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                Non è il primo di questo tipo di film che vince al Festival di Cannes: seguendo le orme di The Square di Ruben Östlund del 2017, gli ingredienti che possono dare questo esito sono: 1) una regia stilisticamente impeccabile; 2) dei bravi attori (di suo); 3) una storia, o più storie, di relazioni (etero, bisex, o omosessuali) della nostra società occidentale “opulenta” piuttosto complesse e intricate (non sappiamo come passare il tempo) che sbigottiscono il pubblico, ma di cui nemmeno la regista ne ha una sufficiente consapevolezza. La storia di Anatomia di una caduta è, secondo il mio modesto parere, una storia di una relazione sado-masochistica, che come tutte queste storie, è caratterizzata dall’imperativo categorico di non “troncare la relazione”. Da dove possiamo capirlo? Da quando Sandra (una Sandra Hüller meno convincente di Walzer degli scaffali) ci comunica che “non si è mai sentita nella testa dei suoi genitori”. E chi ti trova? Samuel (Samuel Theis) che non può avere una esperienze esistenziale diversa. Entrambi hanno il pallino di scrivere. Ma il momento più pregnante è quando il figlio all’uscita della scuola, il padre Samuel non avendo potuto andarlo a prendere, ha un incidente che lo lascerà con un handicap grave. I genitori di fronte ad una tragedia di queste proporzioni generalmente si lasciano, perché la genitorialità è piu forte del legame di coppia, ma Sandra e Samuel no. Rafforzano il legame con un’accentuazione del senso di colpa e dell’essere espropriato nella propria individualità, sempre con il figlio di mezzo. Se uno dei due si suicida, non fa che accentuare per sempre nell’altro il senso di colpa. Se uno dei due ammazza l’altro, rimane per sempre con il rimorso. E noi siamo qua. E l'amore?
 
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            | diego schembri | giovedì 26 ottobre 2023 |  
            | consapevolezza da parte di chi? |  |  |  |  
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                        Non la conosco ma è davvero comico come letto una serie di recensioni sue e non sia d''accordo con nessuna. Lasciando da parte il fatto che in una recensione servirebbe un minimo di oggettività cosa che lei omette del tutto (o per mancanza di conoscenza a riguardo oppure perché sono semplicemente recensioni faziose), ad ogni modo ci vorrebbe un po'' di consapevolezza da parte sua oltre che un minimo di modestia. "Di cui nemmeno la regista a sufficiente consapevolezza" ? Sei anche riuscito/a a dire che Nolan non si è informato abbastanza sulla storia di Oppenheimer. Questi commenti alquanto acidi e poco utili lasciano trasparire una voglia di stuzzicare e provocare piuttosto che dare un opinione, per la quale effettivamente bisognerebbe avere qualcosa da dire.
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                        Non la conosco ma è davvero comico come letto una serie di recensioni sue e non sia d''accordo con nessuna. Lasciando da parte il fatto che in una recensione servirebbe un minimo di oggettività cosa che lei omette del tutto (o per mancanza di conoscenza a riguardo oppure perché sono semplicemente recensioni faziose), ad ogni modo ci vorrebbe un po'' di consapevolezza da parte sua oltre che un minimo di modestia. "Di cui nemmeno la regista a sufficiente consapevolezza" ? Sei anche riuscito/a a dire che Nolan non si è informato abbastanza sulla storia di Oppenheimer. Questi commenti alquanto acidi e poco utili lasciano trasparire una voglia di stuzzicare e provocare piuttosto che dare un opinione, per la quale effettivamente bisognerebbe avere qualcosa da dire. Il film analizza una relazione di coppia in maniera magistrale, la regia è impeccabile sia da un punto di vista tecnico che da un punto di vista emotivo, con il giusto peso posto nei giusti momenti ottenendo così una pellicola che lascia a bocca aperta e scorre perfettamente nei suoi 150 minuti di durata. Non commento neanche le prime 10 righe di puro cinismo in cui lei tenta di ostentare una conoscenza cinematografica, se vuole criticare qualcosa se la prenda con gli Oscar e non Cannes che da un punto di vista qualitativo è sempre stato uno dei migliori festival di cinema. Ciò detto dare 2 su 5 a questo film e dare 4 su 5 a "Io, Capitano" è una palese dichiarazione di ignoranza.Per finire trovo paradossale parlare di consapevolezza proseguendo poi a criticare i registi per le loro intenzioni o le loro presunte conoscenze sulla materia del film che stanno girando.
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