l.gershwin
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martedì 12 ottobre 2010
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buona l'idea, ma solo quella
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Cercherò di essere il più imparziale possibile, premettendo che ho amato molti dei film di Argento.
La sindorme di Stendhal parte con una buona idea di fondo: lo shock subito da una ragazza di fronte a grandi opere d'arte degli Uffizi. Ma l'ispirazione di Argento finisce lì. Il film non viene risollevato dal colpo di scena finale, tutto sommato buono, perché su di lui gravano eccessivamente la pessima e ridicola interpretazione dei prsonaggi da parte degli attori, eccezion fatta per Paolo Bonacelli. Un punto a sfavore viene anche dagli effetti speciali: non ho idea del perché Argento abbia insistito tanto per inserirli in un film che non ne ha per niente bisogno, data la scarsità di scene veramente granguignolesche, ma soprattutto mi chiedo perché non abbia tagliato quelle sequenze che, lo vedrebbe anch un cieco, sono state fatte a computer in maniera veramente inguardabile.
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Cercherò di essere il più imparziale possibile, premettendo che ho amato molti dei film di Argento.
La sindorme di Stendhal parte con una buona idea di fondo: lo shock subito da una ragazza di fronte a grandi opere d'arte degli Uffizi. Ma l'ispirazione di Argento finisce lì. Il film non viene risollevato dal colpo di scena finale, tutto sommato buono, perché su di lui gravano eccessivamente la pessima e ridicola interpretazione dei prsonaggi da parte degli attori, eccezion fatta per Paolo Bonacelli. Un punto a sfavore viene anche dagli effetti speciali: non ho idea del perché Argento abbia insistito tanto per inserirli in un film che non ne ha per niente bisogno, data la scarsità di scene veramente granguignolesche, ma soprattutto mi chiedo perché non abbia tagliato quelle sequenze che, lo vedrebbe anch un cieco, sono state fatte a computer in maniera veramente inguardabile. Particolarmente ignobile la reciazione di John Quentin, padre di Anna, che ha una sola espressione per tutto il film: pupille dilatate, occhi fuori dalle orbite, e non è neanche matto. Il film è disseminao di vari errori di continuità ( e non mi riferisco a un tappeto che prima c'era e poi sparisce) e di comportamenti astrusi e buttati in aria di personaggi che non stanno nè in cielo né in terra ( vedere la mlgie dell'assassino nell'unica scena in cui compare), poliziotti abilissimi che vengono, chissà come, sterminati e uno scanidnavo che si chiama Grossi. Dulcis in fundo: la vittima chiama per nome il pluriomicida che l'ha violentat due vlte come se fosse il suo vicino di casa.
Salvo però la colonna sonora, che scandisce i momenti di maggior tensione, la fotografia, l'abbozzo della sceneggiatura, il background psicologico e il sopracitato Paolo Bonacelli. Secondo la mia opinione, un remake sarebbe fattibile, con attori decenti, dialoghi decenti e un'altra sceneggiatura
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nicolò
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martedì 1 maggio 2007
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argento alle prese con la sindrome di stendhal
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Sceneggiato dal regista con Franco Ferrini, è un thriller efficace, ma spesso e volentieri in bilico sul ridicolo. L'idea di fare un film sulla famosa malattia che colpì a Firenze lo scrittore francese Stendhal è buona, ma papabile solo per i primi 30' minuti in cui Argento sottopone la protagonista - sua figlia Asia - allo svenimento e allo stupro del maniaco di turno, il biondo Thomas Kretschmann. E' colpevole, il maestro dell'horror nostrano, di averle affidato una (doppia) parte non alla sua altezza. Ma Argento non si smentisce mai: fin dagli esordi, è capace di creare suspense ma non di sviluppare i dialoghi (qui decisamente imbarazzanti). E il cast, tolto Paolo Bonacelli nella parte dello psicologo, lascia a desiderare.
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Sceneggiato dal regista con Franco Ferrini, è un thriller efficace, ma spesso e volentieri in bilico sul ridicolo. L'idea di fare un film sulla famosa malattia che colpì a Firenze lo scrittore francese Stendhal è buona, ma papabile solo per i primi 30' minuti in cui Argento sottopone la protagonista - sua figlia Asia - allo svenimento e allo stupro del maniaco di turno, il biondo Thomas Kretschmann. E' colpevole, il maestro dell'horror nostrano, di averle affidato una (doppia) parte non alla sua altezza. Ma Argento non si smentisce mai: fin dagli esordi, è capace di creare suspense ma non di sviluppare i dialoghi (qui decisamente imbarazzanti). E il cast, tolto Paolo Bonacelli nella parte dello psicologo, lascia a desiderare. Ma ci sono i contributi tecnici di Ennio Morricone (musica), Giuseppe Rotunno (fotografia) e del mago degli effetti speciali Sergio Stivaletti. Un film fra alti e bassi, quindi, che nell'itinerario di Argento segna una svolta: delude i vecchi fan, affascina i nuovi.
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il cinefilo
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lunedì 2 agosto 2010
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il disastro di dario argento
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TRAMA: La poliziotta Anna magni(Asia Argento)viene violentata da un orrendo stupratore seriale,che poi riuscirà ad accoppare,ma questo fatto stravolgerà la sua mente...COMMENTO: La cinematografia di Dario Argento può vantare negativamente una buona schiera di film inutili e fallimentari(soprattutto l'ultimo periodo in cui sembra aver perso la vena artistica dei bei tempi andati)ma LA SINDROME DI STHENDAL per gli alti obiettivi che il regista si era prefissato è,forse,il suo peggior film in assoluto.
Dario Argento tenta la via dell'approfondimento psicanalitico della mente umana ma fallisce miseramente poichè il tutto si risolve in un rosario di ammazzamenti che,a tratti,sfiorano la ridicolaggine e il tutto viene negativamente esaltato dagli orridi effetti speciali digitali di Sergio Stivaletti e dalla colonna sonora ridicolmente pomposa di Ennio Morricone.
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TRAMA: La poliziotta Anna magni(Asia Argento)viene violentata da un orrendo stupratore seriale,che poi riuscirà ad accoppare,ma questo fatto stravolgerà la sua mente...COMMENTO: La cinematografia di Dario Argento può vantare negativamente una buona schiera di film inutili e fallimentari(soprattutto l'ultimo periodo in cui sembra aver perso la vena artistica dei bei tempi andati)ma LA SINDROME DI STHENDAL per gli alti obiettivi che il regista si era prefissato è,forse,il suo peggior film in assoluto.
Dario Argento tenta la via dell'approfondimento psicanalitico della mente umana ma fallisce miseramente poichè il tutto si risolve in un rosario di ammazzamenti che,a tratti,sfiorano la ridicolaggine e il tutto viene negativamente esaltato dagli orridi effetti speciali digitali di Sergio Stivaletti e dalla colonna sonora ridicolmente pomposa di Ennio Morricone.
Questo film risulta scadente anche volendolo interpretare come un atto di denuncia riguardante l'importantissimo tema degli orrori della violenza sulle donne in quanto il regista riduce la sceneggiatura a una versione riciclata e pietosa di PSYCO di Alfred Hitchcock con il folle violentatore al posto della madre tirannica.
Il titolo del film si riferisce alla "sindrome"(che esiste realmente)di cui è affetta la protagonista che le permetterebbe di "sprofondare" psicologicamente dentro i quadri da lei visionati ma anche questa operazione va letteralmente(in chiave qualitativa)a farsi benedire proprio a causa dello scempio digitale del già citato S.Stivaletti.
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henry
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martedì 22 maggio 2007
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il peggiore film di argento
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Dopo una pessima e ridicola partenza sprezzante della verosimiglianza, questo sciocco, morboso e ambizioso thriller di Argento si trasforma in una sorta di horror semi-surreale che cambia le carte in tavola con totale disprezzo per l'intelligenza dello spettatore. Attori storditi, interpretazioni cretine (il maniaco stupratore è l'emblema dell'idiozia, mentre Asia suscita davvero impulsi omicidi a chi la guarda), banali effetti digitali appiccicati sullo schermo alla bella e meglio e musiche soporifere di Morricone (incredibile!): la noia e lo sbadiglio tengono saldamente in mano lo scettro del potere e a nulla servono le poche sequenze splatter a ravvivare l'attenzione. Sicuramente il punto più basso e sfigato del cinema argentiano che ha inaugurato il periodo buio del regista.
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Dopo una pessima e ridicola partenza sprezzante della verosimiglianza, questo sciocco, morboso e ambizioso thriller di Argento si trasforma in una sorta di horror semi-surreale che cambia le carte in tavola con totale disprezzo per l'intelligenza dello spettatore. Attori storditi, interpretazioni cretine (il maniaco stupratore è l'emblema dell'idiozia, mentre Asia suscita davvero impulsi omicidi a chi la guarda), banali effetti digitali appiccicati sullo schermo alla bella e meglio e musiche soporifere di Morricone (incredibile!): la noia e lo sbadiglio tengono saldamente in mano lo scettro del potere e a nulla servono le poche sequenze splatter a ravvivare l'attenzione. Sicuramente il punto più basso e sfigato del cinema argentiano che ha inaugurato il periodo buio del regista.
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nerazzurro
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sabato 7 maggio 2011
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la sindrome di argento
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Peccato... e ripeto : Peccato. Un film che comincia a da cento per poi afflosciarsi dopo quaranta minuti per poi concludersi con un finale inconsistente. Argento dimostra di essere un maestro nelle scene violente e visionarie ma non vuole decidersi a curare i suoi film con la collaborazione di un buon sceneggiatore.
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al vox
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giovedì 23 aprile 2015
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un quadro d' argento
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Non vedo in questo film la tanto citata decadenza di Argento, anzi ha saputo dimostrare di avere ancora il potere di offrire allo spettatore un ottimo esperimento tra giallo-horror-thriller di non facile intuizione. La poesia delle sue immagini, accompagnate da una computer grafica di tutto rispetto, furioesce non solo dal suo tocco tipico nella scelta della regia, ma anche dalla musica di Morricone. La recitazione di Asia, seppur non a livelli sempre eccelsi rende benissimo il disturbo del personaggio interpretato anche in rapporto con il tema trattato. Protagonista e antagonista si confondono e ciò rende tutto più interessante. Bonacelli è una chicca. Sicuramente uno dei migliori film del periodo recente di Argento.
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elgatoloco
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domenica 23 settembre 2018
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non il miglior argento, ma qualche spunto...
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Certo, in questo"La sindrome di Stendhal"(1996, Dario Argento, da-liberamente, a quanto so e credo-da un romanzo di Gabriella Magherini)Argento non è"al top":lasciato da parte il co^té fantastico di"SUspiria", "Inferno", "Phenomena", che sarà tardivamente ripreso in"La terza madre"-2007, ma l'inizio del"fantastico"in Argento direi risalga a metà dei'70 con"Profondo Rosso"), qui rimane la fascinazione di un tema, che in realtà ne ripropone altri, senza che vi sia una reale sequenzialità logica, il che sarebbe, invero, il problema minore. Il fatto è che, invece, quanto avviene(e non avviene, in misura talora maggiore)è decisamente poco efficace a livello di immagine(e di parola, dove invece il motivetto, non gobliniano e non emersoniano, di Ennio Morricone, è di efficacia indubbia): Asia Argento è interprete controversa nel ruolo"duplice", che questa duplicità rende problematicamente, spesso in modo non del tutto conseguente.
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Certo, in questo"La sindrome di Stendhal"(1996, Dario Argento, da-liberamente, a quanto so e credo-da un romanzo di Gabriella Magherini)Argento non è"al top":lasciato da parte il co^té fantastico di"SUspiria", "Inferno", "Phenomena", che sarà tardivamente ripreso in"La terza madre"-2007, ma l'inizio del"fantastico"in Argento direi risalga a metà dei'70 con"Profondo Rosso"), qui rimane la fascinazione di un tema, che in realtà ne ripropone altri, senza che vi sia una reale sequenzialità logica, il che sarebbe, invero, il problema minore. Il fatto è che, invece, quanto avviene(e non avviene, in misura talora maggiore)è decisamente poco efficace a livello di immagine(e di parola, dove invece il motivetto, non gobliniano e non emersoniano, di Ennio Morricone, è di efficacia indubbia): Asia Argento è interprete controversa nel ruolo"duplice", che questa duplicità rende problematicamente, spesso in modo non del tutto conseguente...Thomas Kretschmann è complessivamente accettabile come"matador", il migliore è Paolo Bonacelli, nell'ambiguo ruolo dello psicologo, ma è francamente il film a mostrare crepe non da poco, con risultati decisamente deludenti, appunto nella citata indecisione, che in quegli anni evidentemente era marcata, tra l'horror fantastico e il thriller, dove la problematica dell'identificazione-mascheramento-assimilazione di personalità altrui appare irrisolta proprio nella realizzazione filmica, forse invece più accennata a livello di sceneggiatura(ma il cinema, si sa, non è né può rimanere a livello di pura sceneggiatura...). Rimangono suggestioni, soprattutto nella prima parte, quando la protagonista, che è una poliziotta(anche questa componente sarebbe stata da sviluppare ulteriormente...)"va oltre"e"entra nel quadro"ma soprattutto quando, in occasione del primo malore ai fiorentini"Uffizi", entra in una dimensione subacquea, con una sorta di mostuoso bacio con una creatura(mostruosa, appunto)marina... Suggestioni iconografiche che il film, però, non è capace di sviluppare, che dunque rimangono a livello di mere suggesioni"incomplete", non sviluppate in un film che, quanto a metraggio, non è per nulla breve, non risponde ai canoni estetico-poetici di un autore come Ken Russell... El Gato
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simone
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giovedì 24 maggio 2007
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peripezie dello sguardo
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Fondamentale snodo del cinema argentiano. Manifesto estetico incompiuto. Amato dalla critica estera, che lo considera uno dei massimi capolavori di Argento, disprezzato e beffeggiato dal pubblico, detestato dallo zoccolo duro degli appassionati (che salvano solo qualche eccesso di sangue). Suggestiva e originale la prima mezzora, magmatica e disturbante la parte centrale, inatteso e a tratti emozionante il finale.
Nel complesso, alto e basso si mescolano turbinosamente, in un tentativo programmatico di distruggere il cinema classico argentiano. La sindrome si perde nella trama (è solo un pretesto), ma domina la superfice sensoriale del film, languida e disturbante. Nel bene e nel male, un film unico e da vedere per curiosità.
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Fondamentale snodo del cinema argentiano. Manifesto estetico incompiuto. Amato dalla critica estera, che lo considera uno dei massimi capolavori di Argento, disprezzato e beffeggiato dal pubblico, detestato dallo zoccolo duro degli appassionati (che salvano solo qualche eccesso di sangue). Suggestiva e originale la prima mezzora, magmatica e disturbante la parte centrale, inatteso e a tratti emozionante il finale.
Nel complesso, alto e basso si mescolano turbinosamente, in un tentativo programmatico di distruggere il cinema classico argentiano. La sindrome si perde nella trama (è solo un pretesto), ma domina la superfice sensoriale del film, languida e disturbante. Nel bene e nel male, un film unico e da vedere per curiosità. Non è peggio di tanto strombazzato cinema surreale.
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charlusjackson
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venerdì 25 maggio 2007
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l'io, l'inconscio, l'arte
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In Francia questo film è considerato modello assoluto di thriller psicologico. Ma qui, si sa, siamo in Italia, dominati dal morettismo, dalla poesia (?) impegnata, dal materialismo più crudo, e un film di Argento (un autore che, udite udite, in pieni fermenti anni Ottanta-Novanta, i "Cahiers du Cinema" hanno proclamato il più grande cineasta al mondo) per essere apprezzato deve aspettare da un minimo di 10 a un massimo di x anni. Il film nasce dalla volontà del regista di rappresentare il valore perturbante dell'arte. Lo stesso autore invita a prestare seria attenzione ai dialoghi, specie con lo psicologo. L'apertura visionaria è sfolgorante, una sublime rappresentazione della perdizione dinanzi al potere magnetico e allo squassamento interiore indotto dall'arte che esiste come anarchica espressione delle tensioni dell'Io e il suo rapporto col metafisico.
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In Francia questo film è considerato modello assoluto di thriller psicologico. Ma qui, si sa, siamo in Italia, dominati dal morettismo, dalla poesia (?) impegnata, dal materialismo più crudo, e un film di Argento (un autore che, udite udite, in pieni fermenti anni Ottanta-Novanta, i "Cahiers du Cinema" hanno proclamato il più grande cineasta al mondo) per essere apprezzato deve aspettare da un minimo di 10 a un massimo di x anni. Il film nasce dalla volontà del regista di rappresentare il valore perturbante dell'arte. Lo stesso autore invita a prestare seria attenzione ai dialoghi, specie con lo psicologo. L'apertura visionaria è sfolgorante, una sublime rappresentazione della perdizione dinanzi al potere magnetico e allo squassamento interiore indotto dall'arte che esiste come anarchica espressione delle tensioni dell'Io e il suo rapporto col metafisico. La protagonista, vittima del suo stato di devolezza, subisce le violenze di uno stupratore (la bruta realtà?)... ma dopo qualcosa in lei prende una strana direzione. Afferma che il maniaco, che lei ha ucciso, non è morto perchè è dentro di lei. In un dialogo con lo psicologo racconta una storia: un viandante chiede a un giudice se può usare la sua barca. Ma la barca era rotta e il viandante affonda. Il giudice si difende "la questione delle condizioni della barca non mi era stata posta". La protagonista sentiva di essere diventata "una persona della massa, mediocre, amorfa", ma ora si sente rinnovata. Ma porta avanti una serie di assassinii in quanto guidata dal maniaco oramai "dentro di lei". Poco prima di venire arrestata riepiloga i "doveri quotidiani" cui dovrà ottemperare. Di fronte allo slancio selvaggio dell'arte verso una dimensione assoluta, o come emersione di pulsioni mai sopite ("Il perturbante" di Freud, è la citazione più banale che si può fare) la protagonista sente su di sè il potere violentante della società come induttrice di classificazioni che imbalsamano l'Io e danno luogo all'incomunicabilità. Che si tratti di un discorso sociale (la società come impositrice) o già filosofico (il senso comune come restrittore dell'individuo entro principi di corporeità e spazio-temporalità che mentre pretendono di definire la sua identità la alterano), è lasciato all'interpretazione dello spettatore. Di fronte a tensioni di tale violenza, alla tensione - eterna - di andare oltre il proprio corpo, l'individuo rimane schiacciato (e qui il richiamo alla sequenza visionaria iniziale, dove il soffitto artisticamente decorato sembra crollare sulla protagonista).
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[+] blah...
(di atrixxirta)
[ - ] blah...
[+] risposta a charlusjackson
(di perroux)
[ - ] risposta a charlusjackson
[+] concordo
(di orson welles)
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