenti eroici che lo riabilitano, Uno spaccato dell’Italia del 1943 che diverte e commuove, capace di grande tensione narrativa dove la riflessione sulla necessità di sopravvivere è al centro della questione.
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Alla dichiarazione dell’armistizio del 1943 I soldati dell’esercito Italiano si trovano abbandonati al loro destino, faticando a capire dove andare e da chi difendersi. Il sottotenente Innocenzi come tutti, decide di tornarsene a casa, a Roma, seguito da parte dei suoi soldati, che via via fuggono fino a rimanere in tre. Le vicende che dovranno affrontare durante il pericoloso viaggio di ritorno saranno per alcuni nefaste.
Classico film della commedia all’italiana di Luigi Comencini, commedia amara che mette in primo piano i caratteri dell’Italiano medio, dipinto come sempre come qualunquista, vigliacco, profittatore, ma che quando viene colpito sul personale è capace di momenti eroici che lo riabilitano, Uno spaccato dell’Italia del 1943 che diverte e commuove, capace di grande tensione narrativa dove la riflessione sulla necessità di sopravvivere è al centro della questione.
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