felicity
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lunedì 20 dicembre 2021
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western che attacca la mitologia americana
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
Il turning point del franchise è tutto qui: in un racconto che esce lucidamente dalla sua comfort zone e piuttosto che essere soltanto un atlante delle paranoie dell’America contemporanea, raccoglie fattivamente spunti e idee per contrastare l’Eta Oscura Trumpiana, usando il western per riattraversare l’America fino a trasformare una distopia in un’utopia.
Ma il film soffre di un pericoloso andamento a due velocità. Se da un lato il discorso sull’immaginario è centrato e solido alcuni aspetti della scrittura sembrano annaspare nell’ambiziosa struttura concettuale. Il salto cercato da La notte del giudizio per sempre, è quindi riuscito a metà.
Per risultare veramente efficace, il film avrebbe dovuto liberarsi di alcune intrinseche superficialità del franchise, legate alla gestione dell’intreccio, dei personaggi oltreché ad un eccessivo didascalismo. Quello instaurato con lo spettatore è quindi un dialogo incompiuto, impantanato tra una struttura da lucido blockbuster d’autore ed un passo da pamphlet iperpop che semplifica eccessivamente le linee tensive della politica contemporanea, forse apparendo per la prima volta, proprio a causa degli ambiziosi obiettivi concettuali che si propone, come un progetto al contempo riuscito ma straniante per chi si ferma al tono con cui sceglie di raccontare la sua storia.
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Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
Il turning point del franchise è tutto qui: in un racconto che esce lucidamente dalla sua comfort zone e piuttosto che essere soltanto un atlante delle paranoie dell’America contemporanea, raccoglie fattivamente spunti e idee per contrastare l’Eta Oscura Trumpiana, usando il western per riattraversare l’America fino a trasformare una distopia in un’utopia.
Ma il film soffre di un pericoloso andamento a due velocità. Se da un lato il discorso sull’immaginario è centrato e solido alcuni aspetti della scrittura sembrano annaspare nell’ambiziosa struttura concettuale. Il salto cercato da La notte del giudizio per sempre, è quindi riuscito a metà.
Per risultare veramente efficace, il film avrebbe dovuto liberarsi di alcune intrinseche superficialità del franchise, legate alla gestione dell’intreccio, dei personaggi oltreché ad un eccessivo didascalismo. Quello instaurato con lo spettatore è quindi un dialogo incompiuto, impantanato tra una struttura da lucido blockbuster d’autore ed un passo da pamphlet iperpop che semplifica eccessivamente le linee tensive della politica contemporanea, forse apparendo per la prima volta, proprio a causa degli ambiziosi obiettivi concettuali che si propone, come un progetto al contempo riuscito ma straniante per chi si ferma al tono con cui sceglie di raccontare la sua storia.
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