johngarfield
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venerdì 23 settembre 2011
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un ottimo film crepuscolare
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C’è una sommessa atmosfera crepuscolare a rendere accattivante questo film del discontinuo Ulu Grosbard. Ancor più che un’inchiesta poliziesca che si intreccia con gli intrighi di una Chiesa cattolica americana (di Los Angeles), coinvolta in loschi affari e compromessa con personaggi poco raccomandabili, il film sembra un lungo addio accorato e malinconico ad un’America che cambia, e non sempre in meglio. C’è l’addio del vecchio prete brontolone ma vero maestro di moralità, diventato ormai scomodo per una parrocchia sempre più compromessa con le tentazioni molto terrene del denaro e del potere. C’è l’addio della vecchia battona, maîtresse d’un bordello in cui un prete è morto d’infarto sopra una bella prostituta nera, e che ora deve andarsene perché è diventata pure lei scomoda.
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C’è una sommessa atmosfera crepuscolare a rendere accattivante questo film del discontinuo Ulu Grosbard. Ancor più che un’inchiesta poliziesca che si intreccia con gli intrighi di una Chiesa cattolica americana (di Los Angeles), coinvolta in loschi affari e compromessa con personaggi poco raccomandabili, il film sembra un lungo addio accorato e malinconico ad un’America che cambia, e non sempre in meglio. C’è l’addio del vecchio prete brontolone ma vero maestro di moralità, diventato ormai scomodo per una parrocchia sempre più compromessa con le tentazioni molto terrene del denaro e del potere. C’è l’addio della vecchia battona, maîtresse d’un bordello in cui un prete è morto d’infarto sopra una bella prostituta nera, e che ora deve andarsene perché è diventata pure lei scomoda. C’è l’addio del protagonista, un Robert De Niro, tanto bravo a predicare quanto pronto a lasciarsi sedurre dal potere e che, una volta venuto a galla lo scandalo, sceglie di ritirarsi presso una lontana parrocchia sperduta nel deserto, memore degli insegnamenti del vecchio prete e deciso a redimersi, cosciente di essere arrivato, a causa di una cardiopatia, alla fine della sua breve esistenza. C’è l’addio struggente del fratello poliziotto al fratello prete: sanno che sarà l’ultima volta che si vedranno. La vita li ha separati: uno, Robert Duvall, è diventato poliziotto, l’altro (De Niro) ha avuto un momento di celebrità ed è stato prossimo a diventare vescovo. Ma c’è soprattutto l’addio di una vecchia America, appena uscita dalla guerra, ancora mossa da ideali e ancora ingenua e l’irrompere dei nuovi tempi, molto più cinici e immorali. A dircelo sono i personaggi, tutti ottimi caratteristi avanti con l’età (l’unico giovane è De Niro), in perenne ricordo dei bei tempi andati, dove il bianco era bianco e il nero era nero. Non c’è nulla che si salvi, ora, in questa società nuova che si sta imponendo. Non si salva la Chiesa: gli intrallazzi sono ormai diventati quotidianità, ecco perché il vecchio padre Seamus (Un grandissimo Burgess Meredith) viene spedito lontano. Non si salvano le istituzioni. La “vecchia” polizia, ad esempio, ottimamente impersonata da Robert Duvall e Ken McMillan, fa sempre più fatica a raccapezzarsi. I compromessi fra il Palazzo (il Governatore, il Sindaco ecc.) con ambienti corrotti e potenti, sono ormai sempre più diffusi. La stessa polizia sta cambiando in peggio (dello stesso anno, 1981, è l’ottimo IL PRINCIPE DELLA CITTA’ di S.Lumet a illuminarci su cosa è diventata oggi la polizia). L’omicidio della ragazza (ispirato al caso della Dalia Nera che fece scalpore a Los Angeles nel 1947)segna un po’ questo stacco. La ragazza è stata uccisa e poi tagliata a metà. Un omicidio vecchio ma anche nuovo: un passato che sta morendo e un nuovo (peggiore) che avanza.
C’è un momento a mio avviso importante nel film: è quello in cui, in confessionale, il vecchio padre Seamus chiede al giovane Des (De Niro): “Ti ricordi perché sei diventato prete?”.
Sembra una domanda strampalata, considerando l’attivismo e il valore del giovane sacerdote, ma in realtà è la domanda che tutti noi poniamo alla Chiesa quando si impegola in pericolosi e colpevoli rapporti con il Potere, cade in gravi inadempienze nel non denunciare pratiche pedofile, nell’adagiarsi nei comodi panni dell’abitudine e della routine ecc.
Il cammino di redenzione di padre Des deve passare attraverso l’umiliazione e la rinuncia ai sogni di gloria e spegnersi in una lontana e sperduta piccola parrocchia nel deserto. L’addio è spesso un cammino di redenzione. Addio alle proprie abitudini, comodità, certezze e scoperta di nuovi traguardi, nuove sfide, nuovi orizzonti. L’addio è una riflessione su se stessi per poter intraprendere strade nuove.
“Ti ricordi perché sei diventato prete?” è un invito a cambiar vita e, suona come solenne parafrasi di una domanda che il regista pone al “nuovo” che avanza, alla nuova America spietata e cinica, non più innocente, non più ingenua:”Ti ricordi com’eri?”.
E’ il film più convincente di Ulu Grosbard, che prima e dopo non riuscirà più a dirigere opere convincenti. Un plauso speciale a Georges Delerue, ottimo nell’infondere con la sua colonna sonora un tocco di malinconia e di intimismo che contribuisce a considerare questo film al di sopra della media.
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andrea zagano
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domenica 29 settembre 2013
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cult-movie da veri intenditori
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Il viso sporco e corrotto della Los Angeles degli anni ’70 fa da cornice ad una storia di redenzione, che tocca molteplici temi: religione, amore, corruzione e sete ti potere si intrecciano di continuo, formando un’opera controversa ma di rara bellezza.
Il cult-movie di Grosbard sfocia in una serie di riflessioni a proposito di un argomento da sempre caro ai migliori registi, ma difficilmente realizzabile. È davvero complicato unire l’utile al direttevole, coniugando la risoluzione di un caso intricato (di cui la soluzione non sembra premere troppo lo spettatore) ad una vera e propria battaglia interiore, in cui il monsignore esce trionfante, rinunciando alla carriera senza cedere più al potere dei soldi e, cosa più importante, aver ritrovato il rapporto genuino che aveva in principio con Dio.
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Il viso sporco e corrotto della Los Angeles degli anni ’70 fa da cornice ad una storia di redenzione, che tocca molteplici temi: religione, amore, corruzione e sete ti potere si intrecciano di continuo, formando un’opera controversa ma di rara bellezza.
Il cult-movie di Grosbard sfocia in una serie di riflessioni a proposito di un argomento da sempre caro ai migliori registi, ma difficilmente realizzabile. È davvero complicato unire l’utile al direttevole, coniugando la risoluzione di un caso intricato (di cui la soluzione non sembra premere troppo lo spettatore) ad una vera e propria battaglia interiore, in cui il monsignore esce trionfante, rinunciando alla carriera senza cedere più al potere dei soldi e, cosa più importante, aver ritrovato il rapporto genuino che aveva in principio con Dio.
Di questo film si parla pochissimo, eppure ha fatto storia; “L’assoluzione” raffigura un’epoca di grandi cambiamenti, soprattutto nel mondo della Chiesa. La figura del prete-pastore che si spoglia di ogni bene(prete Seamus) sta lentamente scomparendo per lasciare posto sempre più ad un contabile organizzatore. Se a tutto ciò si aggiungono i primi scandali che riguardavano alcuni di loro, lo shock provocato nella gente non era paragonabile a quello di oggi, trent’anni dopo.
Un cast importante (in cui primeggiano DeNiro e Duvall, entrambi all’apice della carriera) aggiunge punti in più ad una trama abbastanza povera condita però da grandi introspezioni interiori che raccontano tutto il malessere di chi si sente cambiato(“non mi interessa più niente…” dirà il prete prima dell’esplosione dello scandalo).
Film generazionale, da veri intenditori.
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eugen
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venerdì 18 agosto 2023
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due fratelli molto diversi
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IN"True Confessions"(Ulu Grosbard, scritto da John Gegory Dunne , autore anche del romanzo da cui il film e'tratto e da Joan Didion, 1981)troviamo un arcivescovo molto"mondano"che accetta finantiamenti "regalI"da un ambiguo affarista e invece un duro detective, suo f ratello, che non bada a emolumenti ne'ad altro, perseguendo solo la veritaa'. Alla fine, verita'sconcertanti emergeranno e il'uomo di chiesa verra'"convertito"dal fratello detective. Come sempre, film d'attori nei miglori dilm drammaitci(ma anche di altro genere, qui siamo tra drammatirco e trhriller, volendo definire il genere), con un ottimo Robert De Niro(lil monsignore), un Robert Duvall (il detetctive)che non gli e'in alcun modo inferiore, anzi, Charles Durning a tratteggiarel'0affaista piu'che ambiguo , Tensione a miolle, sempore mantenuta, anzi dosata a seconda della"tensione"o"distensione"dellamvicenda.
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IN"True Confessions"(Ulu Grosbard, scritto da John Gegory Dunne , autore anche del romanzo da cui il film e'tratto e da Joan Didion, 1981)troviamo un arcivescovo molto"mondano"che accetta finantiamenti "regalI"da un ambiguo affarista e invece un duro detective, suo f ratello, che non bada a emolumenti ne'ad altro, perseguendo solo la veritaa'. Alla fine, verita'sconcertanti emergeranno e il'uomo di chiesa verra'"convertito"dal fratello detective. Come sempre, film d'attori nei miglori dilm drammaitci(ma anche di altro genere, qui siamo tra drammatirco e trhriller, volendo definire il genere), con un ottimo Robert De Niro(lil monsignore), un Robert Duvall (il detetctive)che non gli e'in alcun modo inferiore, anzi, Charles Durning a tratteggiarel'0affaista piu'che ambiguo , Tensione a miolle, sempore mantenuta, anzi dosata a seconda della"tensione"o"distensione"dellamvicenda. Idem per l'ambientazione , riferita allla presidenza Kennedy, dunque primi anni 1960, pur se la vicenda non e'condizionata piu'di tanto dalla collocazione stroico-cultruale, salvo il fatto che Kennedy, da "buon irlandese", era cattolico... Eugen
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francesco2
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domenica 7 luglio 2024
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occasioni sciupate
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Per quel poco che so di Grosbard -quasi nulla, in realtà-, so che era considerato un artigiano del cinema statunitense: sua, per esempio, è "Innamorarsi", commedia sentimentale degli anni '80 interperetata dalla Streep con lo stesso De Niro, che non ho mai visto.
Detto questo, la prima parte di questo film, che ho visto praticamente per caso, mi colpisce per la lucidità con cui, senza platealismi, smaschera la corruzione e la pochezza -solo?-materiale insita nel sistema degli U.S.A, ma -più probabilmente, anche-di altre nazioni. Tuttavia, senza fare splatter, sottolineo che il film strada facendo perde parte del suo nerbo, giocando sulla facile contrapposizione tra due fratelli, il prete ed il poliziotto, e risolvendo tutto in un finale facilotto, piuttosto banale anche sul piano prettamente estetico, nella sceneggiatura e nella fotografia.
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Per quel poco che so di Grosbard -quasi nulla, in realtà-, so che era considerato un artigiano del cinema statunitense: sua, per esempio, è "Innamorarsi", commedia sentimentale degli anni '80 interperetata dalla Streep con lo stesso De Niro, che non ho mai visto.
Detto questo, la prima parte di questo film, che ho visto praticamente per caso, mi colpisce per la lucidità con cui, senza platealismi, smaschera la corruzione e la pochezza -solo?-materiale insita nel sistema degli U.S.A, ma -più probabilmente, anche-di altre nazioni. Tuttavia, senza fare splatter, sottolineo che il film strada facendo perde parte del suo nerbo, giocando sulla facile contrapposizione tra due fratelli, il prete ed il poliziotto, e risolvendo tutto in un finale facilotto, piuttosto banale anche sul piano prettamente estetico, nella sceneggiatura e nella fotografia. Per questo, nonostante non sia assolutamente brutto o stupido, solo due stelle , come quelle che ho assegnato a "Villetta degli ospiti".
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