carloalberto
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lunedì 11 gennaio 2021
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chomet poetico e nostalgico come tati
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Visionario e melanconico film di Chomet, disegnato nello stile della Vecchia signora ed i piccioni e contaminato da reminescenze classiche, omaggianti ad uno dei pionieri del cinema di animazione, sulla solitudine e l’amore, sulla memoria e l’ironia che gioca nostalgicamente sulla sovrapposizione di fantasie adulte ed infantili, Tati e Disney, e sull’intreccio di passato e presente dei due protagonisti, la nonnina claudicante alta un metro che accudisce il nipote un po’ tonto e allampanato, evidentemente rimasto presto orfano. Due personaggi nati dalla matita di Chomet, più veri che se fossero attori in carne ed ossa.
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Visionario e melanconico film di Chomet, disegnato nello stile della Vecchia signora ed i piccioni e contaminato da reminescenze classiche, omaggianti ad uno dei pionieri del cinema di animazione, sulla solitudine e l’amore, sulla memoria e l’ironia che gioca nostalgicamente sulla sovrapposizione di fantasie adulte ed infantili, Tati e Disney, e sull’intreccio di passato e presente dei due protagonisti, la nonnina claudicante alta un metro che accudisce il nipote un po’ tonto e allampanato, evidentemente rimasto presto orfano. Due personaggi nati dalla matita di Chomet, più veri che se fossero attori in carne ed ossa. Del resto i fumetti non fingono, non smettono i panni di scena per vivere le loro vite, sono se stessi sempre, sono soltanto ciò che appaiono, la loro storia finisce con la fine del film, la loro vita combacia con la fruizione visiva, permane nel ricordo fantasmatico. Sono irreali per il contesto che li rende irreali, reclusi nel mondo dei cartoons, dal quale tuttavia evadono per inaspettate scorribande in quella che, per uso corrente, chiamiamo realtà e li possiamo sorprendere così a guardare divertiti un Giorno di festa di Tati in televisione, il Tati con cui Chomet condivide lo spirito antimodernista e un po’ nostalgico nel rimpianto di una campagna sopraffatta dai grattacieli della grande città con la ferrovia che simbolicamente passa accanto alla vecchia casa curvandola.
Le incursioni del fumetto nel mondo delle immagini filmiche consente l’apertura di un passaggio magico tra due mondi, parimenti partoriti dalla creatività artistica, che, pur non transitando dalla realtà, la richiama costantemente, deformandola in modo caricaturale, così che il nipote corridore prende le sembianze di Fausto Coppi, o rinviando ad essa mediante il risveglio di ricordi sepolti nella prima infanzia dello spettatore attempato. Nell’inizio-antefatto, la nostalgica rievocazione di quelle immagini, memoria del passato, si realizza con la riproposizione mimetica dei primi filmati di animazione disneyani in bianco e nero, con le Triplettes, somiglianti alTrio Lescano, mentre ancora giovani cantano in un teatro di Belleville un motivetto anni ’30 e sullo sfondo ballano le figure stilizzate vecchia maniera della Baker e di Fred Astaire.
Il plot è soltanto un pretesto, la storia narrata non ha nessuna importanza e lo stesso Chomet suggerisce allo spettatore, nella scena finale, che tutto quello che è accaduto nel film è soltanto lo spettacolo visto in televisione dal nipotino, ormai anziano, che, girato di spalle davanti al televisore, volta il capo per rispondere ad una nonnina assente, posta dietro la cinepresa o volata nell’aldilà dei cartoons, che gli domanda se gli è piaciuto, per l’appunto, il film.
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animasapien
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martedì 27 agosto 2013
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capolavoro francese dalla malinconica ironia
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Appuntamento a Belleville è un film è strabiliante...disegni grotteschi con forme al limite del caricaturale, lontanissimo dal realismo armonico e fiabesco disney (fortunatamente) ed altrettanto distante dai grandi studios moderni (pixar, dreamworks, sony, illumination etc...). Per quanto per me l'unica alternativa alla CGI sia lo stop-motion, devo ammettere che mai mi sono trovato di fronte ad un capolavoro "cartaceo" simile, musiche jazz mischiate magistralmente all'ambientazione malinconica e surreale, i cui colori ed i cui abitanti dicono molto più di 1000 parole attraverso pantomima ed eccentriche espressioni facciali e corporee, animazione caricaturale ma non eccessivamente slapstyc o deformata (solo la fisionomia lo è); il che secondo me gioca a favore del film dato che in tal modo riesce ad emanare un alone di realismo con l'animazione anche se calato in atmosfera onirica e bizzarra.
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Appuntamento a Belleville è un film è strabiliante...disegni grotteschi con forme al limite del caricaturale, lontanissimo dal realismo armonico e fiabesco disney (fortunatamente) ed altrettanto distante dai grandi studios moderni (pixar, dreamworks, sony, illumination etc...). Per quanto per me l'unica alternativa alla CGI sia lo stop-motion, devo ammettere che mai mi sono trovato di fronte ad un capolavoro "cartaceo" simile, musiche jazz mischiate magistralmente all'ambientazione malinconica e surreale, i cui colori ed i cui abitanti dicono molto più di 1000 parole attraverso pantomima ed eccentriche espressioni facciali e corporee, animazione caricaturale ma non eccessivamente slapstyc o deformata (solo la fisionomia lo è); il che secondo me gioca a favore del film dato che in tal modo riesce ad emanare un alone di realismo con l'animazione anche se calato in atmosfera onirica e bizzarra. Perfetta la denuncia alla civiltà occidentale ed altrettanto perfetta la caricatura degli americani anni 40-50 calati nel contesto "bellevilliano", tutti estremamente obesi, con palloni da basket, berretti da baesball, hamburgers e chi più ne ha più ne metta. L' inseguimento finale tra la mafia e le triplettes a bordo del simulatore ciclistico poi...qualcosa di epico e maestoso, ma grottesco ed ironico allo stesso tempo. In ultimo poi farei una menzione speciale per i personaggi, poco caratterizzati al livello psicologico (tralasciando il cane Bruno, è ovvio), ma estremamente d'impatto a livello di concept: Champion è impossibile da dimenticare, con il suo naso allungato ed i muscoli delle gambe estremamente sviluppati, madame Souza (che assomiglia molto alla vecchietta del corto la vieille dame et les pigeons sempre di Chomet) con l'occhio instabile e la gamba zoppa è a dir poco esilarante, le triplettes sempre con gli occhi chiusi, divoratrici di rane pescate con metodi insoliti, il cameriere del ristorante di Belleville, talmente servile e leccapiedi da aver perso letteralmente la spina dorsale (dinoccolandosi avanti ed indietro, con movenze disarticolate e schiena ricurva) ed in ultimo...LA MAFIA!!! Cosa non sono i bodyguard (decine e decine tutti uguali) che camminano uniti, da sembrare un corpo a due teste, con i boss portati in grembo, tutti nani e dal naso ingrossato dai fumi dell'alcool (non per nulla il loro covo è il centro francese del vino); inoltre i bodyguard incarnano perfettamente lo stereotipo a cui i film di gangster ci hanno abituato: vestiti di nero, con occhiali da sole e fisico ad armadio. Insomma, appuntamento a Belleville è uno dei capolavori più riusciti e (ahimè) meno conosciuti degli ultimi anni, non a caso la candidatura all'oscar (che per quanto Nemo sia un bel film io avrei assegnato a Chomet). Da non perdere assolutamente, anche per la parte iniziale disneyana e citazionista. L'unica nota di demerito forse è la non perfetta integrazzione di oggetti in CG che interagiscono con i personaggi disegnati, ma per il resto...nulla da dire, non è un film per tutti ma per ch' come me ama il genere è la pellicola adatta; io ho 13 anni e posso affermare che è un film principalmente per adulti, adulti intenditori è chiaro.
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marco8
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giovedì 7 marzo 2013
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....mille stelle!!!cinque non bastano!!!!
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2 parole....capolavoro assoluto!!!! Certo, chi va a vedere L'era glaciale e ne è soddisfatto, neanche inizi a vedere questa meraviglia......
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reservoir dogs
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domenica 16 gennaio 2011
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l'antico pastello dell'animazione
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Champion è un orfano che trova nel ciclismo la sua ispirazione, allenato della nonna Suoza che gli fa da preparatrice atletica.
Ma il ragazzo viene rapito da degli sgherri durante la sua partecipazione al Tour de France, la nonna assieme al grasso cane Bruno segue il nipote rapito con un pedalò arrivando a Belleville dove grazie all'aiuto di tre vecchiette (ancora giovani), ex-cantanti della music hall riuscirà a liberarlo dalle catene della malavita.
Nell'anniversario del centenario del Tour de France quello di Chomet sembra un omaggio a Coppi (a cui Champion somiglia molto), a Tati (in casa delle tre cantati vediamo la locandina de "Le vacanze di Monsieur Hulot" e un frammento alla tv di "Giorno di festa")e al genere comico che trova vita nella corsa indiavolata, corsa a cui tutti i personaggi sono sottoposti.
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Champion è un orfano che trova nel ciclismo la sua ispirazione, allenato della nonna Suoza che gli fa da preparatrice atletica.
Ma il ragazzo viene rapito da degli sgherri durante la sua partecipazione al Tour de France, la nonna assieme al grasso cane Bruno segue il nipote rapito con un pedalò arrivando a Belleville dove grazie all'aiuto di tre vecchiette (ancora giovani), ex-cantanti della music hall riuscirà a liberarlo dalle catene della malavita.
Nell'anniversario del centenario del Tour de France quello di Chomet sembra un omaggio a Coppi (a cui Champion somiglia molto), a Tati (in casa delle tre cantati vediamo la locandina de "Le vacanze di Monsieur Hulot" e un frammento alla tv di "Giorno di festa")e al genere comico che trova vita nella corsa indiavolata, corsa a cui tutti i personaggi sono sottoposti. Più mugugnii che parole, comicità che nasconde amarezza e malinconia.
Animazione che nasce dall"antico"pastello" che come la vita fa ineluttabilmente il suo decorso e lascia spazio (purtroppo) al digitale.
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(di animasapien)
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ultimoboyscout
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domenica 8 agosto 2010
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che espressioni così malinconiche.
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Mai visto cartone animato tanto brutto e noioso, con protagonisti così poco protagonisti come questi qua. Ed è pure muto. Una delusione incredibile!
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poldo
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sabato 28 marzo 2009
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noioso e cupo
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L'ho trovato un cartone animato cupo, tetro, noioso, cervellotico... sicuramente non il genere che mi piace e che mi aspettavo: cercavo un cartone divertente, leggero, solare. Personalmente l'ho trovato inguardabile.
[+] piccolo capolavoro non classificabile in un genere
(di mrs hide)
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italianodentro
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giovedì 20 novembre 2008
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particolare ma imperdibile
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Veramente un film ben fatto, particolare ma assolutamente imperdibile.Mi ha affascinato la prima e purtroppo unica volta che lho visto finora.Meritava e merita più premi internazionali.
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mercoledì 24 settembre 2008
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un film da ascolto!
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Ci sono film apparsi solo per brevi istanti sul grande schermo e che nelle recensioni ufficiali sono citati solo per l'aspetto visuale, e invece Les triplettes de Belleville,è un film d'animazione da vedere con le orecchie. Non ci sono dialoghi. Le voci che si ascoltano sono solo quelle provenienti dai media, La radiocronaca del tour de France e la voce di De Gaulle che annuncia la grande competizione sportiva, che fa da sfondo ed è l'occasione narrativa. Tutto il resto è magia di suoni e musica. La storia è malinconica e insieme umoristica, un connubio che viene bene solo ai francofoni. C'è un bambino che vive con la nonna che vorrebbe vederlo felice, lo osserva e scopre che la sua grande passione è la bicicletta.
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Ci sono film apparsi solo per brevi istanti sul grande schermo e che nelle recensioni ufficiali sono citati solo per l'aspetto visuale, e invece Les triplettes de Belleville,è un film d'animazione da vedere con le orecchie. Non ci sono dialoghi. Le voci che si ascoltano sono solo quelle provenienti dai media, La radiocronaca del tour de France e la voce di De Gaulle che annuncia la grande competizione sportiva, che fa da sfondo ed è l'occasione narrativa. Tutto il resto è magia di suoni e musica. La storia è malinconica e insieme umoristica, un connubio che viene bene solo ai francofoni. C'è un bambino che vive con la nonna che vorrebbe vederlo felice, lo osserva e scopre che la sua grande passione è la bicicletta. Il bambino diventa grande e si allena, con questa donna piccoletta e pronta a tutto, per il tour de France, durante la corsa però succede l'inatteso L'intervento di trio di vecchie cantanti swing, Les Triplettes de Belleville, per l'appunto, aiuterà a dare soluzione a questa gangster story. Il suono è il protagonista assoluto. La musica è sempre suggerita da un rumore di ambiente. E' il rumore l'ispirazione, lo sfondo, l'unica voce narrante. Le parole non servono. Il suono fa anche da transizione nel cambio delle scene, come quando l'ansimare di Bruno, il cane, si trasforma nel ritmico sferragliare del treno.
C'è un' attenzione meravigliosa alla diversa qualità dei suoni a seconda del contesto. Passi sul pavimento di legno, passi sulla tolda di ferro. Particolare è l'iperrealista tintinnio degli orecchini di Madame Souza (la nonna), i cui pensieri si intuiscono dai sospiri e dal tono del fischietto. Nessuno parla.
Le uniche a biascicare, di tanto in tanto, suoni vagamente umani sono proprio les Triplettes, il trio canterino (omaggio alle Boswell Sisters ma che in questo caso sono state interpretate dalle voci di Betty Bonifassi, Marie-Lou Gauthier e Lina Boudreault) che dominava Belleville negli anni ruggenti e che aiuteranno Madame Souza a ritrovare l'amato nipote
Benoît Charest, autore del commento sonoro, ha detto che l'idea della musica era nata dal desiderio di provare a scrivere una canzone usando un frigo, un aspirapolvere e un giornale. Ecco nato il memorabile concerto de Les triplettes con Madame Souza special guest alla ruota della bicicletta. Il tutto in salsa hot club de France! Questa dichiarazione di Benoît Charest sintetizza molto bene la poetica di questa soundtrack originalissima: "mouf- mouf è un piccolo aspiratore cilindrico degli anni '50 che conduceva un'esistenza miserabile in un angolo del mio studio. Un giorno mi ha fatto un cenno. Aveva bisogno che qualcuno lo ascoltasse e lo amasse. Dopo il nostro incontro lui canta. Devo dire che è assai toccante. Metto la mano sull'entrata del suo tubo e lascio filare l'aria tra le mie dita. Chiudendo lo spazio cambio l'intonazione e ottengo note precise per poter intonare delle melodie”. Tutti suoni utilizzati nel film non tutti stati ottenuti utilizzando i loro omologhi nella vita reale. Questo film è pieno di omaggi e citazioni, dalla Citroën 2CV al basco francese e al vino rosso, c'è una Josephine Baker divorata dal suo pubblico e un Fred Astaire divorato dalle sue scarpe. E tra i musicisti Glenn Gould, Charles Trenent, Django Reinhardt. Ma il tributo più importante è alla realtà fatta di suoni. Per trovare la poesia proviamo ad aprire le orecchie!
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stella
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venerdì 2 novembre 2007
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semplicemente squisito
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Non voglio prenderla alla lontana, raccontando che ieri sera tutto immaginavo tranne che saremmo finiti a vedere il dvd di Appuntamento a Belleville, e via discorrendo.
Andiamo al sodo: è un film da capire. Non è Shrek (che pure, ho gradito, per ragioni diverse, of course), che ti fa ridere a forza di rutti e peti, non ha dialoghi, e forse non ha neanche un personaggio principe di facile intuizione, come fatto osservare da Morena.
Ma il nocciolo del film è proprio qui. I personaggi veri sono 2 e declinabili in mille modi: natura vs cultura, modernità vs tradizione, città vs campagna, ricchi vs poveri. E' una metafora lunga 78 minuti dei conflitti della società moderna, la natura e la semplicità che combattono contro l'industrializzazione, la modernità sfrenata, consumistica, ma anche affascinante e magnetica(perché siamo rimasti tutti un po' a bocca aperta, davanti ai grattaceli sconfinati di Belleville, o davanti alla nave che salpa l'oceano).
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Non voglio prenderla alla lontana, raccontando che ieri sera tutto immaginavo tranne che saremmo finiti a vedere il dvd di Appuntamento a Belleville, e via discorrendo.
Andiamo al sodo: è un film da capire. Non è Shrek (che pure, ho gradito, per ragioni diverse, of course), che ti fa ridere a forza di rutti e peti, non ha dialoghi, e forse non ha neanche un personaggio principe di facile intuizione, come fatto osservare da Morena.
Ma il nocciolo del film è proprio qui. I personaggi veri sono 2 e declinabili in mille modi: natura vs cultura, modernità vs tradizione, città vs campagna, ricchi vs poveri. E' una metafora lunga 78 minuti dei conflitti della società moderna, la natura e la semplicità che combattono contro l'industrializzazione, la modernità sfrenata, consumistica, ma anche affascinante e magnetica(perché siamo rimasti tutti un po' a bocca aperta, davanti ai grattaceli sconfinati di Belleville, o davanti alla nave che salpa l'oceano). I due volti della metropoli, quello stupido, ignaro ed obeso, rimpinzato di hamburger, e quello degli uomini di governo, agenti segreti, laschi individui dalle spalle quadrate, senza spessore, che portano in grembo i mafiosi. Lo sfruttamento dei più deboli, un capitalismo tecnologico che li schiaccia per buona parte del film. Film che, come fatto osservare, ha un retrogusto malinconico, nostalgico, quasi il rimpianto per il sapore di una vita retrò. Ma, riassumendo e banalizzando una numerosa schiera di spunti offerti dal film, possiamo concludere che la "natura"[Champion e Madame Souza, le tre adorabili gemelle che appartenevano alla metropoli di Belleville negli anni 30 ed ora, cadute in disgrazia (la caducità del successo moderno), la abbandonano insieme agli altri protagonisti, l'ingenuità di Bruno] ha la sua rivincita, proprio negli inseguimenti finali (grottesca parodia dei thriller americani), in cui i nostri "buoni" riescono a farla franca e a sconfiggere gli enormi "uomini neri" con una serie di espedienti banalissimi e semplicissimi (come il tacco della nonna, i cappelli delle triplettes che volano in faccia agli inseguitori) che, uno ad uno, vengono eliminati con le loro auto enormi, le loro armi, dagli stessi frutti della modernità che hanno creato (finiscono sotto il treno, esplodono nella "ciminiera" di una delle enormi navi del porto). E i nostri riescono ad abbandonare Belleville. Il finale non è affrettato, semplicemente squisito e realistico. Champion&Co tornano a casa, senza conquiste, senza essersi fatti contaminare dalla metropoli, con la forza del sacrificio e radicati ai valori reali e poco scintillanti, così distanti dei riflessi accecanti della Belleville-NewYork-Montreal. In fondo, c'è uno spiraglio di fiducia. Chi non si adatta, ha pochi mezzi, rimane piccolo, quasi schiacciato. Ma, se furbo, sopravvive e resta ciò che è.
Ciò detto, ogni personaggio meriterebbe approfondimento. Ma non è questa la sede. Ringrazio il film, per gli innumerevoli omaggi, per la raffinatezza, la genialità del quasi muto, per le musiche, per i disegni-opere d'arte, per aver raccontato in maniera insospettabile (un film di animazione) la reale condizione della modernità.
Mi permetto un consiglio conclusivo: chi non l'ha compreso, lo riguardi con la mente spurgata dai vari natali in india e lucchetti sui ponti...
Ciao a tutti!
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sabato 20 ottobre 2007
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