Tutti a casa

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Un film di Luigi Comencini. Con Alberto Sordi, Eduardo De Filippo, Serge Reggiani, Martin Balsam, Nino Castelnuovo.
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Guerra, Ratings: Kids+13, b/n durata 120 min. - Italia 1960. MYMONETRO Tutti a casa * * * * - valutazione media: 4,05 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La maturazione di un militare fedele all'esercito. Valutazione 4 stelle su cinque

di GreatSteven


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lunedì 13 febbraio 2017

 

TUTTI A CASA (IT, 1960) diretto da LUIGI COMENCINI. Interpretato da ALBERTO SORDI, SERGE REGGIANI, EDUARDO DE FILIPPO, MARTIN BALSAM, NINO CASTELNUOVO, CLAUDIO GORA, DIDI PEREGO, MINO DORO, MARIO FELICIANI, ALEX NICOL, CARLA GRAVINA

Mentre un plotone d’istanza nel lombardo fa le regolari esercitazioni, l’8 settembre 1943 arriva, comunicato per radio al Regio Esercito Italiano, l’avviso dell’armistizio preso dall’Italia contro le forze anglo-americane. Credendo che la guerra sia terminata, il popolo e i soldati esultano, ma pochissimo tempo dopo i tedeschi reputano gli ex alleati dei traditori e cominciano a bombardare sul nostro territorio. Il tenente Alberto Innocenzi, testardamente ligio agli ordini, non riesce a capacitarsi in un primo momento dell’abbandono di Re Vittorio Emanuele III e del maresciallo Pietro Badoglio, riparati a Brindisi senza aver lasciato ai generali alcun ordine su come gestire la spinosa e pericolosa situazione appena creatasi. Abbandonato dal suo stesso reggimento, il tenente si ritrova a dover percorrere la strada verso casa, con la sola compagnia dei soldati semplici Conegato e Ceccarelli (quest’ultimo, convalescente di ulcera e in licenza, chiede di essere accompagnato in quanto non se la sente di rientrare individualmente, dovendo raggiungere Napoli) e dal sergente Fornaciari, che abita in una cascina di campagna poco distante dalla caserma. L’attraversamento dell’Italia da nord a sud, flagellata dalla lotta fratricida e in preda all’anarchia, consente al tenente Innocenzi una definitiva maturazione e una presa di posizione senza tentennamenti. Tornato a Roma nella casa paterna, Alberto rifiuta nettamente la proposta del padre, ex violoncellista partenopeo, di arruolarsi fra i fascisti della repubblica di Salò e, dopo aver assistito alla morte violenta di Ceccarelli, ormai divenuto un suo affezionatissimo amico, all’interno della miniera in cui lui e Innocenzi erano stati inviati ai lavori forzati per mano dei repubblichini, Innocenzi non ha più dubbi: parteciperà con convinzione al movimento della Resistenza. È senza dubbio una delle massime espressioni registiche di Comencini, e una prova attoriale di straordinaria potenza ed efficacia in mano ad un Sordi in forma smagliante, che una volta tanto seppe riprodurre sul grande schermo un personaggio positivo sotto ogni aspetto, facendosi dirigere con mano sicura e toccando tutti i temi più pressanti e bollenti della guerra civile italiana, che fu poi la conclusione della Seconda Guerra Mondiale sul fronte "internazionale", ma il principio delle battaglie che determinarono la caduta decisiva del regime fascista e la cacciata degli invasori nazisti. Pieno zeppo di dolore, ma ricco anche di momenti ludici dal sapore gustoso e spassoso, afferma, anche a distanza di cinquant’anni e oltre dalla sua uscita nelle sale, il suo valore incontrovertibile di documento storico che denuncia, più che la barbarie perpetrata da fascisti e tedeschi presso il popolo inerme con deportazioni verso i campi di sterminio e fucilazioni direttamente sulle strade, l’odio che mise fratelli contro fratelli, italiani contro i loro connazionali, un odio che derivava dall’esacerbato rancore di vent’anni di fascismo e pronto e maturo ormai per esplodere e riportare in Italia la democrazia e il rispetto universale dei diritti umani. Non un momento sottotono, non una caduta di stile, né tantomeno passaggi fiacchi o più lenti del dovuto. La sceneggiatura di Age & Scarpelli insieme a Marcello Fondato è un punto di forza che parla a gran voce nei dialoghi scoppiettanti, evitando che il linguaggio vernacolare e il modo di pensare tipicamente popolare annettano un qualche laido provincialismo al messaggio del film, ma piuttosto filtrando questo aspetto molto pittoresco e convincente attraverso la lente del racconto di formazione. Racconto che vede come protagonista un ufficiale, dapprima dalla disciplina ferrea e contrarissimo al tradimento o alla diserzione, ma poi sempre più votato ad essere uomo, sempre più distaccato dalla sua missione militare e, col passare del tempo narrativo, attaccato in modo crescente e quasi inarrestabile a valori che non si possono negare, né al soldato né all’essere umano: libertà, diritto di parola, diritto di associazione, comunicabilità, diritto alla pace. Un magnifico S. Reggiani dipinge a tinte fosche e tristi il personaggio di Ceccarelli, contraltare drammatico di Innocenzi e sua controparte nella lotta al potere costituito dell’esercito, tanto ottuso quanto cocciuto. Un cast davvero affiatato che non perde un colpo, fra cui spiccano il soldato di N. Castelnuovo e la donna ebrea di cui s’innamora (C. Gravina), la cui infatuazione regala un fugace ma intenso istante di sentimento all’opera, e il sergente di M. Balsam (splendidamente doppiato con accento emiliano-romagnolo), strenuamente fedele al suo superiore come alla gioia affettuosa di riabbracciare i propri cari. Il ministro della Giustizia Giulio Andreotti, in carica nel 1960, respinse la richiesta degli scenografi di prestare due carri armati per girare le sequenze ambientate nella campagna dell’Oltrepò (furono costruiti in compensato in un momento successivo). Ben meritato successo al botteghino nella stagione 1960-61. Un classico italiano che, come pochi film coevi e anche usciti in seguito, ha saputo coniugare con meravigliosa abilità il neorealismo ormai scemante e gli stilemi (o meglio, lo stile) della commedia all’italiana. 

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