gianmarco.diroma
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mercoledì 19 gennaio 2011
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anarchy in the usa
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Le cinque stelle se le merita tutte questa piccola perla di quello che potrebbe essere un documentario sulla natura folle dei veri Leningrad Cowboys, oppure un viaggio surreale sulle note della musica americana (dal rock'n'roll al country, passando per i sensuali balli afro-americani che animano le notti di New Orleans) che da New York porta lo spettatore fino al Mexico, oppure - come sottolineato dal Mereghetti - una condanna del sogno americano dove ciò che viene mostrato è "un Paese tutt'altro che scintillante e in cui è impossibile integrarsi". Perché infondo cos'è che unisce uno sperduto paese della Tundra al Mexico? I Leningrad Cowboys, un gruppo folk-rock finlandese, caratterizzato da un look commerciabile solo negli Stati Uniti, fatto di un immenso ciuffo rockabilly e di scarpe lucide e nere dalle punte super lunghe ed affilate! Molti gli spiriti che animano questa pellicola dell'irriverente Aki Kaurismäki: c'è lo spirito del migliore Emir Kusturica (e quindi un pizzico del miglior Fellini), lo spirito del cinema indipendente americano (Johnny Suede di Tom Dicillo e la presenza di Jim Jarmusch nei panni di un venditore di auto), gli spazi degli Stati Uniti (a cui molto cinema europeo ha rivolto la sua attenzione, vedi il caso di Wim Wenders).
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Le cinque stelle se le merita tutte questa piccola perla di quello che potrebbe essere un documentario sulla natura folle dei veri Leningrad Cowboys, oppure un viaggio surreale sulle note della musica americana (dal rock'n'roll al country, passando per i sensuali balli afro-americani che animano le notti di New Orleans) che da New York porta lo spettatore fino al Mexico, oppure - come sottolineato dal Mereghetti - una condanna del sogno americano dove ciò che viene mostrato è "un Paese tutt'altro che scintillante e in cui è impossibile integrarsi". Perché infondo cos'è che unisce uno sperduto paese della Tundra al Mexico? I Leningrad Cowboys, un gruppo folk-rock finlandese, caratterizzato da un look commerciabile solo negli Stati Uniti, fatto di un immenso ciuffo rockabilly e di scarpe lucide e nere dalle punte super lunghe ed affilate! Molti gli spiriti che animano questa pellicola dell'irriverente Aki Kaurismäki: c'è lo spirito del migliore Emir Kusturica (e quindi un pizzico del miglior Fellini), lo spirito del cinema indipendente americano (Johnny Suede di Tom Dicillo e la presenza di Jim Jarmusch nei panni di un venditore di auto), gli spazi degli Stati Uniti (a cui molto cinema europeo ha rivolto la sua attenzione, vedi il caso di Wim Wenders). I Leningrad Cowboys portano un po' di sana anarchia (come nella sequenza del funerale al bassista Pekka per le strade di New Orleans) nel continente americano e cercano la loro strada sfidando le difficoltà iniziali che li costringono a dover lasciare subito New York perché non conoscono il rock'n'roll, la prigione, la fame, la sete (di birra e vodka) i furti (del motore della Cadillac) e i soldi che mancano. Ma con una buona dose di improvvisazione i Leningrad Cowboys si buttano in ogni situazione con coraggio e con quel poco di follia che caratterizza chi ha ben poco da perdere: il successo è dietro l'angolo e il Mexico e la tequila a fiumi (che fa risorgere Pekka) stanno lì a dimostrarlo!
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mahleriano
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martedì 8 dicembre 2009
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un film originale e divertente!
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Un film dell'assurdo godibilissimo in cui si ride di gusto fin da subito per le situazioni più impensabili e con un riferimento abbastanza scoperto ai Blues Brothers. In questa pellicola, come anche in altre dello stesso autore, il copione è tutto sommato minimale: ma è proprio questo l'aspetto particolare e creativo di questo autore, che sfrutta spesso le inquadrature statiche, i primi piani e i giusti tempi per far parlare i suoi film. Ogni immagine dura esattamente quanto basta per evocare di volta in volta il senso del comico o del drammatico, senza bisogno di molte parole: le immagini parlano così da sole. E questo non è facile se non lo si sa fare, mentre questo regista lo sa fare decisamente bene, invece.
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Un film dell'assurdo godibilissimo in cui si ride di gusto fin da subito per le situazioni più impensabili e con un riferimento abbastanza scoperto ai Blues Brothers. In questa pellicola, come anche in altre dello stesso autore, il copione è tutto sommato minimale: ma è proprio questo l'aspetto particolare e creativo di questo autore, che sfrutta spesso le inquadrature statiche, i primi piani e i giusti tempi per far parlare i suoi film. Ogni immagine dura esattamente quanto basta per evocare di volta in volta il senso del comico o del drammatico, senza bisogno di molte parole: le immagini parlano così da sole. E questo non è facile se non lo si sa fare, mentre questo regista lo sa fare decisamente bene, invece... In questo film una buona dose di fantasia originale, unita alla tecnica di cui sopra, riesce perfettamente a rendere la comicità e l'assurdo di ogni situazione.
Ed ecco dunque dei protagonisti di una banda improbabile con un enorme ciuffo di capelli alla Elvis moltiplicato per dieci e le scarpe a punta spropositate, simbolo di una diversità in realtà inesistente perché in contrasto con l'omologazione seriale di ogni loro movimento; ecco delle espressioni tutto sommato sempre identiche qualunque sia la musica suonata; ecco un capo furbo e sfruttatore e ciononostante simpatico proprio per la sua bastardaggine; o il diverso dal ciuffo appena accennato che li segue ovunque per fare parte del "branco"; o un morto congelato trasportato ovunque per l'America; e i pensieri dedicati agli amori... Una serie di gag surreali e talvolta geniali, insomma, inserite in un contesto a episodi, in cui degli emarginati continuano a rimanere tali, attraversando luoghi altrettanto emarginati e sperduti. Non c'è necessariamente un senso da cercare: solo da godersi l'arguzia e l'intelligenza delle trovate e nello stesso tempo il bel modo di rappresentarle... Oppure, e può essere un'altra chiave di lettura, il senso è proprio la contemplazione dell'assurdo che ogni realtà porta in fondo in sé. Se ci fosse stata la mezza stella avrei dato tre stelle e mezzo.
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