no_data
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giovedì 27 aprile 2023
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un grande comico che non va dimenticato.
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Godibilissimo ancora oggi nel terzo millennio questo film con la sua comicita' un po' malinconica basata sul Monsieur Hulot creato dall'autore, inguaribile "gentleman" che arriva sul luogo di vacanze con una automobile-ferrovecchio col motore rumorosissimo. Ed in effetti si riguardano queste opere cinematografiche proprio per confermarne l'importanza come in un "revival" di un autore che molti vorrebbero seppellire. E questo allampanato personaggio, quasi mai in sintonia nel mondo in cui vive, che sa solo dire come si chiama - per tutto il film vive come nel cinema muto delle commedie comiche, altro "revival" stavolta di Tati - si puo' senz'altro assimilare alla comicita' di un Jerry Lewis, che, come osserva G.
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Godibilissimo ancora oggi nel terzo millennio questo film con la sua comicita' un po' malinconica basata sul Monsieur Hulot creato dall'autore, inguaribile "gentleman" che arriva sul luogo di vacanze con una automobile-ferrovecchio col motore rumorosissimo. Ed in effetti si riguardano queste opere cinematografiche proprio per confermarne l'importanza come in un "revival" di un autore che molti vorrebbero seppellire. E questo allampanato personaggio, quasi mai in sintonia nel mondo in cui vive, che sa solo dire come si chiama - per tutto il film vive come nel cinema muto delle commedie comiche, altro "revival" stavolta di Tati - si puo' senz'altro assimilare alla comicita' di un Jerry Lewis, che, come osserva G.Cremonini, e' costantemente in guerra con gli oggetti della societa' moderna. Valigie che cadono, automobili che si guastano, e anche canoe che si piegano in due sull'acqua evocando lo "Squalo" spielberghiano, sono i piccoli disastri dell'esistenza solitaria del personaggio-Hulot, che tuttavia nel gioco del tennis primeggia anche sugli sportivi con quello che Mereghetti definisce "un imprendibile servizio". Ancora quindi alla base un conflitto tra personaggio-uomo e societa', ma venato dalla tipica bonarieta' un po' sognatrice della cultura francese. "I gags di Tati - osserva giustamente R. Nepoti - vanno ad allinearsi in questa dimensione temporale dell'irrealta', che il regista ha saputo ricavare dalla osservazione acuta di una realta' particolare come quella delle vacanze, sempre simile a se stessa, in cui nulla comincia e nulla finisce davvero".
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carloalberto
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martedì 29 dicembre 2020
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la poetica ironia di tati
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Jacques Tati ricrea poeticamente le gag dei grandi comici del cinema muto, di Buster Keaton in particolare, per l’inespressività del volto, immergendo il suo personaggio, Monsieur Hulot, in una dimensione che, a dispetto del contesto realistico, diventa, grazie al suo personaggio, quasi onirica, limitata nella cornice di un piccolo hotel, affollato di pensionanti vacanzieri, affacciato sul mare e dal tempo che scorre con un ritmo sempre uguale nell’alternarsi delle notti insonni, a causa delle disavventure di Hulot, delle mattinate trascorse in spiaggia, dei pranzi e delle cene, a cui accorrono gli ospiti dell’albergo richiamati dal suono di una campanella.
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Jacques Tati ricrea poeticamente le gag dei grandi comici del cinema muto, di Buster Keaton in particolare, per l’inespressività del volto, immergendo il suo personaggio, Monsieur Hulot, in una dimensione che, a dispetto del contesto realistico, diventa, grazie al suo personaggio, quasi onirica, limitata nella cornice di un piccolo hotel, affollato di pensionanti vacanzieri, affacciato sul mare e dal tempo che scorre con un ritmo sempre uguale nell’alternarsi delle notti insonni, a causa delle disavventure di Hulot, delle mattinate trascorse in spiaggia, dei pranzi e delle cene, a cui accorrono gli ospiti dell’albergo richiamati dal suono di una campanella.
La colonna sonora è accompagnata dal vociare degli altri personaggi, che come comparse si muovono sullo sfondo e di cui si coglie appena qualche frase; sono sprazzi di dialoghi o meglio voci che si levano dal coro, la madre che chiama un bambino, il giovane intellettuale che parla di politica, la signora che decanta le bellezze del paesaggio, il generale in pensione che organizza militarmente il picnic.
Tati rappresenta ironicamente i rituali delle vacanze della piccola borghesia francese degli anni ’50, che ripete, nell’ordinato svolgersi delle attività quotidiane, la monotona routine del proprio stile di vita, in cui irrompe metafisicamente la silhouette stilizzata dell’allampanato Hulot, come fosse ritagliata da un fumetto delle avventure del Signor Bonaventura. Ed ecco che la realtà diviene sogno, la scampagnata con un amico finisce in un cimitero dove i congiunti del defunto, alla fine della cerimonia, stringono la mano ad Hulot che li coinvolge pian piano in una risata irreale.
Nell’ultima sequenza domina la nostalgia di un balcone vuoto, dal quale si affacciava la ragazza che Hulot impacciato corteggiava, mentre si chiudono le ultime edicole in spiaggia e la macchinetta sgangherata di Hulot va via scoppiettando. L’unico che ha apprezzato la “rivoluzionarietà” di Hulot è un vecchietto, portato a spasso dalla moglie come un cagnolino, che per tutto il tempo non ha fatto altro che osservare muto ciò che accadeva intorno a lui, come fosse uno spettatore calato nel teatrino della vita o l’alter ego di Hulot, il regista Tati, che gli lascia il suo biglietto da visita, forse per un nuovo appuntamento in un’altra pellicola futura dove l’autore e l’attore torneranno felicemente ad incontrarsi.
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efrem
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sabato 1 agosto 2020
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le vacanze di monsieur hulot
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Cos'è una vacanza, il senso di questa. Il rapporto con le altre persone. Il culmine poetico dell'arte dell'osservazione di Tati e del suo personaggio: Monsieur Hulot.
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great steven
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sabato 29 dicembre 2018
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il contesto insubordinato dove naviga hulot.
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LE VACANZE DI MONSIEUR HULOT (FR, 1953) diretto da JACQUES TATI. Interpretato da JACQUES TATI, LOUIS PERRAULT, NATHALIE PASCAUD, MICHèLE ROLLA, VALENTINE CAMAX, RENé LACOURT
Non gradendo la rumorosità caotica dei treni, Monsieur Hulot parte a bordo della sua malconcia automobile scoppiettante per l’Hotel de la Plage, il modesto alberghetto che costituisce la sua meta. Incurante dei commenti ironici che provoca il suo passaggio, arriva a destinazione alla pensioncina familiare su una spiaggia della Bretagna e da lì gli capitano tante piccole disavventure. Finiscono le ferie, rimane la malinconia. In molti lo reputano il capolavoro di Tati, di cui è il secondo lungometraggio.
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LE VACANZE DI MONSIEUR HULOT (FR, 1953) diretto da JACQUES TATI. Interpretato da JACQUES TATI, LOUIS PERRAULT, NATHALIE PASCAUD, MICHèLE ROLLA, VALENTINE CAMAX, RENé LACOURT
Non gradendo la rumorosità caotica dei treni, Monsieur Hulot parte a bordo della sua malconcia automobile scoppiettante per l’Hotel de la Plage, il modesto alberghetto che costituisce la sua meta. Incurante dei commenti ironici che provoca il suo passaggio, arriva a destinazione alla pensioncina familiare su una spiaggia della Bretagna e da lì gli capitano tante piccole disavventure. Finiscono le ferie, rimane la malinconia. In molti lo reputano il capolavoro di Tati, di cui è il secondo lungometraggio. La sua comicità di osservazione (Hulot è un testimone, più che un protagonista) trova qui, attraverso una sequela di gag irresistibili, l’apice poetico in un bianconero sonoro e non parlato, con dialoghi rarefatti, talvolta non doppiati o al massimo mutati in borborigmi. Il film rappresenta d’altronde una satira bonaria, ma qua e là anche pungente, delle smanie per la villeggiatura tipiche della media borghesia. La cronaca vacanziera del calvario di Hulot sulla costa bretone lo vede scontrarsi con gli aspetti più banali e ridicoli della realtà della villeggiatura, ma lui procede imperturbabile per la propria strada, pronunciando a malapena il suo nome quando gli viene richiesto e per il resto mantenendo un ossequioso silenzio. Come spesso accade nel cinema francese, la colonna sonora è piuttosto avara e, nel caso più specifico della filmografia di colui che nasce come mimo circense, limitata agli attimi di culmine umoristico in cui le trovate divertenti esplodono con una ricchezza contemporaneamente eguale di immagini e note musicali. Dal precedente film lungo, Giorno di festa (1949), in cui Tati interpretava un postino ciclista smanioso di imitare i ben più equipaggiati e, all’apparenza, audaci colleghi d’oltreoceano, l’attore-regista matura anche l’attenzione ambientale, curando di più i tòpoi che contraddistinguono il calderone largheggiante e illimitato in cui Hulot guarda muoversi gli altri personaggi (le coppie villeggianti che si scontrano bonariamente fra loro; i camerieri distratti e impacciati; i bambini in vena di disturbare con la loro ludica dirompenza; i capitani navali intralciati dall’incompetenza dei bagnini; i giocatori di carte sonnacchiosi che non ricordano più a quale tavolo stanno giocando; le ragazze impegnate a cimentarsi con le racchette nei campi da tennis per gli ospiti più chic), interloquendo con essi di tanto in tanto e, ogni volta, infilandosi in caroselli di pasticci a ripetizione che richiamano uno slapstick meno accentuato di quello classico perché fondato sulla sobrietà e sull’accumulazione men che mai autoreferenziale. La durata contenuta di questa commedia balneare rappresenta, dal canto suo, un punto fondamentale a favore dei contributi tecnici, e ne giovano soprattutto il montaggio quieto, la scenografia teatraleggiante, la fotografia favorente la spassosità dei tempi comici grazie alla propria schematicità e le battute distanziate di una sceneggiatura che pur tuttavia non arranca e pigia a pieno ritmo il pedale della buffoneria scanzonata. Da notare anche la solitudine in cui riversa il protagonista: lungi dal costituire una condizione di sofferenza o quantomeno di frustrazione, è una sua scelta di vita che gli comporta distrazioni ventiquattro ore su ventiquattro fino a renderlo complice involontario della propria dabbenaggine, abbracciando l’arte della pantomima tout court a lui tanto cara che gli consente di innescare risate salubri nonostante il rischio di rovinare nella routine noiosa e priva di stimoli. Un esito finale estremamente positivo che, come sopracitato, evita di polemizzare in modo aperto contro le classi medio-borghesi ammalate tanto di riti spendaccioni quanto di trasferte "pseudo-esotiche", ma vi rivolge comunque uno sguardo che manifesta un dispetto per le magagne dell’industria turistica. La caricatura dello scapolo che vaga talvolta senza meta né orologio e talaltra con convinzioni più agguerrite sarà un leitmotiv emozionante anche nei successivi Mon oncle (1958) e Play Time – Tempo di divertimento (1967).
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luca scial�
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venerdì 10 luglio 2015
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la smania di vacanza della piccola borghesia
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Attraverso l'imbranataggine del signor Hulot, Jacques Tati irride la smania di vavanza della piccola borghesia. D'altronde all'epoca le ferie estive cominciavano ad essere già una moda. In un piccolo albergo a pochi passi dal mare si svolgono così le avventure estive di tanti personaggi, tutti vittima dell'atteggiamento sgangherato di Hulot. Al punto che a fine vacanza nessuno, o quasi, vorrà salutarlo.
Rispetto al film d'esordio - Giorno di festa - e quello che lo segue - Mio zio - questa pellicola appare meno esplosiva e frizzante, pur non mancando sketch molto divertenti.
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il befe
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sabato 14 febbraio 2015
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ce ne fossero
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il cinefilo
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martedì 29 marzo 2011
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una vacanza all'insegna dell'allegria
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Il regista e attore Jacques Tati(e in questo film anche sceneggiatore insieme a Henri Marquet)per costruire le sue piacevolissime gags è molto più attaccato ai rumori(la porta che cigola,il rombo del motore,il fischio dei fuochi artificiali ecc.)che alle parole e ai dialoghi veri e propri e tra le scene più belle figura anche quella in cui monsieur Hulot,partendo con la barca,finisce per ritrovarcisi schiacciato in mezzo o la ruota usata come"onoranza funebre"...conclusione:una commedia piuttosto gustosa ma la cui"simpatia"raffinata potrebbe non piacere a tutti.
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danielsan
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sabato 11 febbraio 2006
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cos'è una frase di lancio?
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basti pensare a tutti i cloni che ha fatto... l'inimitabile è lui
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luca
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martedì 8 giugno 2004
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chi è buono viene emarginato
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Un bellissimo film, comico ma profondamente serio, che mostra come chi cerca di instaurare rapporti umani fondati sulla generosità e sul calore finisca col venire emarginato dalla grettezza dei più. Da notare che uno dei personaggi messi in caricatura è l'intellettuale politicizzato. Oggi nessuno riuscirebbe nemmeno a concepire un film così.
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gian
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lunedì 8 ottobre 2001
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grande mr. hulot. grandisssimo tati!
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IRRIPETIBILE.UN CAPOLAVORO DELL'UMORISMO. PURTROPPO DIMENTICATO.
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